Tributi locali: il rebus dei termini di decadenza ai tempi del Covid
La disciplina della decadenza dal potere impositivo ha subito modifiche durante l’emergenza sanitaria da COVID-19 ad opera dell’art. 67 del c.d. “Decreto Cura Italia” e dell’art. 157 del c.d. “Decreto Ristori” al fine di diluire nel tempo operatività dell’Amministrazione finanziaria e così renderla compatibile con la graduale ripresa delle attività economiche e sociali da parte dei contribuenti. Le interferenze della disciplina emergenziale hanno creato alcuni dubbi interpretativi con particolare riguardo ai tributi locali.
La disciplina ordinaria della decadenza dal potere accertativo.
Com’è noto, in base all’art. 1, comma 161, l. 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge Finanziaria 2007) “gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato”: gli atti impositivi – siano essi emessi in rettifica o d’ufficio – “devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati”. Le sanzioni amministrative devono essere contestate o irrogate entro i medesimi termini.
Alla luce di tale disciplina, un avviso di accertamento relativo all’IMU per il periodo d’imposta 2015 deve essere notificato dal Comune entro e non oltre il 31 dicembre 2020.
In realtà la giurisprudenza di legittimità introduce una ripartizione ai fini della individuazione del dies a quo del termine quinquennale di decadenza del potere di accertamento da parte degli enti locali, distinguendo l’ipotesi di omesso versamento dell’imposta – in relazione alla quale deve farsi riferimento al termine entro cui il tributo avrebbe dovuto essere pagato – da quella di omessa dichiarazione – in ordine alla quale deve farsi riferimento al termine entro cui avrebbe dovuto essere presentata la dichiarazione omessa–: mentre nella prima ipotesi il primo dei cinque anni previsti dalla norma richiamata è quello successivo all’anno oggetto di accertamento e nel corso del quale il maggior tributo avrebbe dovuto essere pagato, nella seconda ipotesi esso coincide, invece, con il secondo anno successivo a quello oggetto di accertamento, atteso che il termine di presentazione della dichiarazione scade l’anno successivo a quello di chiusura del periodo di imposta (Cass., sez. trib., 13 gennaio 2021, n. 352, in CED Cass., Rv. 660234). In forza di tale indirizzo pretorio, nel caso in cui il contribuente presenta una dichiarazione ed omette il versamento, per individuare il dies a quo deve farsi riferimento al termine entro il quale il tributo avrebbe dovuto essere pagato, mentre nel caso in cui il contribuente abbia omesso la presentazione della dichiarazione, per individuare il dies a quo deve invece farsi riferimento al termine entro il quale egli avrebbe dovuto presentarla.
Le interferenze della disciplina emergenziale: l’art. 67 del c.d. “Decreto Cura Italia”.
Sulla disciplina ordinaria supra illustrata si è innestata quella emergenziale per il contrasto alla pandemia da COVID-19.
In forza dell’art. 67, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni nella l. 24 aprile 2020, n. 27, “Sono sospesi dall’8 marzo al 31 maggio 2020 i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori” (comma 1), così come i termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici degli enti impositori, in virtù del richiamo a quanto prescritto dall’art. 12, commi 1 e 3, d.lgs. 24 settembre 2015, n. 159 (comma 4).
La disciplina emergenziale ha quindi spostato il termine di decadenza relativo all’IMU per il periodo d’imposta 2015 dal 31 dicembre 2020 al 26 marzo 2021.
Nella nota del 22 giugno 2020, l’IFEL – Istituto per la Finanza e L’Economia Locale ha interpretato la disciplina de qua come applicabile ai Comuni: tale esegesi poggia sulla risoluzione del 15 giugno 2020, n. 6/E, con la quale il MEF – Ministero dell’Economia e delle Finanze ha espressamente ricompreso nell’ambito di operatività dell’art. 67, d.l. n. 18 del 2020 anche gli [uffici degli] enti locali. Bisogna tuttavia rilevare che il sintagma “uffici degli enti impositori” è da taluni inteso come limitato alle sole Agenzie Fiscali in ragione di un confronto con il richiamato art. 12, d.lgs. n. 159 del 2015 – ove si menzionano gli “enti impositori” nel loro complesso al primo comma e gli “uffici degli enti impositori” al secondo comma – e con la disciplina processuale contenuta nel d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – ove, agli articoli 12, 23 e 70 si menzionano gli “enti impositori” e gli “uffici” agli articoli 4, 10 e 11.
Le interferenze della disciplina emergenziale: l’art. 157 del c.d. “Decreto Rilancio”.
Per completare il quadro normativo è necessario ricordare anche l’art. 157, comma 1, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni nella l. 17 luglio 2020, n. 77, con il quale è stato previsto che, “In deroga a quanto previsto all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti di imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione, per i quali i termini di decadenza, calcolati senza tener conto del periodo di sospensione di cui all’articolo 67, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, scadono tra l’8 marzo 2020 ed il 31 dicembre 2020, sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021, salvo casi di indifferibilità e urgenza, o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi”. La disciplina de qua è stata successivamente modificata spostando il termine per la notifica al periodo compreso tra il 1° febbraio 2021 e il 31 gennaio 2022 prima e poi al periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022.
In sede di conversione del c.d. “Decreto Ristori” è stato introdotto il comma 7 bis al fine di escludere l’applicabilità della scissione tra termine per l’emissione dell’atto e termine di sua notifica per le entrate degli enti territoriali. In tal modo è stata accolta l’interpretazione restrittiva da taluno fondata sul riferimento testuale alle sole Agenzie Fiscali presente in altri commi del medesimo art. 157: l’assetto normativo che ne risulta sembra tuttavia denotato da una asimmetria non pienamente giustificabile proprio alla luce della ratio di tutela del buon andamento della Pubblica Amministrazione che deve caratterizzare anche la disciplina emergenziale, come è reso evidente dalla mole di avvisi di accertamento – esecutivi dal 1° gennaio 2020 – che dovrà essere notificata ai contribuenti dai comuni di maggiori dimensioni.
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