202112.06
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Ruolo e cartella esattoriale: i limiti all’impugnazione violano principi costituzionali

Il decreto Fisco-Lavoro, approvato dal Senato, esclude espressamente l’impugnabilità dell’estratto di ruolo, circostanza in relazione alla quale è monolitica la giurisprudenza di legittimità. Se dunque sotto questo profilo si afferma l’ovvio, ciò che sconcerta è la seconda parte della nuova disciplina che pone invece limiti irrazionali al diritto dei contribuenti di impugnare il ruolo e la cartella di pagamento. Una volta entrata in vigore, infatti, impedirà a gran parte dei contribuenti di contestare il ruolo e la cartella di pagamento che sia stata notificata in maniera non conforme al dettato normativo, con evidente pregiudizio del diritto di difesa e del principio di capacità contributiva.

Nel corso dell’iter di conversione in legge del D.L. n. 146/2021 (recante “Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”), il Senato ha approvato una modica che sancisce la non impugnabilità dell’estratto di ruolo e pone limiti all’impugnabilità del ruolo, aggiungendo un nuovo comma all’art. 12, D.P.R. n. 602/1973 (rubricato “Funzione e contenuto dei ruoli”).

In base al nuovo comma 5:

  • l’estratto di ruolo non è impugnabile;
  • il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto ex art. 80, comma 4, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lettera a), D.M. 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’art. 48-bis, D.P.R. n. 602/1973 o, infine, per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione.

L’estratto di ruolo non è (mai stato) un atto impugnabile

La prima parte dell’emendamento statuisce la non impugnabilità del c.d. estratto di ruolo.

Nell’elenco degli atti impugnabili di cui all’art. 19, D.Lgs. n. 546/1992 compaiono soltanto il ruolo e la cartella di pagamento alla lettera d), mentre l’estratto di ruolo non è menzionato.

Nel Dossier del 1° dicembre 2021 è lo stesso Servizio Studi del Senato a definire l’estratto di ruolo come mero “documento informatico contenente gli elementi del ruolo reso esecutivo dall’ente creditore, trasfusi nella cartella di pagamento” e a precisare che esso “non costituisce un atto di riscossione e […] non contiene alcuna pretesa esattiva, né impositiva”.

Questa impostazione trova conferma nella giurisprudenza di legittimità, ove è stata da tempo chiarita la distinzione tra “ruolo” ed “estratto di ruolo”. Ad esempio, si veda Cass., sez. VI – I, 5 settembre 2017 (ord.), n. 20784, nella quale si precisa quanto segue. In base all’art. 10, lettera b), D.P.R. n. 602/1973, il “ruolo” è “l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario”, mentre, per l’art. 11 del medesimo decreto, “nei ruoli sono iscritte le imposte, le sanzioni e gli interessi”. A norma del successivo art. 12, l’ufficio competente “forma ruoli distinti per ciascuno degli ambiti territoriali in cui i concessionari operano. In ciascun ruolo sono iscritte tutte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale in comuni compresi l’ambito territoriale i il ruolo si riferisce”; nel ruolo “devono essere comunque indicati il numero del codice fiscale del contribuente, la specie del ruolo, la data in cui il ruolo diviene esecutivo e il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento, ovvero, in mancanza, la motivazione, anche sintetica, della pretesa; in difetto di tali indicazioni non può farsi luogo all’iscrizione”; “il ruolo è sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell’ufficio o da suo delegato” e “con la sottoscrizione il ruolo diviene esecutivo”, cioè costituisce titolo esecutivo.

Secondo la Corte di Cassazione, “dai riprodotti dati normativi discende che il “ruolo” è un atto amministrativo impositivo (fiscale, contributivo o di riscossione di altre entrate allorché sia previsto come strumento di riscossione coattiva delle stesse) proprio ed esclusivo dell’ufficio competente (cioè dell’ente creditore impositore), quindi “atto” che, siccome espressamente previsto e regolamentato da norme legislative primarie, deve ritenersi tipico sia quanto alla forma che quanto al contenuto sostanziale”.

A sua volta l’estratto di ruolo “non è invece specificamente previsto da nessuna disposizione di legge vigente”, ma “viene formato (quindi consegnato) soltanto su richiesta del debitore – (v. Consiglio di Stato, 4, n. 4209 del 2014)” ed è “semplicemente un “elaborato informatico formato dall’esattore […] sostanzialmente contenente gli […] elementi della cartella […]”, quindi anche gli “elementi” del ruolo afferente quella cartella”. Anche il Consiglio di Stato ha affermato l’inidoneità del suo rilascio ad ottemperare all’obbligo di ostensione all’interessato che ne abbia fatto legittima e motivata richiesta, della copia degli originali della cartella, della sua notificazione e degli atti prodromici.

Da quanto sopra la Suprema Corte desume la differenza sostanziale tra ruolo” ed “estratto di ruolo“: “il “ruolo” (atto impositivo espressamente previsto e regolato dalla legge, anche quanto alla sua impugnabilità ed ai termini perentori di impugnazione) è un “provvedimento” proprio dell’ente impositore (quindi un atto potestativo contenente una pretesa economica dell’ente suddetto); l’ “estratto di ruolo”, invece, è (e resta sempre) solo un “documento” (un “elaborato informatico […] contenente gli […] elementi della cartella”, quindi unicamente gli “elementi” di un atto impositivo) formato dal concessionario della riscossione, che non contiene (né, per sua natura, può contenere) nessuna pretesa impositiva, diretta o indiretta” (Cass. SS.UU n. 19704/2015)”.

Limiti all’impugnabilità di ruolo e cartella e legittimità costituzionale

La modifica approvata prevede anche che il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata siano suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dalla iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio:

  • per la partecipazione a una procedura di appalto ex art. 80, comma 4, D.Lgs. n. 50/2016 (ove si precede che un operatore economico sia escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti. Costituiscono gravi violazioni quelle che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all’importo di cinquemila euro. Costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione. Un operatore economico può essere escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se la stazione appaltante è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che lo stesso non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione);
  • per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lettera a), D.M. 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’art. 48-bis, D.P.R. n. 602/1973 da questi poste in essere con riferimento all’adempimento all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo superiore a 5.000 euro;
  • – per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione.

Nel Dossier del 1° dicembre 2021 il Servizio Studi del Senato dichiara espressamente che tale norma ha una finalità deflattiva del contenzioso, giacché nel solo 2020 – anno pandemico, caratterizzato da un forte rallentamento nella notificazione degli atti da parte degli Agenti della riscossione – il 40% circa dei ricorsi in Commissione Tributaria trarrebbe origine dell’impugnazione del ruolo e della cartella di pagamento.

Anche se l’obiettivo di ridurre il contenzioso pendente potrebbe essere astrattamente condivisibile, non vi è chi non veda l’irrazionale compressione del diritto di difesa a detrimento dei contribuenti le cui vicende processuali non potranno essere ricondotte alla nuova previsione, perché, ad esempio, non interessati da benefici di sorta nei rapporti con una pubblica amministrazione; altrettanto evidente è la lesione dei principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost..

Si pensi all’ipotesi tipica in cui il contribuente eccepisca l’intervenuta prescrizione del credito asseritamente vantato dall’Agente della riscossione. Secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono esperibili i rimedi oppositivi ordinari degli articoli 615 e 617 c.p.c., potendo dedurre con il primo tutti i fatti estintivi sopravvenuti come la prescrizione: in tale eventualità, “la deduzione dell’omessa od invalida notificazione [della cartella di pagamento] non è fatta come motivo […] a sé stante […], ma riguarda l’idoneità dell’atto notificato ad interrompere la prescrizione” (così Cass., SS.UU. civ., 22 settembre 2017, n. 22080).

Se lo scopo è quello di ridurre il contenzioso, meglio sarebbe introdurre un nuovo condono nelle forme del “saldo e stralcio automatico”, introducendo meccanismi che possano valorizzare le condizioni economico-finanziarie dei contribuenti inadempienti in maniera tale da individuare un piano di rateizzazione sostenibile.

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