202208.05
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Riforma della giustizia tributaria: le novità approvate dal Senato

Un Senato della Repubblica in limine mortis ha approvato la riforma della giustizia tributaria prima nelle Commissioni riunite Giustizia e Finanze e tesoro, poi in aula, con 166 voti favorevoli, 7 contrari e 15 astensioni, mentre il voto della Camera dei Deputati è previsto per la seduta straordinaria di martedì 9 agosto 2022.
Il timore di non aver accesso ai finanziamenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha fatto raggiungere un accordo politico. Lo scioglimento dei due rami del Parlamento non è stato considerato di ostacolo, giacché, per quanto riguarda l’attività legislativa, la prassi consente l’esame dei progetti di legge connessi ad adempimenti costituzionalmente dovuti ovvero urgenti e indifferibili, tra i quali rientrerebbero l’esame dei disegni di legge recanti attuazione di obblighi europei.
I singoli emendamenti hanno risolto molte delle storture del disegno di legge presentato dal Governo Draghi con l’istituzione della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione e con l’introduzione del tirocinio e della formazione continua, con l’epurazione dal principio di diritto in materia tributaria, dal rinvio pregiudiziale nel giudizio di merito e la rimozione dei limiti all’impugnazione della sentenza del giudice monocratico, e hanno anche introdotto alcuni correttivi che erano stati inspiegabilmente omessi nel testo originario, come il condono per le liti pendenti in sede di legittimità.
Di particolare valore (anche) simbolico nella lunga evoluzione verso una magistratura tributaria autonoma e indipendente è la sostituzione della denominazione “Commissioni tributarie” con quella di “Corti di giustizia tributaria”. Parallelamente, per soddisfare istanze provenienti da alcune istituzioni e associazioni di categoria, sono state ripristinate alcune anacronistiche incrostazioni del passato regime che sembravano oramai superate, quali, ad esempio, l’accesso dei laureati in economia al concorso per magistrati tributari e la graduale riduzione dell’età massima per la cessazione dall’incarico da parte degli attuali giudici tributari.
Nel pacchetto degli emendamenti sono stati inseriti alcuni interventi originariamente non previsti, alcuni dei quali del tutto superflui se non controproducenti (come quello in materia di prova e ripartizione del relativo onere), altri invece finalizzati a deflazionare il contenzioso collegando la condanna al pagamento delle spese di giudizio all’esito della mediazione tributaria, altri ancora volti a rendere più efficace la tutela giurisdizionale nella fase cautelare e più efficiente l’uso della c.d. “udienza a distanza” dal 1° settembre 2023.

Da “Commissioni Tributarie” a “Corti di giustizia tributaria”.

Nel primo emendamento la denominazione “Commissione tributaria” viene sostituita con quella di “Corti di giustizia tributaria” di primo e di secondo grado nell’intero testo del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, recante la disciplina dell’ordinamento giudiziario tributario e del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, contenente le disposizioni sul processo tributario.

È da notare che in altri emendamenti – come quello relativo alla c.d. “testimonianza scritta” e all’udienza a distanza – continua ad essere utilizzata la denominazione di “Commissione tributaria”.

I laureati in economia potranno partecipare al concorso per magistrati tributari.

L’organico dei magistrati tributari viene modificato rispetto alla previsione originaria: in primo grado diminuiscono da 450 a 448 unità, mentre in secondo grado aumentano da 126 a 128 unità.

Nei primi 3 bandi di concorso per magistrati tributari, è incrementata dal 15% al 30% la misura della riserva di posti a favore dei giudici tributari, presenti, alla data del 1° gennaio 2022, da almeno 6 anni nel ruolo unico e diversi dai giudici ordinari, amministrativi, contabili o militari, in servizio o a riposo, che siano in possesso della laurea in giurisprudenza o in economia e commercio conseguita al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni e che non siano titolari di alcun trattamento pensionistico. Sono state soddisfatte anche le istanze provenienti dagli attuali giudici tributari affinché sia ridotto in maniera meno netta e rapida l’età massima per la cessazione dall’incarico in essere.

L’emendamento di maggior rilievo è quello che introduce, tra i requisiti di accesso al concorso per magistrati tributari, quello del diploma di laurea magistrale in Scienze dell’economia (Classe LM-56) o in Scienze economico-aziendali (Classe LM-77) o di titoli degli ordinamenti previgenti a questi equiparati. Come visto in un precedente intervento (L. R. Corrado, Riforma della giustizia tributaria: i laureati in economia non potranno diventare magistrati, retro, edizione del 27 maggio 2022), nel disegno di legge approvato nel corso della riunione del 17 maggio 2022 il Governo Draghi aveva previsto come requisito di ammissione al concorso per magistrato tributario soltanto la laurea in giurisprudenza. L’esclusione dei laureati in economia dalla platea dei candidati è stata aspramente criticata da alcune istituzioni e associazioni di categoria.

Preso atto della scelta operata in Senato, bisogna tuttavia ribadire che la mera partecipazione di laureati in economia come componenti delle Commissioni Tributarie (o Corti di giustizia tributaria, che dir si voglia) non è idonea di per sé sola a garantire l’apporto conoscitivo altamente specialistico che alcune controversie tributarie possono richiedere: è infatti evidente che la decisione delle controversie tributarie richiede conoscenze che non si esauriscono né nella cultura giuridica di base generalista maturata con la laurea in giurisprudenza, né nella padronanza delle discipline aziendalistiche ed economiche derivanti dalla laurea in economia. Una “exit strategy” potrebbe essere rappresentata da un più ampio utilizzo della consulenza tecnica ex art. 7, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546: infatti tale strumento processuale non soltanto consente di superare le ineludibili carenze conoscitive che caratterizzano ogni organo giurisdizionale, incluso quello impegnato alla risoluzione delle controversie fiscali, ma è tanto flessibile da adattarsi nell’an e nel quomodo alle specifiche caratteristiche del caso sub iudice.

Concorso, tirocinio (per i magistrati tributari) e formazione continua (per tutti.

È stata emendata anche la norma che circoscriveva i confini della terza prova scritta del concorso per magistrati tributari: non si prevede più la mera redazione di una sentenza tributaria, ma si utilizza la più flessibile dicitura di prova “teorico-pratica di diritto processuale tributario”. Nell’ambito della prova orale saranno invece accertate le competenze in contabilità aziendale e bilancio, senza sminuirne la rilevanza rispetto alle altre materie concorsuali con la dicitura “elementi di”.

Con il nuovo art. 5, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, per i magistrati tributari viene introdotta la previsione di un tirocinio formativo di almeno sei mesi presso i tribunali tributari con la partecipazione all’attività giurisdizionale relativa alle controversie rientranti nella relativa competenza in composizione collegiale. Al Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria viene affidato il compito di individuare, con propria delibera, i magistrati tributari affidatari, le modalità di affidamento e i criteri per il conseguimento del giudizio di idoneità al conferimento delle funzioni giurisdizionali. In caso di valutazione negativa, è previsto un nuovo periodo di tirocinio della durata di sei mesi, al termine del quale una seconda deliberazione negativa determina la cessazione del rapporto di impiego del magistrato tributario in tirocinio.

Con il nuovo articolo 5 bis, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545 è introdotta la previsione della formazione continua sia per gli attuali giudici tributari, sia per i magistrati tributari di nuova nomina, affidando al Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria il compito di definire, con proprio regolamento, i criteri e le modalità per garantirla con cadenza periodica, attraverso la frequenza di corsi di carattere teorico pratico da tenersi, previa convenzione, anche presso le università accreditate.

Chi scrive ha espresso l’auspicio – oggi in parte concretizzatosi – affinché il livello di specializzazione necessario per il conseguimento dell’obiettivo politico cristallizzato nel PNRR fosse raggiunto non soltanto attraverso la professionalizzazione delle Commissioni Tributarie (a breve, forse, Corti di giustizia tributaria), ma anche con interventi su tirocinio, formazione iniziale e aggiornamento continuo, profili tutti ignorati nel disegno di legge del Governo Draghi, nonostante la diversa posizione assunta dalla c.d. “Commissione Della Cananea” nella relazione del 30 giugno 2021 (L. R. Corrado, Reclutamento, formazione e aggiornamento per un giudice tributario specializzato, retro, edizione del 10 maggio 2022).

Il testo approvato dal Senato prevede un tirocinio pratico di durata limitata, ma nulla dice in merito alla formazione iniziale, né affida la formazione a un soggetto indipendente e dotato di autonomia organizzativa ed economia, come già avviene nel nostro ordinamento per altre giurisdizioni, sia esso un ente già esistente, come la Scuola Superiore della Magistratura, oppure un ente di nuova costituzione, come la “Scuola Superiore di formazione dei giudici tributari” proposta dalla componente accademico-professionale della c.d. “Commissione Della Cananea”. Ciononostante nulla sembra vietare al Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria di eludere questa omissione stipulando apposita convenzione con la Scuola Superiore della Magistratura.

E’ istituita la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.

All’articolo 1 bis del disegno di legge approvato dal Senato si prevede che presso la Corte di Cassazione sia istituita una sezione civile incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie in materia tributaria, affidando al Primo Presidente il compito di adottare provvedimenti organizzativi adeguati al fine di stabilizzare gli orientamenti di legittimità e di agevolare la rapida definizione dei procedimenti pendenti, favorendo l’acquisizione di una specifica competenza da parte dei magistrati assegnati alla suddetta sezione.

Viene quindi accolta la proposta formulata al Governo Draghi dalla componente professional-accademica della c.d. “Commissione Della Cananea”, che, nella relazione del 30 giugno 2021, ha proposto “l’istituzione per legge della sezione tributaria della Corte di Cassazione, alla quale potrebbero partecipare – in presenza di determinate condizioni – alcuni giudici tributari di appello”, segnalandone i vantaggi, vale a dire “il consolidamento della vocazione specialistica della giurisdizione tributaria, estesa all’intero corpo di magistrati, non al solo secondo grado; il venir meno della disparità tra i giudici tributari provenienti – rispettivamente – dalle varie magistrature e dalle professioni; l’apporto che un personale di magistratura più specializzato può fornire alla sezione tributaria della Corte di Cassazione”.

Come già prefigurato (L. R. Corrado, I magistrati tributari non avranno accesso alla Cassazione, retro, edizione del 13 luglio 2022), garantire ai futuri magistrati tributari l’accesso alla Corte di Cassazione non soltanto incentiverà li singoli a intraprendere tale carriera, ma consentirà loro di contribuire all’esercizio della funzione nomofilattica in sede di giudizio di legittimità nella parte finale del proprio cursus honorum, vale a dire proprio nella fase in cui meglio si possono esprimere le competenze specialistiche che alcuni lustri di esperienza faranno loro maturare.

L’epurazione dal principio di diritto in materia tributaria (art. 363 bis c.p.c.), e dal rinvio pregiudiziale (art. 62 ter d.lgs. 546/1992).

Con sollievo per gli operatori del diritto di buona volontà, il Senato sembra aver colto le criticità che l’introduzione dell’art. 363 bis nel Codice di Procedura Civile avrebbe causato, consentendo l’enunciazione di un principio di diritto da parte della Corte di Cassazione per la sola materia tributaria su ricorso del Procuratore Generale.

Simmetricamente è stato rimosso l’articolo 62 ter che il Governo Draghi avrebbe voluto introdurre nel d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 al fine di consentire sin dai gradi di merito il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione per la risoluzione di una questione di diritto idonea alla definizione anche parziale della controversia.

Rimossi i limiti alla impugnazione della sentenza del giudice monocratico.

Il Senato ha altresì accolto la richiesta unanime di rimozione dei limiti proposti dal Governo Draghi ai fini della impugnabilità della pronuncia emessa dal giudice monocratico, prendendo così atto non soltanto della sua palese incostituzionalità, ma financo della indeterminatezza dei presupposti originariamente previsti per il suo superamento: veniva infatti da chiedersi ove non vi sia una “violazione di norme costituzionali o di diritto dell’Unione Europea ovvero dei principi regolatori della materia”, quando, ad esempio, sia lamentata la violazione di norme che regolano il procedimento amministrativo, che costituisce attuazione almeno dei principi costituzionali di cui all’art. 97 Cost., ovvero di una norma impositiva, che a sua volta è diretta estrinsecazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 2, 3, 23 e 53 Cost., per citarne solo alcuni.

La testimonianza scritta rimane quasi immutata.

Nella disciplina della c.d. “testimonianza scritta”, introdotta nel comma 4 dell’art. 7, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non è più richiesto che la necessità ai fini della decisione sia assoluta.

Rimangono immutate le illogicità e distorsioni sistematiche della previsione concernente le limitazioni sull’oggetto della prova testimoniale ex art. 257 bis c.p.c. alle sole circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale nel caso in cui la pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede fino a querela di falso.

A volte ritorna il condono per le liti pendenti in Cassazione.

Prima previsto nelle bozze e poi rimosso dal disegno di legge approvato dal Governo Draghi, torna in Senato la definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti dinanzi alla Corte di Cassazione.

Sono escluse le controversie concernenti anche solo in parte:

a) le risorse proprie tradizionali previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;

b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.

Le controversie tributarie, pendenti alla data del 15 luglio 2022 innanzi alla Corte di Cassazione ai sensi dall’art. 62, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per le quali l’Agenzia delle Entrate risulti integralmente soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio e il valore delle quali, determinato ai sensi dell’articolo 16, comma 3, l. 27 dicembre 2002, n. 289, sia non superiore a 100.000 euro, sono definite con decreto a domanda dei soggetti che hanno proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, previo il pagamento di un importo pari al 5% del valore della controversia. Quando invece l’Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutto o in parte in uno dei gradi di merito e il valore delle quali sia non superiore a 50.000 euro, sono definite previo pagamento di un importo pari al 20% del valore della controversia.

Le novità introdotte in Senato: 1) Una norma superflua in materia di prova e ripartizione del relativo onere…

Il Senato ha introdotto quello che vorrebbe essere un punto fermo rispetto a fraintendimenti in cui spesso incorrono l’Amministrazione finanziaria prima e poi anche alcune delle attuali Commissioni Tributarie (se non talvolta la stessa Corte di Cassazione), ma che dovrebbero essere risolti se non sulla base del mero buon senso, almeno utilizzando i principi fondamentali che, nell’ordinamento giuridico tributario, regolano l’istruttoria, il provvedimento amministrativo e il processo.

Basterebbe infatti ricordare la matrice amministrativistica del diritto tributario per avere ben chiaro che, in sede istruttoria, l’Amministrazione finanziaria raccoglie gli elementi utili a fondare l’azione impositiva e che nel provvedimento amministrativo vengono trasfuse le risultanze istruttorie sia in punto di diritto che in punto di fatto, pena non soltanto l’infondatezza della pretesa, ma anche l’illegittimità dell’atto sotto il profilo motivazionale e probatorio. Ricevuto l’atto, spetta al contribuente contestarlo con il ricorso nanti la competente Commissione Tributaria Provinciale, secondo una dialettica probatoria che vede il proprio antefatto nel provvedimento amministrativo e i propri postfatti nel giudizio tributario. Oltre che superflua la nuova disciplina potrebbe anche generare incertezza esegetica per il suo fraseggio indeterminato e slegato dalla terminologia tecnico-giuridica.

Nell’art. 7, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 viene introdotto il comma 6, ove si prevede che:

  • l’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato;
  • il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fonda la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni;
  • spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati.

2) Nuove regole per la sospensione dell’atto impugnato…

Sono introdotte modifiche alla disciplina della sospensione dell’atto impugnato, contenuta nell’art. 47, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546:

  • la trattazione dell’istanza cautelare sia fissata non oltre 30 giorni dalla sua presentazione e ne sia data comunicazione alle parti almeno 5 giorni liberi prima;
  • si esclude espressamente che l’udienza di trattazione dell’istanza cautelare possa coincidere con l’udienza di trattazione del merito della controversia;
  • il collegio provvede sulla domanda cautelare nella stessa udienza di trattazione dell’istanza;
  • la prestazione della garanzia è esclusa per i ricorrenti soggetti ISA, ai quali sia stato attribuito un punteggio di affidabilità pari ad almeno 9 negli ultimi 3 periodi d’imposta precedenti a quello di proposizione del ricorso per i quali tali punteggi siano disponibili.

Intervenendo nell’art. 15, d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, si precede che la sospensione della riscossione mediante iscrizione nei ruoli in base ad accertamenti non definitivi opera altresì in caso di accoglimento dell’istanza cautelare de quo.

3) Condanna alle spese in caso di rigetto infondato del reclamo…

Con l’intento di deflazionare il contenzioso, si introduce il comma 9 bis nell’art. 17 bis, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ove si prevede che, in caso di rigetto del reclamo o di mancato accoglimento della proposta di mediazione formulata d’ufficio, la soccombenza di una delle parti, in accoglimento delle ragioni già espresse in sede di reclamo o mediazione, comporta, per la parte soccombente, la condanna al pagamento delle relative spese di giudizio.

Tale condanna può rilevare ai fini dell’eventuale responsabilità amministrativa del funzionario che ha immotivatamente rigettato il reclamo o non accolto la proposta di mediazione.

4) Dal 1° settembre 2023 cambia l’udienza a distanza.

Il Senato è intervenuto anche sulla disciplina dell’udienza a distanza di cui all’art. 16, comma 4, d.l. 23 ottobre 2018, n. 119 per i giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato dal 1° settembre 2023:

  • tutti potranno operare da remoto, anche i giudici e il personale amministrativo; in ogni caso in cui l’udienza si tenga a distanza, è comunque consentita a ciascun giudice la partecipazione presso la sede della commissione tributaria;
  • verrà rimosso l’obbligo di notificare alle parti costituite l’istanza di udienza a distanza priva della comunicazione dell’avviso di trattazione: sarà infatti sufficiente depositare tale istanza entro il termine per il deposito dei documenti, vale a dire almeno 20 giorni liberi prima della data di trattazione;
  • non si comprende la razionalità della previsione secondo cui “L’udienza si tiene a distanza se la richiesta è formulata da tutte le parti costituite nel processo, trovando altrimenti applicazione la disciplina dell’udienza da tenersi presso la sede delle commissioni tributarie contenuta nell’articolo 34 del decreto legislativo n. 546 del 1992”;
  • le controversie da parte del giudice monocratico e quelle di trattazione dell’istanza cautelare si svolgono esclusivamente mediante udienza a distanza, ma viene fatta salva la possibilità per ciascuna delle parti di richiedere nel ricorso, nel primo atto difensivo o nell’appello, per comprovate ragioni, la partecipazione congiunta all’udienza del difensore, dell’ufficio e dei giudici presso la sede della Commissione tributaria, il giudice decidendo su tale richiesta e dandone comunicazione alle parti con l’avviso di trattazione;
  • le regole tecnico operative sono quelle contenute nel decreto del Direttore Generale delle Finanze 11 novembre 2020 e possono essere modificate in ogni momento anche tenuto conto dell’evoluzione tecnologica, d’intesa col Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria e sentiti il Garante per la protezione dei dati personali e l’Agenzia per l’Italia Digitale.

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