Responsabilità aggravata: c’è abuso del diritto di impugnazione solo in caso di vacuità e pretestuosità delle argomentazioni difensive (nota a Cass. 18745/2019)
Il Collegio esclude che la mera conoscenza della esistenza di contrastanti orientamenti di merito, alcuni espressione di una posizione contraria a quella fatta propria dell’impugnante, sia di per sé sufficiente a qualificare la proposizione dell’appello come abuso del mezzo di impugnazione, perché “solo la vacuità e la vuota pretestuosità delle argomentazioni utilizzate potrebbero portare a tanto qualora si spingessero ai confini della mala fede: diversamente opinando, lo strumento dell’art. 96, comma 3, c.p.c., nato per contenere l’abuso degli strumenti processuali di per sé leciti, verrebbe adattato all’uso distorto di dissuadere ogni tentativo di sovvertire, a mezzo della impugnazione, un precedente orientamento giurisprudenziale”.
Nella sentenza impugnata la condanna del soccombente per responsabilità aggravata è stata fondata sulla mancata presa in considerazione di uno specifico orientamento seguito dal singolo estensore della sentenza: secondo il Giudice di legittimità, tale criterio è errato “perché in caso di unico giudicante implicherebbe una inammissibile colpevolizzazione, sotto il profilo della condanna pecuniaria, di ogni tentativo di modificare un precedente orientamento giurisprudenziale”, mentre, “in caso di ripartizione (non contestata) della materia tra diverse sezioni di un medesimo ufficio giudiziario, l’orientamento contrario di un singolo magistrato dell’ufficio sarebbe di per sé irrilevante, anche in ragione dell’automaticità dell’assegnazione delle cause”.
(Cass., sez. III civ., 12 luglio 2019, n. 18745)
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