202304.06
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Processo tributario: scompare la mediazione e si rafforza la digitalizzazione

La delega fiscale elimina gli istituti del reclamo e della mediazione tributaria. Il venir meno della possibilità di riesame amministrativo per le liti bagatellari dovrà essere coordinato con altri interventi, verosimilmente il rafforzamento del potere di autotutela in sede amministrativa e la conciliazione in sede processuale. Sotto il profilo dell’informatizzazione della giustizia tributaria, la delega contempla la semplificazione della normativa processuale funzionale alla completa digitalizzazione del processo, l’introduzione di modelli predefiniti per la redazione di atti processuali, verbali e provvedimenti giurisdizionali, conseguenze processuali per la violazione dell’utilizzo obbligatorio delle modalità telematiche e la previsione che la discussione da remoto possa essere richiesta anche da una sola delle parti, con istanza da notificare alle altre, fermo restando il diritto di queste ultime di partecipare in presenza.

Il disegno di legge di delega per la riforma del sistema fiscale elenca i principi e i criteri direttivi ai quali il Governo dovrà attenersi in sede di attuazione per quanto concerne l’ordinamento giudiziario tributario e il processo tributario.
Anche in questo ambito trova conferma il modus operandi seguito in tutto il testo: quelli che dovrebbero essere soltanto “principi” e “criteri direttivi” raggiungono un grado di dettaglio tale da ridurre al minimo la discrezionalità in sede di esercizio della delega legislativa. A ciò si aggiunga che molti degli interventi prospettati sembrano costituire una reazione politica a orientamenti assunti dalla Corte di Cassazione negli ultimi anni, secondo una dinamica dialogica che il Supremo Consesso nomofilattico e il Legislatore hanno già seguito in passato con buona pace della certezza del diritto.

Riorganizzazione territoriale delle Corti.

Il riassetto dell’ordinamento giudiziario tributario, avviato con la legge 31 agosto 2022, n. 130, sarà completato con una nuova distribuzione sul territorio nazionale delle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, al fine di conseguire risparmi nella spesa pubblica.

Il Governo dovrà realizzare un accorpamento delle sedi esistenti delle Corti di primo grado e delle sezioni staccate di quelle di secondo grado in ragione dell’estensione del territorio, dei carichi di lavoro e degli indici di sopravvenienza, del numero degli abitanti, degli enti impositori e della riscossione.

Le assegnazioni di magistrati, giudici tributari e personale amministrativo dovranno essere disciplinate in modo da garantire la continuità dei servizi e da assicurare ai componenti degli organi giudicanti le medesime funzioni già esercitate presso le strutture organizzative accorpate o soppresse.

Abrogazione di reclamo e mediazione tributaria.

Si prevede eliminazione degli istituti del reclamo e della mediazione tributaria mediante abrogazione dell’art. 17 bis, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

Il venir meno della possibilità di riesame amministrativo per le liti bagatellari dovrà essere coordinato con altri interventi: verosimilmente si tratterà del rafforzamento del potere di autotutela in sede amministrativa (art. 4, lettera g, del d.d.l.) e dell’istituto della conciliazione in sede processual (art. 19, lettera f, del d.d.l.).

Nella relazione accompagnatoria si giustifica questa scelta di politica legislativa con l’assenza di terzierà che contraddistingue il riesame amministrativo. È vero che il comma 4 dell’art. 17 bis, d.lgs. n. 546 del 1992 prevede che le Agenzie delle entrate e delle dogane e dei monopoli provvedano all’esame del reclamo e della proposta di mediazione “mediante apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili”, ma è altrettanto vero che difficilmente una articolazione dell’ente assumerà su di sé la responsabilità di smentire quanto sostenuto da altra articolazione del medesimo ente. A ciò si aggiunga che per gli altri enti impositori questa disposizione trova applicazione “compatibilmente con la propria struttura organizzativa”.

La riforma potrebbe inoltre porre fine alla questione relativa alle spese sostenute dal contribuente per la difesa in relazione alla predisposizione del ricorso con reclamo e alla fase di mediazione tributaria: quid qualora l’atto impositivo sia annullato? Nella circolare del 19 marzo 2012, n. 9/E l’Agenzia delle Entrate sostiene che la procedura de quanon determina […] un più gravoso esercizio dell’azione in giudizio”: tale posizione non è condivisibile perché il contribuente può subire un aggravio di costi rispetto all’ipotesi di annullamento in autotutela in pendenza del giudizio, giacché, in tal caso, la declaratoria di cessazione della materia del contendere sarebbe accompagnata da una condanna per “soccombenza virtuale”.

L’opzione esegetica che esclude l’interesse ad agire per vedere l’Amministrazione finanziaria condannata al pagamento delle spese genererebbe un attrito con la Costituzione, in maniera analoga a quanto avvenuto con l’originaria previsione di compensazione delle spese di giudizio contenuta nell’art. 46, comma 3, d.lgs. n. 546 del 1992 (cfr. Corte Cost., 12 luglio 2005, n. 274).

La giurisprudenza maggiormente sensibile a tali profili ha invece statuito che, qualora l’atto sia annullato, l’ente che lo ha emesso deve rimborsare al contribuente le spese necessarie per la notifica del ricorso con reclamo e per la fase di mediazione tributaria (cfr. Comm. Trib. Reg. Emilia Romagna, 22 ottobre 2020, n. 1115).

Completamento della digitalizzazione del processo tributario.

Il Governo è delegato ad ampliare e implementare l’informatizzazione della giustizia tributaria attraverso un ventaglio di azioni.

La prima azione è la semplificazione della normativa processuale funzionale alla completa digitalizzazione del processo. Si presume che con tale espressione si voglia indicare anche il giudizio di legittimità: se così è, allora viene confermata l’esigenza condivisa di unificare la disciplina tecnica e le piattaforma con cui sono posti in essere non soltanto il processo tributario e quello civile, ma anche i processi amministrativo e penale. Nella relazione accompagnatoria sono inoltre menzionate le formalità tuttora previste nel caso di giudizio di ottemperanza.

La seconda azione è l’introduzione di modelli predefiniti per la redazione degli atti processuali, dei verbali e dei provvedimenti giurisdizionali. Si tratta di una novità dirompente, soprattutto per quanto concerne la redazione degli atti processuali, in relazione ai quali sarebbero così scongiurati marchiani errori di impostazione.

La terza azione è la previsione di conseguenze processuali per la violazione dell’utilizzo obbligatorio delle modalità telematiche. La giurisprudenza si è fino ad ora dimostrata poco sensibile rispetto alle eccezioni sollevate con riferimento ad atti e documenti non conformi agli standard tecnici del processo tributario: ad esempio, la nuova norma dovrebbe prevedere espressamente la decadenza della parte in caso di atti non conformi oppure l’inutilizzabilità per i documenti non conformi.

La quarta azione è la previsione che la discussione da remoto può essere richiesta anche da una sola delle parti costituite nel processo, con istanza da notificare alle altre parti, fermo restando il diritto di queste ultime di partecipare in presenza. Nella relazione accompagnatoria si osserva che “gli uffici fiscali, diversamente dai difensori, sono situati nel medesimo territorio delle [Corti] e potrebbero dover trattare, nella stessa giornata, udienze anche in presenza, non avendo pertanto alcun interesse ad aderire alla richiesta dei difensori di discutere a distanza”. È auspicabile che tale modifica al comma 4 dell’art. 16, d.l. 23 ottobre 2018, n. 119 sia apportata prima del 1° settembre 2023 e comunque in tempo utile a impedire che possa trovare applicazione la disciplina introdotta con l’art. 4, comma 4, l. 31 agosto 2022, n. 130.

Nuovo riparto di giurisdizione per le opposizioni esecutive.

Il disegno di legge delega attribuisce al Governo il compito di modificare l’art. 57, d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, prevedendo che l’opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 2, c.p.c. e l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. siano sono proponibili dinanzi al giudice tributario, con le modalità e le forme previste dal d.lgs. n. 546 del 1992, se il ricorrente assume la mancata o invalida notificazione della cartella di pagamento ovvero dell’intimazione di pagamento di cui all’art. 50, comma 2, d.p.r. n. 602 del 1973.

Nella relazione accompagnatoria si giustifica tale criterio con l’intento dichiarato di adeguare la legislazione alle indicazioni che la Corte Costituzionale ha formulato e ai principi di diritto che la Corte di Cassazione ha successivamete elaborato.

Nella sentenza n. 114 del 2018 la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1, lett. a), d.p.r. n. 602 del 1973, come sostituito dall’art. 16, d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di cui all’art. 50, d.p.r. n. 602 del 1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 c.p.c..

A loro volta le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno statuito quanto segue:

  • In materia di esecuzione forzata, sussiste la giurisdizione del giudice tributario nel caso di opposizione riguardante l’atto di precetto che si assume viziato per l’omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento di natura tributaria o degli altri atti presupposti (Cass., sez. unite civ., 28 giugno 2018 (ord.), n. 17126, in CED Cass., Rv. 649625);
  • L’eccezione di prescrizione del credito tributario maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento, sollevata dal curatore in sede di ammissione al passivo fallimentare, è devoluta alla cognizione del giudice delegato (in sede di verifica dei crediti) e del tribunale (in sede di opposizione allo stato passivo e di insinuazione tardiva), e non già del giudice tributario, segnando la notifica della cartella il consolidamento della pretesa fiscale e l’esaurimento del potere impositivo (Cass., sez. unite civ., 24 dicembre 2019, n. 34447, in CED Cass., Rv. 656487);
  • In tema di controversie su atti di riscossione coattiva di entrate di natura tributaria (nella specie, ordine di pagamento diretto ex art. 72 bis del d.P.R. n. 602 del 1973), il discrimine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria va così individuato: alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione sui fatti incidenti sulla pretesa tributaria (inclusi i fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa in senso sostanziale) che si assumano verificati fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, in caso di notificazione omessa, inesistente o nulla degli atti prodromici; alla giurisdizione ordinaria spetta la cognizione sulle questioni di legittimità formale dell’atto esecutivo come tale (a prescindere dalla esistenza o dalla validità della notifica degli atti ad esso prodromici) nonché sui fatti incidenti in senso sostanziale sulla pretesa tributaria, successivi all’epoca della valida notifica della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento o successivi, in ipotesi di omissione, inesistenza o nullità di detta notifica, all’atto esecutivo cha abbia assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell’intimazione (Cass., sez. unite civ., 14 aprile 2020 (ord.), n. 7822, in CED Cass., Rv. 657531);
  • In tema di controversie su atti di riscossione coattiva di entrate di natura tributaria, spetta alla giurisdizione tributaria la cognizione sull’opposizione alla cartella di pagamento (promossa ai sensi dell’art. 615, comma 1, c.p.c.) con la quale siano dedotti fatti – relativi alla carenza della originaria pretesa tributaria o all’estinzione della stessa (nella specie, per intervenuta prescrizione) – che si assumano verificati anteriormente alla notificazione della cartella (Cass., sez. unite civ., 20 luglio 2021 (ord.), n. 20693, in CED Cass., Rv. 662224).

Da autorevole dottrina (C. Glendi, Delega fiscale: riforma ben strutturata! Qualche suggerimento per il “processo” tributario, retro, 18 marzo 2023) è già stato osservato che l’attribuzione delle opposizioni esecutive alle Corti di Giustizia Tributaria denoterebbe “un’assai “deplorevole ignoranza” di quella che è e non può non essere la gestione dell’esecuzione forzata tributaria. Che postula, indefettibilmente, l’attribuzione in via esclusiva di tutte le opposizioni al solo giudice dell’esecuzione, a cui le Corti di giustizia tributaria restano completamente avulse, mancando dei poteri e delle competenze necessarie riservate al solo giudice dell’esecuzione, collettiva o singolare che sia, dove si deve anche giudicare dei diritti soggettivi coinvolti (concorso di creditori privati, opposizioni di terzi, etc.) in funzione dei quali ben può essere demandata in via esclusiva la cognizione incidenter tantum anche dell’eventuale questione della validità o meno della notificazione degli atti tributari anteriori se e in quanto rilevante sull’attività esecutiva vera e propria”.

Accelerazione della fase cautelare e strumenti deflattivi anche in Cassazione.

La delega prevede inoltre che la pubblicazione e la successiva comunicazione alle parti del dispositivo dei provvedimenti giurisdizionali avvengano nella stessa udienza di trattazione immediatamente dopo la delibazione di merito, allo scopo di velocizzare ulteriormente il processo e impedire la progressione dell’attività di riscossione.

Inoltre la fase cautelare sarà accelerata anche nei gradi di giudizio diversi dal primo e saranno introdotte misure deflattive, favorendo la definizione agevolata delle liti pendenti in tutti i gradi di giudizio, ivi compreso quello dinanzi alla Corte di Cassazione.

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