201510.15
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PCT: il problema non è la carta (fonte Questione Giustizia)

Obbligare alla copia cartacea degli atti è una battaglia di retroguardia che ci dipinge dinanzi all’opinione pubblica come dei reazionari contrari a qualunque evoluzione.

Uso la Consolle del Magistrato da quando si dubitava che i provvedimenti del giudice firmati digitalmente avessero pieno valore legale.

L’ho utilizzata per anni con un ruolo civile ordinario e, da qualche mese, la utilizzo con un ruolo esecuzioni forzate e un ruolo fallimentare.

Credo che nessuno possa, onestamente, sostenere che l’utilizzo di Consolle nella gestione del processo sia ininfluente o addirittura peggiorativa della qualità della giurisdizione e del nostro lavoro in particolare.

Il solo fatto che oggi è possibile per un giudice redigere e depositare provvedimenti da casa (o magari da New York o da Sydney), avendo a disposizione tutti i fascicoli del ruolo nella loro interezza (o quasi), dovrebbe far riflettere chi lancia strali quotidiani addirittura sull’utilità dell’intero PCT. Tra pochi anni, le “valigiate” di fascicoli che ci portiamo dietro per le sentenze del fine settimana, saranno un lontano ricordo.

Per non parlare della concreta possibilità di tenere sotto controllo il proprio ruolo, estraendo statistiche e monitorando l’andamento dei processi.

Potrei continuare, aggiungendo come la redazione dei verbali e dei provvedimenti telematici renda la gestione della causa immensamente più ordinata (mai più fogli allegati, mai più verbalizzazioni di pagine e pagine incomprensibili, mai più testimonianze da leggere con accanto la Stele di Rosetta!) e dunque la decisione più consapevole e veloce.

Mi rende triste leggere, nei comunicati di questa o quella sottosezione, puntualizzazioni del fatto che per il giudice non è obbligatorio questo o quello. Certo che non è obbligatoria la redazione di provvedimenti telematici, ma – per la mia esperienza – a parte i provvedimenti di mezza riga, il verbale, il decreto, l’ordinanza (della sentenza mi pare che nessuno dubiti) scritti al computer, e dunque in Consolle, convengono: al giudice (che li ritrova e li può rileggere e riutilizzare per altri casi), ai suoi colleghi (che se li ritrovano nell’archivio giurisprudenziale e possono ricercare precedenti), alla cancelleria (che con un click li scarica e immediatamente li comunica alle parti), alle parti (che li hanno a disposizione in tempo reale) e quindi al processo, che non si deve fermare tutte le volte che un provvedimento non è stato comunicato, magari per colpa di un postino poco esperto.

Tutto questo non sarebbe possibile senza PCT.

D’accordo – mi si dirà – tutti capiamo la grande rivoluzione positiva del PCT (spero che sia davvero così), ma leggere a video stanca la vista, la carta è insostituibile, le cancellerie non stampano, e non rientra nei nostri compiti stampare gli atti e i documenti.

Quindi, perché non prevedere l’obbligo di depositare anche una copia cartacea degli atti (e forse anche dei documenti) quantomeno per l’udienza?

Non è questa la strada. Questa è una battaglia di retroguardia che non fa altro che dipingerci dinanzi all’opinione pubblica (avete visto i tweet che girano?) come dei reazionari contrari a qualunque evoluzione del sistema.

Chiedere (o addirittura imporre) la copia di cortesia, significa obbligare gli avvocati a venire in Tribunale per depositare il cartaceo, il che frustra radicalmente i vantaggi del PCT.

A meno che non si dica che la copia può essere depositata in udienza. Bene, a parte il fatto che, per depositare le conclusionali e le repliche si dovrebbe comunque accedere al Tribunale fuori dall’udienza, non mi pare che depositare gli altri atti in udienza avrebbe tutta questa utilità per il giudice, se è vero che il rito pretenderebbe che il giudice studiasse la causa prima dell’udienza e non dopo.

In ogni caso, la mia esperienza, prima come giudice civile e ora anche come giudice fallimentare e delle esecuzioni, mi porta a ritenere che per la gran parte dei casi non serve stampare gli atti perché si fa prima a leggere a video.

La stampa serve (e anch’io la ritengo utile se non imprescindibile) sostanzialmente quando c’è da decidere sulle prove in caso di processi complessi o con più parti o quando ci sono atti particolarmente lunghi, ma, in tal caso, basta stampare (o farsi stampare dalle cancellerie, o organizzare un servizio con la collaborazione dei consigli dell’ordine, o implementare l’Ufficio del Processo).

Non sono un talebano del telematico e non credo nel tutto completamente telematico: ho già sostenuto come non siano a mio avviso condivisibili i provvedimenti che ritengono che il reclamo non possa depositarsi in cartaceo, o quelli che negano il diritto di produrre documentazione cartacea in udienza. Inoltre non credo che qualcuno possa dubitare del fatto che dovrà continuare ad essere consentito il deposito, anche fuori udienza, di tutto ciò che non è riducibile in forma documentale (oggetti) e che dovrà essere sempre permesso al giudice di chiedere il cartaceo per documenti particolari (si pensi a grandi planimetrie a colori).

Penso, però, che i veri problemi del PCT siano altri e che la battaglia che dovremmo combattere (e non saremmo più soli, perché avremmo certamente l’appoggio dell’avvocatura e delle cancellerie) è quella per il miglioramento sostanziale della Consolle del Magistrato (ma anche dei Registri di Cancelleria e delle varie Consolle degli avvocati), con un’assistenza tecnica specializzata che intervenga in tempo reale in caso di malfunzionamento del sistema, nonché per ottenere dotazioni all’altezza di mezzi (hardware aggiornato, stampanti veloci, ma soprattutto carta e toner) e persone (cancellieri, assistenti, o Ufficio del Processo che dir si voglia).

Il PCT comporta un salto di qualità nella giurisdizione (e anche nel lavoro quotidiano di tutti gli operatori della Giustizia) se e solo se è accompagnato da investimenti adeguati e mirati.

Lasciando da parte le dotazioni di mezzi e persone, vorrei spendere qualche parola sulle criticità di Consolle e sulla Consolle che vorrei.

Innanzitutto la Consolle è uno strumento potente ma troppo fragile e ciò è dovuto a molti concorrenti fattori, primi tra tutti il linguaggio di programmazione (JAVA) e la struttura del programma che si è sviluppata aggiungendo man mano nuove funzionalità, senza una preventiva progettazione globale.

Uno dei più grossi fattori di instabilità, secondo me, è dovuto all’eccessiva ossessione per la sicurezza che abbiamo voluto e all’assoluta dipendenza da tecnologie (Smart-card e relativi lettori) che sono poco diffusi nel mondo e che, conseguentemente, hanno difficoltà di installazione, con driver che esistono solo per certi sistemi operativi e addirittura solo per certe versioni del medesimo sistema operativo: possiamo permetterci di comprare un computer di ultima generazione, che è venduto solo con Windows 10 o continueremo ad essere costretti a disinstallare il sistema operativo per metterne uno superato, che tra poco non sarà più supportato dalla stessa casa produttrice?

Per non parlare della fragilità intrinseca delle card che si smagnetizzano, si rompono, sono concepite con tecnologia superata e non ricevono adeguato sviluppo.

Oggi esistono le firme remote o altri accorgimenti che, garantendo un livello di sicurezza paragonabile all’attuale, eviterebbero tali inconvenienti e soprattutto di dipendere dal singolo terminale (dobbiamo pretendere che la Consolle sia un’applicazione come le altre, che possiamo installare ed usare dal tablet, da qualunque tablet).

La Consolle, poi, deve oggi necessariamente scaricare tutti i dati “in locale”, cioè sul nostro computer: la conseguenza è un applicativo pachidermico (per esperienza personale, con ruoli di una certa consistenza, dopo tre o quattro mesi un computer di ultima generazione è letteralmente ingolfato di spazzatura e già rallentato). Dobbiamo pretendere che la Consolle sia in grado di sfruttare le potenzialità del cloud, della nuvola, e che non richieda l’installazione di programmi, ma operi con un’interfaccia scaricabile direttamente da web.

Non si tratta di una novità, ma di una tecnologia diffusa da anni in tutto il mondo che ci consentirebbe un accesso da qualsiasi computer, con qualunque sistema operativo, in qualsiasi parte del mondo.

Davvero riteniamo che tale approccio comporterebbe problemi di sicurezza? Davvero ci illudiamo che oggi, volendo ed impiegando adeguate risorse, non sia possibile violare il sistema attuale?

Altra causa di appesantimento e dunque di rallentamento e minaccia alla stabilità è la PEC: lo sanno tutti, il sistema è concettualmente farraginoso. Noi spostiamo decine e decine di MB per ogni atto, avanti e indietro (dall’avvocato alla cancelleria, all’altro avvocato, al giudice…). E con il limite di 30 MB a busta! Ma non sarebbe più semplice autenticarsi su un portale, caricare (l’avvocato o l’ausiliario) una sola volta il file sul server e inviare il link (pochi bytes), lasciando al singolo operatore la scelta di cosa e quando scaricare?

Non l’ho inventato io, lo sta facendo la Corte di Giustizia U.E. con il sistema E-curia.

Tanto c’è da fare per ottenere un software (non perfetto, ma) accettabile e non fermo alla tecnologia del secolo scorso, che faciliterebbe incredibilmente l’approccio di ognuno di noi, non foss’altro perché avremmo di fronte qualcosa di simile a ciò che usiamo tutti i giorni.

Ma il software non basta.

Sarà banale, ma la grande rivendicazione dovrebbe essere quella di un rapido adattamento delle norme procedurali al PCT, ma anche della struttura della Consolle e del fascicolo telematico alle norme del codice di procedura.

Innanzitutto è inconcepibile che gli atti (che tutti vogliono telematici) siano, di fatto, la scansione degli atti cartacei. Vanno strutturati per essere telematici: intestazioni chiare, regole precise di redazione, paragrafi, indice con richiami (link) ad altre parti dell’atto e ai documenti (che devono a loro volta avere un nome che ne richiami il contenuto e devono essere correttamente divisi e numerati) e soprattutto massima sinteticità e schematicità.

Gli atti e i documenti del fascicolo telematico devono essere adeguatamente indicizzati e catalogati: ma è possibile che per trovare un documento (o anche un atto) li dobbiamo aprire tutti uno per uno?

Qui bisogna intervenire alla svelta: ci vuole una sezione di consolle per ogni parte, suddivisa (come da c.p.c.) in fascicolo atti (con indicazione specifica della loro natura e della data) e fascicolo documenti con un indice navigabile. Dev’essere possibile rinominare e riordinare i singoli atti e documenti del fascicolo telematico (non di quello scaricato sul nostro computer, ma dell’unico fascicolo telematico presente sul server, consultabile da qualunque luogo e da qualunque computer). E’ esattamente ciò che si fa oggi al momento dello studio del fascicolo cartaceo, mettendo post-it o spostando memorie e documenti da una parte all’altra per averli sottomano e che l’ingessatura dell’attuale fascicolo telematico non consente se non in minima parte.

Dev’essere risolto in tempi rapidi il problema del fascicolo collegiale: è possibile che il presidente del collegio ancora oggi non possa emettere provvedimenti (la fissazione dell’udienza, il verbale d’udienza) nel fascicolo assegnato ad altro giudice del collegio?

Vogliamo parlare del dramma (si spera in corso di soluzione, ma quando accadrà sarà sempre troppo tardi) della trasmigrazione del fascicolo di primo grado in appello? E della trasmigrazione del fascicolo del decreto ingiuntivo nel fascicolo dell’opposizione?

Per tacere della “posta” fallimentare o i vari “visto agli atti” (dovrebbe bastare un click per far capire al sistema che il giudice ha “visto” il documento) o “visto si autorizza” (gli editor di PDF consentono da sempre l’apposizione di “timbri” direttamente sui PDF: solo la consolle non lo fa).

Una simile possibilità, tra l’altro, risolverebbe i vari problemi delle correzioni errori materiali, delle formule esecutive e, in genere, di tutti quei provvedimenti che il codice prevede che debbano essere annotati sull’originale di altri atti.

È, poi, imprescindibile chiedere a gran voce una radicale semplificazione delle regole procedurali e tecniche.

Il codice di procedura deve essere riscritto, o profondamente modificato, per renderlo compatibile con il nuovo processo, che stiamo già celebrando, tentando faticosamente di adattare le regole scritte nel 1942, in un mondo che non c’è più: per dirne una, nel codice c’è scritto che non si può entrare in aula d’udienza con il bastone, ma non c’è scritto come fare a inserire nel verbale telematico i capitoli di prova orale all’udienza 420 c.p.c. o le conclusioni, che le parti non hanno piacere di anticipare e hanno pur sempre diritto di prendere all’esito dell’udienza.

Non è, poi, possibile che si continui a legiferare come si fa ora, con norme e commi aggiunti con emendamenti dell’ultimo momento, senza alcun coordinamento, né criterio.

Un legislatore schizofrenico porta inevitabilmente a interpretazioni schizofreniche: abbiamo visto dichiarazioni di nullità di atti telematici (perché le norme non consentivano ancora il deposito telematico), dichiarazioni di nullità di depositi cartacei (perché le norme non consentivano più il deposito cartaceo), dichiarazioni di nullità perché mancava l’hash e vedremo certamente dichiarazioni di nullità di atti in quanto la conformità all’originale presente nel fascicolo telematico non è stata correttamente attestata dall’avvocato (sulla base del coacervo di norme che si sono susseguite e che forse, in tutto o in parte, ancora coesistono).

E allora, come si fa a sostenere che il problema del PCT sia la copia cartacea degli atti?

La polemica della copia cartacea mi pare un’arma di distrazione di massa.

Non faremmo meglio tutti quanti, tutti insieme, a rivendicare almeno qualcuna delle soluzioni che ho prospettato, magari iniziando da una vera costituzione di un serio Ufficio del Processo?

Gianmarco Marinai
Giudice del Tribunale di Livorno

(fonte www.questionegiustizia.it)