Le modifiche al procedimento amministrativo ricadono anche su quello tributario
Al dichiarato fine di garantire la certezza del diritto, con il d.l. 31 maggio 2021, n. 77 (il c.d. “Decreto Semplificazioni bis”), convertito con modificazioni dalla l. 29 luglio 2021, n. 108, sono state modificate alcune delle norme generali sul procedimento amministrativo contenute nella l. 7 agosto 1990, n. 241, vale a dire: 1) l’art. 2, riguardante il potere sostitutivo in caso di mancato rispetto del termine per provvedere; 2) l’art. 20, concernente il silenzio-assenso; 3) l’art. 21 nonies, relativo all’annullamento d’ufficio. Tale intervento è circoscritto ad alcuni profili, ma significativo a livello sistematico perché interessa anche i procedimenti tributari, ai quali le norme della l. n. 241 del 1990 sono applicabili salvo specifiche fattispecie derogatorie.
Le modifiche alla disciplina del potere sostitutivo in caso di inerzia dell’amministrazione.
L’art. 2, comma 1, primo periodo, l. n. 241 del 1990, rubricato “Conclusione del procedimento”, prevede il dovere della Pubblica Amministrazione di concludere il procedimento – qualora consegua obbligatoriamente ad un’istanza ovvero debba essere iniziato d’ufficio – mediante l’adozione di un provvedimento espresso.
Il previgente primo periodo del comma 9 bis prevedeva che l’organo di governo dalla Pubblica Amministrazione dovesse individuare, nell’ambito delle figure apicali dell’amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia: a questa figura veniva attribuito il compito di portare il procedimento a conclusione a garanzia dell’interessato e del buon andamento ex art. 97 Cost.. L’art. 61 del c.d. “Decreto Semplificazioni bis” ha esteso il novero dei titolari del potere sostitutivo de quo, contemplando anche la possibilità che esso sia attribuito anche a una unità organizzativa.
Non ha subito alterazioni il secondo periodo del comma 9 bis, ove sono indicati alcuni criteri suppletivi per il caso in cui l’organo di governo non provveda all’individuazione del soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia, menzionando il dirigente generale o, in sua mancanza, il dirigente preposto all’ufficio o, in sua mancanza, il funzionario di più elevato livello presente nell’amministrazione.
L’art. 61 del c.d. “Decreto Semplificazioni bis” ha esteso all’unità organizzativa designata l’indicazione che è pubblicata, per ciascun procedimento, sul sito internet istituzionale dell’amministrazione, in formato tabellare e con collegamento ben visibile nella homepage, secondo quanto previsto dal terzo periodo del comma 9 bis.
Non è stato modificato il quarto periodo del comma 9 bis, in forza del quale, in caso di ritardo, il soggetto titolare del potere sostitutivo comunica senza indugio il nominativo del responsabile, ai fini della valutazione dell’avvio del procedimento disciplinare, secondo le disposizioni del proprio ordinamento e dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e, in caso di mancata ottemperanza alle disposizioni del presente comma, assume la sua medesima responsabilità oltre a quella propria.
Nel testo anteriore, il comma 9 ter riconosceva al privato la facoltà di sollecitare l’esercizio del potere sostitutivo in caso di inerzia. L’art. 61 del c.d. “Decreto Semplificazioni bis” impone al titolare di esercitare il potere sostitutivo non soltanto su richiesta dell’interessato, ma anche d’ufficio, decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento anche considerando le previste ipotesi di sospensione legittima di questo termine.
Le responsabilità in caso di inerzia dell’amministrazione.
La modifica operata dall’art. 61 del c.d. “Decreto Semplificazioni bis” interessa anche l’ambito tributario e ciò in forza della valenza generale della l. n. 241 del 1990. Di particolare interesse è l’analisi degli strumenti di tutela del privato nel caso di inerzia della amministrazione: infatti, oltre all’esercizio del potere sostitutivo ex art. 2, l. n. 241 del 1990, è bene ricordare la possibilità di sollecitare l’intervento del Garante del Contribuente, il quale eserciterà i poteri di intervento di cui all’art. 13, l. 27 luglio 2021, n. 212, tra i quali rientra la segnalazione per l’avvio del procedimento disciplinare.
E’ bene inoltre ricordare che, nella disciplina generale del procedimento amministrativo, all’attivazione del potere sostitutivo si accompagna la responsabilità disciplina e contabile del dirigente e del funzionario inadempiente ex art. 2, comma 9, l. n. 241 del 1990, nonché la configurabilità di un danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento ovvero di un indennizzo per il mero ritardo ex art. 2 bis l. n. 241 del 1990.
Le modifiche alla disciplina del silenzio-assenso.
L’art. 20, l. n. 241 del 1990 disciplina l’istituto del c.d. “silenzio-assenso”, prevedendo che, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato il provvedimento di diniego entro un termine – solitamente quello pari a 30 giorni di cui all’art. 2, comma 2, l. n. 241 del 1990 – decorrente dalla data di ricevimento della domanda del privato. Il c.d. “silenzio-assenso” opera come principio generale, ma subisce alcune eccezioni.
L’art. 62 del c.d. “Decreto Semplificazioni bis” ha inserito nell’art. 20, l. n. 241 del 1990 il comma 2 bis, in forza del quale, nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento, fermi restando gli effetti comunque intervenuti del silenzio-assenso, l’amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare un’attestazione telematica circa il decorso dei termini del procedimento e pertanto dell’intervenuto accoglimento della domanda ai sensi del presente articolo; decorsi inutilmente 10 giorni dalla richiesta, l’attestazione è sostituita da una dichiarazione del privato ai sensi dell’art. 47, d.p.r.28 dicembre 2000, n. 445.
L’istituto del c.d. “silenzio-assenso” opera come una sorta di incentivo a provvedere in maniera espressa, ma non garantisce all’interessato una concreta valutazione della sua istanza da parte dell’amministrazione: infatti esso ha valore di provvedimento, che l’amministrazione può, in via di autotutela, annullare o revocare ex art. 20, comma 3, l. 241 del 1990. Come esplicitato nella relazione illustrativa, il c.d. “Decreto Semplificazioni bis” interviene per “consentire la piena operatività e il rafforzamento dell’efficacia del silenzio assenso” riconoscendo il diritto dell’interessato ad un’attestazione che ne dimostri l’avvenuta formazione: infatti il decorso del termine a provvedere può essere interpretato come una valutazione positiva dell’istanza da parte dell’amministrazione ovvero come un’istruttoria incompleta ovvero come mera inerzia.
Silenzio-assenso e procedimenti tributari.
Com’è noto, l’istituto del c.d. “silenzio-assenso” non opera tutte le volte in cui il Legislatore qualifica l’inerzia dell’amministrazione come rigetto dell’istanza del privato. Una di queste ipotesi si realizza in ambito tributario con riferimento al procedimento di rimborso dei tributi: infatti l’art. 19, d.lgs. n. 546 del 1992 annovera tra gli atti impugnabili nanti la Commissione Tributaria Provinciale anche “il rifiuto […] tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti”, mentre l’art. 20, comma 2, del medesimo decreto prevede che “il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione […] può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto. La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”.
In altre ipotesi l’inerzia dell’amministrazione viene espressamente qualificata come accoglimento dell’istanza: ad esempio, ciò avviene per il c.d. “interpello”, per il quale l’art. 11, comma 3, l. n. 212 del 2000 prevede testualmente che, “quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione, da parte dell’amministrazione della soluzione prospettata dal contribuente”.
Le modifiche alla disciplina dell’annullamento d’ufficio.
In base all’art. 21 nonies, l. n. 241 del 1990, il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’art. 21 octies può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge.
L’annullamento d’ufficio ha efficacia ex tunc e annovera i seguenti presupposti: 1) l’illegittimità originaria del provvedimento per violazione di legge, eccesso di potere e incompetenza; 2) l’interesse pubblico concreto e attuale alla sua rimozione, diverso dal mero ripristino della legalità; 3) l’assenza di posizioni consolidate in capo ai destinatari. L’istituto si caratterizza per discrezionalità, vale a dire è il risultato della ponderazione tra gli interessi dei soggetti incisi dal provvedimento e l’interesse pubblico al suo annullamento.
Il Legislatore è già intervenuto con riferimento al termine entro cui tale potere deve essere esercitato: per circoscrivere le incertezze gravanti sugli interessati al provvedimento, l’art. 6, l. 7 agosto 2015, n. 124 (recante la c.d. “Riforma Madia”) ha corretto l’originaria generica previsione “entro un termine ragionevole” con l’indicazione di un termine massimo pari a 18 mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato mediante il c.d. “silenzio-assenso”, mentre l’art. 63 del c.d. “Decreto Semplificazioni bis” ha ridotto il termine da 18 a 12 mesi.
Simmetricamente l’art. 63 del c.d. “Decreto Semplificazioni bis” ha portato da 18 a 12 mesi scaduto il quale l’amministrazione può annullare i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445.
La connotazione amministrativistica dell’azione impositiva.
La disciplina della l. n. 241 del 1990 conferma la connotazione amministrativistica dell’azione impositiva anche sotto il profilo dell’esercizio del potere di annullamento d’ufficio. Bisogna tuttavia ricordare le specificità dell’ambito tributario e le interferenze con altri istituti, come quelli processuali: con riguardo al termine entro cui tale potere deve essere esercitato, l’istanza di annullamento in autotutela non sospende il termine per l’azione in giudizio nanti la Commissione Tributaria Provinciale.
La lettura dell’intero articolo è riservata agli abbonati di “Ipsoa Quotidiano“. Per ulteriori informazioni cliccare qui.