L’Iva è detraibile solo se la fattura indica entità, natura e data della prestazione di servizi (causa C‑516/14)
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
JULIANE KOKOTT
del 18 febbraio 2016 (1)
Causa C‑516/14
Barlis 06 – Investimentos Imobiliários e Turísticos SA
contro
Autoridade Tributária e Aduaneira
[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Tribunal Arbitral Tributário (Centro de Arbitragem Administrativa – CAAD) (Commissione tributaria, Portogallo)]
«Normativa tributaria – Imposta sul valore aggiunto – Articolo 226, punti 6 e 7, della direttiva 2006/112/CE – Indicazioni in fattura relative a entità e natura di un servizio reso e alla data della sua prestazione – Articolo 178, lettera a), della direttiva 2006/112/CE – Esercizio del diritto a detrazione – Requisito del possesso di una fattura rispondente ai requisiti di cui all’articolo 226 della direttiva 2006/112/CE»
I – Introduzione
1. Di norma, il ricevimento di una fattura non è motivo di gioia. Un po’ diverso è il caso dell’imposta sul valore aggiunto. Nell’ambito dell’IVA, infatti, una fattura legittima, a determinate condizioni, il suo destinatario a farsi rimborsare dal Fisco l’imposta sul valore aggiunto ivi esposta (cosiddetta «detrazione»).
2. La normativa dell’Unione in materia di imposta sul valore aggiunto prevede, però, anche che la fattura debba contenere una serie di indicazioni minime. Nel caso che ha portato alla domanda di pronuncia pregiudiziale qui in esame, l’amministrazione finanziaria portoghese ha ritenuto che tali indicazioni non fossero sufficienti. In particolare, la descrizione dei servizi fatturati come «servizi giuridici», senza ulteriori specificazioni, non soddisferebbe i requisiti fissati dalla normativa in materia di IVA quanto al contenuto necessario di una fattura. Solo una fattura regolare consentirebbe di avvalersi della detrazione.
3. In questo contesto, la Corte è chiamata a chiarire due aspetti. Non si tratta solo di stabilire, per la prima volta, quanto dettagliata debba essere la descrizione di un servizio all’interno di una fattura. La Corte dovrà inoltre pronunciarsi nuovamente sulle conseguenze di una fattura incompleta rispetto al diritto a detrazione al fine di precisare la sua giurisprudenza in materia pronunciata finora.
II – Contesto normativo
A – Diritto dell’Unione
4. La riscossione dell’imposta sul valore aggiunto è disciplinata nell’Unione dalla direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (2) (in prosieguo: la «direttiva IVA»). La direttiva de qua è stata preceduta dalla sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari ‑ Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (3) (in prosieguo: la «sesta direttiva»). Laddove le disposizioni delle due direttive coincidono, occorre tener conto, nel caso di specie, anche della giurisprudenza della Corte sulla sesta direttiva.
5. L’articolo 168 della direttiva IVA (4)disciplina, in particolare, il diritto a detrazione nei seguenti termini:
«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:
a) l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo;
(…)».
6. Nel capo «Modalità di esercizio del diritto a detrazione», l’articolo 178 della direttiva IVA precisa ‑ nella testo originario (5) applicabile nel procedimento principale – quanto segue:
«Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti:
a) per la detrazione di cui all’articolo 168, lettera a), relativa alle cessioni di beni e [proprio così!] alle prestazioni di servizi, essere in possesso di una fattura redatta conformemente agli articoli da 220 a 236 e agli articoli 238, 239 e 240;
(…)».
7. L’articolo 226 della direttiva IVA, anch’esso rilevante nella specie, riguarda il contenuto della fattura disponendo quanto segue:
«Salvo le disposizioni speciali previste dalla presente direttiva, nelle fatture emesse a norma degli articoli 220 e 221 sono obbligatorie ai fini dell’IVA soltanto le indicazioni seguenti:
(…)
6. la quantità e la natura dei beni ceduti o l’entità e la natura dei servizi resi;
7. la data in cui è effettuata o ultimata la cessione di beni o la prestazione di servizi o la data in cui è corrisposto l’acconto di cui all’articolo 220, punti 4) e 5), sempreché tale data sia determinata e diversa dalla data di emissione della fattura;
(…)».
8. Le disposizioni dell’articolo 226 della direttiva IVA qui richiamate corrispondono essenzialmente all’articolo 22, paragrafo 3, lettera b), sesto e settimo trattino, della sesta direttiva nella versione risultante dal suo articolo 28 nonies (6), nella versione modificata dalla direttiva 2001/115/CE (7). Anche nell’ambito del presente procedimento è pertanto necessario tener conto, in particolare, della genesi della suddetta, precedente, disposizione della sesta direttiva.
9. Il considerando 46 della direttiva IVA è l’unico che riguarda le fatture disponendo quanto segue:
«(46) L’uso della fatturazione elettronica deve consentire alle amministrazioni finanziarie di effettuare i loro controlli. Per assicurare il corretto funzionamento del mercato interno, è pertanto opportuno stilare un elenco armonizzato delle indicazioni che devono figurare sulle fatture e stabilire alcune modalità comuni per il ricorso alla fatturazione elettronica e per l’archiviazione elettronica delle fatture, così come per l’autofatturazione e il subappalto delle operazioni di fatturazione».
B – Diritto nazionale
10. Nel diritto portoghese, l’articolo 36, paragrafo 5, della lettera b), del Código do Imposto sobre o Valor Acrescentado (in prosieguo: il «CIVA»), stabilisce che le fatture devono contenere «la denominazione abituale […] dei servizi forniti con la specificazione degli elementi necessari ai fini della determinazione dell’aliquota applicabile».
11. Solo laddove una fattura soddisfi, segnatamente, i suddetti requisiti dell’articolo 36, paragrafo 5, lettera b), del CIVA, sussiste ‑ a norma del precedente articolo 19, paragrafi 2, lettera a), e 6 ‑ il diritto alla detrazione dell’IVA esposta in fattura.
12. Nel procedimento dinanzi alla Corte, la Repubblica portoghese ha inoltre osservato che, per il periodo rilevante ai fini del procedimento principale, il diritto portoghese prevedeva un’aliquota fiscale ridotta per determinati servizi resi dagli avvocati, in particolare, per quelli erogati a favore di pensionati e disoccupati e, in generale, nell’ambito di procedimenti in materia di stato civile delle persone. Tale regola, che non è prevista nelle disposizioni della direttiva IVA vigenti a livello di Unione in materia di aliquota fiscale ridotta, si baserebbe sulla tutela dei diritti quesiti che sarebbe accordata dall’articolo 113 della direttiva IVA.
III – Procedimento principale
13. La ricorrente del procedimento principale, la società Barlis 06 – Investimentos Imobiliários e Turísticos SA, opera nel settore alberghiero.
14. Nel periodo compreso tra il 2008 e il 2010 essa si avvaleva dei servizi di una società di avvocati che emetteva al riguardo quattro fatture, contenenti le seguenti descrizioni delle prestazioni di servizi:
– «Servizi giuridici resi tra il 1º dicembre 2007 e la data odierna» (fattura del 26 agosto 2008),
– «Onorari per servizi giuridici resi tra giugno e la data odierna» (fattura del 17 dicembre 2008),
– «Onorari per servizi giuridici resi sino alla data odierna» (fattura del 29 aprile 2009),
– «Onorari per servizi giuridici resi tra il 1º novembre 2009 e la data odierna» (fattura del 2 giugno 2010).
15. Rispetto all’imposta sul valore aggiunto, esposta nelle suddette fatture, la ricorrente della controversia principale faceva valere dinanzi all’amministrazione finanziaria portoghese il diritto a detrazione per complessivi EUR 8 689,49.
16. A seguito di una verifica fiscale, l’amministrazione finanziaria portoghese negava la detrazione, in quanto le descrizioni dei servizi contenute nelle fatture non avrebbero soddisfatto i requisiti dell’articolo 36, paragrafo 5, lettera b), della CIVA. La ricorrente nel procedimento principale presentava quindi documenti integrativi contenenti una descrizione più dettagliata dei servizi. L’amministrazione finanziaria negava tuttavia la detrazione affermando, a sostegno del diniego, che le fatture continuavano a non rispondere ai requisiti di legge.
IV – Procedimento dinanzi alla Corte
17. Il Tribunal Arbitral Tributário, chiamato oggi a pronunciarsi sulla controversia, ritiene che l’interpretazione della direttiva IVA sia decisiva ai fini della definizione della controversia e, in data 17 novembre 2014, ha quindi sottoposto alla Corte, a norma dell’articolo 267 TFUE, la seguente questione pregiudiziale:
Se, nel contesto della corretta interpretazione dell’articolo 226, punto 6), della direttiva IVA, l’Autoridade Tributária e Aduaneira (Amministrazione finanziaria e doganale) possa ritenere insufficiente il contenuto di una fattura recante la menzione «servizi giuridici resi da una certa data sino ad oggi» o anche «servizi giuridici resi sino ad oggi», laddove si consideri che l’amministrazione medesima può ottenere, in base al principio di collaborazione tra amministrazioni, gli elementi informativi complementari che ritenga necessari ai fini della conferma dell’esistenza e delle caratteristiche dettagliate delle operazioni.
18. Sulla questione in parola hanno presentato osservazioni scritte dinanzi alla Corte la ricorrente della controversia principale, la Repubblica portoghese e la Commissione europea. All’udienza del 14 gennaio 2016 sono comparse la Repubblica di Germania, la Repubblica portoghese e la Commissione.
V – Analisi
19. Nel contesto della controversia principale il giudice del rinvio (8) chiede in definitiva di rispondere a due differenti questioni.
20. Da un lato, si tratta di chiarire se fatture come quelle in esame soddisfino i requisiti dettati dall’articolo 226 della direttiva IVA quanto al contenuto delle fatture (a tal riguardo vedi, infra, sub A). Dall’altro occorre stabilire quali siano le conseguenze, ai fini del diritto a detrazione, di un’eventuale insufficienza delle indicazioni contenute nelle fatture (a tal riguardo, vedi, infra, sub B).
A – Sul contenuto delle fatture
21. Si pone quindi in primis la questione se fatture, come quelle oggetto del procedimento principale, soddisfino i requisiti imposti dall’articolo 226 della direttiva IVA quanto al contenuto delle fatture.
22. Nel caso di specie, il contenuto necessario di una fattura è disciplinato, tassativamente ed esaustivamente, dall’articolo 226 della direttiva IVA. Tale disposizione si applica, infatti, obbligatoriamente alle fatture da emettere a norma degli articoli 220 e 221 della direttiva IVA. Nella specie, le fatture de quibus, trattandosi di servizi effettuati nei confronti di un soggetto passivo, dovevano essere emesse a norma dell’articolo 220, punto 1. La normativa portoghese non può invece dettare, quanto alle indicazioni che una fattura deve obbligatoriamente contenere, requisiti ulteriori rispetto a quelli indicati nell’articolo 226 della direttiva IVA. Ciò emerge, da un lato, dallo stesso articolo 226, ai sensi del quale nelle fatture sono obbligatorie «soltanto» le indicazioni ivi contenute, e, dall’altro, dall’articolo 273, paragrafo 2, della direttiva IVA, secondo cui gli Stati membri non possono imporre, ai fini della riscossione dell’IVA, obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli già previsti nella direttiva.
23. Come correttamente osservato dalla Repubblica portoghese, nel caso di specie non è sufficiente interpretare soltanto il punto 6 dell’articolo 226 della direttiva IVA, sul quale si incentra la questione pregiudiziale. Per fornire al giudice del rinvio una risposta utile rispetto ai requisiti posti dal diritto dell’Unione quanto al contenuto di una fattura,(9) occorre estendere l’esame anche al punto 7 della disposizione.
24. In base alle due disposizioni richiamate supra, le fatture devono contenere sia indicazioni sull’«entità e la natura dei servizi resi» (punto 6), che «la data in cui è effettuata o ultimata (…) la prestazione di servizi» (punto 7).
1. Entità e natura dei servizi
25. Alla luce del punto 6 dell’articolo 226 della direttiva IVA, si pone la questione se le descrizioni impiegate nelle fatture qui in esame, ossia la formulazione «servizi giuridici resi» nell’arco di un determinato periodo o sino a una certa data, individuino a sufficienza la «natura» [v., sul punto, qui a seguire sub a)] e l’«entità» [v., sul punto, più avanti, sub b)] dei servizi.
a) Sulla natura dei servizi
26. Ad oggi la Corte si è occupata dei requisiti di cui all’articolo 226, punto 6, della direttiva IVA rispetto alla descrizione della «natura» di un servizio solo in un’occasione e con riferimento alla cessione di beni. Nel caso dei beni, l’articolo 226, punto 6, richiede infatti, come nel caso dei servizi, l’indicazione della loro «natura». Dalla giurisprudenza risulta ora che, al riguardo, non sussiste alcun obbligo di indicare nella fattura i marchi auricolari degli animali ceduti (10), indicazione sostanziale che consentirebbe un’identificazione certa di ogni singolo animale ceduto.
27. Se ne deve desumere, in primis, che il contenuto della fattura in base all’articolo 226, punto 6, della direttiva IVA non deve ricomprendere tutte le informazioni disponibili su un bene ceduto o su un servizio reso. Ciò risulta già dal tenore letterale della disposizione che parla soltanto di «natura» di un bene o di un servizio e non richiede invece una loro esatta descrizione.
28. Se, quindi, una fattura non deve contenere tutte le informazioni disponibili rispetto a un determinato servizio reso, ci si chiede tuttavia quale grado di informazioni sia necessario affinché la «natura» di un servizio possa essere considerata come sufficientemente descritta. Con riferimento al caso di specie, si tratta di stabilire se l’insieme di tutti i servizi giuridici resi costituisca già una tale natura o se occorra distinguere ulteriormente, tra di essi, tra diverse tipologie.
29. Non è possibile rispondere a tale questione, né sulla base del tenore letterale, né alla luce della struttura logico-sistematica dell’articolo 226, punto 6, della direttiva IVA. Essa deve pertanto essere chiarita alla luce della finalità che i requisiti relativi alle indicazioni obbligatorie delle fatture intendono perseguire.
30. L’obiettivo perseguito, di volta in volta, da tali requisiti è connesso, dal canto suo, con la funzione che la fattura è chiamata a svolgere nel regime fiscale dell’IVA. Come si evince dal considerando 46 della direttiva IVA, la fatturazione è funzionale al compimento di controlli da parte dell’amministrazione finanziaria degli Stati membri. Al fine di consentire tali controlli, i soggetti passivi previsti dall’articolo 244 della direttiva IVA devono provvedere all’archiviazione di tutte le fatture ricevute, nonché delle copie di tutte le fatture a loro volta emesse.
31. Nell’ottica di tale obiettivo, la finalità delle singole indicazioni che una fattura deve obbligatoriamente contenere è collegata direttamente agli elementi che le amministrazioni finanziarie dovrebbero poter controllare sulla base delle indicazioni medesime.
i) Verifica del versamento dell’imposta corretta
32. Una fattura è finalizzata, in primis, a consentire la verifica del pagamento dell’imposta da parte del soggetto emittente.
33. Ciò emerge dall’articolo 178, lettera a), della direttiva IVA, il quale stabilisce che il destinatario di un servizio può esercitare il proprio diritto a detrazione solo se è in possesso di una fattura. In base alla giurisprudenza, tale requisito è finalizzato a garantire la riscossione dell’IVA e il suo controllo (11). A norma di detta disposizione, infatti, la detrazione è concessa solo quando l’amministrazione finanziaria può, con la fattura, disporre nel contempo di un documento che contiene, sulla base dell’obbligo di indicazioni di cui all’articolo 226 della direttiva IVA, le informazioni necessarie per garantire anche il corrispondente pagamento dell’IVA da parte del soggetto che l’ha emessa. Tale riferimento all’emittente della fattura è ivi confermato dall’articolo 203 della direttiva IVA. In base ad esso, l’emittente della fattura è tenuto a versare l’IVA ivi esposta a prescindere che si sia verificato un fatto generatore dell’imposta e, in particolare, a prescindere dall’effettiva erogazione di un servizio (12). Ciò esonera l’amministrazione finanziaria, in un tal caso, dall’onere di fornire la relativa prova.
34. La fattura costituisce quindi una sorta di garanzia per il Fisco, collegando in un certo qual modo la detrazione al versamento dell’imposta (13). La fattura, senza la quale non può essere fatta valere la detrazione, accorda infatti al Fisco quantomeno la possibilità di garantirsi presso l’emittente la copertura dell’importo da rimborsare mediante detrazione, posto che l’amministrazione finanziaria verifica che questi abbia versato l’imposta corrispondente.
35. Ai fini dell’esercizio di tale funzione di garanzia sono tuttavia necessarie, in fattura, solo talune indicazioni, in particolare il nome e l’indirizzo completi del soggetto passivo prestatore del servizio (punto 5 dell’articolo 226 della direttiva IVA), nonché, a titolo complementare, il suo numero di partita IVA (punto 3). Una specificazione in fattura della «natura» di un servizio non è invece necessaria per consentire la verifica del mero versamento dell’imposta da parte del soggetto emittente . Come abbiamo visto, infatti, il soggetto che emette la fattura è tenuto, a norma dell’articolo 203 della direttiva IVA, a versare in ogni caso l’imposta esposta in fattura che il suo destinatario porta in detrazione. Non è qui richiesto alcun collegamento tra la fattura e un servizio effettivamente erogato.
36. Il fatto che, tra le indicazioni obbligatorie di una fattura a norma dell’articolo 226 della direttiva IVA, rientrino così, evidentemente, anche elementi non necessari ai fini del controllo del mero versamento dell’imposta, indica chiaramente che la funzione di una fattura non può esaurirsi in un controllo di tal genere. Tra le indicazioni di cui trattasi rientrano non solo la natura dei beni ceduti o dei servizi resi (punto 6) bensì parimenti, in particolare, la data della prestazione di un servizio (punto 7), la base imponibile dell’imposta (punto 8), l’aliquota (punto 9) o un’esenzione da imposta (punto 11) applicabili.
37. Queste e altre indicazioni sono dirette – come risulta dalla genesi della disposizione (14) –, a raccogliere nella fattura «le informazioni relative al regime IVA applicabile».
38. Le suddette indicazioni aggiuntive permettono così alle amministrazioni finanziarie degli Stati membri di controllare se il soggetto emittente della fattura abbia anche calcolato per il suo servizio l’imposta corretta. Sulla base delle indicazioni de quibus, le amministrazioni finanziarie degli Stati membri possono, infatti, verificare, segnatamente, se l’emittente della fattura abbia determinato il luogo della prestazione del servizio (articoli 31 e segg. della direttiva IVA), la base imponibile (articoli 72 e segg.) e l’aliquota dell’imposta (articoli 93 e segg.) in conformità delle disposizioni di diritto, se egli correttamente ritenga applicabile un’esenzione da imposta (articoli 131 e segg.) o se abbia legittimamente ritenuto che, non lui, ma il destinatario della prestazione sia tenuto a versare l’imposta (articoli 192 bis e segg.).
39. tale verifica richiede che la fattura contenga anche una descrizione del servizio reso. La corretta imposta dipende, infatti, sotto molto profili, dal contenuto del servizio erogato posto che anche le disposizioni speciali in materia di luogo della prestazione, aliquota fiscale, esenzioni da imposte, eccetera, sono spesso collegate ad esso. La «natura» di un servizio deve pertanto essere descritta in fattura con una precisione tale da permettere di verificare l’applicazione della corretta aliquota fiscale, di un’esenzione da imposta o di un altro regime speciale (15).
40. In base a tali criteri, la denominazione qui scelta di «servizi giuridici» è sufficiente per verificare il corretto calcolo dell’imposta. A quanto mi risulta, non vi è, infatti, alcuna regola della normativa dell’Unione vigente in materia di IVA che colleghi la determinazione dell’imposta corretta alla natura di un servizio giuridico (16).
41. La Repubblica portoghese ha tuttavia sostenuto che una descrizione più dettagliata della natura dei servizi giuridici sarebbe stata necessaria nel caso di specie, in quanto la normativa portoghese – in deroga alla direttiva IVA, ma autorizzata in base alla disposizione in materia di tutela dei diritti quesiti di cui all’articolo 113 della medesima – prevedrebbe un’aliquota ridotta per determinati servizi giuridici. Dalla denominazione generale di «servizi giuridici» non sarebbe quindi possibile evincere se le prestazioni di servizi siano soggette all’aliquota ordinaria ovvero all’aliquota ridotta.
42. Laddove quanto affermato supra in merito alla normativa nazionale applicabile alla controversia principale dovesse risultare corretto – aspetto questo che compete solo al giudice del rinvio chiarire –, ne conseguirebbe che, nel caso di specie, la natura del servizio non sarebbe descritta in modo sufficiente per consentire di verificare la correttezza della determinazione dell’imposta.
43. Una siffatta conclusione si porrebbe, in effetti, in un certo contrasto con l’obiettivo perseguito dal Consiglio con l’introduzione delle disposizioni in materia di indicazioni obbligatorie in fattura, ossia quello di garantire un «elenco armonizzato delle indicazioni che devono figurare sulle fatture» al fine di «garantire il buon funzionamento del mercato interno» (17). Il soggetto che eroga servizi giuridici è, infatti, così chiamato a fornire indicazioni con un grado di precisione diversa sulla natura del servizio, a seconda che il luogo della prestazione del servizio si trovi in Portogallo o in un altro Stato membro.
44. Tuttavia, questa è, in definitiva, soltanto la conseguenza dell’esistenza di disposizioni diverse in materia di aliquote IVA ridotte negli Stati membri. Ciò non riguarda soltanto il caso richiamato qui dalla Repubblica portoghese della tutela dei diritti quesiti per le aliquote ridotte a norma dell’articolo 113 della direttiva IVA. Anche l’applicazione delle fattispecie fissate a livello di Unione a norma dell’articolo 98 e dell’allegato III della direttiva IVA per le aliquote ridotte ricade nella discrezionalità di ciascuno Stato membro. La causa di eventuali attriti nel mercato interno, a livello di fatturazione, non va ravvisata quindi nei requisiti previsti per il contenuto di una fattura, ma nella mancata armonizzazione del settore delle aliquote ridotte.
45. Se il giudice del rinvio dovesse quindi acclarare che, nella controversia principale, la normativa portoghese prevede un’aliquota ridotta per determinati servizi giuridici, la formulazione generale «servizi giuridici resi» inserita in fattura non soddisferebbe i requisiti fissati nell’articolo 226, punto 6, della direttiva IVA rispetto all’indicazione della «natura» di un servizio.
ii) Verifica della legittimazione a far valere la detrazione
46. La fattura e il suo contenuto non sono inoltre finalizzati soltanto a garantire il controllo del pagamento dall’imposta corretta da parte dell’emittente della fattura. Come emerge anche dalla genesi dell’articolo 226 della direttiva IVA, la fattura funge altresì da «giustificazione» della detrazione da parte del suo destinatario (18).
47. L’amministrazione finanziaria deve quindi poter anche verificare, sulla base del contenuto della fattura, il diritto a detrazione del suo destinatario. Si tratta pertanto di stabilire se tale funzione di controllo implichi requisiti ancora più restrittivi quanto al grado di precisione richiesto della descrizione di una prestazione di servizi contenuta in fattura.
48. Nel verificare la sussistenza del diritto a detrazione occorre anzitutto controllare se il destinatario della fattura sia in possesso della stessa. Ciò fornisce una certa garanzia quanto al fatto che il servizio fatturato sia stato effettivamente erogato (19), circostanza questa che costituisce una condizione per la sussistenza di tale diritto (20). Come già osservato (21), l’emittente della fattura è tenuto, a norma dell’articolo 203 della direttiva IVA, a versare sempre l’IVA esposta in fattura. Sussiste quindi una certa remora per l’emittente della fattura ad emettere una fattura per servizi che non siano stati resi. Ai fini della suddetta funzione di controllo della fattura, l’indicazione della natura di un servizio è tuttavia superflua, come nel caso del controllo dal mero pagamento dell’imposta. La remora ad emettere fatture per servizi inesistenti si fonda infatti sul debito fiscale sancito dall’articolo 203 della direttiva IVA che ‑ come abbiamo visto ‑ non dipende dalla descrizione del servizio (22).
49. Il controllo della corretta indicazione dell’imposta nella fattura da parte del suo emittente, già individuato quale obiettivo di una fattura (23), è funzionale specularmente alla verifica del corretto importo della corrispondente detrazione. Ciò non richiede peraltro la previsione di requisiti ulteriori quanto alla descrizione della natura di un servizio rispetto a quanto già accertato.
50. Requisiti di tal genere potrebbero però essere richiesti qualora fosse necessario verificare, sulla base del contenuto della fattura, la sussistenza di un altro presupposto della detrazione, ossia l’effettivo o previsto (24) impiego dei servizi acquisiti ai fini di operazioni soggette ad imposta richiesto dall’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA.
51. Nel caso di specie, sia la Repubblica portoghese sia, mutatis mutandis, la Commissione hanno sostenuto al riguardo che la descrizione del servizio in una fattura dovrebbe essere tanto dettagliata da consentire di controllare se esso sia stato erogato ai fini dell’attività economica del destinatario della fattura da cui possano poi risultare operazioni imponibili che legittimino la detrazione.
52. Non posso peraltro condividere tale tesi.
53. In primis, non è possibile descrivere nella fattura un servizio in modo tanto dettagliato da permettere, già sulla base di detta descrizione, di individuare la natura privata o economica dello stesso. Se si discute, ad esempio, di una matita, neppure la più dettagliata descrizione del relativo produttore, tipologia, caratteristiche e condizioni consentirà di stabilire se essa sia, in concreto, impiegata in privato o nell’ambito di un’attività economica. Il diritto a detrazione non può quindi essere verificato sulla base di una fattura, posto che ‑ in linea di principio ‑ ogni oggetto di una prestazione può essere destinato a un utilizzo nella sfera privata e dell’attività economica. Lo stesso vale anche per servizi che sembrino presentare natura evidentemente privata, quali, ad esempio, l’accesso ad un cinema, che nel singolo caso può essere tuttavia finalizzata all’esercizio di una determinata attività economica.
54. Anche nel caso di specie non riesco a comprendere come una descrizione dei «servizi giuridici resi», dettagliata ma – nel contesto di una fattura ‑ adeguatamente concisa, possa chiarire univocamente se tali servizi siano impiegati ai fini dell’attività economica della ricorrente nel procedimento principale. Anche le descrizioni proposte in alternativa della Repubblica portoghese, quali ad esempio «Rappresentanza nell’ambito del procedimento giudiziale X dinanzi al giudice Y», non permetterebbero di compiere un tale controllo. Per valutare la sussistenza di un diritto a detrazione occorrerebbe, infatti, nel caso di specie, stabilire comunque quale sia l’oggetto del procedimento giudiziale X.
55. Eventuali dubbi circa l’impiego di un servizio ai fini dell’attività economica del suo destinatario possono quindi, in sede di controllo, essere fugati completamente in definitiva solo mediante mezzi di prova integrativi.
56. È pur vero che, di norma, rientra nell’interesse proprio del destinatario della fattura richiedere all’emittente della stessa una descrizione quanto più dettagliata possibile del servizio al fine di ridurre, in caso di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria, gli oneri derivanti dalla presentazione di elementi di prova aggiuntivi. Tale stimolo a ottenere una descrizione del servizio più dettagliata sussiste, tuttavia, senza che non meglio determinati requisiti circa la precisione di una descrizione del servizio – ad esempio «in base alle circostanze del singolo caso» – impediscano già giuridicamente l’esercizio del diritto a detrazione. Proprio in quanto il diritto a detrazione a norma dell’articolo 178, lettera a), della direttiva IVA dipende essenzialmente dal possesso di una fattura rispondente ai requisiti di cui all’articolo 226, non è possibile prevedere requisiti ulteriori quanto al contenuto di una fattura e tali requisiti devono garantire il principio della certezza del diritto. In particolare, infatti, quando le disposizioni del diritto dell’Unione hanno conseguenze finanziarie – come, nel caso di specie, il riconoscimento o il diniego del diritto a detrazione – la loro applicazione deve essere chiaramente prevedibile per gli interessati in base alla giurisprudenza (25).
57. Sotto il profilo del controllo del diritto del destinatario della fattura a far valere la detrazione, non sono così emersi requisiti ulteriori quanto alle informazioni ivi contenute sulla natura di un servizio.
iii) Conclusione interlocutoria
58. In conclusione, nel caso di specie la descrizione dei servizi contenuta nelle fatture non risponderebbe ai requisiti previsti dall’articolo 226, punto 6, della direttiva IVA rispetto all’indicazione della «natura» di un servizio, solo nel caso in cui il giudice del rinvio dovesse stabilire che, nella controversia principale, la normativa portoghese prevede un’aliquota ridotta applicabile soltanto a determinati servizi giuridici.
b) Sull’entità del servizio
59. In base all’articolo 226 della direttiva IVA, nella fattura non deve essere indicata soltanto la «natura» di un servizio, ma anche la sua «entità». Si pone quindi l’ulteriore questione se la menzione «servizi giuridici resi da una certa data sino ad oggi» o semplicemente «servizi giuridici resi sino ad oggi» descriva a sufficienza l’entità dei servizi giuridici.
60. L’entità di un servizio indica la sua «quantità» che, a norma dell’articolo 226 della direttiva IVA, deve essere indicata in fattura, in caso di cessione di beni, accanto alla sua «natura». La fattura fornisce così delle informazioni su quanta prestazione è stata erogata.
61. Un’indicazione di tal genere manca peraltro nel caso di specie.
62. L’indicazione dell’entità di un servizio non è sostituita neppure dall’indicazione del periodo nel quale i servizi sono stati resi. Non vi è, infatti, modo di stabilire quanti servizi siano stati erogati nel rispettivo periodo.
63. Una separata indicazione dell’entità di un servizio può tutt’al più essere omessa qualora già dalla descrizione della sua natura – ad esempio, con riferimento al caso di specie, dalla descrizione «Rappresentanza nell’ambito del procedimento giudiziale X dinanzi al giudice Y» – sia possibile desumerne sufficientemente l’entità. Ciò non avviene peraltro nel caso di specie. I servizi sono stati, infatti, indicati, quanto alla loro natura, in termini talmente generici ‑ come «servizi giuridici» ‑ da non consentire di ricavarne l’entità .
64. Nel caso di specie, le indicazioni non soddisfano quindi i requisiti di cui all’articolo 226, punto 6, della direttiva IVA dal momento che non indicano l’entità dei servizi resi.
2. Data del servizio
65. Occorre poi verificare se l’indicazione contenuta nella fattura, ossia «servizi giuridici resi da una certa data sino ad oggi» ovvero, semplicemente, «servizi giuridici resi sino ad oggi», soddisfi l’articolo 226, punto 7, della direttiva IVA, in base al quale nella fattura deve essere indicata la data «in cui è effettuata o ultimata la prestazione di servizi».
66. Le fatture contestate contengono soltanto l’indicazione di un periodo o della data finale di più servizi giuridici e non le singole date dei singoli servizi resi. Dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio non si ricava tuttavia che oggetto del servizio fosse soltanto la generale disponibilità a fornire, durante un certo periodo, prestazioni di consulenza (26); si deve invece ritenere che dovessero essere fatturati singoli servizi concretamente resi.
67. È pur vero che l’articolo 223 della direttiva IVA ammette la possibilità di fatturare più prestazioni di servizi distinte in una fattura riepilogativa. Ciò non risponde peraltro ancora alla domanda se, all’interno di tale fattura riepilogativa, debba essere indicata la data di ogni singolo servizio o se sia sufficiente indicare il periodo durante il quale sono state erogate più prestazioni di servizi.
68. Occorre, ancora una volta, fare riferimento all’obiettivo perseguito dalle indicazioni che una fattura deve obbligatoriamente contenere. Come già osservato, la fattura è intesa a consentire, inter alia, di verificare che il suo emittente abbia correttamente versato l’imposta (27). A tal fine, è necessaria anche l’indicazione della data in cui il relativo servizio sia stato reso . Tale data infatti – e non invece la data di emissione della fattura – determina in linea di principio, a norma dell’articolo 63 della direttiva IVA, quando si sia realizzato il fatto generatore dell’imposta ai sensi dell’articolo 62, paragrafo 1, della direttiva IVA e così anche quali disposizioni fiscali debbano trovare applicazione ratione temporis rispetto all’operazione in parola.
69. L’articolo 64, paragrafo 1, della direttiva IVA prevede tuttavia un regime speciale per le prestazioni di servizi che comportano «versamenti di acconti», come sembra essere nel caso di specie. In tale ipotesi, il momento del fatto generatore dell’imposta non è la data di prestazione di ogni singolo servizio, ma il termine del periodo cui la fattura si riferisce. Di conseguenza, in tale ipotesi, ai fini della verifica del corretto versamento dell’imposta, non è necessario indicare le date di tutti i servizi resi, bensì soltanto un periodo.
70. Rispetto alla fattispecie in esame, ciò significa che l’indicazione «servizi giuridici resi da una certa data sino ad oggi» soddisfa i requisiti dell’articolo 226, punto 7, della direttiva IVA, mentre invece non li soddisfa l’indicazione «servizi giuridici resi sino ad oggi» che non contiene alcuna data di inizio del periodo di fatturazione.
3. Conclusione
71. In conclusione, le fatture qui in esame non soddisfano, in primis, i requisiti previsti dall’articolo 226, punto 6, della direttiva IVA rispetto all’indicazione dell’«entità» di un servizio; in secondo luogo, esse non soddisfano i requisiti posti dalla disposizione in parola rispetto all’indicazione della «natura» di una prestazione di servizi nella parte in cui il diritto portoghese prevede un’aliquota ridotta applicabile soltanto per determinati servizi giuridici e, in terzo luogo, non soddisfano i requisiti previsti nell’articolo 226, punto 7, della direttiva IVA rispetto all’indicazione della «data» di una prestazione di servizi nella misura in cui esse non contengono alcuna indicazione della data di inizio del rispettivo periodo di fatturazione.
B – Sul diritto a detrazione
72. Occorre, in secondo, luogo chiarire in qual modo la circostanza che una fattura non contenga tutte le indicazioni imposte dall’articolo 226, punti 6 e 7, della direttiva IVA incida sull’esercizio del diritto a detrazione da parte del suo destinatario.
73. Il giudice del rinvio chiede in particolare se, ai fini dell’esercizio del diritto a detrazione, sia sufficiente che il destinatario della fattura che intenda avvalersene integri le informazioni mancanti in fattura con altri documenti. In base alla normativa portoghese, l’amministrazione finanziaria avrebbe infatti la possibilità di richiedere informazioni aggiuntive al soggetto passivo che faccia valere il diritto a detrazione. La ricorrente nel procedimento principale avrebbe anche presentato all’amministrazione finanziaria portoghese tali informazioni complementari.
74. Interpreto i fatti della controversia principale come descritti dal giudice del rinvio nel senso che, nel caso di specie, ricorrono tutte le condizioni sostanziali previste per il diritto a detrazione in base all’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA. Unicamente la fattura non soddisfa i requisiti di legge. Occorre quindi acclarare se la sola circostanza che una fattura non contenga tutte le indicazioni necessarie in base all’articolo 226, punti 6 e 7, della direttiva IVA impedisca di far valere il diritto a detrazione.
1. Presupposti dell’esercizio del diritto a detrazione
75. Per rispondere a detta questione occorre procedere all’interpretazione dell’articolo 178, lettera a), della direttiva IVA che disciplina l’esercizio del diritto a detrazione. In base a detta disposizione, il soggetto passivo, per poter esercitare il diritto a detrazione riconosciutogli dall’articolo 168, lettera a), deve «essere in possesso di una fattura redatta conformemente agli articoli da 220 a 236 (…)».
76. La disciplina di legge è, nella sua formulazione, univoca. Il soggetto passivo, se non è in possesso di una fattura che soddisfa i requisiti di cui all’articolo 226 della direttiva IVA, può in effetti essere titolare di un diritto a detrazione a norma dell’articolo 168, lettera a). In base all’articolo 178, lettera a), della direttiva IVA egli però non può esercitare tale diritto fintantoché non sia in possesso di una fattura conforme ai requisiti dell’articolo 226 della direttiva medesima.
77. Il requisito di una regolare fattura ai fini dell’esercizio del diritto a detrazione è sottolineato, sotto il profilo logico-sistematico, dall’articolo 181 della direttiva IVA che verte sull’esercizio del diritto a detrazione in caso di acquisto intracomunitario di beni a titolo oneroso a norma dell’articolo 168, lettera c). Anche in tale caso, per esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve, ai sensi dell’articolo 178, lettera c), essere «in possesso di una fattura redatta conformemente agli articoli da 220 a 236». L’articolo 181 della direttiva IVA ammette tuttavia che gli Stati membri possano autorizzare un soggetto passivo privo di una fattura redatta conformemente ai suddetti articoli a procedere alla detrazione. Un’analoga disposizione non sussiste, invece, per la detrazione con riferimento al ricorso a servizi prestati a titolo oneroso, di cui si discute nel caso di specie. Se ne deve dedurre, a contrario che, nell’ipotesi in esame dell’articolo 178, lettera a), della direttiva IVA, gli Stati membri non possono, in base al diritto dell’Unione, riconoscere la detrazione se il soggetto passivo non è in possesso di una fattura regolare redatta conformemente agli articoli da 220 a 236.
78. Anche la giurisprudenza della Corte conferma, in definitiva, questa sostanziale obbligatorietà di una regolare fattura ai fini dell’esercizio del diritto a detrazione in caso di servizi a titolo oneroso.
79. Anzitutto, occorre distinguere il caso di una fattura incompleta dalla violazione di altri obblighi formali che, in base alla giurisprudenza, non incidono sul diritto a detrazione, quali, ad esempio, la mancata registrazione a fini IVA da parte del prestatore (28) o del destinatario del servizio (29) o l’inosservanza di obblighi contabili (30). Nel caso dei suddetti obblighi formali manca, infatti, una disposizione, come quella di cui all’articolo 178, lettera a), della direttiva IVA, che subordini l’esercizio del diritto a detrazione al possesso di una regolare fattura.
80. Per gli obblighi formali riguardanti le fatture sussiste, quindi, una situazione giuridica particolare. Per tale ragione, la Corte, secondo giurisprudenza consolidata, subordina l’esercizio del diritto a detrazione al fatto che la fattura contenga le indicazioni prescritte dall’articolo 226 della direttiva IVA (31). Agli Stati membri è soltanto preclusa la possibilità di subordinare tale esercizio ad altri requisiti in materia di indicazioni obbligatorie delle fatture che non siano affatto previsti nella direttiva IVA (32).
81. Nel caso di operazioni soggette a inversione contabile, la Corte ha in effetti sottolineato, in varie sentenze, che la detrazione deve essere riconosciuta quando sono adempiuti gli obblighi sostanziali anche se il soggetto passivo non ha soddisfatto determinati requisiti formali (33), classificando, in parte, anche le indicazioni al riguardo contenute in fattura soltanto come requisiti formali non rilevanti (34).
82. Tale giurisprudenza non può peraltro essere trasposta sul caso qui in esame. Da un lato, il meccanismo dell’inversione contabile rappresenta un caso particolare, nel quale il destinatario del servizio è, allo stesso tempo, il debitore dell’imposta e il soggetto legittimato a esercitare il diritto a detrazione. Quando, però, il debito fiscale e la detrazione fanno capo a una stessa persona, una fattura non può svolgere funzioni equiparabili a quelle descritte per il caso in esame (35). Dall’altro, nei casi decisi dalla Corte, ai fini dell’esercizio del diritto a detrazione era necessario, in base al diritto dell’Unione, soltanto «[assolvere] le formalità stabilite da ogni Stato membro» (36). La normativa dell’Unione in materia di imposta sul valore aggiunto non prevedeva affatto, per tali ipotesi di inversione contabile, che l’esercizio della detrazione fosse subordinato al possesso di una regolare fattura.
83. Il fatto che la Corte in un singolo caso, nella sentenza Polski Trawertyn, abbia riferito la suddetta giurisprudenza, riguardante esclusivamente il caso particolare dell’inversione contabile, anche alla qui applicabile lettera a), dell’articolo 178, della direttiva IVA (37), non rileva nel caso qui in esame.
84. Nella richiamata sentenza, infatti, la Corte si è limitata evidentemente a dichiarare che, in un caso di successione nei rapporti giuridici, l’indicazione in fattura del dante causa non può impedire all’avente causa di esercitare il diritto a detrazione (38). In tal caso, quindi, un’indicazione ‑ presente all’interno della fattura, ma errata ‑ non poteva mettere in discussione l’esercizio del diritto a detrazione a norma dell’articolo 178, lettera a), della direttiva IVA.
85. Nel caso di specie non si discute però soltanto di un’indicazione errata, bensì della mancanza in toto delle indicazioni necessarie in fattura. Una cosa è se le indicazioni richieste nell’articolo 226, della direttiva IVA non sono affatto presenti o lo sono in misura insufficiente, un’altra però se esse, benché presenti, non sono corrette (39). Nel primo caso, i requisiti di cui all’articolo 178, lettera a), in combinato disposto con l’articolo 226 della direttiva IVA, non sono soddisfatti neppure dal punto di vista formale.
86. Solo una lettura restrittiva della sentenza Polski Trawertyn può inoltre evitare di ravvisare un contrasto con la già citata costante giurisprudenza della Corte che richiede, ai fini dell’esercizio del diritto a detrazione, il possesso di una fattura rispondente ai requisiti dettati dall’articolo 226 della direttiva IVA (40).
87. Nel caso di specie, il fatto che le fatture non soddisfino i requisiti di cui all’articolo 226, punti 6 e 7, della direttiva IVA, preclude quindi, a norma dell’articolo 178, lettera a), in linea di principio, l’esercizio del diritto a detrazione. In un tal caso, per poter esercitare il suo diritto a detrazione, il soggetto passivo deve pertanto richiedere all’emittente una fattura rettificata (41).
2. Integrazione mediante altre informazioni
88. A prescindere dai suesposti rilievi, si pone la questione se la presentazione di informazioni complementari nell’ambito di un verifica fiscale possa sostituire le indicazioni mancanti in fattura.
a) Fattura composta da più documenti
89. A questo proposito occorre osservare, in primo luogo, che i documenti presentati ad integrationem possano essere essi stessi parte della fattura ai sensi dell’articolo 226 della direttiva IVA.
90. Dalle disposizioni della direttiva IVA non si ricava, infatti, che una fattura debba essere composta da un solo documento. In base alla definizione legale dell’articolo 218 della direttiva IVA, si considera fattura «ogni documento o messaggio cartaceo o elettronico» che soddisfa le condizioni stabilite nel capo 3 sulla «fatturazione». Non è così escluso che una fattura possa essere composta da più documenti.
91. Tuttavia, nel caso in cui una fattura sia composta da più documenti, uno dei documenti deve rimandare all’altro, per quanto attiene al contenuto, in modo sufficiente. Ciò risulta dall’applicazione in via analogica dell’articolo 219 della direttiva IVA. In base a tale disposizione, sono assimilati a una fattura «tutti i documenti o messaggi che modificano e fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile alla fattura iniziale». Quindi, se il contenuto di una fattura risulta soltanto da più documenti, almeno uno di essi deve contenere un adeguato rinvio all’altro. Diversamente, il contenuto di una fattura non si ricaverebbe dalla fattura stessa, ma si fonderebbe solo sulle affermazioni del soggetto passivo a detta del quale sussisterebbe un collegamento tra i due documenti. Tuttavia, i documenti non potrebbero in tal modo soddisfare la descritta funzione di controllo della fattura (42).
92. Sulla base di tale criterio, il giudice del rinvio dovrà eventualmente stabilire, nel procedimento principale, se i documenti presentati dalla ricorrente nell’ambito della verifica fiscale, ove provengano anch’essi dall’emittente della fattura, debbano essere considerati parte della rispettiva fattura.
b) Principio di proporzionalità
93. Ove il giudice del rinvio dovesse peraltro stabilire che i documenti complementari presentati non possno essere considerati come parte di una fattura ai sensi dell’articolo 226, della direttiva IVA, si pone la questione se il contenuto delle fatture incomplete qui in esame possa comunque essere integrato mediante altre informazioni al fine di far valere il diritto a detrazione.
94. È pur vero che, come già rilevato, l’articolo 178, lettera a), della direttiva IVA esclude, in linea di principio, la detrazione in mancanza di una regolare fattura, cosicché il soggetto passivo che intenda far valere il diritto alla detrazione deve prima ottenere dall’emittente una fattura rettificata (43). Tuttavia, nell’interpretare la disposizione de qua occorre tener conto anche del principio di proporzionalità (44), in base al quale le istituzioni dell’Unione non possono eccedere in una normativa quanto sia necessario al conseguimento dei suoi scopi (45).
95. Se, in un caso come quello in esame, i presupposti sostanziali del diritto a detrazione a norma dell’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA non sono, alla luce delle informazioni complementari, in discussione, allora il requisito aggiuntivo del possesso di una fattura, di cui all’articolo 178, lettera a), che soddisfa le condizioni dell’articolo 226 deve anche essere funzionale a un determinato obiettivo e non può neppure costituire un onere eccessivo per il soggetto passivo.
96. Occorre anzitutto osservare che, ove la sussistenza delle condizioni sostanziali della detrazione non sia più controversa, la funzione di controllo di una fattura è evidentemente superata nella misura in cui essa è finalizzata al controllo della legittimazione a far valere la detrazione (46). Risulterebbe, quindi, al riguardo sproporzionato imporre al soggetto passivo, che intenda far valere il proprio diritto a detrazione, di richiedere all’emittente un’integrazione della fattura.
97. Tuttavia, come già rilevato, la fattura è parimenti finalizzata al controllo del versamento della corretta imposta da parte del suo emittente (47). Nel caso di specie, questi è in possono soltanto della copia di una fattura non rispondente ai requisiti fissati dall’articolo 226 della direttiva IVA. La fattura, e in particolare la sua rettifica, sono quindi ancora dirette ad assolvere una funzione di controllo. Da un lato, la richiesta del destinatario della fattura di procedere alla sua rettifica fa sì che l’emittente stesso controllerà la corretta applicazione dell’imposta al servizio fatturato. Dall’altro, grazie alla rettifica della fattura, anche l’amministrazione finanziaria competente con riguardo all’emittente si troverà a disporre di una base migliore per stabilire se l’emittente abbia correttamente calcolato le imposte sul servizio prestato.
98. Alla luce di tale funzione di controllo della fattura in capo al suo emittente, è quindi in linea di principio proporzionato, anche in un caso come quello in esame, prevedere che il soggetto passivo debba richiedere, per poter esercitare il proprio diritto a detrazione, una rettifica della fattura alla controparte contrattuale. Ciò vale in ogni caso laddove il requisito di una siffatta rettifica non implichi una modifica del contenuto del diritto a detrazione. A diversa conclusione potrebbe eventualmente doversi giungere qualora la Corte, in un procedimento pendente in parallelo (48), dovesse pervenire alla conclusione che la rettifica di una fattura – prima facie in contrasto con l’articolo 167 della direttiva IVA – può comportare anche la successiva maturazione del diritto a detrazione (49).
99. Tuttavia, a prescindere dai suesposti rilievi, un’eccezione rispetto all’esigenza della rettifica della fattura ai fini dell’esercizio del diritto a detrazione potrebbe sussistere nel caso in cui una rettifica di tal genere non possa più svolgere la sua funzione di controllo in capo all’emittente della stessa. Ciò vale, in particolare, quando la società emittente è già stata liquidata per mancanza di patrimonio. In tale caso, viene meno la necessità di procedere al controllo del pagamento dell’imposta corretta da parte dell’emittente della fattura. Insistere in un’ipotesi siffatta per una – inutile – rettifica sarebbe qui sproporzionato (50).
100. Nel caso di specie non occorre stabilire se lo stesso valga anche nel caso in cui l’emittente della fattura si rifiuti di procedere alla rettifica. In base a quanto esposto dal giudice del rinvio, non vi è infatti motivo di ritenere che sussista una siffatta situazione eccezionale. Ne consegue quindi che, nel caso di specie, non è sproporzionato esigere che la ricorrente nel procedimento principale richieda all’emittente, ai fini della detrazione, una rettifica delle fatture affinché queste ultime rispondano ai requisiti di cui all’articolo 226 della direttiva IVA.
3. Conclusione
101. In conclusione si deve quindi dichiarare che, alla luce dell’articolo 178, lettera a), della direttiva IVA, non è in linea di principio sufficiente, ai fini dell’esercizio del diritto a detrazione, che il destinatario della fattura che intenda far valere la detrazione dell’imposta integri le informazioni mancanti in fattura con altre indicazioni laddove non si tratti di documenti che siano essi stessi parte della fattura. Diverso è il caso in cui una rettifica della fattura non possa più svolgere la propria funzione di controllo rispetto all’emittente della stessa.
VI – Conclusione
102. Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla questione pregiudiziale del Tribunal Arbitral Tributário nei seguenti termini:
1. Una fattura che, quale indicazione della natura di un servizio, contenga esclusivamente la dicitura «servizi giuridici resi» soddisfa i requisiti di cui all’articolo 226, punto 6, della direttiva 2006/112/CE, salvo che la normativa nazionale preveda, in modo conforme al diritto dell’Unione, per determinati servizi giuridici un diverso regime ai fini dell’IVA.
2. Una fattura che, quale indicazione dell’entità di un servizio, contenga esclusivamente la dicitura «servizi giuridici resi da una certa data sino ad oggi» o «servizi giuridici resi sino ad oggi» non soddisfa i requisiti di cui all’articolo 226, punto 6, della direttiva 2006/112/CE.
3. Una fattura che, quale indicazione della data di un servizio, contenga esclusivamente la dicitura «servizi giuridici resi sino ad oggi» non soddisfa i requisiti di cui all’articolo 226, punto 7, della direttiva 2006/112/CE.
4. A norma dell’articolo 178, lettera a), della direttiva 2006/112/CE, ai fini dell’esercizio del diritto a detrazione non è, in linea di principio, sufficiente che il destinatario della fattura, che intenda avvalersi della detrazione, integri le indicazioni ivi mancanti in violazione dell’articolo 226, punti 6 o 7, della direttiva 2006/112/CE mediante altre informazioni, laddove non si tratti di documenti che debbano essere di per sé considerati quali parte della fattura. In assenza di rettifica della fattura, l’esercizio del diritto a detrazione è in tal caso possibile, qualora la rettifica non possa comunque più assolvere la propria funzione di controllo rispetto all’emittente della stessa.
1 – Lingua originale: il tedesco.
2 – L 347, pag. 1.
3 – L 145, pag. 1.
4 – Ad esso corrisponde, nella sesta direttiva, l’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), nella versione dell’articolo 28 duodecies, punto 1, a sua volta nella versione dell’articolo 1, punto 10, della direttiva 95/7/CE del Consiglio, del 10 aprile 1995, che modifica la direttiva 77/388/CEE e introduce nuove misure di semplificazione in materia di imposta sul valore aggiunto ‑ Campo di applicazione delle esenzioni e relative modalità pratiche di applicazione (GU L 102, pag. 18).
5 – L’articolo 178, lettera a), della direttiva IVA è stato medio tempore riformulato dalla direttiva 2010/45/CE del Consiglio, del 13 luglio 2010, recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione (GU L 189, pag. 1). Al suo testo originario corrisponde, nella sesta direttiva, l’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), nella versione dell’articolo 28 septies, punto 2, introdotto con l’articolo 1, punto 22, della direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE (GU L 376, pag. 1).
6 – L’articolo 28 nonies della sesta direttiva è stato introdotto per mezzo dell’articolo 1, punto 22, della direttiva 91/680 (citato supra, nota 5).
7 – L’articolo 28 nonies della sesta direttiva è stato modificato con l’articolo 2 della direttiva 2001/115/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, che modifica la direttiva 77/388/CEE al fine di semplificare, modernizzare e armonizzare le modalità di fatturazione previste in materia di imposta sul valore aggiunto (GU L 15, pag. 24).
8 – In base alla sentenza Ascendi (C‑377/13, EU:C:2014:1754, punti da 22 a 34), il Tribunal Arbitral Tributário è un organo giurisdizionale ai sensi dell’articolo 267 TFUE.
9 – V., in particolare, sentenze Viessmann (C‑280/91, EU:C:1993:103, punto 17); Ville d’Ottignies-Louvain-la-Neuve e a. (C‑225/13, EU:C:2014:245, punto 30), e Abcur (C‑544/13 e C‑545/13, EU:C:2015:481, punto 33).
10 – Sentenza Evita‑K (C‑78/12, EU:C:2013:486, punti 52 e 53).
11 – V. sentenza Terra Baubedarf‑Handel (C‑152/02, EU:C:2004:268, punto 37).
12 – L’emittente della fattura può tuttavia liberarsi dal suddetto debito fiscale in presenza di determinate condizioni, v., in particolare, sentenza Schmeink & Cofreth e Strobel (C‑454/98, EU:C:2000:469).
13 – V., in questo senso, anche le sentenze Stroy trans (C‑642/11, EU:C:2013:54, punti 31 e 32), e LVK (C‑643/11, EU:C:2013:55, punti 35 e 36).
14 – V. la relazione al punto 1 della proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 77/388/CEE al fine di semplificare, modernizzare e armonizzare le modalità di fatturazione previste in materia di imposta sul valore aggiunto (COM[2000]650 def.), che ha portato all’emanazione della direttiva 2001/115/CE (v. supra paragrafo 8), oltre al parere del Comitato economico e sociale in merito alla suddetta proposta, sub 1.1.1 (GU C 193, pag. 53).
15 – V. altresì già le conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Bockemühl (C‑90/02, EU:C:2003:585, paragrafo 73).
16 – Ritengo che sia esclusa a priori anche l’applicazione dell’articolo 47 della direttiva IVA che per le «prestazioni di servizi relativi a beni immobili» indica un diverso luogo di una prestazione di servizi, posto che, a mio avviso, neppure i servizi giuridici collegati alla vendita di un immobile rientrano nel campo di applicazione della suddetta disposizione, v. le mie conclusioni nella causa RR Donnelley Global Turnkey Solutions Poland (C‑155/12, EU:C:2013:57, paragrafi da 37 a 40).
17 – V. il considerando 4 della direttiva 2001/115 (v. supra, paragrafo 8).
18 – V. gli elementi di prova citati supra, nota 14.
19 – V., in questo senso, già la sentenza Reisdorf (C‑85/95, EU:C:1996:466, punto 29).
20 – V., in particolare, sentenze Genius (C‑342/87, EU:C:1989:635), e Fatorie (C‑424/12, EU:C:2014:50, punto 39).
21 – V., supra, paragrafo 33.
22 – V., supra, paragrafo 35.
23 – V., supra, paragrafi da 37 a 39.
24 – Sentenza Gran Via Moineşti (C‑257/11, EU:C:2012:759, punto 27, e la giurisprudenza ivi citata).
25 – V., per tutte, sentenza Cabinet Medical Veterinar Tomoiagă Andrei (C‑144/14, EU:C:2015:452, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata).
26 – V., per quest’ipotesi, la sentenza Asparuhovo Lake Investment Company (C‑463/14, EU:C:2015:542).
27 – V., supra, paragrafi 37 e 38.
28 – Sentenze Dankowski (C‑438/09, EU:C:2010:818, punto 36), e PPUH Stehcemp (C‑277/14, EU:C:2015:719, punto 40).
29 – Sentenze Nidera Handelscompagnie (C‑385/09, EU:C:2010:627, punti da 42 a 51), e Salomie e Oltean (C‑183/14, EU:C:2015:454, punti da 58 a 61).
30 – Sentenza Ecotrade (C‑95/07 e C‑96/07, EU:C:2008:267, punti da 63 a 72).
31 – Sentenze Tóth (C‑324/11, EU:C:2012:549, punto 32); Maks Pen (C‑18/13, EU:C:2014:69, punto 47), e PPUH Stehcemp (C‑277/14, EU:C:2015:719, punto 40); v., sul vecchio quadro giuridico, anche la sentenza Petroma Transports e a. (C‑271/12, EU:C:2013:297, punti da 25 a 36).
32 – Sentenze Polski Trawertyn (C‑280/10, EU:C:2012:107, punto 42), ed Evita‑K (C‑78/12, EU:C:2013:486, punto 51).
33 – Sentenze Ecotrade (C‑95/07 e C‑96/07, EU:C:2008:267, punto 63); Nidera Handelscompagnie (C‑385/09, EU:C:2010:627, punto 42); EMS‑Bulgaria Transport (C‑284/11, EU:C:2012:458, punto 71), e Fatorie (C‑424/12, EU:C:2014:50, punto 35); v. già sentenza Bockemühl (C‑90/02, EU:C:2004:206, punto 51).
34 – Sentenze Uszodaépítő (C‑392/09, EU:C:2010:569, punti da 39 a 46), e Idexx Laboratories Italia (C‑590/13, EU:C:2014:2429, punti da 38 a 42).
35 – V., supra, paragrafi da 32 a 57.
36 – A norma dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), della sesta direttiva o dell’articolo 178, lettera f), della direttiva IVA.
37 – Sentenza Polski Trawertyn (C‑280/10, EU:C:2012:107, punto 43).
38 – Sentenza Polski Trawertyn (C‑280/10, EU:C:2012:107, punto 46) che richiama le conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Polski Trawertyn (C‑280/10, EU:C:2011:592, paragrafo 72).
39 – V., in quest’ultima ipotesi, anche la sentenza Maks Pen (C‑18/13, EU:C:2014:69, punti 31 e 32), da un lato, e l’ordinanza Jagiełło (C‑33/13, EU:C:2014:184, punto 42), dall’altro.
40 – V., supra, paragrafo 80.
41 – Sentenze Pannon Gép Centrum (C‑368/09, EU:C:2010:441, punti 43 e 44), nonché Petroma Transports, in particolare, (C‑271/12, EU:C:2013:297, punto 34).
42 – V. supra, paragrafi da 32 a 57.
43 – V. supra, paragrafo 87.
44 – V., sul principio dell’interpretazione conforme al diritto primario, tra le tante, sentenze Sturgeon e a. (C‑402/07, EU:C:2009:716, punto 48); Chatzi (C‑149/10, EU:C:2010:534, punto 43); Orfey (C‑549/11, EU:C:2012:832, punto 32), e Commissione/Strack (C‑579/12 RX‑II, EU:C:2013:570, punto 40).
45 – V., in particolare, sentenze Omega Air e a. (C‑27/00 e C‑122/00, EU:C:2002:161, punto 62); Afton Chemical (C‑517/07, EU:C:2008:751, punto 45), e Schaible (C‑101/12, EU:C:2013:661, punto 29).
46 – V., supra, paragrafi da 46 a 57.
47 – V., supra, paragrafi da 32 a 45.
48 – Causa Senatex (C‑518/14; GU 2015 C 34, pag. 12).
49 – Ad esempio, sulla base dei poteri accordati agli Stati membri a norma degli articoli 180 e 182 della direttiva IVA.
50 – A ciò non osta quanto affermato nella sentenza Fatorie (C‑424/12, EU:C:2014:50), posto che gli effetti di una fattura incompleta erano ivi affrontati solo in modo superficiale, mentre erano trattati in realtà i presupposti materiali della detrazione.
(fonte curia.europa.eu)