201509.02
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I dati bancari sono tutelati dalla CEDU (nota a European Court of Human Rights, judgment of 7 July 2015, application n. 28005/12, case of M.N. v. San Marino)

I documenti bancari del cliente sono dati personali e godono della tutela apprestata dall’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Nell’ambito di un procedimento penale a carico di terzi, l’Autorità Giudiziaria italiana ha chiesto alla sua omologa sammarinese di sequestrare copia della documentazione relativa ai rapporti finanziari degli indagati in banche, società fiduciarie e trust del Titano. Gli altri clienti – estranei ai fatti di reato – si sono visti notificare il provvedimento dopo un anno dalla sua emissione e non hanno potuto contestarlo in sede giurisdizionale. La Corte di Strasburgo ha ravvisato la violazione del diritto al rispetto della vita privata.

Nell’ambito di un procedimento penale a carico di terzi per associazione a delinquere, riciclaggio, appropriazione indebita ed evasione fiscale, nel 2009 l’Autorità Giudiziaria italiana richiede a quella sammarinese di effettuare perquisizioni e sequestri della documentazione relativa ai rapporti finanziari degli indagati in banche, società fiduciarie e trust del Titano. Secondo la ricostruzione accusatoria, gli indagati avrebbero costruito e gestito, direttamente o indirettamente, una rete di imprese, situate in vari Stati – Italia, San Marino, Malta, Portogallo (Madeira) e Vanuatu – ma tutte riconducibili ad una società sammarinese, al fine ultimo di consentire ad alcuni clienti italiani il riciclaggio di fondi illeciti mediante una serie di operazioni di investimento.

Nel 2009 la rogatoria dell’Autorità Giudiziaria italiana viene accolta e l’omologa Autorità sammarinese emette un provvedimento con il quale ordina a tutte le banche, le società fiduciarie e i trust di San Marino di consentire l’acquisizione della documentazione (copia degli estratti conto, assegni, disposizioni fiduciarie, messaggio di posta elettronica, etc.) correlata ad alcuni conti già individuati, così come a quelli comunque riferibili alla società sammarinese e alle persone fisiche coinvolte nelle indagini.

Nel 2010 l’Autorità Giudiziaria di San Marino ordina che il provvedimento sia notificato anche a 1.452 cittadini italiani che avevano aperto una posizione fiduciaria presso la società sammarinese.

Nel corso di queste operazioni sono copiati anche i dati dei 4 ricorrenti, cittadini italiani residenti sul territorio italiano ed estranei al procedimento penale. I provvedimenti sono loro comunicati circa un anno dopo la loro adozione. I ricorrenti impugnano i provvedimenti, ma le loro doglianze non sono accolte dai giudici penali sammarinesi. Esauriti tutti i rimedi interni, presentano ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, lamentando la violazione dell’art. 8 CEDU, avendo subito una illegittima interferenza nella vita privata e nella corrispondenza, e degli articoli 6, §1, e 13 CEDU, essendo loro stato negato l’accesso alla tutela giurisdizionale.


Art. 8, Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.

Dichiarata l’inammissibilità delle doglianze di tre ricorrenti, la Corte EDU ravvisa la violazione dell’art. 8 CEDU con riferimento al quarto ricorrente e, accogliendone il ricorso, condanna San Marino al risarcimento del danno non patrimoniale (3.000 euro) e delle spese (15.000 euro). Le censure concernenti gli articoli 6, § 1, e 13 CEDU sono ritenute assorbite.

Secondo la Corte di Strasburgo, ricadono nella categoria dei “dati personali” non soltanto lettere e messaggi di posta elettronica, ma anche le informazioni tratte dai documenti bancari, a prescindere dal fatto che esse siano o meno “informazioni sensibili”. Non è neppure ravvisata alcuna ragione che induca ad escludere dalla nozione di “vita privata” un’attività professionale o imprenditoriale. Questa conclusione non è smentita dal fatto che sono state oggetto di sequestro le copie dei documenti bancari e non i loro originali.
Conformemente a quanto previsto dall’art. 8, § 2, CEDU, tale ingerenza nella vita privata è prevista dalla legge (cfr., fra gli altri, l’art. 29 della Convenzione bilaterale di amicizia e buon vicinato tra l’Italia e San Marino del 1939) ed è stata posta in essere nell’ambito di un procedimento penale al fine di perseguire i legittimi obiettivi della prevenzione della criminalità e del benessere economico del Paese.
Ciononostante la Corte EDU ravvisa la violazione del diritto al rispetto della vita privata alla luce della mancanza di garanzie procedurali. Nel caso di specie, il ricorrente non ha avuto mezzi giurisdizionali idonei a consentirgli di contestare la misura cui è stato sottoposto: non essendo né indagato nel procedimento penale né proprietario degli istituti presso i quali la misura è stata attuata, non ha potuto contestare il provvedimento di sequestro né in sede penale né in sede civile. In buona sostanza il ricorrente si è ritrovato in una posizione di significativo svantaggio rispetto agli imputati e ai proprietari degli istituti bancari perché, non essendo una “persona interessata” secondo la disciplina sammarinese, gli è negato l’esercizio di un “controllo effettivo”.

L’impatto della decisione e i precedenti

La sentenza della Corte di Strasburgo è di grande interesse non soltanto perché la fattispecie concreta scaturisce da un procedimento penale promosso dall’Autorità Giudiziaria italiana per perseguire reati (anche tributari) commessi sfruttando i c.d. Paradisi Fiscali, ma anche – e soprattutto – per le riflessioni che essa stimola con riferimento all’assetto ordinamentale interno.

È infatti vero che alle decisioni della Corte EDU è attribuita efficacia di cosa giudicata nei rapporti tra il ricorrente e il Paese destinatario della decisione, facendo sorgere in capo a questo sia un obbligo di risultato con riferimento al caso di specie sia un obbligo di integrazione del quadro normativo interno con la regola enunciata nell’arresto allo scopo di impedire il reiterarsi della violazione, ma è altrettanto vero che tali pronunce hanno anche una efficacia erga omnes come “cosa interpretata”: l’effetto vincolante della giurisprudenza della Corte di Strasburgo supera i confini soggettivi dello Stato membro condannato (cfr. articoli 41 e 46 CEDU, nonché il Preambolo e i Protocolli nn. 11 e 14) fino a riverberarsi sul diritto interno dei singoli Stati aderenti. La stessa Corte Costituzionale ha riconosciuto come “naturale conseguenza” (sentenza n. 317 del 2009) l’obbligo per gli Stati Membri di adeguare l’ordinamento interno alle norme della CEDU così come interpretate ed applicate dalla Corte EDU.

Ciò detto, con la decisione in rassegna la Corte di Strasburgo conferma che i soggetti che operano nel settore dei servizi bancari hanno l’obbligo di collaborare con le Autorità statuali per consentire loro di perseguire illeciti penali. In contraltare questi oneri devono:
1) corrispondere a finalità meritorie ed essere
2) previsti dalla legge e
3) proporzionati.
Nel caso di specie, il provvedimento emesso dall’Autorità Giudiziaria sammarinese sembra corrispondere a tali principi. Viene tuttavia da chiedersi se la negata utilizzabilità delle informazioni relative a terzi possa costituire un ostacolo alle indagini penali, ostacolandone l’estensione proprio a tali soggetti quantomeno per questa via.

La pronuncia in commento deve essere valutata anche da una diversa prospettiva.

È vero che la Corte EDU interviene in una fattispecie ben specifica, perché la controversia riguarda la tutela della riservatezza di un soggetto estraneo al procedimento penale. Ciononostante le questioni affrontate sono sostanzialmente le stesse che potrebbero nascere in sede di istruttoria tributaria qualora essa sia basata sulle informazioni relative ai rapporti finanziari trasmesse all’Anagrafe tributaria da parte di banche ed operatori finanziari (cfr. art. 11, D.L. n. 201/2011) oppure su quelle fornite da Paesi e Giurisdizioni che hanno sottoscritto lo Standard “Automatic Exchange of Information”.

A ciò si aggiunga che, nel caso di specie, il contribuente lamentava la mancanza di mezzi giurisdizionali idonei a garantirgli una tutela effettiva. La Corte EDU, pur ritenendo assorbita la violazione degli articoli 6, § 1, e 13 CEDU, censura l’ordinamento di San Marino proprio sotto questo profilo. Viene allora da chiedersi quale sarebbe stato l’esito del giudizio fosse stata la Repubblica Italiana, posto che nell’ordinamento interno è assai controversa la configurabilità di una azione inibitoria per la tutela dei diritti del contribuente in sede istruttoria (cfr. Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sentenza 21 febbraio 2008, ricorso n. 18497/03, causa Ravon e altri contro Francia; Tribunale di Napoli, sez. civ. dist. Pozzuoli, ordinanza del 21 febbraio 2013 in materia di redditometro).

(European Court of Human Rights, judgment of 7 July 2015, application n. 28005/12, case of M.N. v. San Marino)

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