201403.19
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Fisco: cercasi evasore, dead or alive

Non è pericoloso come Keyser Söze né brutto come Tuco. Uomo, under 44 e rentier: questo è (non il fenotipo del marito ideale ma) l’identikit dell’evasore italiano. Nell’ambito dell’indagine conoscitiva sugli organismi della fiscalità e sul rapporto tra contribuenti e Fisco condotta dalla Commissione Finanze del Senato, la Banca d’Italia ha così disegnato il contribuente maggiormente propenso ad evadere l’Irpef, comparando il reddito pro capite dichiarato per il periodo d’imposta 2004 con quello stimato attraverso indagini campionarie periodiche sui bilanci delle famiglie italiane. Il “rentier” è seguito a ruota da due ulteriori tipologie di contribuenti, il “lavoratore autonomo/imprenditore” e il “lavoratore autonomo con lavoro dipendente o con pensione”.

La tipologia “rentier” è ben esemplificata dal caso Armellini. Figlia di un costruttore romano, è indagata insieme ad altre 11 persone per associazione a delinquere finalizzata alla realizzazione di reati tributari: secondo la Guardia di Finanza, all’ereditiera sarebbe riconducile un cospicuo patrimonio (attività finanziarie estere per oltre 2 miliardi di euro e 1.243 immobili) occultato al Fisco italiano attraverso meccanismi di interposizione ed esterovestizione.

Le altre due tipologie menzionate da Banca d’Italia smentiscono le inflazionate equivalenze “dipendenti = onesti tartassati” e “autonomi = evasori disonesti”, sintomo dell’infantile contrapposizione tra “buoni” e “cattivi” alla quale si ricorre quando non si riesce a cogliere le ragioni profonde di un fenomeno sociale. Analizzando le manifestazioni concrete dell’evasione tributaria e ricercandone con onestà intellettuale le ragioni autentiche (e molto spesso indicibili) non è possibile individuare una netta linea di demarcazione tra Buoni e Cattivi: capita che gli “evasori” lavoratori autonomi riescano a rimanere sul mercato soltanto grazie alla mancata registrazione di parte dei compensi percepiti, così come accade che i “tartassati” lavoratori dipendenti svolgano una ulteriore attività lavorativa in nero. Bisogna inoltre ricordare che il cosiddetto “sommerso” è generato non soltanto dall’evasione tributaria ma anche da quella contributiva (cfr. “Evasione, 52 i miliardi sottratti al fisco, 27mila i lavoratori in nero): secondo i dati Istat relativi al 2008, il corrispondente valore aggiunto – pari a circa il 17% del PIL – è generato per due terzi da ricavi occulti o costi fittizi e per un terzo dall’impiego in nero di quasi 3 milioni di persone.

Spostando l’attenzione su un livello ulteriore di analisi, è innegabile che dal secondo dopoguerra gli italiani hanno tratto ampi vantaggi non soltanto dall’evasione (tributaria e contributiva), ma anche dall’esistenza di un insostenibile sistema di previdenza sociale. Per decenni questa situazione è stata accettata da tutti e cavalcata da partiti politici e sindacati per consolidare o acquisire consenso. Oggi il giocattolo si è rotto: l’esigenza di “aggiustare i conti pubblici” ha reso necessario, da un lato, accelerare l’intervento sul sistema pensionistico già impostato negli anni scorsi, e, dall’altro, recuperare gettito attraverso la famigerata “lotta all’evasione”.

La forte drammatizzazione che oggi caratterizza il dibattito su quest’ultima problematica è ben esemplificata dai titoli riportati in apertura delle varie testate giornalistiche (da “L’offensiva del Fisco de “Il Giornale” a “La lotta di classe degli evasori de “L’Unità”, passando per “Bliz di fine anno, l’ira di Cortina del “Corriere della Sera” e “Londra apre la caccia ai miliardari del calcio de “La Repubblica” e “Nullatenenti in Porsche e commercianti in jet: il bestiario del 2011 dell’evasione fiscale de “Il Fatto Quotidiano”) e dalla “campagna informativa anti-evasione” realizzata dall’Agenzia delle Entrate dal 2011. Questo logorio mediatico non ha portato ad alcun risultato utile. Tanti anni di chiacchiere non hanno né educato i consociati, né, più prosaicamente, incrementato il gettito erariale: tutto questo si riflette negativamente anche sugli atteggiamenti di professionisti, giudici e Amministrazione finanziaria. Vedremo se il Governo Renzi riuscirà a “svoltare” anche su questo “tema”: l’hashtag #EvasoreStaiSereno potrebbe essere un inizio.

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