Dividendi tassati al 100% se “provenienti” da società black list
Gli uffici tributari talvolta negano l’esclusione da imposizione per gli utili distribuiti da una società residente in uno Stato whitelisted, qualora derivino da attività poste in essere attraverso una stabile organizzazione ubicata in un Paese a fiscalità privilegiata.
Le contestazioni sono fondate sulla valorizzazione degli incisi normativi in cui s’impone la tassazione integrale dei dividendi “provenienti” da società residenti in Paesi a fiscalità privilegiata.
In realtà, il sistema strutturale dell’esenzione è sterilizzato solo quando il soggetto che eroga i dividendi esteri – direttamente o tramite una struttura societaria complessa – è residente in un Paese a fiscalità privilegiata: la tassazione in misura piena in capo al percettore è giustificata dalla mancata necessità di attenuare la doppia imposizione su proventi che non hanno scontato imposta per effetto del regime privilegiato applicabile alla società distributrice. L’impianto normativo poggia esclusivamente sulla residenza del soggetto erogante, senza imporre di investigare anche “all’interno” della struttura societaria erogante, per verificare se essa abbia localizzato in un Paese a fiscalità privilegiata l’attività che ha originato gli utili.
L’esegesi dell’Amministrazione finanziaria non tiene conto delle difficoltà operative che dovrebbe affrontare il percettore – così come l’ufficio procedente, in sede di rettifica – per ottenere informazioni circa l’ubicazione dell’attività: il reddito della società estera erogante non può che rimanere monolitico, essendo estremamente complicato scomporne il conto economico “dall’esterno”, specie quando il soggetto percettore sia una persona fisica o detenga una quota di tale da non consentire una ingerenza concreta nella gestione dell’ente.
Anche l’evoluzione normativa conferma che il Legislatore ha scelto il riferimento alla residenza della società erogante quale soluzione di compromesso tra la consueta esigenza di semplicità nella determinazione della ricchezza e la necessità di garantire la certezza dei rapporti.
A seguito della riforma del 2004, i regimi applicabili ai dividendi esteri hanno una collocazione diversa a seconda del soggetto partecipante: i dividendi erogati a soggetti Irpef sono regolati dall’art. 47, comma 4, Tuir (anche in funzione del rinvio operato dall’art. 59 Tuir), mentre quelli destinati a soggetti Ires sono disciplinati dall’art. 89, comma 3, Tuir: il testo originario dell’art. 47, comma 4, Tuir menzionava gli utili “provenienti” da società residenti in Paesi o territori a regime fiscale privilegiato, al contrario quello dell’art. 89, comma 3, Tuir faceva riferimento agli utili “distribuiti”. Le disposizioni richiamate sono state interessate dalle medesime modifiche: nel 2005 entrambe le espressioni sono state sostituite con utili “corrisposti” (d.lgs. n. 247 del 2005 – “Correttivo Ires”), mentre dal 2006 è stata introdotta la formulazione utili “provenienti” (d.l. n. 223 del 2006 – “Decreto Bersani”).
Come confermano le circolari ministeriali (circolare del 4 agosto 2006, n. 28/E, § 24; circolare del 6 ottobre 2010, n. 51/E, § 8.2), le modifiche del 2006 rappresentano la cristallizzazione normativa di un principio antiabuso: la disciplina previgente, facendo esclusivo riferimento mera corresponsione degli utili da parte della società estera, aveva riguardo soltanto all’identità del soggetto erogante, senza possibilità alcuna di valorizzare giuridicamente l’interposizione di società residenti in Paesi whitelisted, idonee a “riqualificare” i dividendi distribuiti da altre società ubicate in Paesi a fiscalità privilegiata, mentre la formulazione del 2006 risponde all’esigenza di contrastare catene partecipative strumentali. La sostituzione del riferimento agli utili “corrisposti” dalle società residenti nei paradisi fiscali con quello agli utili “provenienti” dalle medesime entità societarie ha consentito di applicare il regime di imposizione integrale non solo ai proventi erogati direttamente dalle società residenti in Paesi a fiscalità privilegiata, ma anche a quelli conseguiti dai soci residenti in Italia per il tramite di un veicolo societario interposto residente in Paesi whitelisted (cfr. circolare del 18 gennaio 2006, n. 4, § 1.3).
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