Dal 1° settembre anche gli atti del processo tributario devono essere “chiari e sintetici”
L’estate del 2023 sarà ricordata come quella dei rinvii per le riforme Cartabia. Con il decreto del 18 luglio 2023 il Ministero della Giustizia ha rinviato dal 20 luglio 2023 a fine anno l’obbligo di deposito degli atti penali mediante il portale del Processo Penale Telematico; sino ad allora il deposito telematico è possibile in via sperimentale. Sul fronte processualcivilistico è slittata dal 30 giugno al 1° settembre 2023 l’entrata in vigore del regolamento contenente i criteri di redazione, i limiti e gli schemi informatici degli atti giudiziari.
Entrambi i nuovi plessi di norme attuative interessano la materia fiscale, la prima applicandosi al processo penale nel quale siano contestati reati tributari, la seconda travolgendo il processo tributario, cui il Codice di Procedura Civile si applica per rinvio in relazione a quanto non espressamente previsto dal d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
L’obiettivo dichiarato è quello di accelerare la macchina giudiziaria rendendo gli strumenti di comunicazione e dialogo tra le parti e tra queste e il giudice più efficienti ed efficaci. Al contrario il timore delle istituzioni forensi è che siano lesi principi costituzionali a tutela del bene della vita ostacolando l’articolazione della difesa processuale con vincoli quantitativi irrazionali ovvero, nel lungo periodo, svilendola a mera compilazione di moduli.
L’ingresso nel Codice di Procedura Civile del c.d. “principio di chiarezza e sinteticità” degli atti delle parti e del giudice è finalizzato ad accelerare i tempi del processo civile in ossequio agli obiettivi del c.d. “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” e si affianca ad altri strumenti di soft law come il protocollo d’intesa sul processo civile in cassazione, sottoscritto il 1° marzo 2023 da Consiglio Nazionale Forense, Corte Suprema di Cassazione, Procura Generale della Corte di Cassazione e Avvocatura Generale dello Stato.
La legge delega al vertice della c.d. “Riforma Cartabia” ha previsto che i provvedimenti del giudice e gli atti del processo per i quali la legge non richiede forme determinate possano essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo, nel rispetto dei principi di chiarezza e sinteticità, stabilendo altresì che sia assicurata la strutturazione di campi necessari all’inserimento delle informazioni nei registri del processo, nel rispetto dei criteri e dei limiti stabiliti con decreto adottato dal Ministro della Giustizia, sentiti il Consiglio Superiore della Magistratura e il Consiglio Nazionale Forense; sono state infine vietate sanzioni sulla validità degli atti per il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma, sui limiti e sullo schema informatico dell’atto, quando questo ha comunque raggiunto lo scopo, rilevando nella disciplina delle spese la violazione delle specifiche tecniche o dei criteri e limiti redazionali (art. 1, comma 17, lett. d) ed e), l. 26 novembre 2021, n. 206).
In dichiarata attuazione di tali criteri l’art. 3, comma 9, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 ha introdotto nell’art. 121 c.p.c. la previsione secondo cui “tutti gli atti del processo sono redatti in modo chiaro e sintetico”, mentre l’art. 4, comma 3, lett. b), del medesimo decreto ha modificato l’art. 46 disp. att. c.p.c. affidando al Ministro della Giustizia, sentiti il Consiglio Superiore della Magistratura e il Consiglio Nazionale Forense, il compito di stabilire con decreto “i limiti degli atti processuali, tenendo conto della tipologia, del valore, della complessità della controversia, del numero delle parti e della natura degli interessi coinvolti”, senza considerare “dell’intestazione e delle altre indicazioni formali dell’atto, fra le quali si intendono compresi un indice e una breve sintesi del contenuto dell’atto stesso”, e consentendo al giudice di valutare il superamento dei limiti redazionali ai fini della decisione sulle spese di lite. Le due disposizioni di carattere generale sono affiancate da altre relative a specifici atti del processo civile.
Dal 1° settembre 2023 gli atti del processo civile dovranno essere “chiari” e “sintetici”.
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.M. 7 agosto 2023, n. 110 del Ministero della Giustizia che disciplina i criteri di redazione, i limiti e gli schemi informatici degli atti giudiziari nei procedimenti civili introdotti dopo il 1° settembre 2023 (ovvero dopo la data di entrata in vigore del decreto, se successiva) al fine di assicurarne la chiarezza e la sinteticità in conformità a quanto previsto dall’art. 121 del Codice di rito.
Nell’allegata relazione illustrativa si dichiara che il regolamento muove dal presupposto che i requisiti della chiarezza e della sinteticità degli atti del processo – entrambi funzionali a “garantire il principio di ragionevole durata del processo, costituzionalizzato con la modifica dell’articolo 111 della Costituzione, e il principio di leale collaborazione tra le parti processuali e tra queste ed il giudice” – siano concetti distinti tra loro, ancorché indubbiamente correlati. Secondo tale prospettazione, un testo sarebbe chiaro quando è univocamente intellegibile, mentre sarebbe sintetico quando, pur essendo completo dei requisiti essenziali ed esaustivo in relazione al suo scopo, è scevro di ripetizioni e verbosità: in questo assetto la brevità degli atti del processo – pur in un orizzonte irrinunciabile di completezza e intelligibilità – contribuirebbe all’attuazione dei principi di sinteticità e chiarezza.
Bisogna tuttavia rilevare che il principio di chiarezza e sinteticità ex art. 121 c.p.c. concerne la qualità dell’esposizione, mentre i limiti dimensionali di cui all’art. 46 disp. att. c.p.c. riguardano la quantità dell’esposizione. Come condivisibilmente osservato dalla dottrina processualcivilistica (L. Viola, Principio di sinteticità ex art. 121 c.p.c.: non riguarda la quantità, ma qualità dell’esposizione, in La Nuova Procedura Civile), la sintesi implica la necessità di “mettere insieme, nel senso di trovare i punti di contatto sia con l’ordinamento che con l’altra parte”, ad esempio muovendo solo contestazioni specifiche ex art. 115 c.p.c. ovvero formulando motivi specifici di appello ex art. 342 c.p.c., mentre i criteri e limiti di redazione menzionati dall’art. 46 disp. att. c.p.c. ed esplicitati nel regolamento de quo sono finalizzati a consentire l’implementazione degli strumenti informatici applicati al processo civile. Oltre a ciò, mentre la violazione dell’art. 46 disp. att. c.p.c. può rilevare in punto di spese, l’inosservanza dell’art. 121 c.p.c. è priva di sanzione processuale.
Le critiche delle istituzioni forensi.
Il testo del decreto del Ministero di Giustizia è stato modificato rispetto allo schema originariamente sottoposto al parere del Consiglio Nazionale Forense. Il vertice delle istituzioni forensi non ha soltanto criticato la scelta di intervenire sulle caratteristiche dimensionali degli scritti difensivi, ritenendo che ciò rappresenti una gravissima limitazione al diritto di difesa, ma ha anche proposto di non limitare lo spazio riservato all’articolazione della difesa, escludendo dal computo dell’estensione numerica dell’atto tutte le avvertenze previste obbligatoriamente nella parte preliminare, il petitum, i mezzi di prova, la giurisprudenza e la dottrina, e di consentire al difensore di superare ogni confine dimensionale nel caso in cui sia necessario sviluppare un punto particolarmente complesso in relazione al numero delle parti, al valore della controversia, all’oggetto.
Le rimostranze dell’Avvocatura sembra abbiano trovato parziale accoglimento, giacché i limiti dimensionali sono stati incrementati e resi applicabili alle sole cause di valore inferiore a 500.000 euro.
L’Organismo Congressuale Forense, pur accogliendo con favore il recepimento dei correttivi proposti, ha respinto con forza ogni tentativo di addossare all’Avvocatura la responsabilità nella lentezza dei processi: mentre il Legislatore della c.d. “Riforma Cartabia”, identificando la causa del protrarsi dei giudizi civili nella lunghezza degli atti difensivi, introduce limiti alla difesa a discapito della tutela giurisdizionale e istituisce inaccettabili profili di responsabilità professionale, l’organismo di rappresentanza politica forense individua le ragioni di tale situazione nelle carenze strutturali e di organico dell’apparato giudiziario italiano e ne chiede la definitiva rimozione.
Criteri di redazione degli atti processuali delle parti private e del pubblico ministero.
Quanto ai criteri di redazione, si prevede che gli atti di citazione e i ricorsi, le comparse di risposta, le memorie difensive, i controricorsi e gli atti di intervento siano redatti con la seguente articolazione:
- intestazione, con indicazione dell’ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta, della tipologia di atto e delle parti;
- parole chiave, nel numero massimo di venti, che individuano l’oggetto del giudizio;
- esposizione distinta e specifica, in parti dell’atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto;
- nella parte in fatto, puntuale riferimento ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati in modo corrispondente al loro contenuto, preferibilmente consultabili con apposito collegamento ipertestuale;
- nella parte in diritto, esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono rilevanti;
- conclusioni, con indicazione distinta di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate;
- richiesta di distrazione delle spese;
- indicazione specifica dei mezzi di prova e indice dei documenti prodotti, con la stessa numerazione e denominazione contenute nel corpo dell’atto;
- valore della controversia;
- indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Quanto alle impugnazioni, si richiede l’indicazione del provvedimento eventualmente impugnato, con specificazione dell’autorità giudiziaria che lo ha emesso, della data di pubblicazione e dell’eventuale notifica, nonché l’individuazione dei capi della decisione impugnati ed esposizione dei motivi.
Tali regole si applicano anche agli atti del processo, in quanto compatibili; in essi va altresì indicato il numero di ruolo del processo.
Limiti dimensionali degli atti processuali.
Per gli atti introduttivi salgono a 80.000 i caratteri, mentre le pagine sono elevate a 40. Per le memorie e per tutti gli altri atti i caratteri a disposizione sono 50.000, corrispondenti a 26 pagine. Per le note di trattazione scritta sono previsti 10.000 caratteri per circa 5 pagine. Dal computo sono esclusi – oltre agli spazi – non soltanto l’intestazione, le parole chiave, gli estremi, le conclusioni, l’indicazione dei mezzi di prova e l’indice dei documenti prodotti, il valore della controversia, la richiesta di distrazione di spese, l’indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ma anche l’indice e la sintesi dell’atto, le indicazioni, le dichiarazioni e gli avvertimenti previsti dalla legge, la data e il luogo, le sottoscrizioni delle parti e dei difensori, le relazioni di notifica e le relative richieste e dichiarazioni, nonché i riferimenti giurisprudenziali riportati nelle note.
Queste indicazioni possono essere disattese se sussistono questioni di particolare complessità anche per tipologia, valore, numero delle parti o natura degli interessi coinvolti: in tal caso, il difensore ha l’onere di esporre sinteticamente dette ragioni nell’atto. Analoga conseguenza si produce in caso di proposizione di una domanda riconvenzionale, di chiamata di terzo, di un atto di integrazione del contraddittorio, di un atto di riassunzione o di un’impugnazione incidentale.
È bene ricordare che, in base al nuovo art. 46 disp. att. c.p.c., il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico e dei criteri e limiti di redazione dell’atto non comporta invalidità, ma può essere valutato dal giudice ai fini della decisione sulle spese del processo.
Tecniche redazionali.
I caratteri hanno dimensione di 12 punti e l’interlinea è pari a 1.5, mentre i margini orizzontali e verticali sono pari a 2.5 centimetri. Non sono consentite note, salvo che per l’indicazione dei precedenti giurisprudenziali e dei riferimenti dottrinari.
Criteri di redazione dei provvedimenti del giudice.
I criteri di redazione enunciati per gli atti di parte devono essere rispettati, in quanto compatibili, anche dal giudice quando redige i provvedimenti.
Il giudice può adeguare le dimensioni di atti e provvedimenti alla complessità della controversia anche in ragione della tipologia, del valore, del numero delle parti e della natura degli interessi coinvolti.
I provvedimenti del giudice soggetti ad impugnazione sono redatti con l’indicazione di capi separati e numerati.
Rinvio a fine 2023 per il portale deposito atti penali (PDP).
Con il decreto del 18 luglio 2023 il Ministero della Giustizia ha rinviato dal 20 luglio 2023 a fine anno l’obbligo di deposito degli atti penali mediante il portale del Processo Penale Telematico. Sino ad allora il deposito telematico è possibile in via sperimentale.
il termine a decorrere dal quale i difensori potranno utilizzare esclusivamente il deposito telematico è infatti stato individuato nel quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti contenenti le regole tecniche riguardanti il deposito, la comunicazione e la notificazione con modalità telematiche degli atti del procedimento penale (art. 87, commi 1 e 3, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150). Si ritiene che tale termine si collocherà proprio alla fine del 2023.
Il Ministero della Giustizia è intervenuto per sopire la critiche avanzate dall’Avvocatura dopo la pubblicazione del decreto del 4 luglio 2023: il Consiglio Nazionale Forense e le Camere Penali hanno paventato che sull’altare dell’efficienza richiesta dal PNRR il diritto di difesa potesse essere sacrificato a causa della mancanza di una struttura tecnica degli Uffici Giudiziari adeguatamente collaudata per la gestione del Processo Penale Telematico su larga scala.
Il decreto del 4 luglio 2023 ha elencato i 103 atti in relazione ai quali il deposito da parte dei difensori avverrà esclusivamente mediante il portale del Processo Penale Telematico negli uffici della Procura della Repubblica presso il Tribunale, della Procura europea, della Procura generale presso la Corte di appello, del Giudice di pace, del Tribunale e della Corte di Appello. Sono stati esclusi gli uffici della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, del Tribunale per i minorenni, del Tribunale di sorveglianza e della Corte di cassazione, nonché la fase dell’esecuzione e i rapporti giurisdizionali con le autorità straniere, disciplinati dai libri X e XI del Codice di Procedura Penale. Da ultimo il 12 luglio 2023 è stato pubblicato il provvedimento del Direttore Generale dei sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia con il quale sono state individuate le disposizioni relative al deposito con modalità telematica al di fuori del contesto dell’udienza.
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