D.L. Irpef. #80euro ai pensionati? Parola di boyscout!
Dalla primavera del 2014 San Paganino potrebbe essere ribattezzato “Bonus Day”: il 27 maggio la maggior parte dei beneficiari del c.d. “Bonus Irpef” ha visto comparire in busta paga i primi 80 euro. I contribuenti interessati da questo intervento sono i titolari di reddito di lavoro dipendente e di alcuni redditi assimilati (art. 1, comma 1, d.l. n. 66 del 2014, in corso di conversione). Rimangono esclusi – tra gli altri – i soggetti che percepiscono pensioni e assegni ad esse equiparati.
Sotto il profilo strettamente giuridico, il mancato riconoscimento del “Bonus Irpef” ai pensionati è criticato perché ritenuto contrastante con i principi di solidarietà uguaglianza e ragionevolezza (artt. 2 e 3 Cost.), coordinati con quello di capacità contributiva (art. 53, comma 1, Cost.). Le pensioni sono reddito di lavoro dipendente non soltanto perché così dispone la legge (cfr. art. 49, comma 2, lett. a), Tuir), ma anche per ragioni per così dire ontologiche: il trattamento pensionistico ordinario costituisce infatti una retribuzione differita. A identica natura dovrebbe corrispondere identico trattamento tributario. Così non è in questo caso. L’arbitrarietà di una agevolazione settoriale è ancor più evidente qualora si consideri che il “Bonus Irpef” è riconosciuto anche alle forme pensionistiche complementari.
La fondatezza di questa critica trova conferma nella giurisprudenza della Corte Costituzionale relativa ad un provvedimento legislativo simmetrico al “Bonus Irpef”, vale a dire l’introduzione del cosiddetto “contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro” (art. 18, comma 22 bis, d.l. n. 98 del 2011). Anche il “Bonus Irpef” sembra infatti tradursi in “un intervento […] irragionevole e discriminatorio ai danni di una sola categoria di cittadini [i pensionati], senza garantire il rispetto dei principi fondamentali di uguaglianza a parità di reddito, attraverso una irragionevole limitazione della platea dei soggetti. […] I redditi derivanti dai trattamenti pensionistici non hanno, per questa loro origine, una natura diversa e minoris generis rispetto agli altri redditi presi a riferimento, ai fini dell’osservanza dell’art. 53 Cost., il quale non consente trattamenti in pejus di determinate categorie di redditi da lavoro. […] A fronte di un analogo fondamento impositivo, […] il Legislatore ha scelto di trattare diversamente i redditi dei titolari di trattamenti pensionistici. […] La Costituzione non impone affatto una tassazione fiscale uniforme, con criteri assolutamente identici e proporzionali per tutte le tipologie di imposizione tributaria; ma esige invece un indefettibile raccordo con la capacità contributiva, in un quadro di sistema informato a criteri di progressività, come svolgimento ulteriore, nello specifico campo tributario, del principio di eguaglianza, collegato al compito di rimozione degli ostacoli economico-sociali esistenti di fatto alla libertà ed eguaglianza dei cittadini-persone umane, in spirito di solidarietà politica, economica e sociale” (sentenza n. 116 del 2013, nonché, in termini, sentenze nn. 111 del 1997, 341 del 2000 e 142 del 2014, tutte reperibili sul sito della Consulta).
Matteo Renzi sembra aver colto la necessità di allargare la platea dei contribuenti beneficiari del “Bonus Irpef”: durante la conferenza stampa sui primi #80giorni della sua attività, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha dichiarato che il “Bonus Irpef” rappresenta “l’inizio di una riduzione fiscale” della quale beneficeranno anche i pensionati (cfr. “Europee, l’ultima mossa di Renzi: “Giù le tasse per famiglie, pensionati e partite Iva”“).
Se nel diritto romano i rescritti dell’imperatore erano fonti del diritto, lo stesso non può dirsi oggi per i comunicati stampa e le slides. De iure condito il “Bonus Irpef” rimane una misura transitoria, valevole cioè soltanto da maggio a dicembre del 2014. Questa situazione legislativa corrisponde alla volontà cristallizzata dal Governo Renzi nell’incipit del provvedimento, dove si rinvia l’attuazione di un “intervento normativo strutturale” alla Legge di Stabilità per il 2015 (cfr. art. 1, comma 1, d.l. n. 66 del 2014, in corso di conversione). Se ne riparlerà (forse) a fine anno, a meno che la modifica non sia attuata in sede di conversione del d.l. n. 66 del 2014.
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