202004.23
0

Corte di Giustizia UE, sez. IV, 23 aprile 2020, causa C-401/18, Herst s.r.o. c. Odvolací finanční ředitelství (testo)

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

23 aprile 2020 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) –Acquisto intracomunitario di beni ‑Articolo 20 – Acquisizione del potere di disporre di un bene come proprietario – Operazioni di acquisto e di rivendita a catena di beni con un trasporto intracomunitario unico – Possibilità di adottare decisioni atte ad incidere sulla situazione giuridica del bene – Imputazione del trasporto – Trasporto in regime di sospensione dall’accisa – Effetto nel tempo delle sentenze interpretative»

Nella causa C‑401/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Krajský soud v Praze (Corte regionale di Praga, Repubblica ceca), con decisione del 6 giugno 2018, pervenuta in cancelleria il 18 giugno 2018, nel procedimento

Herst s.r.o.

contro

Odvolací finanční ředitelství,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da M. Vilaras, presidente di sezione, S. Rodin, D. Šváby, K. Jürimäe (relatrice) e N. Piçarra, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

– per la Herst s.r.o., da J. Balada, advokát;

– per l’Odvolací finanční ředitelství, da T. Rozehnal, in qualità di agente;

– per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e O. Serdula, in qualità di agenti;

– per la Commissione europea, da M. Salyková e L. Lozano Palacios, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 ottobre 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte, principalmente, sull’interpretazione dell’articolo 20 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Herst s.r.o. e l’Odvolací finanční ředitelství (direzione delle finanze competente in materia di ricorsi, Repubblica ceca; in prosieguo: la «direzione delle finanze») in merito alla detrazione, da parte della Herst, dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) relativa ad acquisti di carburanti trasportati da tale società in sospensione da accisa da taluni Stati membri verso la Repubblica ceca.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3 L’articolo 2 della direttiva IVA, al suo paragrafo 1, lettere a) e b), prevede quanto segue:

«Sono soggette all’IVA le operazioni seguenti:

a) le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

b) gli acquisti intracomunitari di beni effettuati a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro:

i) da un soggetto passivo che agisce in quanto tale o da un ente non soggetto passivo, quando il venditore è un soggetto passivo che agisce in quanto tale che non beneficia della franchigia per le piccole imprese prevista agli articoli da 282 a 292 e che non rientra nelle disposizioni previste agli articoli 33 e 36;

(…)».

4 Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, di tale direttiva:

«Costituisce “cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario».

5 L’articolo 20, primo comma, della suddetta direttiva è del seguente tenore:

«Si considera “acquisto intracomunitario di beni” l’acquisizione del potere di disporre come proprietario di un bene mobile materiale spedito o trasportato dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, a destinazione dell’acquirente in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto del bene».

6 L’articolo 138 della medesima direttiva, al suo paragrafo 1, così dispone:

«Gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nella Comunità, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo, o di un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni».

Diritto ceco

7 Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), dello zákon č. 235/2004 Sb., o dani z přidané hodnoty (legge n. 235/2004 relativa all’imposta sul valore aggiunto), nella versione in vigore al momento dei fatti inerenti al procedimento principale:

«È soggetta all’imposta la cessione di beni a titolo oneroso da parte di un soggetto passivo nell’ambito dell’esercizio di un’attività economica il cui luogo di esecuzione è situato nel territorio nazionale»

8 L’articolo 13, paragrafo 1, di detta legge così recita:

«Ai fini della presente legge, per cessione dei beni si intende il trasferimento del potere di disporre dei beni come proprietario».

9 L’articolo 72 della legge in parola, al suo paragrafo 1, lettera a), così dispone:

«Il soggetto passivo ha diritto alla detrazione dell’IVA a monte per le prestazioni acquistate che utilizza nell’ambito delle sue attività economiche per effettuare prestazioni imponibili di cessione di beni o di prestazione di servizi il cui luogo di prestazione è il territorio nazionale».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

10 La Herst è una società con sede nella Repubblica ceca che opera nel settore del trasporto su strada. Essa è anche proprietaria di un certo numero di distributori di carburante.

11 In seguito ad un controllo, l’amministrazione tributaria ceca ha constatato che la Herst, nei periodi compresi, da un lato, tra i mesi di novembre 2010 e di maggio 2013 nonché, dall’altro, tra i mesi di luglio e agosto 2013, aveva provveduto, con propri mezzi e a proprie spese, al trasporto di carburanti da diversi Stati membri, vale a dire l’Austria, la Germania, la Slovacchia e la Slovenia, a destinazione della Repubblica ceca.

12 Nell’ambito di tali trasporti, la Herst non avrebbe agito unicamente come trasportatore, ma anche quale acquirente finale di tali carburanti, al termine di una catena di successive operazioni di acquisto e rivendita.

13 Dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che detti carburanti erano inizialmente acquistati da un operatore economico stabilito e soggetto passivo dell’IVA nella Repubblica ceca, e che la Herst provvedeva al loro trasporto dagli Stati membri citati al punto 11 della presente sentenza fino a tale primo Stato membro. La Herst avrebbe quindi effettuato altrettanti trasporti unici di carburanti, effettuati in regime di sospensione dall’accisa, nel corso dei quali tali prodotti erano rivenduti in successione ad altri operatori economici, stabiliti nella Repubblica ceca. La Herst non era remunerata per il trasporto di detti carburanti, ma ricavava un margine commerciale, costituito dalla differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita dei detti carburanti.

14 Inoltre, sulla base di un contratto di vendita tra la Herst e tale operatore economico, era stabilito sin dall’inizio del trasporto che la Herst sarebbe stata giuridicamente proprietaria dei carburanti solo dopo che questi ultimi fossero immessi in libera pratica nella Repubblica ceca.

15 La Herst sostenuto dinanzi all’amministrazione tributaria ceca che gli acquisti di carburanti da essa effettuati nella Repubblica ceca costituivano acquisti interni. L’amministrazione tributaria in questione ha invece ritenuto che si trattasse di acquisti intracomunitari.

16 Secondo detta amministrazione, nel caso di operazioni a catena connesse ad un unico trasporto intracomunitario, quest’ultimo può essere imputato ad una sola di tali operazioni.

17 Pertanto, questa stessa amministrazione ha ritenuto che il luogo degli acquisti effettuati dalla Herst fosse situato non nella Repubblica ceca, bensì negli Stati membri in cui si trovavano i carburanti al momento nel quale erano caricati da parte di tale società in vista del loro trasporto, a proprie spese e con i propri mezzi, a destinazione della Repubblica ceca, ai fini della propria attività economica.

18 Con vari avvisi di rettifica l’amministrazione tributaria ceca ha quindi negato alla Herst il diritto di detrarre l’IVA sui suddetti acquisti e le ha inflitto un’ammenda.

19 La Herst ha proposto ricorsi avverso tali avvisi di rettifica dinanzi alla direzione delle finanze, sostenendo che il luogo di acquisto dei carburanti era la Repubblica ceca, in quanto i trasporti erano stati effettuati in regime di sospensione dall’accisa e detti beni erano stati immessi in libera pratica solo in esito a siffatti trasporti.

20 Con una prima decisione, la direzione delle finanze ha annullato gli avvisi di rettifica relativi al periodo compreso tra il luglio e l’agosto 2013, in quanto la Herst aveva presentato fatture che dimostravano che gli altri operatori economici ai quali erano stati rivenduti in successione i carburanti avevano agito in qualità di organizzatori di trasporto. Con una seconda decisione, la direzione delle finanze ha confermato gli avvisi di rettifica relativi al periodo compreso tra il febbraio 2011 e il febbraio 2013. Con una terza decisione, tale autorità ha modificato gli avvisi di rettifica relativi al periodo compreso tra novembre 2010 e gennaio 2011 nonché il periodo compreso tra i mesi di marzo e maggio 2013. Alla Herst è stata notificata una rettifica fiscale per un importo di 145 381 137 corone ceche (CZK) (circa EUR 5 664 520) e inflitta un’ammenda pari a CZK 30 476 215 (circa EUR 1 187 450).

21 La Herst ha proposto un ricorso avverso la seconda e la terza decisione della direzione delle finanze dinanzi al giudice del rinvio, il Krajský soud v Praze (Corte regionale di Praga, Repubblica ceca).

22 Dinanzi a quest’ultimo, la Herst sostiene che i trasporti di carburanti di cui trattasi nel procedimento principale consistevano in due trasporti distinti. Il primo sarebbe stato un trasporto internazionale tra gli Stati membri interessati e la Repubblica ceca, durante il quale la Herst agiva unicamente in qualità di trasportatore. Il secondo sarebbe stato un trasporto interno dopo l’immissione in libera pratica dei carburanti nella Repubblica ceca, nel corso del quale essa avrebbe acquisito il potere di disporre liberamente di tali merci.

23 Il giudice del rinvio ritiene che, nella causa sottopostagli, sia necessario effettuare una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie al fine di individuare quale delle cessioni di cui trattasi soddisfi tutte le condizioni relative ad una cessione intracomunitaria. Affinché un’operazione possa essere qualificata come «cessione di beni», ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva IVA, tale operazione dovrebbe aver avuto l’effetto di autorizzare la persona a disporre dei beni che ne costituiscono l’oggetto, come se ne fosse la proprietaria.

24 Per quanto riguarda la situazione in esame nel procedimento principale, il giudice del rinvio rileva che la partecipazione di altri operatori economici in una catena di operazioni di acquisto e di rivendita così complessa è motivata, oltre che da ragioni economiche, dal fatto che la Herst non fosse autorizzata a gestire un deposito fiscale né a ricevere prodotti in regime di sospensione dall’accisa. Questo sarebbe il motivo per cui la Herst avrebbe dovuto ricorrere al servizio di un intermediario, che gestiva un siffatto deposito, affinché quest’ultimo acquistasse i carburanti di cui trattasi nel procedimento principale, al fine di pagare le accise e di provvedere all’immissione in libera pratica di tali carburanti nel territorio della Repubblica ceca. Quanto alla direzione delle finanze, essa sosterrebbe che il coinvolgimento di più operatori economici in tale catena costituirebbe l’indizio di una frode in materia di IVA.

25 Detto giudice considera che, sebbene la Herst esercitasse il controllo sui carburanti di cui trattasi nel procedimento principale durante tutto il loro trasporto, essa non avesse invece il potere di disporne come proprietaria, ai sensi della giurisprudenza della Corte, prima del momento in cui, dopo il loro trasferimento, tali carburanti sono stati immessi in libera pratica nella Repubblica ceca. Infatti, fino a tale momento, la Herst non poteva fornire detti carburanti ad una persona diversa da quella designata come destinataria nei documenti di accompagnamento.

26 Alla luce di tali considerazioni, il giudice del rinvio, pur riconoscendo le grandi somiglianze fattuali tra la presente causa e quella conclusasi con la sentenza del 19 dicembre 2018, AREX CZ (C‑414/17, EU:C:2018:1027), si chiede tuttavia in quale momento, nella causa pendente dinanzi ad esso, la Herst abbia acquisito il potere di disporre dei carburanti di cui trattasi nel procedimento principale «come proprietario», ai sensi della giurisprudenza della Corte.

27 In particolare, ad avviso del giudice del rinvio, nel procedimento principale, solo gli operatori economici ai quali tali carburanti sono stati successivamente rivenduti nel corso del loro trasporto hanno acquisito tale potere. Per contro, la Herst, pur detenendo fisicamente i suddetti carburanti al momento del trasporto, non sarebbe stata giuridicamente autorizzata a disporne. A tal riguardo, detta società sarebbe stata tenuta, in particolare, a rispettare le istruzioni degli operatori economici intermedi della catena di operazioni di acquisto e rivendita.

28 Il giudice del rinvio ritiene, in sostanza, che sussista un dubbio sulla questione se il fatto che taluni beni siano trasportati in regime di sospensione dall’accisa, conformemente alla direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE (GU 2009, L 9, pag. 12), incida sulle condizioni che disciplinano il trasferimento del potere di disporne come proprietario, previste dalla direttiva IVA. Il giudice del rinvio precisa al riguardo che, quando sussiste un dubbio in merito all’interpretazione di una disposizione di diritto tributario nazionale nell’ambito di una controversia tra l’amministrazione e un privato, la giurisprudenza dell’Ústavní soud České republiky (Corte costituzionale, Repubblica ceca) ha sancito un principio costituzionale di diritto nazionale in forza del quale tale dubbio deve andare a vantaggio del singolo (principio cosiddetto «in dubio mitius»). Nel caso di specie, il giudice del rinvio ritiene che la normativa determinante per dirimere la controversia di cui è investito non possa essere qualificata come chiara, al momento dei fatti del procedimento principale, dal punto di vista del diritto interno o del diritto dell’Unione, cosicché esso si chiede se, nell’ipotesi in cui l’interpretazione fornita dalla Corte nell’emananda sentenza dovesse essere sfavorevole al contribuente, esso debba conformarvisi, nonostante il summenzionato principio costituzionale di diritto nazionale. Detto giudice si chiede inoltre se, alla luce del citato principio, gli effetti di tale sentenza della Corte non debbano essere limitati alle situazioni giuridiche successive alla sua pronuncia.

29 È in tale contesto che il Krajský soud v Praze (Corte regionale di Praga) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se qualsiasi soggetto passivo debba essere considerato come soggetto passivo ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 2, lettera b), della direttiva [IVA]. In caso di risposta negativa, a quali soggetti passivi si applichi detta disposizione.

2) Qualora la Corte dichiari che l’articolo 138, paragrafo 2, lettera b), della direttiva IVA si applica in una situazione come quella in esame nel procedimento principale (ossia in cui l’acquirente dei prodotti è un soggetto passivo registrato a fini dell’IVA), se detta disposizione debba essere interpretata nel senso che, ove la spedizione o il trasporto di detti prodotti avvengano ai sensi delle disposizioni rilevanti della direttiva [2008/118], una cessione connessa ad una procedura ai sensi della direttiva [2008/118] deve essere considerata come una cessione che gode di diritto all’esenzione ai sensi di tale disposizione, sebbene per il resto non siano soddisfatte le condizioni per l’esenzione previste dall’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA, in considerazione dell’attribuzione del trasporto dei beni ad un’altra operazione.

3) Qualora la Corte dichiari che l’articolo 138, paragrafo 2, lettera b), della direttiva IVA non si applica ad una situazione come quella in esame nel procedimento principale, se il fatto che i beni sono trasportati in un regime di sospensione dall’accisa sia decisivo per stabilire a quale delle diverse cessioni che si susseguono debba essere imputato il trasporto ai fini del diritto all’esenzione dall’IVA, di cui all’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA.

4) Se acquisisca il “potere di disporre come proprietario di un bene”, ai sensi della direttiva IVA, un soggetto passivo nel caso in cui acquisti beni da un altro soggetto passivo direttamente per un cliente specifico, al fine di soddisfare un suo ordinativo preesistente (che identifica il tipo di merci, la loro quantità, il luogo di origine e i tempi di consegna), allorché esso stesso non tratta fisicamente le merci, in quanto, nell’ambito della conclusione del contratto di vendita, il suo cliente è d’accordo sul fatto che si occuperà del trasporto delle merci dal loro punto di origine, cosicché il suddetto soggetto passivo si limiterà quindi ad agevolargli l’accesso alle merci richieste attraverso i suoi fornitori e a comunicare le informazioni necessarie per la presa in carico delle merci (per suo conto o per conto dei suoi subfornitori nella catena), e il profitto derivante dall’operazione è rappresentato dalla differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita di tali merci, senza che, nell’ambito della catena, sia fatturato il prezzo del trasporto di merci.

5) Se nelle sue disposizioni (ad esempio, nell’articolo 4, punto 1, negli articoli 17 o 19), la direttiva [2008/118] stabilisca, mediante una limitazione diretta o indiretta alla trattazione effettiva di tali merci, una condizione sufficiente per il trasferimento del “potere di disporre come proprietario di un bene (soggetto ad accise)” ai sensi della direttiva IVA, cosicché la presa in consegna di merci in regime di sospensione dall’accisa da parte di un depositario autorizzato o di un destinatario registrato, nel rispetto delle condizioni risultanti dalla direttiva sulle accise, deve essere considerata come una cessione di beni ai fini dell’IVA.

6) Se, in tale contesto, ai fini delle considerazioni in merito alla determinazione di una cessione alla quale è collegato il trasporto, nell’ambito di una catena di cessioni di prodotti in regime di sospensione dell’accisa con un unico trasporto, si debba considerare anche un trasporto ai sensi della direttiva IVA come un trasporto iniziato e concluso conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 20 della direttiva [2008/118].

7) Se il principio di neutralità dell’IVA o qualsiasi altro principio di diritto dell’Unione osti all’applicazione del principio costituzionale di diritto interno in dubio mitius, il quale impone alle pubbliche autorità, in caso di ambiguità di una norma giuridica che oggettivamente offre diverse possibili interpretazioni, di partire dall’interpretazione a favore del destinatario della norma (in questo caso il soggetto passivo IVA). Se sia conforme al diritto dell’Unione l’applicazione di tale principio almeno nel caso in cui essa si limiti alle situazioni nelle quali le circostanze di fatto determinanti della fattispecie siano anteriori ad un’interpretazione vincolante fornita sulla questione giuridica controversa dalla Corte (…), la quale abbia considerato corretta una diversa variante interpretativa, meno favorevole al soggetto passivo.

Per il caso in cui sia possibile l’applicazione del principio “in dubio mitius”:

8) Se, alla luce dei limiti posti dal diritto dell’Unione, all’epoca in cui è avvenuta la prestazione imponibile nella fattispecie (novembre 2010.–.maggio 2013), fosse possibile considerare che non vi fosse oggettivamente certezza del diritto e sussistessero due possibili interpretazioni riguardo alla questione se la nozione giuridica di cessione, o la nozione giuridica di trasporto, abbia (o meno) il medesimo contenuto tanto ai fini della direttiva IVA, quanto ai fini della direttiva [2008/118]».

Sul procedimento dinanzi alla Corte

30 Con lettera del 21 dicembre 2018, la Corte ha trasmesso al giudice del rinvio la sentenza del 19 dicembre 2018, AREX CZ (C‑414/17, EU:C:2018:1027), chiedendogli se, alla luce di tale sentenza, esso intendesse mantenere la sua domanda di pronuncia pregiudiziale e, in caso affermativo, se intendesse mantenere tutte le questioni sollevate.

31 Con la sua risposta dell’11 gennaio 2019, il giudice del rinvio ha dichiarato di mantenere la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, ma di non chiedere più una risposta alle questioni prima, seconda, terza, quinta e sesta.

32 Pertanto, occorre rispondere unicamente alle questioni quarta, settima e ottava.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla quarta questione

33 Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio, in sostanza, intende chiarire se l’articolo 20 della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che il soggetto passivo che effettua un trasporto intracomunitario di beni in regime di sospensione dall’accisa, con l’intenzione di acquistare tali beni ai fini della sua attività economica una volta immessi in libera pratica nello Stato membro di destinazione, acquisisca il potere di disporre di detti beni come proprietario, ai sensi della disposizione in parola, sebbene, durante il loro trasporto, gli stessi beni siano stati successivamente rivenduti ad altri operatori economici.

34 Occorre ricordare, in via preliminare, che l’acquisto intracomunitario di un bene, ai sensi dell’articolo 20 della direttiva IVA, si verifica quando il diritto di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e il fornitore dimostra che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di partenza (v., in tal senso, sentenze del 27 settembre 2007, Teleos e a., C‑409/04, EU:C:2007:548, punti 27 e 42, nonché del 19 dicembre 2018, AREX CZ, C‑414/17, EU:C:2018:1027, punto 61).

35 Il giudice del rinvio interpella la Corte allo scopo di determinare, nel caso di specie, se la prima di tali condizioni sia soddisfatta, vale a dire se il diritto di disporre del bene come proprietario sia stato trasmesso ad un soggetto passivo, quale la Herst, che, senza esserne proprietario in tale fase, trasporta beni in regime di sospensione dall’accisa da un primo Stato membro verso un secondo Stato membro, con l’intenzione di acquistare tali beni una volta immessi in libera pratica in quest’ultimo Stato membro.

36 In primo luogo, occorre ricordare che il trasferimento del potere di disporre del bene come proprietario non si limita, secondo la giurisprudenza della Corte, al trasferimento operato nelle forme previste dal diritto nazionale applicabile, ma comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre, di fatto, di tale bene come se ne fosse la proprietaria (v., in tal senso, sentenze del 3 giugno 2010, De Fruytier, C‑237/09, EU:C:2010:316, punto 24 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 19 dicembre 2018, AREX CZ, C‑414/17, EU:C:2018:1027, punto 75).

37 Infatti, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 36 delle sue conclusioni, il trasferimento del diritto di proprietà secondo le modalità previste dal diritto nazionale non coincide necessariamente con il trasferimento del potere di disporre di un bene come proprietario.

38 In secondo luogo, occorre ricordare che il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario non richiede che la parte alla quale tale bene è trasferito lo detenga fisicamente né che detto bene sia fisicamente trasportato verso la stessa e/o fisicamente ricevuto dalla stessa (ordinanza del 15 luglio 2015, Itales, C‑123/14, non pubblicata, EU:C:2015:511, punto 36, e sentenza del 19 dicembre 2018, AREX CZ, C‑414/17, EU:C:2018:1027, punto 75).

39 A tale riguardo, un’operazione di trasporto di carburanti, vale a dire lo spostamento di tali prodotti da un primo Stato membro verso un secondo Stato membro, non può essere considerata decisiva al fine di determinare se il potere di disporre di un bene come proprietario sia stato trasferito, al di fuori di qualsiasi altra circostanza che possa far presumere che un siffatto trasferimento abbia avuto luogo alla data di tale trasporto (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, AREX CZ, C‑414/17, EU:C:2018:1027, punto 78).

40 Per di più, l’esistenza di un trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario significa che la parte alla quale tale potere è trasferito ha la possibilità di adottare decisioni atte ad incidere sulla situazione giuridica del bene di cui trattasi, tra cui, in particolare, la decisione di venderlo.

41 Ciò vale in una situazione, come quella in esame nel procedimento principale, in cui i carburanti, sia prima che durante il loro trasporto, sono stati acquistati e successivamente rivenduti da diversi operatori economici, che hanno agito come proprietari.

42 A tal riguardo, occorre precisare che, tenuto conto delle circostanze della fattispecie nel procedimento principale, quali presentate nella domanda di pronuncia pregiudiziale, non è escluso che il giudice del rinvio sia indotto a constatare che, in tale fattispecie, sono stati operati diversi successivi trasferimenti del potere di disporre di tali beni come se ne fossero proprietari.

43 In tale contesto, al fine di fornire al giudice del rinvio una risposta utile per la soluzione della controversia nel procedimento principale, occorre aggiungere che, secondo la giurisprudenza della Corte relativa all’interpretazione dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA, per quanto riguarda le operazioni che formano una catena di varie cessioni successive che hanno dato luogo a un solo trasporto intracomunitario, il trasporto intracomunitario può essere imputato a una sola delle suddette cessioni, la quale sarà, pertanto, l’unica esentata in applicazione di tale disposizione, e che, al fine di determinare a quale cessione deve essere imputato il trasporto intracomunitario, occorre procedere a una valutazione globale di tutte le circostanze particolari del caso di specie. Tale giurisprudenza si applica anche alla valutazione di operazioni che, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, formano una catena di successive operazioni di acquisto e rivendita di prodotti soggetti ad accisa che hanno dato luogo ad un solo trasporto intracomunitario (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, AREX CZ, C‑414/17, EU:C:2018:1027, punti 70 e 71).

44 Nell’ambito di tale valutazione globale, occorre, in particolare, determinare il momento in cui è avvenuto il trasferimento, a favore dell’acquirente finale, del potere di disporre dei beni di cui trattasi come proprietario. Infatti, nel caso di specie, nell’ipotesi in cui tale trasferimento abbia avuto luogo prima che fosse effettuato il trasporto intracomunitario, detto trasferimento deve essere considerato una circostanza idonea a far sì che l’acquisto così effettuato sia qualificato come acquisto intracomunitario (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, AREX CZ, C‑414/17, EU:C:2018:1027, punti 70 e 72).

45 Tuttavia, ove il giudice del rinvio dovesse ritenere che durante il loro trasporto siano avvenuti vari trasferimenti del diritto di disporre dei carburanti di cui trattasi nel procedimento principale, a vantaggio dei diversi operatori intermedi della catena di operazioni di acquisto e rivendita, l’applicazione della giurisprudenza della Corte richiamata al punto precedente non gli consentirebbe di determinare a quale degli acquisti della catena deve essere imputato il trasporto unico dei carburanti.

46 Infatti, tale giurisprudenza è fondata su un criterio temporale in applicazione del quale occorre valutare se un trasferimento del potere di disporre di un bene come proprietario sia avvenuto prima del suo trasporto, al fine di determinare a quale degli acquisti della catena di cui trattasi tale trasporto intracomunitario unico debba essere imputato e che, pertanto, è l’unico a dover essere qualificato come acquisto intracomunitario. Nel caso di specie, l’applicazione di tale criterio temporale potrebbe consentire al giudice del rinvio di stabilire se si debba imputare il trasporto di carburanti di cui trattasi nel procedimento principale all’acquisto effettuato dal primo operatore economico della catena di operazioni di acquisto e rivendita prima che abbia luogo l’unico trasporto intracomunitario dei suddetti carburanti. Per contro, detto criterio risulterà inapplicabile se, nella fattispecie di cui al procedimento principale, nel corso di detto trasporto abbiano avuto luogo successivi trasferimenti di tale potere.

47 Ciò posto, per determinare a quale degli acquisti di cui trattasi nel procedimento principale debba essere imputato l’unico trasporto intracomunitario e che, pertanto, è l’unico a dover essere qualificato come acquisto intracomunitario, spetta, conformemente alla giurisprudenza della Corte ricordata al punto 43 della presente sentenza, al giudice del rinvio effettuare una valutazione globale di tutte le circostanze particolari della fattispecie di cui al procedimento principale.

48 Come fatto valere dalla Repubblica ceca nelle sue osservazioni scritte, il giudice del rinvio potrà, nell’ambito della sua valutazione globale, prendere in considerazione la circostanza che la Herst abbia avviato il trasporto intracomunitario di cui trattasi nel procedimento principale al fine di realizzare la propria attività economica, ossia acquistare i carburanti una volta immessi in libera pratica nella Repubblica ceca per poi rivenderli ai propri clienti, fruendo di un margine commerciale costituito dalla differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita di tali carburanti.

49 Infatti, come emerge dalla decisione di rinvio, la Herst ha avviato essa stessa il trasporto dei carburanti, pagando una fattura di acconto al primo operatore economico della catena di operazioni di acquisto e rivendita ancor prima di aver effettuato il carico di tali carburanti in locali situati negli Stati membri di partenza, ha effettuato il loro trasporto con i propri veicoli e non ha fatturato il prezzo del rispettivo trasporto.

50 Per contro, nell’ambito di tale valutazione globale, la circostanza che il trasporto dei carburanti di cui trattasi nel procedimento principale sia stato realizzato in regime di sospensione dall’accisa non può costituire un elemento decisivo al fine di determinare a quale degli acquisti di cui trattasi nel procedimento principale debba essere imputato siffatto trasporto (v., per analogia, sentenza del 19 dicembre 2018, AREX CZ, C‑414/17, EU:C:2018:1027, punto 73).

51 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che:

– l’articolo 20 della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che il soggetto passivo che effettua un trasporto intracomunitario unico di beni in regime di sospensione dall’accisa, con l’intenzione di acquistare tali beni ai fini della sua attività economica una volta che essi siano stati immessi in libera pratica nello Stato membro di destinazione, acquisisce il potere di disporre di detti beni come proprietario, ai sensi della disposizione in parola, a condizione che egli abbia la possibilità di adottare decisioni atte ad incidere sulla situazione giuridica dei medesimi beni, tra cui, in particolare, la decisione di venderli;

– la circostanza che tale soggetto passivo avesse fin da subito l’intenzione di acquistare tali beni, ai fini della sua attività economica una volta che essi siano stati immessi in libera pratica nello Stato membro di destinazione, costituisce una circostanza che deve essere presa in considerazione dal giudice nazionale nell’ambito della sua valutazione globale di tutte le circostanze particolari del caso di specie sottopostogli al fine di determinare a quale degli acquisti successivi debba essere imputato detto trasporto intracomunitario.

Sulla settima questione

52 Con la sua settima questione, il giudice del rinvio si chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione osti a che un giudice nazionale, di fronte ad una disposizione di diritto tributario nazionale, trasponente una disposizione della direttiva IVA, che si presta a più interpretazioni, accolga l’interpretazione più favorevole al soggetto passivo, basandosi sul principio costituzionale nazionale in dubio mitius, anche dopo che la Corte abbia dichiarato che siffatta interpretazione è incompatibile con il diritto dell’Unione.

53 Nel caso di specie, il giudice del rinvio rileva, in sostanza, che il diritto ceco è ambiguo quanto all’incidenza della normativa relativa al trattamento dei beni soggetti ad accisa sulla determinazione del momento del trasferimento del diritto di disporre di siffatti beni come proprietario. Invero, secondo tale giudice, la normativa ceca che ha trasposto la direttiva IVA nell’ordinamento giuridico nazionale lascia che i soggetti passivi suppongano legittimamente che la circostanza che taluni beni siano trasportati verso un altro Stato membro in regime di sospensione dall’accisa incida sulle condizioni che disciplinano il trasferimento del potere di disporne come proprietario.

54 Al riguardo, occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, l’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione, da essa fornita nell’esercizio della competenza attribuitale dall’articolo 267 TFUE, chiarisce e precisa il significato e la portata della norma stessa, nel senso in cui deve o avrebbe dovuto essere intesa ed applicata sin dalla data della sua entrata in vigore. Ne consegue che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza che statuisce sulla domanda d’interpretazione, sempreché, per il resto, sussistano i presupposti per sottoporre al giudice competente una lite relativa all’applicazione di detta norma (sentenze del 19 ottobre 1995, Richardson, C‑137/94, EU:C:1995:342, punto 31, e del 13 dicembre 2018, Hein, C‑385/17, EU:C:2018:1018, punto 56).

55 Quanto alla questione se il diritto dell’Unione osti all’applicazione di un principio costituzionale di diritto nazionale, in forza del quale, qualora, nell’ambito di una controversia tra l’amministrazione e un singolo, sussista un dubbio circa l’interpretazione di una disposizione di diritto tributario nazionale, che ha trasposto una disposizione di diritto dell’Unione, tale amministrazione deve accogliere l’interpretazione più favorevole al soggetto passivo, si deve rilevare che l’applicazione di tale principio, quale prospettata dal giudice del rinvio, equivarrebbe, in realtà, a limitare gli effetti nel tempo dell’interpretazione, accolta dalla Corte, delle disposizioni del diritto dell’Unione la cui trasposizione è è avvenuta mediante le suddette disposizioni di diritto nazionale, poiché, in tal modo, detta interpretazione non troverebbe applicazione nel procedimento principale (v., per analogia, sentenze del 19 aprile 2016, DI, C‑441/14, EU:C:2016:278, punto 39, e del 13 dicembre 2018, Hein, C‑385/17, EU:C:2018:1018, punto 61).

56 A tale riguardo, si deve ricordare che solo in via eccezionale, in applicazione di un principio generale della certezza del diritto intrinseco all’ordinamento giuridico dell’Unione, la Corte può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere una disposizione da essa interpretata per rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Affinché una tale limitazione possa essere disposta, è necessario che siano soddisfatti due criteri essenziali, ossia la buona fede degli ambienti interessati e il rischio di gravi inconvenienti (sentenza del 13 dicembre 2018, Hein, C‑385/17, EU:C:2018:1018, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

57 La Corte ha già dichiarato che una limitazione nel tempo degli effetti di siffatta interpretazione può essere ammessa solo nella sentenza stessa che statuisce sull’interpretazione richiesta. Tale principio garantisce la parità di trattamento degli Stati membri e degli altri soggetti dell’ordinamento rispetto al diritto dell’Unione e soddisfa, in tal modo, i requisiti derivanti dal principio della certezza del diritto (v., in tal senso, sentenze del 6 marzo 2007, Meilicke e a., C‑292/04, EU:C:2007:132, punto 37, nonché del 23 ottobre 2012, Nelson e a., C‑581/10 e C‑629/10, EU:C:2012:657, punto 91).

58 A tal riguardo, occorre rilevare che la Corte ha già dichiarato, al punto 76 della sentenza del 19 dicembre 2018, AREX CZ (C‑414/17, EU:C:2018:1027), che la direttiva 2008/118, prevedendo segnatamente requisiti applicabili al trasporto dei beni in regime di sospensione dall’accisa, non incide affatto sulle condizioni che disciplinano il trasferimento del potere di disporne come proprietario, previste dalla direttiva IVA. Orbene, in quest’ultima sentenza, la Corte non ha limitato nel tempo gli effetti della sua interpretazione della direttiva IVA.

59 Ne consegue che, nel caso di specie, nell’applicare il diritto nazionale, il giudice del rinvio è tenuto a prendere in considerazione l’insieme delle norme di tale diritto e ad applicare i metodi interpretativi riconosciuti da quest’ultimo al fine di interpretarlo, per quanto possibile, alla luce della lettera e dello scopo della direttiva IVA, quale interpretata dalla Corte, per conseguire il risultato fissato da quest’ultima e conformarsi pertanto all’articolo 288, terzo comma, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 19 aprile 2016, DI, C‑441/14, EU:C:2016:278, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

60 Da quanto precede risulta che occorre rispondere alla settima questione dichiarando che il diritto dell’Unione osta a che un giudice nazionale, di fronte ad una disposizione di diritto tributario nazionale che ha trasposto una disposizione della direttiva IVA, che si presta a più interpretazioni, accolga l’interpretazione più favorevole al soggetto passivo, basandosi sul principio costituzionale nazionale in dubio mitius, anche dopo che la Corte abbia dichiarato che un’interpretazione siffatta è incompatibile con il diritto dell’Unione.

Sull’ottava questione

61 Alla luce della risposta fornita alla settima questione, non occorre rispondere all’ottava questione.

Sulle spese

62 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1) L’articolo 20 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che il soggetto passivo che effettua un trasporto intracomunitario unico di beni in regime di sospensione dall’accisa, con l’intenzione di acquistare tali beni ai fini della sua attività economica una volta che essi siano stati immessi in libera pratica nello Stato membro di destinazione, acquisisce il potere di disporre di detti beni come proprietario, ai sensi della disposizione in parola, a condizione che egli abbia la possibilità di adottare decisioni atte ad incidere sulla situazione giuridica dei medesimi beni, tra cui, in particolare, la decisione di venderli.

La circostanza che tale soggetto passivo avesse fin da subito l’intenzione di acquistare tali beni, ai fini della sua attività economica una volta che essi siano stati immessi in libera pratica nello Stato membro di destinazione, costituisce una circostanza che deve essere presa in considerazione dal giudice nazionale nell’ambito della sua valutazione globale di tutte le circostanze particolari del caso di specie sottopostogli al fine di determinare a quale degli acquisti successivi debba essere imputato detto trasporto intracomunitario.

2) Il diritto dell’Unione osta a che un giudice nazionale, di fronte ad una disposizione di diritto tributario nazionale che ha trasposto una disposizione della direttiva 2006/112, che si presta a più interpretazioni, accolga l’interpretazione più favorevole al soggetto passivo, basandosi sul principio costituzionale nazionale in dubio mitius, anche dopo che la Corte abbia dichiarato che un’interpretazione siffatta è incompatibile con il diritto dell’Unione.