Corte Cost., 13 giugno 2014, n. 174 (testo)
SENTENZA N. 174
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Gaetano SILVESTRI; Giudici : Luigi MAZZELLA, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 13, 14, 15, 16 e 135, comma 1, lettera q-quater), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), promossi dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, con quattro ordinanze del 23 maggio 2013, dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, con tre ordinanze del 4 giugno 2013, dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, con cinque ordinanze del 15 giugno 2013, rispettivamente iscritte ai nn. 188, 189, 190, 191, 208, 209, 210, 216, 217, 218, 219 e 220 del registro ordinanze 2013 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, n. 41 e n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2013.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 maggio 2014 il Giudice relatore Giuliano Amato.
Ritenuto in fatto
1.– I Tribunali amministrativi regionali per la Puglia, per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, e per il Piemonte, hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), per violazione degli artt. 3, 24, 25, 111 e 125 della Costituzione. Tutti i giudici rimettenti denunciano l’illegittimità della disposizione che devolve alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma, le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti, emessi dall’autorità di polizia, relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro.
Il solo TAR Calabria ha, inoltre, sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, 14, 15 e 16 dello stesso d.lgs. n. 104 del 2010, per violazione dell’art. 76 Cost.
2.− Con quattro ordinanze di analogo tenore, emesse il 23 maggio 2013, il TAR Puglia ha sollevato − in riferimento agli artt. 3 e 125 Cost. − questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), del d.lgs. n. 104 del 2010, il quale prevede che «Sono devolute alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma […] le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti […] emessi dall’Autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro».
Ad avviso del giudice rimettente, la norma impugnata si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost., per violazione del principio di ragionevolezza, in quanto − in mancanza di una valida ragione giustificatrice − introdurrebbe una deroga agli ordinari criteri di individuazione della competenza, legati agli indici di collegamento territoriale; la norma violerebbe altresì l’art. 125 Cost., poiché determinerebbe l’alterazione dell’equilibrio del controllo giurisdizionale sugli atti amministrativi, vanificando l’articolazione su base regionale del sistema di giustizia amministrativa.
2.1.− In ciascuna delle ordinanze di rimessione, il TAR riferisce di essere chiamato a decidere in ordine ai ricorsi per l’annullamento dei provvedimenti con i quali, rispettivamente, il Questore di Foggia (ordinanza n. 188) ed il Questore di Bari (ordinanze n. 189, n. 190 e n. 191) hanno rigettato le istanze, avanzate dai ricorrenti, tutti esercenti l’attività di intermediari nell’ambito delle scommesse sportive, ai fini del rilascio dell’autorizzazione per attività di scommesse, prevista dall’art. 88 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza); il giudice a quo evidenzia inoltre che ciascuno dei ricorrenti ha avanzato istanza in via cautelare.
Il Ministero dell’interno si è costituito in ciascuno dei giudizi dinanzi al TAR, sollevando in via preliminare eccezione di incompetenza funzionale del Tribunale adito, ai sensi dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), d.lgs. n. 104 del 2010.
2.2.− In punto di rilevanza della questione, il giudice rimettente osserva che dalla soluzione della questione di legittimità costituzionale dipende l’affermazione, ovvero la negazione, della propria competenza in ordine alla domanda di annullamento del provvedimento impugnato. Il giudizio a quo non potrebbe quindi essere definito, né in sede di merito, né in sede cautelare, se non a seguito della risoluzione dell’incidente di costituzionalità. D’altra parte, la chiarezza ed univocità dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), del d.lgs. n. 104 del 2010, precluderebbero qualsiasi interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione censurata.
2.3.– Il TAR ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma impugnata, ravvisando la violazione dei principi di cui agli artt. 3 e 125 Cost.
2.3.1.– Con particolare riferimento alla violazione dell’art. 3 Cost., il Collegio si dichiara consapevole dell’esclusione del sindacato giurisdizionale sul merito delle leggi, essendo rimessa all’esclusivo apprezzamento del legislatore ogni valutazione circa l’opportunità, la completezza o l’equità del dettato normativo. Il giudice a quo sottolinea infatti che spetta al legislatore «un’ampia potestà discrezionale nella conformazione degli istituti processuali, col solo limite della non irrazionale predisposizione di strumenti di tutela, pur se tra loro differenziati» (sentenza n. 341 del 2006); di tale discrezionalità il legislatore fruisce anche nella disciplina della competenza. Il TAR rimettente osserva peraltro che tale discrezionalità incontra il limite della non manifesta irragionevolezza delle scelte legislative che diano luogo a situazioni giuridiche tra di loro differenziate.
Il Collegio evidenzia che la norma in esame costituisce una deroga al criterio generale di individuazione della competenza, fissato nel TAR nella cui circoscrizione territoriale ha sede l’amministrazione autrice del provvedimento impugnato (art. 13, comma 1, prima parte, d.lgs. n. 104 del 2010).
2.3.2.− Il Collegio richiama i principi affermati dalla Corte nella sentenza n. 189 del 1992, che ha individuato − quale motivo idoneo a giustificare la deroga all’ordinario sistema di ripartizione della competenza − la «esigenza largamente avvertita circa l’uniformità della giurisprudenza fin dalle pronunce di primo grado».
Tuttavia, ad avviso del TAR, tale esigenza non sarebbe ravvisabile nel caso in esame, in cui si controverte in ordine a provvedimenti emessi non già da un’autorità centrale, ma da un’autorità periferica, e segnatamente dalla Questura, competente al rilascio di autorizzazioni ai sensi dell’art. 88, r.d. n. 773 del 1931. Pertanto, la possibilità che in questa materia si formino pronunce contrastanti tra i vari uffici giudiziari dislocati sul territorio si porrebbe nella stessa misura in cui la stessa possibilità sussiste in relazione a controversie di altra natura. Controversie rispetto alle quali, tuttavia, non vi è, in primo grado, alcun accentramento di competenza in capo ad un particolare TAR, ma una ripartizione fondata sui criteri generali dell’art. 13, d.lgs. n. 104 del 2010; in questi casi, l’uniformità della giurisprudenza viene garantita, in sede di gravame, dal Consiglio di Stato, ed in particolar modo dall’Adunanza Plenaria (art. 99 d.lgs. n. 104 del 2010).
2.3.3.− Ad avviso del Collegio rimettente, la deroga in esame si porrebbe in termini del tutto distonici rispetto all’ordinario sistema di riparto delle competenze tra i vari TAR delineato dall’art. 13 d.lgs. n. 104 del 2010, e sarebbe ispirata, più che dall’«esigenza largamente avvertita circa l’uniformità della giurisprudenza fin dalle pronunce di primo grado» (Corte cost. n. 189 del 1992), da una riedizione del criterio di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, fondato esclusivamente sui cc.dd. «blocchi di materie», criterio censurato dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006.
D’altra parte, l’accentramento di competenza operato dalla norma impugnata si porrebbe in antitesi rispetto allo stesso obiettivo di garantire l’uniformità, e quindi la prevedibilità, delle decisioni sin dal primo grado di giudizio; siffatto obiettivo non sarebbe compatibile con lo smisurato aumento, nel corso degli anni, delle competenze del TAR Lazio, né con le esigenze di efficiente organizzazione del lavoro, le quali comportano la necessaria rotazione delle materie e dei giudici fra le sezioni.
2.3.4.− Il giudice a quo esamina altresì la possibilità che la deroga agli ordinari criteri di riparto delle competenze possa ritenersi giustificata in ragione di altre finalità, parimenti dotate di rilievo costituzionale, individuate nella «straordinarietà delle situazioni di emergenza (e nella eccezionalità dei poteri occorrenti per farvi fronte)», secondo quanto affermato da questa Corte nella sentenza n. 237 del 2007.
Al contrario, ad avviso del TAR, il tipo di attività oggetto di autorizzazione (attività commerciale, costituzionalmente e comunitariamente garantita, ancorché sottoposta a controlli di varia natura) e la natura dell’accertamento che la Questura è chiamata a svolgere, sarebbero indicativi di una situazione assolutamente fisiologica, fronteggiata con mezzi ordinari (i normali accertamenti di polizia), e disciplinata da disposizioni normative del tutto idonee al perseguimento degli scopi richiesti.
La disposizione censurata sarebbe quindi irragionevole, poiché non giustificata dalle finalità (il dover fronteggiare straordinarie situazioni di emergenza) considerate dalla citata sentenza n. 237 del 2007.
2.4.− Il TAR evidenzia inoltre un ulteriore profilo di contrasto della disposizione censurata, in riferimento, questa volta, alla previsione di cui all’art. 125 Cost.
Il rimettente ritiene infatti necessaria una rigorosa verifica della non manifesta irragionevolezza della disciplina processuale in esame, e ciò sia per il suo carattere derogatorio dell’ordinario sistema di ripartizione della competenza tra i diversi organi di primo grado della giurisdizione amministrativa, sia per il fatto di costituire solo l’ultimo esempio, in ordine di tempo, di una serie di interventi legislativi che hanno concentrato presso il TAR del Lazio interi settori del contenzioso nei confronti della pubblica amministrazione.
In particolare, il TAR dubita che nel caso in esame siano stati osservati quei «criteri rigorosi» che consentono di ritenere che ci si trovi di fronte ad un esercizio non manifestamente irragionevole della discrezionalità legislativa. Ed invero, ad avviso del giudice a quo, da un lato non sussisterebbero particolari esigenze di uniformità di decisioni sin dal primo grado di giudizio, tali da giustificare lo spostamento di competenza; inoltre non sarebbero ravvisabili le eccezionali e straordinarie situazioni di emergenza, idonee a giustificare la deroga ai criteri ordinari.
Per tali ragioni, ad avviso del TAR, sarebbe necessaria una rimeditazione dell’originario orientamento offerto dalla sentenza n. 189 del 1992, che porti a riconoscere la fondatezza delle censure di costituzionalità, per contrasto con l’art. 125 Cost.
3.− Con tre ordinanze di analogo tenore emesse il 4 giugno 2013, il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 135, comma 1, lettera q-quater), e 14 del d.lgs. n. 104 del 2010, in riferimento agli artt. 3, 25, 125, 24 e 111 Cost.
3.1.− In punto di fatto, il giudice a quo riferisce di essere chiamato a decidere in ordine ai ricorsi per l’annullamento dei provvedimenti con i quali il Questore di Reggio Calabria ha rigettato le istanze, rispettivamente avanzate dai ricorrenti, per il rilascio dell’autorizzazione prevista dall’art. 88 del r.d. n. 773 del 1931. Il Ministero dell’interno, Questura di Reggio Calabria, si è costituito in ciascuno dei giudizi dinanzi al TAR, chiedendo che i ricorsi siano dichiarati irricevibili, inammissibili, o comunque rigettati nel merito.
La questione di competenza che discende dall’applicazione dell’art. 135, lettera q-quater), d.lgs. n. 104 del 2010, è stata sollevata d’ufficio dallo stesso Tribunale rimettente, il quale ha evidenziato in particolare che le controversie in esame rientrerebbero nel novero degli affari ricompresi nella competenza funzionale del TAR del Lazio, sede di Roma, di cui all’art. 14 d.lgs. n. 104 del 2010, che vi include tutte «le controversie indicate dall’articolo 135 e dalla legge» e, fra queste, quelle aventi ad oggetto i provvedimenti «emessi dall’Autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro».
3.2.− Il TAR dubita, in primo luogo, della legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater, del d.lgs. n. 104 del 2010, in riferimento agli artt. 3, 25, 125, 24 e 111 Cost.
In via preliminare, il rimettente osserva che la norma censurata è stata introdotta dal decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), ed in particolare dall’art. 10, comma 9-ter, dedicato al «Potenziamento dell’accertamento in materia di giochi», inserito dalla legge di conversione 26 aprile 2012, n. 44; tale disciplina contempla una serie di misure, ritenute funzionali al raggiungimento di determinati obiettivi, espressamente individuati nell’esigenza di «contrastare efficacemente il pericolo di infiltrazioni criminali» nei giochi pubblici, «acquisire elementi di prova in ordine alle eventuali violazioni in materia di gioco pubblico, ivi comprese quelle relative al divieto di gioco dei minori», nonché di «assicurare la tracciabilità dei flussi finanziari, finalizzata a prevenire infiltrazioni criminali e il riciclaggio di denaro di provenienza illecita».
3.3.− Ad avviso del TAR, la previsione di una competenza giurisdizionale accentrata sugli atti di autorità locali di polizia non sarebbe connessa ad alcuna di queste finalità, né potrebbe ritenersi supportata da autonome ragioni, idonee a giustificare un siffatto eccezionale spostamento di competenza; da ciò il TAR fa discendere l’irragionevolezza di tale previsione.
3.3.1.− A questo riguardo, il giudice a quo evidenzia che l’autorità emanante (che si caratterizza per il suo peculiare radicamento e contatto col territorio) non assumerebbe alcuna particolare posizione nell’ordinamento costituzionale della Repubblica e nell’organizzazione dei pubblici poteri, tale da rendere preferibile una cognizione dei suoi atti affidata ad un unico giudice con sede in Roma. D’altra parte, i destinatari dei provvedimenti in questione non rivestirebbero un peculiare status, meritevole di un diverso trattamento, e neppure vi sarebbe una situazione di straordinaria emergenza, come nel caso delle misure dettate per il settore dei rifiuti, valutate nella sentenza n. 237 del 2007.
3.3.2.– Né, ad avviso del rimettente, sarebbe ravvisabile la giustificazione, delineata dalla sentenza n. 189 del 1992, dell’uniformità della giurisprudenza fin dalle pronunce di primo grado. Il Collegio ritiene, infatti, che il rispetto del criterio generale della sede dell’autorità emanante, più chiaro ed oggettivo, sia ugualmente idoneo a garantire la stabilità delle soluzioni giurisprudenziali.
L’individuazione del TAR Lazio quale unico giudice funzionalmente competente si rivelerebbe come antitetica rispetto all’obiettivo di assicurare l’uniformità della giurisprudenza; infatti, l’ampliamento della struttura del TAR Lazio, sede di Roma, dovuto allo smisurato aumento delle sue competenze, unitamente al problema dell’efficiente organizzazione del lavoro, compresa la necessaria rotazione delle materie e dei giudici fra le sezioni, paradossalmente, lo renderebbero inidoneo ad assicurare l’auspicata uniformità. E d’altra parte, nel processo amministrativo, la funzione nomofilattica spetta, in sede di gravame, al Consiglio di Stato, ed in particolar modo all’Adunanza Plenaria (art. 99 del d.lgs. n. 104 del 2010).
3.4.− All’irragionevolezza sopra evidenziata si accompagnerebbe altresì un’irrazionalità estrinseca della previsione legislativa censurata rispetto all’art. 125 Cost., il quale sancisce il principio del decentramento a livello regionale della giurisdizione amministrativa, nell’ottica di una necessaria prossimità del giudice ai fatti dei quali è chiamato a conoscere.
3.5.− Il giudice a quo sottolinea inoltre come, con riferimento al sistema della giustizia amministrativa, il concetto di «giudice naturale» di cui all’art. 25 Cost. presenti una valenza autonoma rispetto al carattere della sua precostituzione per legge, per lo speciale assetto dei giudici di primo grado sul territorio voluto dal titolo V della Costituzione. Infatti, ad avviso del TAR, la competenza dei giudici amministrativi deve essere non solo predeterminata dalla legge, ma deve rispettare il principio di naturalità, desumibile dagli artt. 25 e 125 Cost., nel senso di una maggiore idoneità del giudice individuato su base regionale a fornire un’adeguata risposta di giustizia.
Ad avviso del giudice a quo, la deroga al criterio della competenza territoriale in favore di un tribunale unico su base nazionale determinerebbe lo stravolgimento del sistema articolato su base regionale, ossia non verticistico ed accentrato, e provocherebbe una profonda alterazione dell’equilibrio del controllo sugli atti amministrativi, pensato dai Costituenti in maniera svincolata dalla specializzazione per singole materie.
Il TAR Calabria auspica quindi una rinnovata riflessione in ordine agli argomenti utilizzati nella sentenza n. 189 del 1992 a sostegno della ragionevolezza della deroga agli ordinari criteri di distribuzione della competenza. Tale riflessione dovrebbe tenere conto dell’evoluzione subita sia dal sistema delle autonomie locali (in dipendenza della riforma del Titolo V, attuata con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante «Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione»), sia dal sistema processuale amministrativo, ispirato ai principi di cui all’art. 125 Cost., il quale non prevede alcuna differenziazione tra gli organi di giustizia amministrativa di primo grado e non contempla un tribunale centrale, di diversa o maggiore importanza, al quale contrapporre gli altri tribunali, quali «gangli periferici», ma piuttosto riconosce pari dignità a tutti i TAR.
3.6.− Ritiene, inoltre, il giudice rimettente che la scelta legislativa di incardinare le controversie sugli atti di autorità decentrate di polizia presso il TAR Lazio si porrebbe in contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost., in quanto la concentrazione presso un unico ufficio giudiziario, con sede in Roma, renderebbe assai più difficoltoso l’esercizio concreto del diritto di difesa e si porrebbe in contrasto con il canone della ragionevole durata del processo.
In particolare, la disciplina censurata costringerebbe colui che intende agire (o resistere) a tutela della propria posizione soggettiva ad affrontare spese ulteriori, rispetto a quelle, già molto elevate, comunque richieste per l’accesso alla giustizia, ostacolando in modo eccessivo l’utile esercizio del diritto di difesa; nel contempo, si renderebbe più difficoltosa e meno tempestiva la difesa processuale dell’amministrazione resistente.
Inoltre, l’incremento smisurato del contenzioso presso un unico TAR, estenderebbe la durata dei relativi processi, con gravi ricadute sull’efficienza dell’intero Paese e sulla spesa pubblica, sulla quale gravano i costi dei risarcimenti ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile).
3.7.− Il TAR per la Calabria ha inoltre prospettato un’ulteriore questione di legittimità costituzionale relativa alla complessiva disciplina della competenza prevista dagli artt. 13, 14, 15 e 16 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, in riferimento all’art. 76 Cost.
3.7.1.− Osserva il rimettente che, tra i principi ed i criteri direttivi stabiliti dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), contenente la delega per il riassetto della disciplina del processo amministrativo, non ve ne era alcuno che abilitasse il legislatore delegato a riformare l’istituto della competenza e, ciò nonostante, il d.lgs. n. 104 del 2010 stravolgerebbe il sistema vigente dal 1971, rendendo inderogabile la competenza per territorio, in passato sempre derogabile.
Tale innovazione non troverebbe alcun riscontro nella legge delega; la relazione al codice dà atto del cambiamento («tutta la competenza del giudice amministrativo è divenuta inderogabile dalle parti»), senza tuttavia far mai riferimento alla legge di delega.
Al riguardo sarebbe significativo, ad avviso del TAR, il fatto che la radicale innovazione del regime della competenza non sia stata frutto del lungo e meditato lavoro della Commissione speciale nominata ai sensi dell’art. 44, comma 4, la quale aveva, infatti, varato il progetto di codice mantenendo il regime ordinario della competenza territoriale sempre derogabile su accordo delle parti; venivano inoltre enunciati i casi di devoluzione di controversie al TAR Lazio (o al TAR Lombardia, sede di Milano, limitatamente alle controversie relative ai poteri esercitati dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico) qualificandoli, però, in termini di «competenza territoriale inderogabile».
3.7.2.− Né, ancora, la ratio complessiva sottesa alla legge delega potrebbe giustificare una simile scelta innovativa: secondo la prospettazione del giudice a quo, infatti, se l’obiettivo principale della delega per il riassetto di una normativa stratificata e caotica era quello di assicurare maggiore effettività della tutela, trasfondendo in un corpus unitario anche principi di matrice giurisprudenziale, l’innovativa opzione per l’inderogabilità della competenza, fin dalla sede cautelare, unitamente all’articolazione di complessi rimedi per far valere l’incompetenza, non solo non troverebbe riferimenti nel sistema previgente, ma avrebbe pure irrigidito e reso più vischiosa la risposta di giustizia, in contrasto con la finalità di snellire l’attività giurisdizionale.
3.7.3.− L’eccesso di delega avrebbe rilevanza anche rispetto alla competenza funzionale (che comprende anche l’ipotesi prevista dall’art. 135, comma 1, lettera q-quater), del d.lgs. n. 104 del 2010); essa, infatti, da sempre ritenuta, in via interpretativa, una competenza inderogabile, in opposizione alla «ordinaria» e sempre derogabile competenza per territorio, da eccezione sarebbe divenuta espressione di un parallelo principio generale, operante per le controversie indicate dall’art. 135 e, più in generale, «dalla legge», che si affiancherebbe a quello della competenza per territorio, concorrendo con esso a delineare le modalità di radicamento delle controversie.
Ne discende − ad avviso del giudice a quo − un sistema del tutto nuovo, dove il regime della competenza risulterebbe complessivamente illogico e incoerente, atteso che l’attribuzione di controversie alla cognizione del TAR Lazio, sede di Roma, avverrebbe, in buona sostanza, in ragione del criterio della materia, criterio che non solo non avrebbe copertura costituzionale, ma non troverebbe neppure riscontro nella legge delega, con evidente violazione dell’art. 76 Cost.
4.− Con cinque ordinanze di analogo tenore, emesse il 15 giugno 2013, il TAR Piemonte ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 125, 24 e 111 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), del d.lgs. n. 104 del 2010, nella parte in cui prevede la competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio anche per i provvedimenti «emessi dall’Autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro».
4.1.− Il rimettente riferisce di essere investito della decisione dei ricorsi promossi da soggetti esercenti l’attività di raccolta e trasmissione di dati inerenti a scommesse su eventi sportivi, avverso i provvedimenti con i quali i questori competenti per territorio hanno respinto − per mancanza della concessione statale in capo al richiedente e al soggetto ad esso collegato − le istanze volte al rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 88 del r.d. n. 773 del 1931. Il giudizio che ha dato luogo all’ordinanza di rimessione n. 219 del 2013, invece, ha ad oggetto il provvedimento con cui il questore ha ordinato l’immediata cessazione dell’attività di raccolta di scommesse, in quanto condotta in difetto di autorizzazione. Ciascuno dei ricorrenti, inoltre, ha avanzato istanza in sede cautelare.
4.2.− In punto di rilevanza, il giudice a quo evidenzia di dover sollevare preliminarmente la questione di legittimità costituzionale, non essendo ciò possibile dopo la trasmissione degli atti al TAR Lazio, in applicazione della disposizione sospettata di incostituzionalità; e d’altra parte, non sarebbe possibile neppure decidere sull’istanza cautelare, stante il disposto dell’art. 15, comma 2, del d.lgs. n. 104 del 2010, ai sensi del quale «in ogni caso il giudice decide sulla competenza prima di provvedere sulla domanda cautelare e, se non riconosce la propria competenza ai sensi degli artt. 13 e 14, non decide sulla stessa».
Di qui la rilevanza della questione, intesa come pregiudizialità della sua soluzione per ogni determinazione che il Tribunale è chiamato ad assumere. Ad avviso del rimettente, infatti, dovrebbe ritenersi rilevante non solo la questione che involga la normativa applicabile per la definizione del giudizio nel merito, ma anche quella che riguardi le regole che disciplinano il processo e, in primo luogo, le norme che delimitano i poteri del giudice.
4.3.− Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo, dopo aver sinteticamente ricostruito l’evoluzione della competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, ritiene che la norma censurata leda, in primo luogo, il canone di ragionevolezza e di coerenza dell’ordinamento, desumibile dall’art. 3 Cost., non essendo ravvisabile una valida e sufficiente ragione giustificatrice della deroga.
Ad avviso del rimettente, a differenza della competenza funzionale inderogabile per i provvedimenti dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato − che potrebbe giustificarsi in base al carattere centrale dell’autorità emanante – nel caso dei provvedimenti emessi dalle questure, l’attribuzione della cognizione ad un unico giudice centrale, non prossimo alla vicenda contenziosa, non risponderebbe ad alcuna esigenza di giustizia, né ad alcuna situazione di particolare emergenza, né infine ad un peculiare status dei richiedenti i provvedimenti autorizzatori.
Ed anzi, ad avviso del rimettente, per i giudizi su provvedimenti come quelli impugnati, proprio il peculiare legame del giudice decentrato con la realtà del luogo, potrebbe risultare utile ad una più profonda comprensione della controversia.
4.4.− Osserva il TAR che l’art. 135, comma 1, lettera q-quater), sarebbe incoerente con l’art. 125 Cost., che sancisce il principio del decentramento a livello regionale della giurisdizione amministrativa, nell’ottica di una necessaria prossimità del giudice, rispetto ai fatti che è chiamato a conoscere.
Ed invero, per la giustizia amministrativa, il concetto di «giudice naturale», di cui all’art. 25 Cost., assumerebbe una diversa portata per lo speciale assetto dei giudici di primo grado voluto dal Titolo V della Costituzione, con la conseguenza che la competenza dei giudici amministrativi dovrebbe essere non solo predeterminata per legge, ma dovrebbe altresì rispettare il principio di naturalità, come desumibile dal combinato disposto degli artt. 25 e 125 Cost., nel senso della maggiore idoneità del giudice individuato su base regionale a fornire una risposta di giustizia adeguata.
Viceversa, la deroga al criterio della competenza territoriale in favore di un altro TAR, individuato in base alla sua collocazione nella capitale, muterebbe totalmente la prospettiva di un sistema articolato su base regionale, cioè non verticistico e accentrato, alterando profondamente l’equilibrio del controllo sugli atti amministrativi.
Pertanto, la ricostruzione offerta dalla sentenza n. 189 del 1992, nella parte in cui afferma che il sistema di giustizia amministrativa «consta di numerosi gangli periferici e di uno centrale, che con quelli è collegato» richiederebbe una nuova riflessione, alla luce dell’evoluzione subita sia dal sistema delle autonomie locali (in dipendenza della riforma del Titolo V), sia dal sistema processuale amministrativo.
Tale affermazione, infatti, non rifletterebbe adeguatamente il disposto dell’art. 125 Cost., che non prevede alcuna differenza tra gli organi di giustizia amministrativa di primo grado, né contempla un tribunale centrale, di diversa o maggiore importanza, al quale contrapporre «gangli periferici».
Ad avviso del rimettente, inoltre, se il TAR Lazio fosse qualificabile come un giudice di competenza centrale, sì da ritenere legittime le norme che ne accrescano la competenza, dovrebbe assumere maggior pregnanza il fondamento giustificativo di queste scelte derogatorie, in base agli interessi che esse coinvolgono.
4.5.− Secondo il giudice a quo, infine, la scelta di attribuire le controversie in esame alla competenza esclusiva del TAR Lazio, violerebbe gli artt. 24 e 111 Cost., in quanto la concentrazione in un unico ufficio giudiziario renderebbe assai più difficoltoso l’esercizio concreto del diritto di difesa e sarebbe in contrasto col canone della ragionevole durata del processo.
Da una parte, infatti, si costringerebbe colui che intende agire o resistere a tutela della propria posizione soggettiva ad affrontare spese ulteriori e aggiuntive, rispetto a quelle, già molto elevate, comunque richieste per l’accesso alla giustizia, ostacolando in modo eccessivo l’esercizio del diritto di difesa; dall’altra, l’incremento smisurato del contenzioso davanti ad un unico TAR, presso il quale già si concentrano numerose liti “ordinarie”, prolungherebbe la durata dei relativi processi, con gravi ricadute sulla spesa pubblica, già gravata dei costi dei risarcimenti di cui alla legge n. 89 del 2001.
5.− Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto con distinte memorie, tutte di analogo tenore, rispettivamente depositate il 1° ottobre 2013 (con riferimento alle ordinanze r.o. n. 188, n. 189, n. 190 e n. 191 del 2013), il 29 ottobre 2013 (con riferimento alle ordinanze r.o. n. 208, n. 209 e n. 210 del 2013), ed il 31 ottobre 2013 (con riferimento all’ordinanza r.o. n. 216 del 2013).
5.1.– Osserva l’Avvocatura dello Stato che il tema della compatibilità costituzionale della competenza territoriale funzionale del TAR Lazio è già stato affrontato da questa Corte che − a partire dalla sentenza n. 189 del 1992, sino alle più recenti sentenze n. 239 e n. 237 del 2007 − ha escluso l’illegittimità di tale disciplina processuale.
In tali pronunce, la Corte ha affermato la necessità di valutare di volta in volta la ricorrenza di ragioni idonee a giustificare la deroga agli ordinari criteri di ripartizione della competenza tra gli organi di primo grado della giustizia amministrativa; tali ragioni devono portare a ritenere che vi sia stato un uso non irragionevole della discrezionalità legislativa, escludendo così la violazione dell’art. 3 Cost.
5.2.− Con riferimento al caso in esame, l’Avvocatura deduce che la competenza funzionale del TAR Lazio non sarebbe frutto di una scelta irragionevole del legislatore; ed invero, le autorizzazioni previste dall’art. 88 del r.d. n. 773 del 1931, pur essendo adottate dalle questure competenti per territorio, sono connesse all’attività di raccolta di capitali sia a livello nazionale che a livello europeo, in un settore particolarmente soggetto ad infiltrazioni criminali, potenzialmente destinatario del riciclaggio di proventi derivanti da attività illecite e, come tale, di particolare rilevanza sotto il profilo della sicurezza pubblica.
Tali peculiari esigenze sarebbero state attentamente considerate dal legislatore con l’introduzione della norma in esame; l’art. 10, comma 2, del d.l. n. 16 del 2012, precisa infatti che «in considerazione dei particolari interessi coinvolti nel settore dei giochi pubblici e per contrastare efficacemente il pericolo di infiltrazioni criminali nel medesimo settore, sono introdotte le seguenti modificazioni […]», tra le quali spicca l’obbligo in capo «a tutte le figure a vario titolo operanti nella filiera del sistema gioco di effettuare ogni tipo di versamento senza utilizzo di moneta contante e con modalità che assicurino la tracciabilità di ogni pagamento».
Pertanto, ad avviso dell’Avvocatura dello Stato, sarebbe erroneo ritenere che, nella materia de qua, i provvedimenti delle questure abbiano effetti limitati al territorio di rispettiva competenza e possano ritenersi sindacabili da giudici diversi senza alcuna esigenza di uniformità. Infatti gli atti impugnati, rientranti nella competenza del TAR Lazio, rivestirebbero anche un rilievo nazionale ed europeo, in funzione dell’esigenza di contrasto delle infiltrazioni criminali in un settore particolarmente permeabile a tale rischio, ciò che giustifica pienamente la deroga agli ordinari criteri di distribuzione della competenza.
5.3.− L’Avvocatura generale evidenzia inoltre che le medesime esigenze di contrasto di fenomeni di criminalità economica sono state sottolineate anche dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea, laddove ha affermato che l’obiettivo attinente alla lotta contro la criminalità collegata ai giochi d’azzardo è idoneo a giustificare le restrizioni alle libertà fondamentali derivanti da tale normativa, purché tali restrizioni soddisfino il principio di proporzionalità e nella misura in cui i mezzi impiegati siano coerenti e sistematici. La Corte di giustizia ha inoltre ribadito che un sistema di concessioni può costituire un meccanismo efficace che consente di controllare coloro che operano nel settore dei giochi d’azzardo, allo scopo di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti (Corte di giustizia UE, sentenza 16 febbraio 2012, in cause riunite C-72/10 e C-77/10, Costa e Cifone, punto 24).
5.4.− Con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 125 Cost. e al principio del decentramento della giustizia amministrativa, l’Avvocatura dello Stato ha richiamato la sentenza n. 189 del 1992, nella quale si afferma che l’attribuzione della competenza al TAR del Lazio, anziché ai diversi TAR dislocati sul territorio nazionale, non altera il sistema di giustizia amministrativa e dunque non viola l’art. 125 Cost., specialmente laddove esistano ragioni idonee a giustificare la deroga agli ordinari criteri di ripartizione della competenza, come si verificherebbe anche nella fattispecie in esame.
Infatti l’art. 125 Cost. si limiterebbe soltanto ad indicare la necessità di istituire organi di giustizia amministrativa di primo grado nella Regione, ma non impedirebbe di fissare in settori specifici altri criteri distributivi della competenza.
Ciò si giustificherebbe in modo particolare in un settore, come quello oggetto del giudizio a quo, in cui − indipendentemente dall’ambito geografico d’incidenza delle autorizzazioni di polizia − le funzioni esercitate dalle questure territorialmente competenti «hanno rilievo nazionale data la sussistenza di esigenze di unitarietà, coordinamento e direzione» (sentenza n. 237 del 2007).
Tali esigenze, evidenziate dalla giurisprudenza costituzionale, si riflettono quindi nella necessaria uniformità e prevedibilità delle decisioni della giustizia amministrativa, rimesse in primo grado ad un’autorità giurisdizionale centrale e − nell’organizzazione interna dello stesso TAR Lazio − devolute integralmente alla sezione I ter, proprio al fine di garantire l’uniformità della giurisprudenza, sin dal primo grado di giudizio.
5.5.− L’Avvocatura dello Stato deduce inoltre l’infondatezza del denunciato contrasto della disposizione censurata con gli artt. 25 e 111 Cost.
A questo riguardo, la difesa dello Stato evidenzia che la concentrazione presso un unico ufficio giudiziario della competenza in ordine alle controversie in questione è in funzione di garanzia dell’uniformità e prevedibilità delle decisioni giurisdizionali; la norma censurata sarebbe quindi volta a realizzare, sin dal primo grado del giudizio, obiettivi di certezza e uniformità di trattamento dei rapporti giuridici; ed invero, proprio quelle esigenze di celerità della risposta giudiziale, sottese alla censura del giudice a quo, sarebbero vanificate laddove i differenti orientamenti dei TAR locali dovessero trovare componimento soltanto in sede di appello.
L’Avvocatura dello Stato ha inoltre escluso che la disposizione denunciata determini un’alterazione delle regole sulla competenza e sul giudice naturale, ai sensi degli artt. 25 e 111 Cost.; a questo riguardo viene sottolineata l’efficacia, eccedente il mero ambito regionale, della pronuncia sull’impugnativa del diniego del questore, in particolar modo laddove la stessa sia basata sull’illegittimità derivata del bando di gara per le concessioni nazionali.
La difesa dello Stato ritiene quindi che il legislatore abbia fatto buon uso del suo potere discrezionale nell’individuare nel TAR Lazio il giudice competente per tali controversie, privilegiando il criterio della competenza funzionale, che meglio garantisce in concreto l’esigenza di maggiore specializzazione dell’organo giudicante e la più agevole formazione di un indirizzo interpretativo uniforme.
5.6.− D’altra parte, con riferimento alla denunciata violazione dell’art. 24 Cost., per effetto della concentrazione della competenza nel TAR del Lazio e dei possibili ostacoli al conseguimento della tutela giurisdizionale, l’Avvocatura dello Stato ha richiamato quelle pronunce nelle quali la Corte, esaminando fattispecie analoghe, ha escluso che le stesse impediscano o ostacolino l’esercizio del diritto di azione, posto che l’art. 113, terzo comma, Cost., rimette al legislatore ordinario il potere di regolare i modi e l’efficacia di detta tutela.
5.7.− La difesa statale deduce inoltre l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, 14, 15 e 16 del d.lgs. n. 104 del 2010, sollevata dal TAR Calabria, per violazione dell’art. 76 Cost., sotto il profilo dell’eccesso di delega.
5.7.1.− A questo riguardo, l’Avvocatura generale ha evidenziato che l’art. 44 della legge n. 69 del 2009 ha assegnato al Governo il compito di provvedere al «riassetto del processo avanti ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di principi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele».
Con l’innovazione apportata alla disciplina della competenza, il legislatore avrebbe quindi dato corretta applicazione al principio sopra riportato; spetta infatti al legislatore un’ampia potestà discrezionale nella conformazione degli istituti processuali, col solo limite della non irrazionale predisposizione degli strumenti di tutela, pur se tra loro differenziati. Si tratterebbe, quindi, di una chiara scelta di organizzazione, razionalmente fondata, rispetto alla quale non sembra incompatibile la disposizione di concentrare presso un unico giudice controversie caratterizzate da specifici profili di interesse generale; tale disciplina trae origine da una fonte (la legge n. 69 del 2009), che attribuisce al legislatore delegato l’esercizio del potere di coordinamento e di armonizzazione della tutela giurisdizionale.
Alla luce di quanto sopra, la peculiarità della materia, che implica la tutela di interessi di pubblica sicurezza di rilievo nazionale ed europeo, spiegherebbe la scelta legislativa di concentrare le relative controversie innanzi ad un unico giudice di primo grado al fine di assicurare quelle esigenze di unitarietà, coordinamento ed indirizzo alle amministrazioni preposte, esigenze che la giurisprudenza costituzionale ha ritenuto idonee a giustificare la deroga all’ordinario criterio di riparto della competenza.
Considerato in diritto
1.– I Tribunali amministrativi regionali per la Puglia, per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, e per il Piemonte, hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), per violazione degli artt. 3, 24, 25, 111 e 125 della Costituzione. Tutti i giudici rimettenti denunciano l’illegittimità della devoluzione alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma, delle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dall’autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro.
Il solo TAR per la Calabria ha, inoltre, sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, 14, 15 e 16 del medesimo d.lgs. n. 104 del 2010, per violazione dell’art. 76 Cost.
2.− Le dodici ordinanze di rimessione pongono questioni identiche, o tra loro strettamente connesse, in relazione alle medesime norme.
I giudizi, pertanto, vanno riuniti per essere congiuntamente esaminati e decisi con unica pronuncia.
3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), del d.lgs. n. 104 del 2010, è fondata.
3.1.– L’art. 14 del d.lgs. n. 104 del 2010 stabilisce, per quanto rileva nel presente giudizio, che «sono devolute funzionalmente alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, le controversie indicate dall’articolo 135 e dalla legge». A sua volta, l’art. 135 enumera – al comma 1, lettere da a) a q-quater) – le controversie attribuite alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, tra le quali – alla lettera q-quater) − sono previste quelle relative ai provvedimenti emessi dall’autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro.
3.2.– Ad avviso dei giudici rimettenti, tale devoluzione delle controversie in esame alla cognizione del TAR del Lazio, sede di Roma, in quanto derogatoria rispetto agli ordinari criteri di riparto della competenza − fondati sull’efficacia territoriale dell’atto e sulla sede dell’autorità emanante − determinerebbe la violazione del principio di ragionevolezza, di cui all’art. 3 Cost., e del principio di decentramento della giustizia amministrativa, di cui all’art. 125 Cost.
3.3.– Va preliminarmente rilevato che − mentre la verifica della compatibilità con il principio dell’art. 3 Cost. di una norma processuale derogatoria comporta la valutazione della sua non manifesta irragionevolezza − con riferimento all’art. 125 Cost., le deroghe alla ripartizione ordinaria della competenza territoriale devono essere valutate secondo un «criterio rigoroso» (sentenza n. 237 del 2007, punto 5.3.1. del Considerato in diritto), essendo di tutta evidenza che − laddove la previsione di ipotesi di competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma, non incontrasse alcun limite − il principio del decentramento della giustizia amministrativa e dell’individuazione del giudice di primo grado sulla base del criterio territoriale, a livello regionale, sarebbe esposto al rischio di essere svuotato di concreto significato.
3.3.1.– Tale criterio rigoroso comporta quindi la necessità di «accertare che ogni deroga al suddetto principio sia disposta in vista di uno scopo legittimo, giustificato da un idoneo interesse pubblico (che non si esaurisca nella sola esigenza di assicurare l’uniformità della giurisprudenza sin dal primo grado, astrattamente configurabile rispetto ad ogni categoria di controversie); che la medesima deroga sia contraddistinta da una connessione razionale rispetto al fine perseguito; e che, infine, essa risulti necessaria rispetto allo scopo, in modo da non imporre un irragionevole stravolgimento degli ordinari criteri di riparto della competenza in materia di giustizia amministrativa» (sentenza n. 159 del 2014 – par. 3.4). È alla stregua di tali criteri che questa Corte è chiamata a valutare le scelte operate dalla disposizione impugnata.
3.3.2.− La verifica della compatibilità costituzionale della disposizione impugnata, in applicazione dei criteri sopra esposti, conduce all’affermazione della sua illegittimità, per contrasto con il principio dell’articolazione territoriale della giustizia amministrativa, di cui all’art. 125 Cost.
Le controversie previste dalla disposizione impugnata attengono, infatti, a provvedimenti emessi non già da un’autorità centrale, ma da un’autorità periferica, e segnatamente dalla questura, competente al rilascio di autorizzazioni ex art. 88 del r.d. n. 773 del 1931.
È bensì vero che le controversie relative a tali provvedimenti possono presentare profili di connessione con atti di autorità centrali (e in particolare con quelli emessi dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, previsti dalla prima parte della stessa lettera q-quater dell’art. 135, comma 1), ma ciò non esclude il carattere squisitamente locale degli interessi coinvolti nel provvedimento.
D’altra parte, l’accentramento di competenza operato dalla norma impugnata non appare giustificato neppure in ragione delle altre finalità, parimenti dotate di rilievo costituzionale, che questa Corte ha individuato nella «straordinarietà delle situazioni di emergenza (e nella eccezionalità dei poteri occorrenti per farvi fronte)» (sentenza n. 237 del 2007). Al contrario, l’attività oggetto delle autorizzazioni previste dall’art. 88 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, e la natura degli accertamenti che le Questure sono chiamate a svolgere ai fini del rilascio di dette autorizzazioni, non sono qualificate dal carattere della straordinarietà, né dall’esigenza di fronteggiare situazioni di emergenza; va inoltre escluso che la disciplina derogatoria introdotta dalla disposizione censurata si giustifichi in funzione di un peculiare status dei destinatari dei provvedimenti, come tale meritevole di un diverso trattamento.
Quanto all’esigenza di uniformità della giurisprudenza sin dal primo grado di giudizio, va rilevato che questa Corte ha recentemente escluso che tale esigenza sia da sola idonea a giustificare un regime processuale differenziato (sentenza n. 159 del 2014); in ogni caso, anche a prescindere da tale rilievo, si osserva che − in questa materia − la probabilità che si formino pronunce contrastanti tra i vari uffici giudiziari dislocati sul territorio non è superiore a quanto accade nella generalità delle controversie attribuite alla cognizione dei giudici amministrativi, rispetto alle quali l’uniformità della giurisprudenza viene garantita, in sede di gravame, dal Consiglio di Stato, ed in particolar modo dalla sua Adunanza Plenaria.
3.4.− Va, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), del d.lgs. n. 104 del 2010, nella parte in cui prevede la devoluzione alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, delle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dall’autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro.
Restano assorbite le ulteriori censure.
4.− La questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, 14, 15 e 16 del d.lgs. n. 104 del 2010, sollevata nelle tre ordinanze di rimessione del TAR Calabria, è inammissibile.
La censure formulate dal Collegio rimettente hanno ad oggetto l’intera disciplina della competenza, territoriale e funzionale, dei TAR, come ridisegnata dal d.lgs. n. 104 del 2010, per violazione dell’art. 76 Cost.
La questione è identica a quella sollevata dal medesimo giudice nell’ordinanza di rimessione n. 164 del 2013, decisa da questa Corte con sentenza n. 159 del 2014, che ne ha dichiarato l’inammissibilità per difetto di rilevanza.
Sussiste anche nel caso in esame la medesima carenza, in quanto l’impugnazione congiunta degli artt. 13, 14, 15 e 16 del d.lgs. n. 104 del 2010 eccede di larga misura l’oggetto del giudizio a quo, in cui il giudice rimettente è chiamato esclusivamente a dare applicazione alle disposizioni concernenti la competenza funzionale del TAR Lazio in ordine alle controversie relative ai provvedimenti relativi alle autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro, previste dal solo art. 135, comma 1, lettera q-quater), del d.lgs. n. 104 del 2010.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recente delega al governo per il riordino del processo amministrativo), nella parte in cui prevede la devoluzione alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, delle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dall’autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, 14, 15 e 16 del d.lgs. n. 104 del 2010, sollevata, con riferimento all’art. 76 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 giugno 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2014.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI
(fonte www.cortecostituzionale.it)