Comm. trib. prov. Milano, sez. I, 3 febbraio 2017, n. 1023 (testo)
Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sez. I, sentenza 13 dicembre 2016 – 3 febbraio 2017, n. 1023
Presidente Roggero – Relatore Donvito
Svolgimento del processo e motivi della decisione
La società C.S. s.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con sede in M., Via (omissis…), cod. fisc. (omissis…), rappresentata e difesa dal dott. Andrea Baudo, per delega in calce del ricorso, nonché elettivamente domiciliata presso il suo studio in Milano, Via (omissis…), ha impugnato la cartella di pagamento n. (omissis…) di Equitalia Nord s.p.a. relativa ad imposte dirette ed indirette per l’anno 2012, notificata a mezzo di posta elettronica certificata il 23 marzo 2016, domandandone l’annullamento.
Il ricorso è stato spedito per posta raccomandata il 23 maggio 2016 ad Equitalia Nord s.p.a. ed all’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale II di Milano, depositato presso la segreteria di codesta Commissione il 20 giugno 2016, rubricato sub R.g.r. 4231/2016 ed assegnato alla sezione prima.
L’Ufficio si è costituito in giudizio, domandando il rigetto del ricorso, con memoria 22 settembre 2016; il concessionario delle imposte si è costituito in giudizio, domandando il rigetto del ricorso, con memoria 13 ottobre 2016.
Il ricorrente ha depositato memoria di replica il 2 dicembre 2016.
La causa è stata trattata e decisa, con la partecipazione dei difensori della ricorrente e dell’Ufficio, all’udienza del 13 dicembre 2016.
Ragioni di fatto e di diritto della decisione
A seguito della concessione del pagamento rateale delle imposte indirette accertate per l’anno 2012, dopo il ricevimento di comunicazione di irregolarità da parte dell’Agenzia delle Entrate, la società ricorrente pagava con ritardo di otto giorni la prima rata in scadenza.
Decaduta, quindi, la società dai benefici della rateazione e del pagamento delle sanzioni nella misura ridotta del 30%, l’Ufficio iscriveva a ruolo le imposte da versare e le sanzioni ricalcolate nella misura piena, a cui seguiva la notificazione della cartella di pagamento, oggi impugnata, da parte del concessionario delle imposte.
Quanto ai motivi dell’impugnazione della cartella, la società ricorrente in via pregiudiziale ha contestato la validità della cartella per la nullità della sua notificazione avvenuta a mezzo della posta elettronica certificata presso il suo indirizzo digitale.
Ha eccepito, in particolare, la società C.S. s.r.l. l’illegittimità della notificazione della cartella per la mancata attestazione della conformità della cartella notificata all’originale, nonché per la mancanza della prova dell’effettiva consegna al destinatario.
La prima eccezione è preliminare rispetto alla seconda e pregiudiziale di ogni altra: la decisione comporta una sintetica rassegna delle norme che disciplinano la notificazione per posta elettronica certificata delle cartelle di pagamento.
L’art. 26, co. 2, D.P.R. n. 602 del 1973, con riferimento alla notificazione delle cartelle avvenuta prima del 1 giugno 2016, consentiva la notificazione delle cartelle per posta elettronica certificata, con le modalità di cui al D.P.R. n. 68 del 2005 (“Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’art. 27 della L. n. 3 del 2003 “), senza l’applicazione dell’art. 149-bis, c.p.c.
Come noto, il sistema di trasmissione della posta certificata prevede una ricevuta telematica di consegna della comunicazione, ricevuta di consegna del certificatore della PEC inviata all’indirizzo digitale del destinatario, che ha lo stesso valore legale della ricevuta di ritorno della raccomandata a.r., indipendentemente dall’effettiva conoscenza da parte del destinatario.
Oggetto della notificazione è il c.d. documento informatico definito dall’art. 20, co. 1, D.Lgs. n. 82 del 2005 come “la memorizzazione su supporto informatico e la (sua) trasmissione con strumenti telematici conformi alle regole dell’art. 71 (ndr. del D.Lgs. n. 82 del 2005)”.
Il successivo comma 1-bis prevede che “l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio-restando fermo quanto disposto dal comma 2”: comma 2 dell’art. 20 D.Lgs. n. 82 del 2005 citato che, attribuendo valore legale al documento informatico (ed al cartaceo sottostante) con l’identificazione del sottoscrittore, prevede che “il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’art. 71, che garantiscono l’identificabilità dell’autore, l’integrità ed immodificabilità del documento, si presume riconducibile ai titolare del dispositivo di firma ai sensi dell’art. 21, co. 2 e soddisfa comunque il requisito della forma scritta, anche nei casi previsti, sotto pena di nullità, dall’art. 1350, primo comma, numeri da 1 a 12 del codice civile”.
Quanto, infine, alla disciplina della firma elettronica digitale l’art. 71, D.Lgs. n. 82 del 2005 rinvia al DPCons. 22 febbraio 2013.
Tanto premesso, richiamando l’art. 26, co. 2, D.P.R. n. 602 del 1973, con la posta elettronica certificata, in luogo della copia della cartella di pagamento, si notifica il documento informatico della cartella medesima.
Nel caso di specie il formato digitale del file telematico della cartella di pagamento scelto dall’agente della riscossione è il c.d. “.pdf”.
Alla Commissione spetta, quindi, il compito, delegatole dall’art. 20, co. 1-bis, D.Lgs. n. 83 del 2005, di accertare se la notificazione della cartella di pagamento sotto il formato digitale del.pdf garantisca la conformità del documento informatico notificato all’originale e se sia valida la firma digitale dell’esattoria.
Sulla base delle norme richiamate ed in particolare degli artt. 20, co. 2 e 71, D.Lgs. n. 82 del 2005, ritiene la Commissione che la notificazione per posta elettronica certificata della cartella di pagamento in formato.pdf, senza l’estensione c.d. “.p7m”, non sia valida e di conseguenza renda illegittima l’intera cartella impugnata allegata alla pec, appunto in tale formato.
La certificazione della firma è, infatti, attestata dall’estensione “.p7m” del file notificato, estensione che rappresenta la c.d. “busta crittografica”, che contiene al suo interno il documento originale, l’evidenza informatica della firma e la chiave per la sua verifica (cfr. note dell’Agenzia per l’Italia digitale). Detta estensione garantisce, da un lato, l’integrità ed immodificabilità del documento informatico e, dall’altro, quanto alla firma digitale, l’identificabilità del suo autore e conseguentemente la paternità dell’atto.
In difetto di detta estensione del file, la notificazione per posta elettronica certificata della cartella non è valida con illegittimità derivata della stessa cartella.
I motivi di merito sono assorbiti dalla decisione sulla notificazione.
Quanto alle spese del giudizio, nonostante la soccombenza dell’esattoria, considerata la novità e complessità della questione, la Commissione ritiene giusto compensarle tra le parti.
P.Q.M.
La Commissione annulla la cartella impugnata; spese compensate.