201709.20
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Cass., sez. VI pen., 20 settembre 2017, n. 43126 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IPPOLITO Francesco – Presidente –

Dott. FIDELBO Giorgio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere –

Dott. GIORDANO Emilia A. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Island Refinancing s.r.l., con sede in (OMISSIS);

nel procedimento a carico di:

S.G., n. a (OMISSIS);

avverso il decreto del 9/2/2016 del Tribunale di Palermo;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Emilia Anna Giordano;

letta la richiesta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. BALSAMO Antonio, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con decreto del 14 marzo 2016 il Tribunale di Palermo ha rigettato l’istanza avanzata dalla società Island Refinancing s.r.l., per l’ammissione del credito ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 200, e D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52, per il pagamento del proprio credito, relativo ai mutuo fondiario consentito dal Credito Fondiario della Cassa Centrale di Risparmio – cui sono succeduti dapprima il Banco di Sicilia, poi l’odierna ricorrente – alla “Costruzioni B. & C s.r.l.” con atto del 6 maggio 1982 e successivo atti di erogazione finale e quietanza e frazionamento del 20 dicembre 1983, garantiti da ipoteca volontaria annotata il 14 maggio 1982, rinnovata il 9 maggio 2002; nonchè per il pagamento del proprio credito, relativo al mutuo fondiario consentito dal Credito Fondiario della Cassa Centrale di Risparmio – cui sono succeduti dapprima il Banco di Sicilia, poi l’odierna ricorrente- alla “Costruzioni B. & Cost. s.r.l.” con atto del 14 febbraio 1982 e successivo atti di erogazione finale e quietanza e frazionamento del 20 dicembre 1983, garantiti da ipoteca volontaria annotata il 16 febbraio 1983, rinnovata l’8 febbraio 2003 e due distinti atti di compravendita e accollo non liberatorio del 29 novembre 1984 e 19 settembre 1984 con i quali la ICOM s.r.l. di S.A. & C. aveva acquistato gli immobili dal costruttore B., accollandosi le relative quote.

2.1 Il Tribunale, quale giudice della prevenzione, adito in sede di esecuzione, all’esito dell’esame de plano dell’istanza, ha rigettato l’istanza, richiamato in principio di diritto secondo il quale la disposizione del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 52 deve interpretarsi nel senso che la confisca pregiudica ipso iure i diritti di credito dei terzi che risultino da atti con data certa posteriore al sequestro, nonchè i diritti reali di garanzia costituiti in epoca posteriore al sequestro, sicchè, essendo il creditore istante automaticamente in colpa, diventa irrilevante la prova delle ulteriori condizioni previste dall’art. 52, comma 1, lett. b, del citato decreto legislativo. E, nel caso, non è controverso che l’istante avesse acquistato, in forza di cessione in blocco, i crediti azionati con atti del 20 novembre 2007 e, dunque, successivi sia al sequestro (del 26 marzo 2003 e 6 maggio 2003) che alla confisca di prevenzione degli immobili (del 20 aprile 1995, definitiva il 27 giugno 2007), sequestro e confisca regolarmente trascritti. Nè la società istante aveva depositato il decreto ingiuntivo giustificativo della domanda.

3. Avverso la su indicata decisione ha proposto ricorso per cassazione la Island Refinancing s.r.l. deducendo due motivi di ricorso. Con il primo motivo denuncia vizio di violazione di legge, in relazione al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52 e D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 58. Premesso che sarebbe auspicabile in materia un intervento chiarificatore del legislatore, rileva che le conclusioni alle quali è pervenuto il Tribunale finiscono per negare la tutela a qualsiasi cessione del credito successiva alla trascrizione del vincolo di prevenzione poichè la semplice iscrizione farebbe scattare la mala fede in capo al cedente e che, nel caso di cessione in blocco D.Lgs. n. 385 del 1993, ex artt. 58 e ss. – sulla cartolarizzazione dei crediti ricorrente tra gli istituti bancari – tale presunzione appare del tutto irragionevole non potendosi includere tra i doveri di diligenza imposti al cessionario quello di effettuare un preciso controllo, sia pure mediante i pubblici registri immobiliari, sui beni posti a garanzia di ogni singolo credito o tanto meno escludersi la possibilità di invocare la mancata consultazione dei medesimi registri sol perchè essi hanno lo scopo di rendere opponibili a tutti una situazione esteriorizzata nelle forme di legge. La lettura compiuta dal Tribunale osta contro la lettera dell’art. 52 D.Lgs. n. 159, secondo la quale la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriori al sequestro nonchè i diritti di garanzia costituiti in epoca anteriore allo stesso poichè il terzo cessionario di credito garantito da ipoteca su beni sottoposti a confisca o a sequestro di prevenzione non può non godere della medesima tutela accordata al creditore originario a condizione che risultino l’anteriorità dell’iscrizione del titolo o dell’acquisto del diritto rispetto al provvedimento ablativo o cautelare e la sua buona fede, intesa come affidamento incolpevole, da presumersi in ragione dell’attività professionale svolta dal cessionario che acquista il credito in blocco, ai sensi del richiamato decreto sulle cd cartolarizzazioni. Nel merito il provvedimento impugnato non ha adeguatamente motivato la insussistenza degli ulteriori requisiti previsti dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52, e, in particolare che il credito non sia strumentale all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore di mostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalità, requisiti evidenziati dal contrasto giurisprudenziale che si registra nella giurisprudenza della Corte in materia e la violazione del principio di diritto enunciata dalle S.U. civili, con la sentenza n. 10532/2013. Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione in ordine al mancato deposito di copia del decreto ingiuntivo, asseritamente evocato a garanzia del credito, poichè i crediti dei quali si chiedeva il riconoscimento, costituiti da atti di mutuo, sono regolarmente depositati in atti sicchè nessun ulteriore titolo doveva essere depositato dalla ricorrente.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e, per quando di ragione, deve trovare accoglimento.

2. La questione controversa nel caso in esame, e che avrebbe consigliato la trattazione del procedimento in camera di consiglio, piuttosto che il procedimento de plano di cui all’art. 666 c.p.p., comma 2 applicabile in presenza di richiesta manifestamente infondata, concerne la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del credito secondo il meccanismo processuale introdotto dalla L. n. 228 del 2012 e i criteri di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52.

3. I riferimenti del ricorso alla preesistenza del diritto reale di garanzia sull’immobile confiscato, rispetto al sequestro e confisca del bene, e al rapporto tra tale diritto e la pretesa ablatoria dello Stato impongono una doverosa premessa.

4. Come è noto il D.Lgs. n. 159 del 2011 contiene, nel titolo 6, con riguardo ai beni assoggettati a confisca di prevenzione, disposizioni a tutela dei diritti dei terzi e ai rapporti con le procedure concorsuali. Tali disposizioni, in forza della specifica disciplina transitoria recata dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 117, trovano applicazione solo in relazione ai procedimenti iniziati a seguito di proposta presentata a far data dal 13 ottobre 2011. In questo ambito, l’art. 52 del codice antimafia enuncia le condizioni in forza delle quali i diritti di credito dei terzi ed i diritti reali di garanzia, comunque anteriori al sequestro e documentati con atto avente data certa, possono ricevere tutela, pur in presenza di confisca definitiva e regola il relativo procedimento.

5. La società ricorrente ha azionato, ai fini della richiesta di pagamento, la procedura prevista dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 200. Tale legge muove dalla necessità di rendere applicabili alcune delle nuove disposizioni del cd. “codice antimafia”, in materia di tutela dei diritti dei terzi, ai procedimenti in corso ed ai provvedimenti di confisca di prevenzione divenuti definitivi, come quello in esame, prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 159 del 2011, che trovavano regolamentazione attraverso la L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 2 ter sulla questione della prevalenza o meno, rispetto al sequestro ed alla confisca di prevenzione, dell’ipoteca iscritta anteriormente al sequestro ed alla confisca. La questione aveva trovato opposte soluzioni giurisprudenziali, sulla scorta del complesso panorama normativo, che rinviene dalle disposizioni civilistiche e penalistiche, e per queste è sufficiente il richiamo all’art. 240 cod. pen., commi 1 e 2, ed era resa più complessa dalla controversa natura derivativa ovvero a titolo originario – dell’acquisto che con la confisca di prevenzione si realizza in capo allo Stato.

6. La disciplina recata dalla cd. legge di stabilità del 2013, di non facile lettura, esordisce al comma 194 enunciando che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge – cioè a partire dal 1 gennaio 2013-, sui beni confiscati all’esito di procedimenti di prevenzione per i quali non si applica la disciplina dettata dal libro 1 del D.Lgs. n. 159 del 2011 non possono essere iniziate o proseguite, a pena di nullità, azioni esecutive.

7. Per i beni confiscati prima del 1 gennaio 2013, la normativa in esame compie una selezione ulteriore, a seconda che a tale data il bene confiscato sia stato assoggettato a procedura esecutiva, ma non sia stato ancora aggiudicato o trasferito, ovvero sia avvenuto il trasferimento o l’aggiudicazione, anche in via provvisoria. In tale ultima evenienza (quando, cioè alla data del 1 gennaio 2013, il bene è già stato trasferito o aggiudicato in via provvisoria, ovvero è costituito da una quota indivisa già pignorata), trova applicazione il disposto di cui alla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 196, quindi del limite di cui al comma 203, nella distribuzione della somma ricavata, con versamento al Fondo Unico Giustizia delle somme residue.

8. E’, invece, con riguardo alla prima ipotesi che la nuova disciplina assume peculiare rilevanza. Questa prevede che sui beni oggetto della procedura di prevenzione che alla data del 1 gennaio 2013 siano già stati confiscati, ma non ancora aggiudicati, non possono essere iniziate o proseguite, a pena di nullità, azioni esecutive (L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 194) ed è sempre con riguardo a tali beni che, secondo il disposto di cui alla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 197, gli oneri e pesi iscritti o trascritti anteriormente alla confisca sono estinti di diritto. Ed è questo il caso in esame nel quale, come precisato dalla ricorrente è stata attivata la procedura di cui ai commi 199 e 200 dell’art. 1, L. cit..

9. Le Sezioni Unite civili di questa Corte (Sez. U., sentenza n. 10532 del 07/05/2013, Rv. 626570), sulla scorta dell’analisi di tale complesso sistema, sono pervenute alla conclusione che il legislatore sembra avere risolto, indipendentemente dal dato temporale, nel senso della prevalenza della misura di prevenzione patrimoniale, il quesito relativo ai rapporti ipoteca-confisca, prevedendo la estinzione di diritto degli oneri e pesi iscritti o trascritti. Nessun dubbio sussiste – secondo la richiamata sentenza – sul punto che la norma faccia riferimento anche all’ipoteca, al sequestro conservativo ed al pignoramento, ricompresi tra i pesi e gli oneri dei quali è affermata l’estinzione. E, prosegue, pare abbia trovato soluzione la questione della natura dell’acquisto del bene confiscato da parte dello Stato che, a seguito dell’estinzione di diritto dei pesi e degli oneri iscritti o trascritti prima della misura di prevenzione della confisca, acquista un bene non più a titolo derivativo, ma libero dai pesi e dagli oneri, pur iscritti o trascritti anteriormente alla misura di prevenzione. In sostanza, superando la condivisa opinione della giurisprudenza civile e penale sulla natura derivativa del titolo di acquisto del bene immobile da parte dello Stato a seguito della confisca, il legislatore ha inteso ricomprendere la misura della confisca di prevenzione nel solco delle cause di estinzione dell’ipoteca disciplinate dall’art. 2878 cod. civ.. Alla stregua di tale normativa, dunque, in ogni caso, la confisca prevarrà sull’ipoteca. La ratio di tale scelta va individuata nella salvaguardia del preminente interesse pubblico che giustifica il sacrificio inflitto al terzo di buona fede, titolare di un diritto reale di godimento o di garanzia, ammesso, ora, ad una tutela di tipo risarcitorio. Il bilanciamento dei contrapposti interessi viene, quindi, differito ad un momento successivo, allorchè il terzo creditore di buona fede chiederà, attraverso l’apposito procedimento, il riconoscimento del suo credito. Ed è in questa direzione che la L. n. 228 del 2012 (comma 198) ha ampliato la platea dei soggetti legittimati all’azione ricomprendendovi: 1) i creditori muniti di ipoteca iscritta sui beni anteriormente alla trascrizione del sequestro di prevenzione; 2) i creditori che, prima della trascrizione del sequestro di prevenzione, hanno trascritto un pignoramento sul bene; 3) i creditori che, alla data dell’1 gennaio 2013 (entrata in vigore della legge), sono intervenuti nell’esecuzione iniziata con il pignoramento indicato sub 2).

10. Ritiene il Collegio che sono condivisibili le conclusioni alle quali è pervenuta la sentenza delle Sezioni Unite Civili, con la conseguente manifesta infondatezza delle censure svolte nel ricorso nella parte in cui propugnano la conclusione secondo la quale il diritto reale di garanzia, sorto in epoca anteriore al sequestro, ha creato un vincolo reale sul bene che, nella sussistenza della ulteriore condizione della buona fede del creditore, deve prevalere sulla pretesa ablatoria dello Stato. Dalla scelta del legislatore di attribuire prevalenza alle esigenze di tutela della collettività salvaguardate dalla confisca rispetto all’eventuale pregiudizio del terzo, che trova ristoro alle sue pretese solo in sede risarcitoria, secondo le enunciate conclusioni, consegue che non ha più fondamento la giurisprudenza di legittimità, sia penale che civile – pure richiamata nel ricorso – secondo la quale nessuna forma di confisca può determinare l’estinzione dei diritti reali di garanzia costituiti sulla cosa. Correttamente inquadrata l’istanza della società Sagrantino Italy s.r.l. nella procedura prevista dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 200 – secondo la quale il giudice del Tribunale di prevenzione, verificati i presupposti di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52 ammette l’istante al pagamento – l’azione proposta dal terzo ha natura eminentemente risarcitoria, come precisato nella più volte richiamata sentenza delle Sezioni Unite.

11. Il Tribunale di Palermo ha rigettato la richiesta dell’odierna ricorrente sul rilievo che la successione nella titolarità del credito era avvenuta con atto successivo al decreto di confisca ed alla relativa trascrizione dei vincoli, circostanza che vale a costituire in mala fede il terzo, sia esso creditore originario ovvero a questo succeduto, in quanto divenuto creditore del proposto in data successiva alla trascrizione del sequestro ed ha inoltre rilevato la mancanza in atti del decreto ingiuntivo del 1993 volto ad azionare il credito vantato dal Banco di Sicilia. Ha ritenuto che l’esame di ogni ulteriore profilo (relativo alla ritenuta estraneità del credito all’attività illecita) era assorbito non potendo il creditore per atto successivo al sequestro accedere alla richiesta ammissione al credito.

11.1 Nella motivazione del provvedimento impugnato i giudici palermitani hanno richiamato la giurisprudenza di legittimità, affermatasi con riguardo alla interpretazione del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52, secondo la quale, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, la disposizione in esame deve interpretarsi nel senso che la confisca pregiudica ipso iure i diritti di credito dei terzi che risultino da atti con data certa posteriore al sequestro, nonchè i diritti reali di garanzia costituiti in epoca posteriore al sequestro, sicchè, essendo il creditore istante automaticamente in colpa, diventa irrilevante la prova delle ulteriori condizioni previste dall’art. 52, comma 1, lett. b, del citato decreto legislativo (Sez. 2, n. 28839 del 03/06/2015, Italfondiario s.p.a., Rv. 264299). Tale principio, secondo il decreto impugnato, si applica nei confronti di tutti i creditori, sia originari che successivi cessionari del credito, i quali siano diventati titolari del diritto in data successiva alla trascrizione del sequestro, ed opera indipendentemente dalla natura della cessione, non rilevando che questa sia avvenuta in blocco, ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 58. Tale approdo si pone in linea di continuità con la più risalente giurisprudenza di legittimità secondo la quale il terzo cessionario di credito garantito da ipoteca su beni sottoposti a sequestro e a confisca di prevenzione gode della medesima tutela del creditore originario, al quale viene riconosciuta a condizione che risultino l’anteriorità dell’iscrizione del titolo o dell’acquisto del diritto rispetto al provvedimento cautelare o ablativo intervenuto nel procedimento di prevenzione, e la sua buona fede, intesa come affidamento incolpevole, non potendosi ritenere sufficiente che tali condizioni siano realizzate in capo al cedente (Sez. 1, n. 16743 del 02/04/2008, Italfondario s.p.a., Rv. 239625), nonchè con la previsione testuale del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52. Tale norma richiede una pluralità di condizioni cumulative (cioè che il diritto del terzo risulti da data certa anteriore al sequestro; che il diritto non fosse strumentale all’attività illecita, o, in caso di strumentalità, che tale nesso fosse ignorato dal terzo in buona fede) ed è funzionale a realizzare un contemperamento di interessi contrapposti facenti capo allo Stato, che non ha acquistato il bene a titolo derivativo, ma a seguito di confisca e il terzo titolare di diritto. Osserva il Tribunale che, ove si prescindesse dalla data di acquisto del diritto del terzo, verrebbe a realizzarsi una interpretazione abrogatrice del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52, che richiede la duplice condizione di legittimazione. In tal senso, conclude il provvedimento impugnato, si era pronunciata la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale era da escludersi il requisito dell’estraneità al reato, ai sensi dell’art. 240 cod. pen., commi 2 e 3, nel caso di un istituto bancario che aveva iscritto ipoteca su di un bene già oggetto di sequestro preventivo, regolarmente trascritto (Sez. 1, n. 29197 del 17/06/2011, Italfondiario s.p.a. e altri, Rv. 250804). Era, altresì, da escludere che il creditore cessionario di crediti in blocco D.Lgs. 1 settembre 1983, n. 385, ex art. 58, potesse per tale modalità dell’acquisto versare in buona fede, non potendo esigersi la verifica delle condizioni giuridiche dei singoli crediti oggetto di cessione (Sez. 2, n. 28839 del 03/06/2015, Italfondiario s.p.a, Rv. 264298) atteso che l’acquisto in massa dei crediti non viene effettuato “alla cieca” ma sulla base di un’analisi dei crediti proprio perchè, solo ove se ne conosca qualità e la quantità, si può determinare il prezzo di vendita.

12. Rileva il Collegio che le conclusioni alle quali il Tribunale palermitano è pervenuto non sono univoche nella giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, con indirizzo che ha trovato conferma anche successivamente all’adozione del provvedimento impugnato, in tema di confisca di prevenzione di beni gravati da ipoteca, il riconoscimento di una situazione di affidamento incolpevole del creditore assistito da garanzia non è necessariamente precluso dal fatto che il medesimo abbia acquistato il diritto in epoca successiva all’adozione del sequestro, quando ciò è avvenuto mediante cessione di rapporti giuridici in blocco ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 58, poichè tale modalità di trasferimento di posizioni giuridiche potrebbe rendere concretamente inesigibile, per l’entità dell’operazione, l’onere in capo al cessionario della previa verifica di tutti i beni sottoposti ad originaria garanzia ipotecaria e correlati ai crediti ceduti (Sez. 6, n. 35602 del 16/06/2015, Sagrantino Italy s.r.l. e altro, Rv. 265605).

13. Ulteriori argomentazioni, di carattere sistematico, indirizzano nel senso ora indicato. Come accennato l’art. 52 D.Lgs. enuncia le condizioni in forza delle quali i diritti di credito dei terzi ed i diritti reali di garanzia, comunque anteriori al sequestro e documentati con atto avente data certa, possono ricevere tutela pur in presenza di confisca definitiva. La norma è diretta a garantire l’effettività della misura reale e ad assicurare la tutela dei terzi evitando, nel contempo, che il proposto si avvalga di prestanomi che vantino fittiziamente diritti sui beni soggetti alla misura reale, in modo da riottenerne il controllo. In tale prospettiva si giustificano i requisiti che la norma impone affinchè il diritto del terzo sia soddisfatto, pur in presenza di una misura di prevenzione patrimoniale e fra essi, in particolare, assume rilevanza la non strumentalità del credito rispetto all’attività illecita del proposto o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalità. Si è osservato, sul piano dell’accertamento dei diritti dei terzi, che il successivo D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 57 regola, modellandola sulla procedura fallimentare (in tal senso la relazione illustrativa e di commento al Codice delle leggi antimafia) anche il procedimento finalizzato alla individuazione dei terzi titolari di un diritto sui beni oggetto della misura di prevenzione, dando luogo ad una procedura autonoma rispetto al procedimento di prevenzione e governata, ove non sia diversamente disposto, da principi mutuati dal diritto civile e fallimentare. Orbene, proprio i principi dettati dalla giurisprudenza civile in forza del quale la cessione di credito è un contratto che determina la successione del cessionario al cedente nel medesimo rapporto obbligatorio con effetti traslativi immediati (Sez. civ. 3, n. 20548 del 20/10/2004, Rv. 577782), principi ribaditi anche nell’ambito della procedura fallimentare dall’art. 115 L. Fall. (Sez. civ. 1, n. 10454 del 14/05/2014, Rv. 631230), contrastano con l’affermazione del Tribunale secondo la quale il terzo (sia esso creditore originario ovvero il creditore ad esso succeduto in virtù i negozi giuridici) che sia divenuto creditore del proposto in data successiva alla trascrizione del sequestro, è costituito ipso iure in mala fede. Ed in vero, la cessione del credito è un contratto con effetti traslativi immediati tra cedente e cessionario, che determina la successione del secondo al primo nel medesimo rapporto obbligatorio, con gli stessi caratteri, garanzie ed eccezioni che aveva in capo al cedente, a cui il cessionario si sostituisce.

14. Per altro verso, si è osservato (Sez. 5, n. 1841 del 24/11/2016 – dep. 16/01/2017, Italfondiario S.p.a., Rv. 269123), che la soluzione propugnata dal Tribunale non è affatto imposta dalla lettera o dalla ratio del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52, il quale si riferisce, evidentemente, ai crediti sorti anteriormente all’avvio del procedimento di prevenzione e non prende in considerazione l’ipotesi della successione – a latere creditoris – nel rapporto obbligatorio, per la semplice e ovvia ragione che, in base alla legislazione codicistica e all’interpretazione giurisprudenziale, la cessione del credito, in qualunque modo avvenuta, determina solo la sostituzione del creditore originario, sicchè il nuovo creditore subentra nella medesima posizione giuridica del cedente, assumendone i diritti, ma anche gli oneri ed i rischi, con la conseguenza che sarà la “malafede” del cedente (nel senso stabilito dall’art. 52 cit.) a precludergli la possibilità di far valere le sue pretese sul bene del debitore che sia stato, nel frattempo, oggetto di ablazione.

15. Alla stregua di quanto testè illustrato, si può dunque affermare che, ai fini della tutela del terzo, sono rilevanti i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro ovvero i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro, ancorchè sia intervenuta sostituzione nel lato attivo del rapporto obbligatorio in epoca successiva al sequestro, ricorrendo le ulteriori condizioni di cui all’art. 52 cit. e, cioè che il credito non sia strumentale all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego. Tuttavia, la sostituzione nel lato attivo del rapporto non può, secondo la ricostruzione privilegiata dal ricorrente, comportare la sterilizzazione dell’accertamento, ai fini della tutela del terzo, al momento nel quale il credito è insorto.

16. Va, dunque, dato seguito alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale anche la tutela del terzo cessionario di credito garantito da ipoteca su beni sottoposti a sequestro ed a confisca nell’ambito di un procedimento di prevenzione deve ritenersi condizionata all’accertamento dei medesimi presupposti esigibili per la tutela del creditore originario, presupposti che la giurisprudenza consolidata di questa Corte (v., per tutte, S.U., 28.4.1999, Bacherotti, Rv. 213511, nonchè Sez. 1, 11.2.2005, Fuoco, Rv. 232245) ha individuato nella anteriorità dell’iscrizione del titolo o dell’acquisto del diritto rispetto ai provvedimenti cautelari od ablatori intervenuti nel procedimento di prevenzione ed alla buona fede ed affidamento incolpevole del terzo che agisca innanzi al giudice dell’esecuzione penale per il riconoscimento dell’opponibilità all’erario del proprio diritto, non potendosi ritenere sufficiente che tali condizioni siano verificate in capo al cedente (v., in motivazione, Sez. 1, n. 25369 del 21/05/2014, Italfondiario s.p.a., Rv. 259920).

17. Ritiene il Collegio che la strumentalità del credito all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego – a meno della comprovata buona fede del creditore – costituisce ostacolo alla tutela del terzo e, dunque, conditio sine qua non della tutela dei diritti del terzo è la prova della estraneità del terzo rispetto all’illecito, estraneità che la giurisprudenza di questa Corte, nelle varie accezioni della nozione, ha inteso nel senso che non può considerarsi estraneo al reato il soggetto che da esso abbia ricavato vantaggi e utilità, accezione, questa che è maggiormente aderente alla precisa connotazione funzionale della confisca, non potendo privilegiarsi la tutela del diritto del terzo allorquando costui abbia tratto vantaggio dall’altrui attività criminosa e dovendo, anzi, riconoscersi la sussistenza, in una simile evenienza, di un collegamento tra la posizione del terzo e la commissione del fatto-reato (S. U., 28.4.1999, Bacherotti, Rv. 213511). Tale conclusione è stata avallata anche dal Giudice delle leggi che ha escluso la compatibilità con l’art. 27 Cost., comma 1, di norme che prevedono la confisca anche quando le cose risultino di proprietà di chi non sia autore del reato “o non ne abbia tratto in alcun modo profitto” (Corte cost., 19 gennaio 1987, n.2) e più volte ribadita, sempre in materia di confisca, precisando che l’atto ablatorio non può essere agganciato ad una base meramente oggettiva, assolutamente incompatibile col principio di personalità della responsabilità penale, sancito dall’art. 27 Cost., comma 1, (Corte cost., 17 luglio 1974, n. 229; Corte cost., 29 dicembre 1976, n. 259; Corte cost., 19 gennaio 1987, n. 2, cit.; Corte cost., 10 gennaio 1997, n. 1; Corte cost., 20 novembre 1995, n. 487).

18. Ritiene, il Collegio che la prova della ignoranza in buona fede del nesso di strumentalità del credito deve pertanto essere fornita con riguardo alla posizione soggettiva sia del cedente che del cessionario, tenendo presente: a) che la cessione, avvenuta dopo la trascrizione del provvedimento di sequestro o di confisca di prevenzione, del credito precedentemente insorto non determina di per sè uno stato di mala fede in capo al nuovo titolare, come tale preclusivo dell’ammissibilità della sua ragione creditoria; b) che per ottenere il riconoscimento del diritto correlato ad un bene confiscato in via definitiva, il soggetto terzo deve allegare elementi idonei a rappresentare non solo la sua buona fede (intesa come assenza di accordi sottostanti che svelino la consapevolezza dell’attività illecita realizzata all’epoca dal contraente poi sottoposto al sequestro), ma anche l’affidamento incolpevole inteso come applicazione, in sede contrattuale, di un livello di media diligenza, da rapportarsi al caso in esame, teso ad escludere rimproverabilità di tipo colposo (v., in motivazione, Sez. 1, n. 45260 del 27/09/2013, dep. 08/11/2013, Rv. 257913); c) che nel caso di specie, inoltre, i crediti derivanti dall’originario atto di mutuo del 1981 sono stati oggetto di più atti di cessione ai sensi dell’art. 58 T.U.B. (D.Lgs. n. 385 del 1993), il cui terzo comma, ultimo 5 periodo, prevede che “Restano altresì applicabili le discipline speciali, anche di carattere processuale, previste per i crediti ceduti”, con la conseguenza che nessun affievolimento degli oneri probatori dettati dal su citato D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52, può essere previsto per la posizione del cessionario di crediti in blocco; d) che non può ritenersi di per sè ostativo al riconoscimento di una situazione di affidamento incolpevole il fatto che il cessionario abbia concluso il contratto di cessione in epoca successiva al sequestro ed alla confisca, sul presupposto della conoscibilità del vincolo tramite l’impiego della ordinaria diligenza, dovendosi al riguardo considerare non solo la concreta incidenza degli effetti ricollegabili alla previsione delle forme di pubblicità legale applicabili nel caso, ma anche la particolare “modalità” della cessione del credito che viene qui in rilievo, ossia la cessione di rapporti giuridici in blocco avvenuta (in epoca successiva al sequestro e alla confisca, ferma restando la precedente iscrizione di ipoteca, risalente al 1981) ai sensi del su citato D.Lgs. n. 385 del 1993 (ex artt. 58 ss.): siffatta modalità di cessione dei rapporti giuridici – da verificare nella sua effettiva entità – potrebbe rendere concretamente inesigibile, in capo al cessionario, la previa verifica delle condizioni giuridiche di tutti i beni sottoposti ad originaria garanzia ipotecaria e correlati ai crediti ceduti, influendo obiettivamente sull’ambito di operatività dell’onere di diligenza richiesto al ricorrente (v. Sez. 1, n. 45260 del 27/09/2013, cit.).

19.Nel caso in esame deve rilevarsi come il provvedimento impugnato non abbia fatto buon governo di tale quadro di principii a riguardo della specificità della posizione soggettiva del cessionario di crediti in blocco ai sensi della su citata disposizione di cui all’art. 58 T.U.B., e con riferimento ai canoni probatori che in linea generale devono guidare, come si è già affermato, l’accertamento della ignoranza in buona fede del nesso di strumentalità del credito, per avere ritenuto assorbente il rilievo che l’istante era divenuto titolare del credito solo a seguito di cessione successiva ai decreti di sequestro e di confisca e alla trascrizione del titolo, venendo, perciò solo, costituito in malafede. Nè rileva, in presenza della produzione di atti, ai fini della prova dell’anteriorità del credito e della buona fede – avuto riguardo,altresì, alla verifica dei requisiti di completezza e conformità della domanda di ammissione alle prescrizioni del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 58, la mancanza del decreto ingiuntivo. Consegue che il decreto deve essere annullato senza rinvio e che il Tribunale di Palermo dovrà valutare l’istanza nel quadro dei principi innanzi delineati.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Palermo.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2017