Cass., sez. VI civ. – T, 6 giugno 2022 (ord.), n. 18100 (testo)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 38018-2019 proposto da:
D.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SALARIA, 80, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE ANTONACI, che lo rappresenta e difende;
- ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F (OMISSIS)), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI, 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente –
avverso la sentenza n. 2858/8/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 13/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 27/04/2022 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.
Svolgimento del processo
Rilevato che:
la parte contribuente proponeva ricorso avverso un avviso di accertamento relativo ad IRPEF per gli anni d’imposta 2008 e 2009;
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente ma la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate affermando che nè la documentazione contabile nè il prospetto riepilogativo prodotti dal ricorrente sono idonei a superare e giustificare le puntuali contestazioni contenute nel processo verbale di contestazione redatto dalla Guardia di Finanza per riprese dall’Ufficio appellante: a tal fine va infatti evidenziato come a pagina 10 del suddetto processo verbale di contestazione si dà atto che i dati relativi ai compensi per la gestione ordinaria dei singoli condomini sono stati estratti con l’ausilio della parte o di sua delegata dalle fatture emesse nei confronti dei condomini risultati amministrati da D.F. sulla base delle interrogazioni effettuate ovvero, in mancanza delle fatture, dai verbali di assemblea nei quali veniva affidato l’incarico e stabilito il relativo compenso e i compensi così rilevati sono stati riepilogati in un prospetto allegato sub n. 2 al processo verbale di contestazione: a fronte di tali specifiche contestazioni da parte dei verificatori, riprese dall’Ufficio, il ricorrente si è limitato a produrre la propria documentazione contabile ed un prospetto riepilogativo i quali tuttavia non sono in grado di dimostrare l’avvenuta contabilizzazione e dichiarazione dei compensi analiticamente individuati dai verificatori nè di spiegare i motivi dell’omessa contabilizzazione, mancando sul punto qualsiasi specifica prova contraria da parte del contribuente;
la parte contribuente proponeva ricorso affidato ad un unico motivo mentre l’Agenzia delle entrate si costituiva con controricorso.
Motivi della decisione
Considerato che con l’unico motivo di impugnazione la parte contribuente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 38, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, alla luce del principio costituzionale di capacità contributiva e dell’art. 116 c.p.c., e dell’art. 2697 c.c., in quanto, in virtù del principio della vicinanza della prova, spetta all’amministrazione finanziaria l’onere di provare che i prelevamenti ingiustificati dal conto corrente bancario e non annotati nelle scritture contabili siano stati utilizzati dal libero professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito, conseguendone dei ricavi, e che i versamenti (pure essi non risultanti dalle scritture contabili) corrispondano, invece, ad importi riscossi nell’ambito dell’attività professionale.
Il motivo di impugnazione è infondato.
Infatti, è orientamento assolutamente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, come ribadito da Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 22931 del 26/09/2018 (v. anche Cass. n. 16440 del 2016, n. 19806 e n. 19807 del 2017), quello secondo cui “In tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicchè questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti”.
Inoltre, in tema di onere della prova e di verifica giudiziale in materia di accertamenti bancari, è consolidato l’insegnamento di questa Corte secondo cui, in base alla presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, dettata in materia di imposte sui redditi, omologa a quella stabilita dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2, in materia di IVA, i movimenti bancari rilevati dal conto vanno riferiti a redditi imponibili conseguiti nell’attività economica svolta dal contribuente, qualificando gli “accrediti” come ricavi, ove il contribuente non dimostri che ne ha tenuto conto nella dichiarazione dei redditi ovvero che tali somme rimangono escluse dalla formazione dell’imponibile; trattasi di presunzione legale “juris tantum” comportante l’inversione dell’onere della prova, spettando infatti al contribuente offrire la prova liberatoria che dei versamenti sui conti bancari egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che gli accrediti registrati sui conti non si riferiscono ad operazioni imponibili, occorrendo all’uopo che venga indicato e dimostrato dal contribuente la provenienza dei singoli versamenti con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti (arg. da Cass. n. 26111 del 2015 e n. 21800 del 2017; conf. Cass. n. 5152, n. 5153, n. 19807 e n. 19806 del 2017, n. 18065, n. 18066, n. 18067, n. 16686, n. 16699, n. 16697, n. 11776, n. 6093 del 2016; n. 7453, n. 9078 e n. 19029 del 2016).
Ancora, con specifico riferimento al contenuto dell’onere probatorio gravante sul contribuente si è affermato che questi ha l’onere di dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili, e, a tal fine, deve fornire non una prova generica, ma una prova analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (in termini, Cass. n. 18081 del 2010, n. 22179 del 2008 e n. 26018 del 2014) ed il giudice di merito è tenuto alla rigorosa verifica dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, rifuggendo da qualsiasi valutazione di irragionevolezza ed inverosimiglianza dei risultati restituiti dal riscontro delle movimentazioni bancarie, in quanto il giudizio di ragionevolezza dell’inferenza dal fatto certo a quello incerto è già stato stabilito dallo stesso legislatore con la previsione, in tale specifica materia, della presunzione legale (Cass. n. 21800 del 2017).
La sentenza impugnata si è conformata ai suddetti principi là dove – affermando che nè la documentazione contabile nè il prospetto riepilogativo prodotti dal ricorrenti sono idonei a superare e giustificare le puntuali contestazioni contenute nel processo verbale di contestazione redatto dalla Guardia di Finanza per riprese dall’Ufficio appellante: a tal fine va infatti evidenziato come a pagina 10 del suddetto processo verbale di contestazione si dà atto che i dati relativi ai compensi per la gestione ordinaria dei singoli condomini sono stati estratti con l’ausilio della parte o di sua delegata dalle fatture emesse nei confronti dei condomini risultati amministrati da D.F. sulla base delle interrogazioni effettuate ovvero, in mancanza delle fatture, dai verbali di assemblea nei quali veniva affidato l’incarico e stabilito il relativo compenso e i compensi così rilevati sono stati riepilogati in un prospetto allegato sub n. 2 al processo verbale di contestazione: a fronte di tali specifiche contestazioni da parte dei verificatori, riprese dall’Ufficio, il ricorrente si è limitato a produrre la propria documentazione contabile ed un prospetto riepilogativo i quali tuttavia non sono in grado di dimostrare l’avvenuta contabilizzazione e dichiarazione dei compensi analiticamente individuati dai verificatori nè di spiegare i motivi dell’omessa contabilizzazione, mancando sul punto qualsiasi specifica prova contraria da parte del contribuente – dopo aver evidenziato che l’Ufficio aveva fornito gli elementi probatori desumibili dalla documentazione contabile, ha successivamente correttamente gravato la parte contribuente dell’onere di dimostrare che tali elementi non fossero riferibili ad operazioni imponibili, esigendo non una prova generica, ma analitica.
Pertanto, infondato il motivo di impugnazione, il ricorso va conseguentemente rigettato; la condanna alle spese segue la soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che liquida in Euro 5.600 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 aprile 2022.
Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2022