Cass., sez. VI civ. – T, 25 agosto 2016 (ord.), n. 17344 (testo)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. CRUCTITI Roberta – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4775/2014 proposto da:
V.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. STOPPANI 1, presso lo studio dell’avvocato CARLO CON1ANDE’, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PITRUZZELLA DOMENICO giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 119/29/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA, depositata il 21/08/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.
Svolgimento del processo
V.P. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia n. 119/29/2013, depositata in data 21/08/2013, con la quale in controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanza del contribuente (medico convenzionato con il Sevizio Sanitario Nazionale) di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal 2003 al 2006 – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente.
In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che, nella fattispecie, la contribuente non poteva essere ritenuta un “professionista minimale”, essendo “titolare di uno studio medico specialistico” e considerati i cospicui compensi professionali conseguiti, l’impiego di “diversi beni strumentali”, le spese relative all’immobile impiegato per l’attività e quelle versate per “i lavoratori dipendenti ed altri terzi collaboratori”.
A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.
Motivi della decisione
1. La ricorrente lamenta, con unico morivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, avendo la C.T.R. ritenuto assoggettabile ad IRAP il reddito del medico generico convenzionato, laddove il possesso di attrezzature particolari (nella specie, “mobili dello studio, autovettura Nissa Micra del 1998, telefona cellulare, computer e stampante”) o la presenza di un dipendente (che svolge semplice “attività di apri porta e pulizie dello studio”) non accrescono in alcun modo la capacità produttiva del professionista.
2. La censura è fondata.
Questa Corte a Sezioni Unite (Cass. n. 9451/2016) ha affermato il seguente principio di diritto: “Con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto del D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”. Secondo la Corte “lo stesso limite segnato in relazione ai beni strumentali – eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione” – non può che valere, armonicamente, per il fattore lavoro, la cui soglia minimale si arresta all’impiego di un collaboratore”, il cui apporto, “mediato o generico”, all’attività svolta dal contribuente si concreti nell’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive.
In ordine all’incidenza delle spese per beni strumentali, occorre verificare se si tratti o meno di beni eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività professionale in assenza di organizzazione. Come affermato di recente da questa Corte (Cass. 547/2016), “anche una spesa consistente riferita all’acquisto di un macchinario indispensabile per l’esercizio della professione può rilevarsi inidonea a significare l’esistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, tutte le volte in cui il capitale a tal fine investito non valga a rappresentare fattore produttivo o moltiplicativo del valore rappresentato dalla mera attività intellettuale del professionista ma risulti ad essa asservito ai fini dell’acquisto di attrezzatura connaturata e indispensabile all’esercizio dell’attività medesima e come tale inidoneo ad assumere rilievo, quale fattore produttivo di reddito, distinguibile da quello rappresentato dalla stessa attività intellettuale c/o dalla professionalità del lavoratore autonomo”.
Quanto poi alle spese per compensi a terzi, deve rilevarsi che ove si tratti di compensi corrisposti a colleghi medici, in caso di obbligatoria sostituzione per malattia o ferie, circostanza frequente nei medici di base che debbono assicurare un servizio continuativo, il dato non rileva ai fini dell’assoggettamento ad IRAP. Nella specie, la CTR, oltre ad evidenziare elementi del tutto ininfluenti (quali l’entità dei ricavi percepiti dal professionista o la disponibilità di uno studio attrezzato o le spese sostenute per il mantenimento dell’immobile ove è ubicato lo studio), genericamente afferma che risultano “beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile”, spese per lavoro dipendente (senza precisare se si sia o meno in presenza, come dedotto dalla ricorrente, di una sola dipendente, con mansioni, esecutive, di addetta al ricevimento dei pazienti ed alle pulizie) e per compensi a terzi.
La sentenza impugnata non è conforme ai principi di diritto affermati da questa Corte Suprema e, da ultimo, dalle Sezioni Unite.
3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Sicilia, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Sicilia in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2016.
Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2016