201406.19
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Cass., sez. VI civ. – T, 13 giugno 2014, n. 13588 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CICALA Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24302/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO D’ALESSANDRO giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7/10/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di TORINO del 25/10/2011, depositata il 06/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato Cara Mario (delega avvocato Francesco D’Alessandro) difensore del controricorrente che si riporta agli scritti.


Svolgimento del processo


L’Agenzia delle Entrate ricorre contro il signor B.M. per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, riformando la sentenza di primo grado, ha annullato tre avvisi di accertamento Irpef rispettivamente relativi agli anni 2003, 2004 e 2005; con tali avvisi l’ufficio aveva rettificato il reddito del contribuente mediante un accertamento sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, comma 4, fondato su elementi indicativi della capacità contributiva desunti da un questionario redatto dallo stesso contribuente e dall’esercizio dell’attività istruttoria di cui al medesimo D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32.

La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto illegittimi gli avvisi in quanto emessi prima del decorso di 60 giorni dalla data dell’ultimo verbale di contraddittorio tra il contribuente e l’Ufficio; in particolare, disattendendo la prospettazione dell’Ufficio, la Commissione Tributaria Regionale ha affermato che la disposizione di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, trova applicazione non soltanto nell’ipotesi di accessi, ispezioni e verifiche effettuate presso i locali destinati all’esercizio dell’attività del contribuente, ma anche nel caso di verifiche effettuate “a tavolino”, vale dire mediante controlli effettuati in via cartolare nella sede dell’Agenzia delle entrate. Il ricorso si articola su tre mezzi.

Con il primo mezzo si denuncia la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7; secondo la difesa erariale, la violazione del termine previsto da tale disposizione non determinerebbe, al contrario di quanto affermato dalla Commissione Tributaria Regionale, la nullità dell’atto impositivo. Con il secondo mezzo si denuncia la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, e del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 33, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, in cui il giudice di merito sarebbe incorso ritenendo operante il termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, anche nel caso, quale quello in esame, in cui l’avviso di accertamento consegua non ad accessi, ispezioni o verifiche presso i locali aziendali o professionale del contribuente, bensì all’esercizio dell’attività istruttoria svolta dall’Ufficio sulla base della documentazione già in suo possesso o fornita dal contribuente rispondendo a questionali o domande rivoltegli in sede di comparizione presso l’ufficio D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, comma 1, n. 2).

Col terzo mezzo, infine, si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 2, comma 7, in cui il giudice di merito sarebbe incorso ritenendo necessario il rispetto del termine dilatorio previsto da detto disposizione pur quando il procedimento istruttorio si sia svolto in concreto con modalità tali da assicurare al contribuente la piena possibilità di far valere le proprie ragioni difensive nel contraddittorio amministrativo e, quindi, prescindendo da qualunque accertamento a tale riguardo. Il contribuente si è costituito con controricorso, contestando le argomentazioni della difesa erariale. La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 7.5.14.


Motivi della decisione


Il primo mezzo di ricorso va giudicato infondato.

Secondo la ricorrente l’inosservanza del termine dilatorio previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, non determinerebbe, al contrario di quanto affermato dalla Commissione Tributaria Regionale, la nullità dell’atto impositivo; ciò per la mancanza di un’apposita previsione in tal senso, per la natura vincolata dell’atto impositivo rispetto al verbale di costatazione dal quale il medesimo deriva e perchè il diritto di difesa del contribuente resterebbe in ogni caso garantito tanto in sede amministrativa quanto in sede giudiziaria.

La tesi sostenuta dalla difesa erariale, pur supportata da taluni precedenti di questa Corte, non può essere accolta, risultando superata dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 18184 del 2013, che – componendo il contrasto che si era aperto sugli effetti dell’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, – ha chiarito che tale inosservanza determina di per sè, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, la illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus;

ciò perchè detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il secondo mezzo di ricorso deve invece giudicarsi invece fondato (e assorbente del terzo).

La Commissione Tributaria Regionale ha affermato che il termine dilatorio per l’emanazione dell’atto impositivo previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, opererebbe anche al di fuori del caso di controlli effettuati presso locali ove si esercita l’attività aziendale o professionale. L’assunto del giudice territoriale non può trovare adesione, perchè esso urta contro la chiara lettera della menzionata L. n. 212 del 2000, art. 12, che, nel primo comma, fa espresso riferimento agli “accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agrìcole, artistiche o professionali”; tale riferimento delimita esplicitamente il perimetro applicativo delle disposizioni contenute nei sette commi di cui tale articolo si compone, le quali, del resto, contengono disposizioni tutte palesemente calibrate sulle esigenze di tutela del contribuente in relazione alle visite ispettive in loco. Le stesse Sezioni Unite hanno chiaramente valorizzato il suddetto argomento letterale, laddove, enunciando il principio di diritto della sentenza n. 18184/2013, hanno precisato che il termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento decorre “dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verìfica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni”; nel medesimo senso si sono poi espresse le recentissime sentenze della Sezione tributaria n. 7960/14, che ha escluso l’operatività del termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, in tema di accertamento standardizzato mediante parametri e studi di settore, e n. 7598/14, che ha espressamente chiarito che l’applicazione di detto termine postula lo svolgimento di accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali del contribuente.

Nè possono condividersi i dubbi di costituzionalità genericamente prospettati nella sentenza gravata con riferimento al diverso regime di tutela del contraddittorio procedimentale nel caso di accertamento effettuato mediante visita ispettiva in loco e accertamento effettuato mediante l’esame presso i locali dell’Amministrazione finanziaria dei documenti o dei questionali dalla stessa acquisiti (c.d. “a tavolino”).

Come infatti questa Corte ha già avuto modo di chiarire con la citata sentenza 7598/14, la particolare garanzia del contraddittorio procedimentale costituita dall’imposizione di un termine dilatorio per l’emanazione dell’atto impositivo, decorrente dalla chiusura delle operazioni di controllo, è limitata all’ipotesi di accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali del contribuente perchè solo in tali ipotesi si verifica una invasione della sfera del contribuente, nei luoghi di sua pertinenza. Con l’accesso in loco, infatti, è l’Amministrazione, in base ai propri poteri d’impulso, a ricercare gli elementi che reputa utili a verificare la sussistenza di attività non dichiarate a da ciò deriva una specifica esigenza (che non sorge quando l’emanazione dell’atto impositivo derivi dall’esame di atti già in possesso dell’Amministrazione, o a questa forniti dal contribuente, e da questa esaminati nella propria sede) di dare spazio al contraddittorio, al fine di correggere, adeguare e chiarire gli elementi in tal modo raccolti, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione.

Contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di merito e dalla difesa del contro ricorrente, dunque, le ipotesi del controllo eseguito presso la sede del contribuente e del controllo c.d. a tavolino non possono essere assimilate. Nella prima ipotesi l’espansione della tutela del contraddittorio procedimentale è massima, in quanto tale tutela tende a bilanciare lo squilibrio tra contribuente e Amministrazione derivante dall’assoggettamento del primo ai poteri ispettivi della seconda; cosicchè, come pure questa Corte non ha mancato di precisare con la sentenza n. 20770/13, poi ripresa dalla sentenza 2593/14, il termine dilatorio in questione si applica in tutti casi di accesso presso i locali del contribuente, pur quando il relativo processo verbale non contenga rilievi o addebiti (dovendo infatti, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 6, richiamato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art.33, redigersi processo verbale anche degli accessi che si risolvano in una mera acquisizione di dati, elementi e notizie).

Nella seconda ipotesi, per contro, la naturale vis expansiva dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti tra fisco e contribuente non giunge fino al punto da imporre termini dilatori all’azione di accertamento che derivi da controlli fatti dall’Amministrazione nella propria sede, in base ai dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente. Al riguardo il collegio intende ribadire che, come già questa Corte ha precisato con la sentenza n. 26316/10, nell’ordinamento non sussiste un principio generale che imponga il contraddittorio fin dalla fase di formazione della pretesa fiscale; nè l’esistenza di tale principio potrebbe desumersi dal diritto comunitario, avendo la Corte di Giustizia ancora di recente, con la sentenza 22.10.13 C-276/12, Jiri Sabou, affermato che “l’Amministrazione, quando procede alla raccolta d’informazioni, non è tenuta ad informarne il contribuente nè a conoscere il suo punto di vista” (punto 45).

Conclusivamente, il secondo mezzo di ricorso va accolto, il terzo resta assorbito e la sentenza gravata va cassata con rinvio al giudice territoriale, che si atterrà al principio che il termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000,art. 12, comma 7, non si applica in relazione agli atti impositivi che non siano stati emanati a seguito di accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali del contribuente.


P.Q.M.


La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza gravata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, che si atterrà al principio di diritto sopra enunciato e provvedere altresì alla regolazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 7 maggio 2014.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2014