Cass., sez. V pen., 1° dicembre 2015, n. 47545 (testo)
Cass., sez. V pen., 1° dicembre 2015, n. 47545
Presidente Vessichelli – Relatore Zaza
Ritenuto in fatto
Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza dei Tribunale di Ancona del 04/11/2010, con la quale T.F. era ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267, commesso quale presidente del consiglio di amministrazione della Promont Trust Group s.r.l., dichiarata fallita in Ancona il 30/06/2007, distraendo la somma di € 2.500.000, proveniente da un finanziamento del privato E.L., che versava alla collegata Partecipazioni s.r.l. ricevendo in contropartita obbligazioni emesse dalla Nuova Fortuna s.p.a. in favore della Partecipazioni, scadenti nel 2026; e condannato alla pena di anni tre di reclusione.
L’imputato ricorrente deduce:
1. violazione di legge e vizio motivazionale sull’affermazione di responsabilità; l’elemento psicologico del reato sarebbe stato erroneamente individuato nel dolo generico e non nel dolo specifico consistente nella consapevolezza dell’idoneità della condotta a cagionare il dissesto della società e un pregiudizio per i creditori della stessa in conseguenza della concreta diminuzione della loro garanzia; la Corte territoriale, limitatasi a richiamare il contenuto della sentenza di primo grado, non avrebbe rilevato come tali condizioni non ricorressero nel caso di specie, nel quale risultava dagli atti che, all’epoca dell’operazione, la situazione finanziaria della fallita era tale da consentire l’erogazione della somma alla società collegata, con un finanziamento peraltro restituibile attraverso le obbligazioni, e nulla consentiva di prevedere il dissesto della Promont, e che intento dell’imputato era unicamente quello di evitare il tracollo economico della Partecipazioni e del gruppo di società dei quale la stessa e la Promont facevano parte;
2. violazione di legge e vizio motivazionale sulla qualificazione del fatto nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale invece che nel reato di infedeltà patrimoniale di cui all’art. 2634 cod. civ.; il punto non sarebbe oggetto di adeguata motivazione se non nell’erroneo richiamo al rapporto di specialità reciproca fra i due reati;
3. violazione di legge e vizio motivazionale sul diniego delle attenuanti generiche; nell’affermare l’insussistenza di elementi valutabili a questi fini non si sarebbe tenuto conto del comportamento processuale dell’imputato, che forniva una ricostruzione dei fatti confermata dalle risultanze acquisite.
Considerato in diritto
1. I motivi dedotti sull’affermazione di responsabilità dell’imputato sono infondati.
L’elemento psicologico del contestato reato di bancarotta fraudolenta, contrariamente all’assunto dei ricorrente, si riduce al dolo generico consistente nella consapevolezza di dare ai beni della fallita una destinazione diversa da quella dovuta secondo la funzionalità dell’impresa, privando quest’ultima di risorse e di garanzie per i creditori (Sez. 5, n. 35093 del 04/06/2014, Sistro, Rv. 261446; Sez. 5, n. 21846 del 13/02/2014, Bergamaschi, Rv. 260407; Sez. 5, n. 3299 del 14/12/2012, Rossetto, Rv. 253932; Sez. 5, n. 44933 del 26/09/2011, Pisani, Rv. 251214; Sez. 5, n. 11899 del 14/01/2010, Rizzardi, Rv. 246357); essendone in particolare esclusa la consapevolezza dell’idoneità della condotta a cagionare il dissesto, in ordine alla quale è pertanto infondata la censura di carenza motivazionale proposta nel ricorso.
Tanto premesso, la sentenza impugnata era adeguatamente motivata in conformità a questi principi, laddove la Corte territoriale osservava che il finanziamento alla società partecipata veniva concesso accettando una contropartita anomala costituita da obbligazioni ventennali emesse dalla Nuova Fortuna, altra società facente parte dello stesso gruppo, peraltro anch’essa successivamente fallita; che non era prevista la corresponsione di interessi superiori a quelli praticati alla Promont dal Longarini, erogatore della somma poi oggetto del prestito alla Partecipazioni; e che in conclusione la Promont versava a quest’ultima una somma ingente senza la previsione di alcun effettivo utile, con un’operazione peraltro neppure discussa ed autorizzata dagli organi sociali.
Nel ricorso nulla si deduce in ordine alla circostanza dello stato di decozione della destinataria del finanziamento, e si dà atto peraltro che il fallimento della Promont veniva dichiarato su istanza del Longarini, a conferma di come la sottrazione alle disponibilità della fallita della somma da questi alla stessa prestata, oggetto del finanziamento erogato alla Partecipazioni, incidesse in misura determinante sulla garanzia patrimoniale della Promont; essendo d’altra parte irrilevanti le considerazioni del ricorrente, peraltro di merito, sulla compatibilità di tale finanziamento con la situazione finanziaria della Promont all’epoca dei fatti, attesa la natura di reato di pericolo propria del delitto di bancarotta fraudolenta, che attribuisce valenza lesiva anche alla mera potenzialità di un danno per le ragioni dei creditori (Sez. 5, n. 21846 del 13/02/2014, Bergamaschi, Rv. 260407; Sez. 5, n. 3229 del 14/12/2012, Rossetto, Rv. 253932; Sez. 5, n. 11633 del 08/02/2012, Lombardi Stronati, Rv. 252307).
Privo di rilevanza è altresì il riferimento del ricorrente all’intento dell’imputato di evitare il fallimento della Partecipazioni e, conseguentemente, del gruppo del quale anche la Promont faceva parte, chiaramente diretto ad addurre la sussistenza, nell’operazione contestata, di vantaggi compensativi idonei ad escludere, quanto meno sul piano dell’elemento psicologico, il carattere distrattivo dell’operazione stessa. Il riconoscimento dell’efficacia esimente di tali vantaggi, espressamente prevista per il reato di infedeltà patrimoniale di cui all’art. 2634 cod. civ., pur se possibile anche per i reati di bancarotta alla luce dei principi affermati da questa Corte (Sez. 5, n. 49787 del 05/06/2013, Bellemans, Rv. 257562), esige non solo l’esistenza di un beneficio complessivamente ricevuto dal gruppo a seguito delle operazioni, ma anche l’idoneità dello stesso a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi cagionati alla società fallita dalle operazioni, in modo che le stesse risultino non incidenti sulle ragioni dei creditori. Entrambe le condizioni sono, a ben vedere, espressione dei particolare rigore che deve contraddistinguere le valutazioni sull’esistenza e la significatività di vantaggi compensativi in presenza dell’intervenuto fallimento della società; fallimento che inevitabilmente implica il pregiudizio per le posizioni creditorie. E’ in altre parole necessario, perché possa essere esclusa la rilevanza penale del fatto, che le operazioni contestate abbiano prodotto vantaggi indiretti tali da renderle in concreto ininfluenti sulla creazione di tale pregiudizio, idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi delle operazioni stesse (Sez. 5, n. 20039 del 21/02/2013, Turchi, Rv. 255646; Sez. 5, n. 44963 dei 27/09/2012, Bozzano, Rv. 254519; Sez. 5, n. 48518 del 06/10/2011, Plebani, Rv. 251536); vantaggi che non possono essere ravvisati nel mero spostamento di disponibilità fra società dello stesso gruppo che si trovino tutte in condizioni di difficoltà economiche, tali pertanto da escludere una prognosi favorevole sul risultato dell’operazione (Sez. 5, n. 37370 del 07/06/2011, Bianchi, Rv. 250492), situazione correttamente individuata dai giudici di merito nel caso in esame.
2. I motivi dedotti sulla qualificazione del fatto nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, invece che nel reato di infedeltà patrimoniale di cui all’art. 2634 cod. civ., sono infondati.
L’argomentazione della sentenza impugnata in ordine al rapporto di specialità reciproca esistente fra i due reati, del quale il ricorrente lamenta l’erroneità e, conseguentemente, l’inidoneità a motivare la qualificazione di cui sopra, è invece conforme ai principi stabiliti in materia da questa Corte, per i quali la presenza nell’ipotesi di cui all’art. 2634 cod. civ. di elementi, quale il preesistente conflitto di interessi dell’amministratore, non compresi nella struttura della bancarotta fraudolenta, e la diversità degli interessi tutelati dalle norme incriminatrici, attinenti rispettivamente al patrimonio sociale ed alla garanzia dei creditori, consentono il concorso dei reati (Sez. 5, n. 43001 del 27/09/2012, Muglia, Rv. 254553; Sez. 5, n. 26083 del 06/05/2008, Turci, Rv. 242323; Sez. 5, n. 13110 del 05/03/2008, Scotuzzi, Rv. 239394).
3. I motivi dedotti sul diniego delle attenuanti generiche sono inammissibili.
Il ricorso è generico sia nell’affermazione per la quale la Corte territoriale si sarebbe limitata ad escludere la sussistenza di elementi favorevoli all’imputato, laddove nella sentenza impugnata si faceva invece riferimento a dati ostativi quali l’elevato importo del danno e i plurimi, gravi e specifici precedenti penali del F.; sia nella censura di mancato esame del comportamento processuale dell’imputato, viceversa valutato e ritenuto irrilevante per il carattere meramente apparente dell’asserito atteggiamento collaborativo.
Il ricorso deve in conclusione essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.