Cass., sez. trib., 8 maggio 2019 (ord.), n. 12107 (testo)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. ANDRONIO Alessandro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7720-2014 proposto da:
G.C., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE REGINA MARGHERITA 290, presso lo studio dell’avvocato ADRIANO CASELLATO, rappresentato e difeso dall’avvocato CARLO BASSOLI;
- ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE UFFICIO CONTROLLI DI ROMA III in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
- resistente con atto di costituzione – avverso la sentenza n. 22/2013 della COMM.TRIB.REG. di ROMA, depositata il 29/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12/2018 dal Consigliere Dott. ANDRONIO ALESSANDRO.
Svolgimento del processo
1 – La CTP di Roma ha accolto i ricorsi proposti dal contribuente nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso due avvisi di accertamento, di cui il primo annullato dall’Ufficio in sede di autotutela, relativi a Iva e Irap per l’anno 2000, affermando che il secondo avviso di accertamento impugnato era infondato, in quanto basato sul presupposto che vi fosse stata omissione nella presentazione della dichiarazione Iva, mentre la stessa era stata spedita, anche se irritualmente, e ritenendo che il contribuente non fosse soggetto ad Irap, per mancanza di organizzazione imprenditoriale.
2 – Avverso la sentenza di primo grado l’amministrazione finanziaria ha proposto appello, ribadendo l’irritualità della spedizione della dichiarazione, oltre alla sua tardività, nonchè la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’Irap.
3 – La CTR di Roma ha – per quanto qui rileva – accolto l’appello, con compensazione di spese, rigettando le eccezioni preliminari della parte appellata relative alla tempestività e alla notificazione dell’appello, sul rilievo che la costituzione in giudizio del contribuente aveva sanato eventuali vizi; ha anche rigettato le eccezioni relative alla carenza di documentazione e all’inammissibilità per incompetenza dell’ufficio. Inoltre: ha ritenuto che la dichiarazione Iva dovesse considerarsi omessa, essendo stata spedita per raccomandata al Ministero delle Finanze, ovvero con modalità diverse da quelle prescritte per la categoria di appartenenza del contribuente; ha ritenuto superata l’eccezione del contribuente di mancanza di invito al contraddittorio, in presenza dell’invio del questionario; ha rigettato l’eccezione di decadenza e di mancanza di elementi nuovi nell’atto di appello; ha ritenuto sussistenti i presupposti per la debenza dell’Irap, avendo il contribuente corrisposto compensi a terzi, nell’ambito di un’autonoma organizzazione.
4 – La sentenza di secondo grado è stata impugnata dal contribuente con ricorso per cassazione.
4.1. – Con un primo motivo di doglianza, si censura la motivazione della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la costituzione del convenuto nel giudizio d’appello abbia sanato i vizi della notificazione dell’appello. Si afferma che le notificazioni dell’appello erano state indirizzate al difensore nominato per il primo grado all’indirizzo risultante dalla procura di nomina del difensore stesso, mentre, con successiva corrispondenza facente parte degli atti del fascicolo di causa, era stata resa nota la variazione di domicilio del difensore, tanto che nella sentenza di primo grado tale variazione era stata riportata. Si sostiene che la notificazione degli atti al procuratore costituito deve essere effettuata comunque nel luogo in cui questo esercita la professione, senza che egli abbia alcun onere di comunicare eventuali variazioni rispetto all’indirizzo inizialmente dato.
4.2. – In secondo luogo, si ribadisce l’eccezione di inammissibilità dell’appello già formulata, sul rilievo che lo stesso sarebbe privo degli allegati per una sua autonoma valutazione.
4.3. – Con una terza censura, si deduce l’errata applicazione delle norme di diritto sui termini di prescrizione per l’azione di irrogazione delle sanzioni e si lamenta l’eccessiva misura delle stesse.
4.4. – Si denunciano, poi, l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e l’erronea applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, contestando l’affermazione secondo cui la dichiarazione sarebbe stata inviata, oltre che ad un soggetto non abilitato a riceverla, anche con un ritardo superiore a 90 giorni. Si ribadisce che, nel caso di specie, avrebbe dovuto essere applicato il D.Lgs. n. 47 del 1997, art. 8, comma 1, secondo cui si applica una mera sanzione pecuniaria per il caso di scorretto invio della dichiarazione e che sarebbero state comunque sostanzialmente rispettate le istruzioni per la compilazione del modello unico, secondo cui i contribuenti non obbligati alla presentazione della dichiarazione in via telematica possono consegnare la dichiarazione stessa agli uffici dell’Agenzia delle entrate, che ne cureranno la presentazione in via telematica; tale ricostruzione giuridica non sarebbe stata oggetto di esame da parte della CTR. 4.5. – Con un quinto motivo di doglianza, si sostiene che nei modelli di dichiarazione acquisiti dall’amministrazione finanziaria risulta il dato del versamento annuale dell’Iva; con la conseguenza che questo dato non può ritenersi omesso in dichiarazione. E l’amministrazione finanziaria non avrebbe fornito la prova del mancato invio di tali modelli cartacei. Si afferma, altresì, che del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 non definisce il concetto di attività autonomamente organizzata e si lamenta che la sentenza fonderebbe la propria decisione su orientamenti giurisprudenziali in modo critico; e ciò ai fini della tempestività dell’invio dell’avviso di accertamento.
4.6. – Infine, si deduce la violazione del contraddittorio da parte della CTR, per il mancato esame dell’istanza di rinvio presentata dal nuovo difensore a seguito della rinuncia del presente del precedente difensore.
L’amministrazione finanziaria si è costituita in giudizio.
Il ricorrente ha depositato memoria, con la quale formula le seguenti nuove doglianze, quali “cause di nullità della sentenza”: 1) carenza di legittimazione della CTR, sul rilievo che solo un componente sarebbe iscritto all'”albo della magistratura”, mentre gli altri due non risulterebbero negli elenchi; 2) la decadenza dalla nomina dirigenziale della redattrice dell’atto di appello, in seguito a pronuncia della Corte costituzionale; 3) vizi della rappresentanza in giudizio dell’amministrazione finanziaria, sia in udienza che nella redazione dell’appello; 4) la “regolarità della costituzione delle parti, in tema di deleghe”; 5) l’inesistenza del procedimento notificatorio dell’appello; 6) la sproporzione delle sanzioni; 7) le istruzioni dell’Unico”, che prevedevano una sanzione massima di Euro 2000,00; 8) la modalità di invio “conforme, anche se sanzionata, ovvero non sanzionabile”, e l’improrogabilità del “termine per l’Iv”.
Motivi della decisione
7. – Il ricorso è infondato.
7.1. – Il primo motivo di doglianza – con cui si sostiene che la costituzione del contribuente convenuto nel giudizio d’appello non ha sanato i vizi della notificazione dell’appello – è infondato. Il ricorrente richiama, a sostegno della sua prospettazione, la sentenza Cass., Sez.5, n. 15530 del 11/08/2004, la quale afferma, però, che la notificazione dell’impugnazione eseguita in luogo diverso da quello prescritto, ma non privo di un astratto collegamento con il destinatario, determina una nullità della notifica che è sanata con effetto ex tunc in conseguenza della costituzione in giudizio del destinatario stesso, anche se effettuata al solo scopo di eccepire la nullità (nello stesso senso, ex plurimis, Sez. 5, n. 333 del 11/01/2006). Tale pronuncia si attaglia – secondo la corretta valutazione della CTR – al caso in esame, pur in presenza di una notificazione comunque valida, a fronte di una nuova elezione di domicilio (del 27 aprile 2007), che era stata effettuata presso un soggetto irreperibile, così che doveva essere ritenuta valida la prima elezione di domicilio effettuata. Nè il contribuente ha contestato tale ricostruzione dei fatti, essendo il ricorso per cassazione del tutto privo di riferimenti in tal senso.
7.2. – Il secondo motivo di doglianza – con cui si ribadisce l’eccezione di inammissibilità dell’appello già formulata, sul rilievo che lo stesso sarebbe privo degli allegati per una sua autonoma valutazione – è anch’esso infondato. Come ben evidenziato nella sentenza impugnata, l’atto di appello contiene tutti gli elementi previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, ivi compresa la copia conforme dell’avviso di accertamento, nonchè la documentazione prevista dall’art. 347 c.p.c., essendo stato comunque acquisito il fascicolo del processo di primo grado. Nè la difesa del contribuente evidenzia quale sarebbe la rilevanza concreta delle eventuali carenze nella produzione documentale di controparte ai fini della decisione della causa.
7.3. – Del pari infondato è il terzo motivo, con cui si deduce l’erronea applicazione delle norme di diritto sui termini di prescrizione per l’azione di irrogazione delle sanzioni e si lamenta l’eccessiva misura delle stesse. Quanto ai termini per l’accertamento – con argomentazione sostanzialmente non contestata neanche con il ricorso per cassazione – la CTR ha evidenziato che l’avviso deve essere notificato entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, oltre proroga di due anni, ai sensi della L. n. 289 del 2002, applicabili al caso de quo, e che il termine scadeva, dunque, il 31 dicembre 2007, trattandosi di imposta dovuta per l’anno 2000, con dichiarazione nell’anno 2001; dunque la notificazione eseguita il 4 febbraio 2007 deve ritenersi tempestiva. Quanto alla misura delle sanzioni, la stessa è stata determinata nel minimo, trattandosi di omessa presentazione imputabile al contribuente, il quale non ha effettuato alcun versamento di imposta per l’anno in questione.
7.4. – Il quarto e il quinto motivo – che possono essere trattati congiuntamente perchè attengono alla statuizione della sentenza impugnata secondo cui la dichiarazione del contribuente doveva considerazione omessa – sono anch’essi infondati.
La CTR ha fatto corretta applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, laddove ha evidenziato che, nel caso in esame, la dichiarazione non è stata presentata in via telematica, pur esistendo un obbligo in tal senso, perchè è stata invece spedita con raccomandata al Ministero delle Finanze. Deve infatti ribadirsi il principio, affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui le modalità di presentazione della dichiarazione fiscale annuale, individuate dal D.P.R. n. 322 del 1988, art. 3, sono tassative e vincolanti per il contribuente sicchè, ove questi sia tenuto ad utilizzare il servizio telematico e presenti, invece, la dichiarazione tramite banca o posta, la stessa è nulla ai sensi dell’art. 1, comma 1, del detto decreto e deve ritenersi non assolto il corrispondente obbligo, senza che assuma rilevanza la previsione di una sanzione inferiore, da parte del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 8, per la dichiarazione presentata in forma diversa rispetto a quella contemplata per l’omessa dichiarazione (Sez. 6 – 5, ord. n. 19058 del 18/07/2018, Rv. 649807 – 01) Del resto, lo stesso ricorrente sostanzialmente ammette che, anche secondo le istruzioni per la compilazione del modello unico, la facoltà di consegnare la dichiarazione stessa agli uffici dell’Agenzia delle Entrate, che ne cureranno la presentazione in via telematica, è concessa ai soli i contribuenti non obbligati alla presentazione della dichiarazione in via telematica; categoria nella quale il ricorrente non rientra.
Risulta genericamente formulata – perchè prima di puntuali riferimenti alla situazione emergente dagli atti di causa – la prospettazione difensiva secondo cui, poichè nei modelli di dichiarazione acquisiti dall’amministrazione finanziaria risulta il dato del versamento annuale dell’Iva, tale dato non può ritenersi omesso in dichiarazione. La ricostruzione secondo cui nel caso di specie vi sarebbe prova dell’avvenuto invio di tali modelli cartacei risulta, infatti, non sufficientemente supportata. E del tutto generica è la censura relativa alla insussistenza di un’attività autonomamente organizzata, perchè anche sotto tale profilo il ricorrente si limita a mere affermazioni, non contestando la puntuale motivazione resa sul punto nella sentenza impugnata (pagg. 5-6).
7.5. – Inammissibile è l’ultima censura proposta con il ricorso, relativa a una pretesa violazione del contraddittorio da parte della CTR, per il mancato esame dell’istanza di rinvio presentata dal nuovo difensore, a seguito della rinuncia del precedente difensore. Si tratta, anche in questo caso, di un rilievo privo di autosufficienza, perchè non suffragato da puntuali riferimenti alla documentazione in atti. Nè è comunque configurabile, in via generale, un diritto del difensore, pur nominato ex novo, di ottenere un rinvio della trattazione della causa.
7.6. – Le doglianze formulate dal contribuente con successiva memoria sono in parte ripetitive di doglianze già contenute nel ricorso per cassazione (sub 6., 4, 5, 6, 7, 8) e già ritenute infondate, in altra parte inammissibili, perchè del tutto nuove e, comunque, formulate in modo non specifico (sub 6., 1, 2, 3).
8 – Il ricorso deve essere perciò rigettato, con condanna del ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controparte, da liquidarsi in Euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Va infine fatta applicazione – a carico del ricorrente – del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, in tema di obbligo di pagamento di un’ulteriore somma pari al contributo unificato dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata o dichiarata inammissibile o improponibile.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute nel grado dalla controparte, che liquida in Euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’appello, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2019