202305.04
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Cass., sez. trib., 4 maggio 2023 (ord.), n. 11631 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. DE ROSA Maria Luisa – Consigliere –

Dott. LENOCI Valentino – rel. Consigliere –

Dott. CORTESI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9898-2018 R.G. proposto da:

AMPA COSTRUZIONI Srl , in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede legale in Sant’Agata Militello (ME) via G. Ppascoli n. 25;

A.A.;

B.B.;

elettivamente domiciliati in Roma, via Sforza Pallavicini n. 18, presso lo studio dell’avv. Rosario Rao, rappresentati e difesi dall’avv. Salvatore Catania e dall’avv. Francesco Cucinotta in virtù di procura speciale a margine del ricorso;

  • ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ex lege;

  • controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia – sezione staccata di Messina n. 4427/02/2017, depositata il 13 novembre 2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 gennaio 2023 dal consigliere Dott. Valentino Lenoci.

Svolgimento del processo

  1. L’Agenzia delle entrate – Ufficio di (Omissis), in data 13 marzo 2007, notificava alla Ampa Costruzioni s.n.c. (ora Ampa Costruzioni Srl ), esercente l’attività di “lavori generali costruzioni edifici”, avviso di accertamento n. (Omissis), per mezzo del quale veniva rettificata la dichiarazione dei redditi della società per l’anno d’imposta 2004, accertando un reddito d’impresa (da imputare direttamente ai soci) di Euro 534.399,00, in luogo di quello dichiarato di Euro 48.082,00. Veniva conseguentemente rettificato anche il valore della produzione ai fini IRAP (rideterminato in Euro 775.912,00, con una maggiore imposta di Euro 20.668,00), ed il volume d’affari ai fini IVA (rideterminato in Euro 1.713.712,00, con una maggiore imposta di Euro 86.069,00); veniva altresì irrogata la sanzione amministrativa di Euro 212.306,07 per infedele dichiarazione, omessa regolarizzazione di acquisiti senza fattura e tardiva registrazione di fatture emesse.

In data 13 marzo 2007 e 21 marzo 2007 l’Ufficio notificava altresì, per il medesimo anno d’imposta 2004, ai soci A.A. e B.B., avvisi di accertamento nn. (Omissis) e (Omissis)), con i quali si rideterminavano i redditi personali, in conseguenza della rettifica operata nei confronti della società Ampa Costruzioni s.n.c..

  1. Avverso tali avvisi di accertamento la società ed i soci proponevano distinti ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Messina la quale, previa riunione dei suddetti ricorsi, con sentenza n. 533/01/2008, pronunciata il 22 settembre 2008 e depositata in segreteria il 14 ottobre 2008, li accoglieva, annullando gli avvisi di accertamento impugnati.
  2. Interposto gravame dall’Ufficio, la Commissione tributaria regionale della Sicilia – sezione staccata di Messina con sentenza n. 4427/02/2017, pronunciata il 12 settembre 2017 e depositata in segreteria il 13 novembre 2017, accoglieva l’appello, confermando la legittimità degli originari avvisi di accertamento.
  3. Avverso tale ultima sentenza propongono ricorso per cassazione la società Ampa Costrzioni Srl (già Ampa Costruzioni s.n.c.), nonchè A.A. e B.B., sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

  1. La discussione del ricorso è stata quindi fissata per la camera di consiglio del 9 gennaio 2023, ai sensi degli artt. 375, comma 2, e 380-bis.1 c.p.c., come introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. a) e lett. f), convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Motivi della decisione

  1. Il ricorso dei contribuenti, come si è detto, è affidato a due motivi.

6.1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti eccepiscono violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 31 dicembre 1992 n. 546, artt. 36, comma 2, e 132, comma 2, num. 4), c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c..

Deducono, in particolare, i contribuenti che i giudici di appello avrebbero erroneamente ritenuto che la pronuncia di primo grado fosse carente di motivazione, omettendo ogni valutazione al riguardo e ritenendo fondato l’appello proprio in base al ritenuto difetto di motivazione.

6.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 93, commi 1 e 4, (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c..

Sostengono, in particolare, i ricorrenti che la mera ultimazione dei lavori concessi in appalto, senza che per questi fosse stato liquidato a titolo definitivo alcun compenso, non avrebbe comportato lo spostamento tra i ricavi del valore dei beni ultimati che, correttamente, avrebbe dovuto rimanere compreso tra le rimanenze finali dell’anno.

  1. Preliminarmente, deve darsi atto della circostanza dell’avvenuta definizione agevolata della controversia ex D.L. 23 ottobre 2018, n. 119 del 2018, art. 6, conv. dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136, da parte della ricorrente B.B., per la quale l’Ufficio non ha opposto diniego, ma anzi ne ha attestato la regolarità, concludendo per l’estinzione del giudizio limitatamente alla posizione di detta contribuente (v. nota dell’Avvocatura generale dello Stato del 5 gennaio 2020, in relazione alla domanda e relativo pagamento presentati in data 29 maggio 2019).

Va conseguentemente dichiarata l’estinzione del giudizio, limitatamente alla posizione de B.B..

  1. Venendo ad esaminare il merito del ricorso, con riferimento agli altri ricorrenti Ampa Costruzioni Srl e A.A., la Corte osserva quanto segue.

Con gli avvisi di accertamento impugnati l’Agenzia delle entrate, sulla base di un processo verbale di constatazione emesso in data 5 giugno 2006 dalla Guardia di Finanza – Comando tenenza di (Omissis) a conclusione di una verifica fiscale, accertava l’omessa contabilizzazione di ricavi per complessivi Euro 486.317,06, così contraddistinti: a) Euro 260.133,06 quali elementi positivi di reddito non dichiarati relativi ai fabbricati ultimati e consegnati ai germani C.C. di cui al corpo di fabbrica A-E; b) Euro 170.212,42 quali elementi positivi di reddito non dichiarati relativi ai fabbricati ultimati e consegnati alla società Socimar s.n.c. di cui al corpo di fabbrica “(Omissis)”; c) Euro 55.971,00 quali ricavi afferenti opere di urbanizzazione eseguite e consegnate.

Secondo l’Ufficio detti ricavi, relativi alla costruzione in appalto di alcuni immobili, sarebbero stati impropriamente contabilizzati quali rimanenze finali di opere di durata ultrannuale, anzichè essere rilevati nella contabilità aziendale come “ricavi”, stante l’ultimazione degli immobili alla data del 31 dicembre 2004.

8.1. Il primo motivo di ricorso deve ritenersi infondato.

Sostengono i ricorrenti che i giudici di appello avrebbero errato nel ritenere carente di motivazione la sentenza di primo grado, e che sulla base di tale erroneo presupposto avrebbero quindi accolto l’appello dell’Ufficio.

Deve tuttavia rilevarsi che, al di là del giudizio sulla motivazione della sentenza di primo grado, i giudici della C.T.R. hanno accolto l’appello in quanto hanno ritenuto gli avvisi di accertamento motivati, e fondati su una serie di circostanze evidenziate nel processo verbale di constatazione. La C.T.R., pertanto, non si è limitata ad accogliere l’appello in quanto ha ritenuto la sentenza di primo grado non adeguatamente motivata, ma è entrata nel merito delle valutazioni dell’Ufficio, ritenendo fondati i presupposti di fatto posti a base dell’accertamento, ragion per cui il lamentato vizio di motivazione della sentenza impugnata deve ritenersi insussistente, o comunque irrilevante.

8.2. Il secondo motivo è invece fondato.

L’Ufficio contesta alla società Ampa Costruzioni Srl (all’epoca del periodo di imposta oggetto di accertamento Ampa Costruzioni s.n.c.) la mancata contabilizzazione di ricavi per opere appaltatele ed ultimate entro il 31 dicembre 2004, e l’erroneo inserimento del valore di tali opere tra le rimanenze finali dell’anno d’imposta.

Ed invero, sul piano fiscale, si è soliti distinguere tra “immobili strumentali” (destinati, ex D.P.R. n. 917 del 1986, art. 43, comma 2, alla produzione propria o di terzi), “immobili patrimonio” (destinati al mercato locativo ex D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 37 e 90), e “immobili-merce” (destinati al mercato della compravendita e caratterizzati dall’essere quelli al cui scambio o produzione è diretta l’attività di impresa) (vedi Cass. 23 luglio 2019, n. 19815, in motivazione; Cass.20 febbraio 2020, n. 4417; Cass. 9 febbraio 2021, n. 3103). Tale distinzione implica che l’allocazione in bilancio dei beni societari debba avvenire sulla base della destinazione economica ad essi impressa (in questi termini, Cass. 20 febbraio 2020, n. 4417; Cass. 9 febbraio 2021, n. 3103), anche quando siano parte di un unico complesso immobiliare, stante l’autonomia derivante dalla autonoma identificabilità degli stessi in catasto, senza che abbia alcuna rilevanza lo stato di compiuta edificazione che assume, da un punto di vista fiscale, valenza neutra (in tal senso, Cass. 14 dicembre 2021, n. 39817; Cass. 20 febbraio 2020, n. 4417; Cass. 9 febbraio 2021, n. 3103).

Ciò appare evidente dalle stesse indicazioni contenute nell’art. 2425 c.c., nella parte in cui impone al soggetto che redige il bilancio di indicare nel conto economico – sulla cui base, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 83, viene determinato il reddito complessivo degli enti commerciali nell’esercizio chiuso nel periodo di imposta – la somma degli importi risultanti dalle voci A1 e A5 (ricavi delle vendite e delle prestazioni o altri ricavi e proventi) quanto ai “ricavi” e la somma delle variazioni positive di voci A2, A3 e B11 (ossia variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti), quanto agli incrementi di rimanenze (Cass. 9 febbraio 2021, n. 3103, cit.).

La stessa nozione di “ricavi”, evincibile dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 85, comma 1, allorchè riconduce gli stessi ai soli “corrispettivi delle cessioni dei beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa” (lett. a)) e ai “corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione” (lett. b)), implica che l’atto di disposizione (ossia la cessione) sia stato realizzato, mentre le variazioni delle rimanenze finali dei medesimi beni, rispetto alle esistenze finali, concorrono parimenti a formare il reddito secondo un valore non inferiore a quello risultante dal raggruppamento di beni in categorie omogenee per natura e valore ovvero, a mente dell’art. 93, per le opere, forniture e servizi di durata ultrannuale, secondo il valore complessivo relativo alla parte eseguita (es. corrispettivi pattuiti oppure corrispettivi liquidati in relazione allo stato di avanzamento lavori).

La necessaria valutazione, ai fini della corretta classificazione in bilancio, della destinazione economica dei beni-merce ha condotto del resto questa Corte, sia pure in differente fattispecie, ad affermare che i fabbricati finiti e pronti per la vendita debbano essere classificati, se oggetto di locazione, alla voce “immobilizzazioni” e se sfitti alla voce “rimanenze a disposizione della società ai fini della vendita”, le quali attengono all’attivo circolante della società cui appartengono (in tal senso, vedi Cass. n. 4417/2020; Cass. 3103/2021), restando i beni, ai fini della loro iscrizione, soggetti al disposto di cui all’art. 2426 c.c., comma 1, n. 9, che ne disciplina i criteri di valutazione, posto che il “magazzino” non identifica il luogo fisico nel quale i beni sono conservati, ma l’insieme dei beni-merce che sono nella disponibilità giuridica dell’azienda, i quali, se non vengono valutati a costi specifici, devono essere, ai fini della loro valutazione, raggruppati in categorie omogenee (in tal senso, Cass. 23 dicembre 2019, n. 34410, in motivazione).

L’ultimazione o meno degli immobili, dunque, non ha in sè rilevanza ai fini della loro classificazione in bilancio e, ancor meno, ai fini della determinazione del reddito di impresa, ben potendo capitare che un bene non completato sia ceduto prima della sua completa realizzazione (in tal senso vedi Cass. n. 34410/2019), sì da doversi allocare sotto la voce “ricavi”, o che, pur completato, non sia destinato alla vendita ma alla locazione, sì da doversi iscrivere alla voce “immobilizzazioni”, ovvero sia rimasto sfitto e invenduto, sì da doversi classificare in termini di rimanenze di magazzino a disposizione della società ai fini della vendita (vedi Cass. n. 3103/2021), da valutarsi sulla base dei costi specifici iscritti in bilancio.

La correlazione tra “ricavi” e corrispettivi ricevuti dall’impresa appare del resto ulteriormente avvalorata dalla disposizione di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 93, comma 2, afferente ai lavori retribuiti in base allo stato di avanzamento, il quale, nel distinguere tra corrispettivi liquidati a titolo definitivo dal committente e corrispettivi liquidati solo parzialmente, e nell’imporre di classificare sotto la voce “ricavi” soltanto i primi e sotto la voce “rimanenze” le parti non ancora liquidate, attribuisce rilevanza al momento della liquidazione e dunque al pagamento del corrispettivo e non allo stato dell’immobile (che ne costituisce, in questo caso, un mero presupposto di fatto).

Alla luce di quanto detto, può allora formularsi il seguente principio di diritto: “in tema di redditi di impresa, l’allocazione in bilancio degli immobili-merce, ossia di quelli destinati al mercato della compravendita e al cui scambio o produzione è diretta l’attività di impresa, dipende dalla destinazione economica ad essi concretamente impressa, sicchè detti beni, quando non ancora ceduti, devono essere iscritti, se sfitti, alla voce “rimanenze di magazzino” e non a quella “ricavi”, senza che assuma in sè alcuna rilevanza, ai fini dell’imposizione fiscale, la loro avvenuta ultimazione”.

Nella specie, appare evidente come i giudici di merito non si siano affatto attenuti a questo principio, avendo ritenuto che gli immobili edificati dalla contribuente impresa di costruzioni andassero iscritti alla voce “ricavi” soltanto perchè ultimati nell’anno di esercizio, ossia al 31 dicembre 2004, sì da giustificare la rettifica dei redditi della stessa, e avendo invece trascurato il fatto che le opere in questione non fossero state ancora definitivamente liquidate nei corrispettivi (elemento non contestato atteso che la G.d.F. nulla dice sulla liquidazione definitiva dei corrispettivi). Ne deriva la fondatezza del motivo.

  1. Alla stregua di quanto detto, deve allora disporsi la cassazione della sentenza impugnata; non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, la causa può quindi essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, c.p.c., con l’accoglimento dei ricorsi proposti in primo grado dalla Ampa Costruzioni Srl (già Ampa Costruzioni Srl ) e da A.A., e con l’annullamento degli avvisi di accertamento da questi impugnati.
  2. Tra la ricorrente B.B. e l’Agenzia delle entrate, le spese del giudizio di legittimità restano a carico della parte che le ha anticipate.

Tra i ricorrenti Ampa Costruzioni Srl e A.A. e la controricorrente Agenzia delle entrate, invece, sussistono giustificati motivi per la compensazione integrale delle spese nelle fasi di merito, con condanna dell’Agenzia delle entrate alla rifusione, in favore dei suddetti ricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’estinzione del giudizio nei confronti di B.B..

Accoglie il secondo motivo di ricorso, e rigetta il primo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e, decidendo nel merito, accoglie i ricorsi proposti in primo grado dalla Ampa Costruzioni Srl (già Ampa Costruzioni Srl ) e da A.A., ed annulla gli avvisi di accertamento da questi impugnati.

Spese a carico di chi le ha anticipate, tra B.B. e l’Agenzia delle entrate.

Compensa integralmente le spese di giudizio di merito tra i ricorrenti Ampa Costruzioni Srl e A.A., e la controricorrente Agenzia delle entrate, e condanna quest’ultima alla rifusione, in favore dei suddetti ricorrenti Ampa Costruzioni Srl e A.A., delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 7.800,00 per compensi, oltre 15% per rimborso spese generali, C.A.P. ed I.V.A. Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2023.

Depositato in CancelleriaT il 4 maggio 2023