201910.30
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Cass., sez. trib., 30 ottobre 2019, n. 27793 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 11419/2012 R.G. proposto da:

Q.I. e B.G., in proprio e quali destinatari (materiali) degli atti intestati alle società: Facio s.s., cessata ed estinta in data (OMISSIS); Gero s.s., cessata ed estinta in data (OMISSIS); Moneo s.s., cessata ed estinta in data (OMISSIS); Clarino s.s., cessata ed estinta in data (OMISSIS); Proclamo s.s., cessata ed estinta in data (OMISSIS); Conciamo s.s., cessata ed estinta in data (OMISSIS), nonchè per M.A.o e Br.Ca., in proprio e quali destinatari (materiali) degli atti intestati alla Exclamo s.s., cessata ed estinta in data (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avv. Roberto Esposito e dall’Avv. Andrea Aliberti, elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo, in Roma, Via Sicilia n. 66, giusta delega in calce al ricorso.

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, Via dei Portoghesi, n. 12 è domiciliata.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, n. 34/50/2011 depositata il 24 marzo 2011.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15 maggio 2019 dal Consigliere Luigi D’Orazio;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Stanislao De Matteis, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’improponibilità della sentenza;

udito l’Avv. Giulio Chiarizia, per delega dell’Avv. Roberto Esposito e l’Avv. Paolo Gentili per l’Avvocatura Generale dello Stato.

Svolgimento del processo

1. L’Agenzia delle entrate, nel corso di una attività di verifica compiuta nei confronti della Asteria s.p.a., segnalava che nel corso del 2002 la Galatea s.s., totalmente partecipata dalla Asteria, aveva costituito n. 16 società semplici: Augeo s.s., Ago s.s., Administro s.s., Communico s.s., Conduco s.s., Euro s.s., Diligo s.s., Dirigo s.s., Doceo s.s., Duco c.c., Educo s.s., Extruo s.s., Fio s.s., Facio s.s., Gero s.s. e Moneo s.s., ciascuna dotata del capitale di Euro 100,00. Tali società avevano a loro volta costituito e capitalizzato altre società semplici. Si trattava di una articolata strategia posta in essere dal gruppo Mythos, con cui, attraverso apparenti versamenti a fondo perduto in favore delle controllate da parte delle controllanti, anch’esse società semplici, e con la cessione delle relative partecipazioni ad altre società del gruppo, venivano create minusvalenze, destinate a compensare plusvalenze della stessa natura, al solo fine di eludere la normativa fiscale. L’Agenzia delle entrate, quindi, annullava le dichiarazioni dei redditi di tali società per l’anno 2002 e rigettava le richieste di condono per lo stesso anno presentate ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, da tali società, ritenendole inesistenti in tale anno, avendo esse chiesto la partita iva solo nel 2003, come pure l’iscrizione nel registro delle imprese, e non essendovi prima di detta data documenti di data certa attestanti tale attività.

2. Le società proponevano ricorso, evidenziando, in rito, che erano state cancellate nel periodo marzo-maggio 2007, sicchè gli atti, notificati il 4-12-2007, dovevano essere intestati ai soci (non alle società, nè ai legali rappresentanti delle stesse) e, nel merito, che le stesse avevano operato anche nell’anno 2002, avendo chiesto nel 2003, sia la registrazione dell’atto costitutivo relativo al 26-11-2002, sia l’iscrizione nel registro delle imprese nel 2003 ma a decorrere dal 26-11-2002.

3. La Commissione tributaria regionale della Lombardia, rigettava l’appello proposto dalle contribuenti, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano, che aveva rigettato il ricorso delle società, evidenziando che gli avvisi erano stati correttamente notificati al socio d’opera ed al firmatario della dichiarazione dei redditi dell’anno 2002 e che la documentazione fornita dalle società per dimostrare la loro esistenza nel 2003 era priva di data certa ai sensi dell’art. 2704 c.c.. Solo nel 2003 le stesse avevano chiesto ed ottenuto l’attribuzione del codice fiscale e l’iscrizione nel registro delle imprese. Non vi era prova della concreta attività svolta, in base all’oggetto sociale, nè della effettiva sussistenza delle movimentazioni finanziarie, mentre le scritture dei soggetti terzi non avevano valore in quanto anch’essi situati all’interno del meccanismo fraudolento.

4. Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione i contribuenti, depositando anche memoria scritta ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

5. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di impugnazione i ricorrenti deducono “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2312 e 2495 c.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, artt. 110 e 145 c.p.c., (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, in quanto è pacifico che le società sono state cancellate nel periodo marzo-maggio 2007, mentre gli atti sono stati loro notificati in data 4-12-2007, quando le stesse erano ormai estinte, sicchè la notifica doveva essere effettuata ai soci, ed in particolare agli ultimi soci, ossia quelli che ricoprivano tale carica al momento della estinzione, e successivamente, quindi, alla data della notifica in data 4-12-2007.

Al contrario, l’Agenzia ha intestato gli atti (il rigetto dell’istanza di definizione automatica ai sensi della L. N. 289 del 2002, art. 9, e l’annullamento della dichiarazione dei redditi presentata per l’anno 2002) alle società già cancellate, provvedendo alle notifiche al legale rappresentante Q.I. ed al firmatario della dichiarazione di condono B.G..

La Commissione tributaria regionale, invece, non considerando la effettività titolarità delle quote al momento della estinzione, ha ritenuto erroneamente che “gli avvisi sono stati notificati al socio d’opera ed al firmatario della dichiarazione dei redditi anno 2002”, considerando soci d’opera quelli indicati al momento della costituzione delle società semplici nel novembre 2002 (come da prospetto allegato a pagine 11 e 12 del ricorso per cassazione). I soggetti destinatari delle notifiche nel dicembre 2007 non erano più, quindi soci delle società semplici, sulla base dei vari atti di modificazione degli atti costitutivi. Tali notifiche, quindi, sono inesistenti.

2. Con il secondo motivo di impugnazione i ricorrenti deducono “contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, in quanto il giudice di appello, mentre nella parte relativa allo svolgimento dei fatti ha affermato che l’ufficio aveva notificato i provvedimenti alle “società ed ai suoi rappresentanti”, poi in motivazione ha ritenuto che “nel caso di specie gli avvisi sono stati notificati al socio d’opera ed al firmatario della dichiarazione dei redditi anno 2002”, quindi non più alla “società”, ma “al socio d’opera”.

3. Con il terzo motivo di impugnazione i ricorrenti si dolgono della “omessa motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, in quanto il giudice di appello ha affermato che i provvedimenti sono stato notificati “al socio d’opera ed al firmatario della dichiarazione dei redditi anno 2002”, ma ha omesso di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, tanto più che il socio d’opera Q. non rivestiva più, al momento della notificazione dei provvedimenti, tale qualifica. Infatti, nelle società Facio s.s., Gero s.s., Moneo s.s., Clamo s.s., Proclamo s.s., Conciamo s.s., Exclamo s.s., al momento delle notifiche il Q. non era più socio d’opera, mentre erano soci altri soggetti, tra cui la Anthologia s.r.l.. Essendo state tutte cancellate tali società nel marzo-maggio 2007, le notifiche dovevano essere effettuate nei confronti degli “ultimi soci”. Inoltre, il giudice di appello ha del tutto omesso l’esame delle prove relative a fatti obiettivi e decisivi prodotte dalle società. Tali prove dimostrano che gli atti impositivi sono stati intestati e notificati direttamente alle società estinte.

4. Con il quarto motivo, rubricato come motivo 3.1. dai ricorrenti (pagina 46 del ricorso) si deduce “insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, in quanto la Commissione regionale ha affermato in modo superficiale che la notifica è stata effettuata “al socio d’opera ed al firmatario della dichiarazione dei redditi anno 2002”, senza illustrare l’iter logico-giuridico seguito per giungere a tale conclusione.

5. I motivi primo, secondo, terzo e quarto, che vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondati.

6. Invero, dal prospetto redatto a pagine 11, 12 e 13 del ricorso per cassazione, emergono con chiarezza la tipologia degli atti notificati (diniego di condono e nullità della dichiarazione dei redditi per l’anno 2002), i soggetti che hanno ricevuto le notifiche degli stessi, la qualità loro ricoperta al momento della notifica presso la sede legale, nonchè i nominativi degli “ultimi” soci di ciascuna società, alla data dello “scioglimento” delle stesse.

Risulta proprio da tale prospetto predisposto dai ricorrenti che nella Facio s.s. erano soci alla data della estinzione la Pedaso s.s., la Xanto s.s. e la Anthologia s.r.l., di cui era socio e legale rappresentante proprio il Q.. La notifica è stata effettuata proprio al Q., quale “legale rappresentante” ed a B. G., quale “firmataria” della dichiarazione di condono e della dichiarazione dei redditi per il 2002.

Nella Gero s.s. erano soci la Anthologia s.r.l. e Zamparelli Carlo. La notifica è stata effettuata proprio al Q., quale “legale rappresentante” ed a M. A., quale “firmatario” della dichiarazione di condono e della dichiarazione dei redditi per il 2002.

Nella Moneo ss erano soci la Anthologia s.r.l. Zamparelli Carlo. La notifica è stata effettuata proprio al Q., quale “legale rappresentante” ed a B. G., quale “firmataria” della dichiarazione di condono e della dichiarazione dei redditi per il 2002.

Nella Clamo ss erano soci Q.I., Anthologia s.r.l., Zamparelli Carlo, Griffo Giuseppe, Grattagliano M., Sala Clemente, Forini Mara, Bellon Riccardo. La notifica è stata effettuata proprio al Q., quale “legale rappresentante” ed a B. G., quale “firmataria” della dichiarazione di condono e della dichiarazione dei redditi per il 2002.

Nella Proclamo ss era soci Pedaso ss, Xanto ss e Anthologia s.r.l.. La notifica è stata effettuata proprio al Q., quale “legale rappresentante” ed a M. A., quale “firmatario” della dichiarazione di condono e della dichiarazione dei redditi per il 2002.

Nella Conciamo s.s. erano soci Anthologia s.r.l., Pedaso s.s., Xanto s.s.. La notifica è stata effettuata proprio al Q., quale “legale rappresentante” ed a B. G., quale “firmataria” della dichiarazione di condono e della dichiarazione dei redditi per il 2002.

Nella Exclamo s.s. erano soci Anthologia s.r.l. e Z. C.. La notifica è stata effettuata proprio al Q., quale “legale rappresentante” ed a M. A., quale “firmatario” della dichiarazione di condono e della dichiarazione dei redditi per il 2002.

Il Q., come detto, era anche legale rappresentante della Anthologia s.r.l., ultima socia, unitamente ad altri, di tutte le società sopra indicate.

Pertanto, come affermato dal giudice di appello (“gli avvisi sono stati notificati al socio d’opera ed al firmatario della dichiarazione dei redditi anno 2002; pertanto la notifica è legittima”), e come risulta proprio dal prospetto in atti (pagine da 9 a 11 del ricorso per cassazione), le notifiche della nullità della dichiarazione dei redditi e del diniego di condono, entrambe relative all’anno 2002, sono state sempre effettuate ad almeno uno degli “ultimi soci”, ossia a quelli che rivestivano la qualità di socio al momento della cancellazione e della estinzione delle società. Infatti, la notifica è sempre stata effettuata almeno alla Anthologia s.r.l., socia di tutte le società sopra indicate, della quale era legale rappresentante proprio il Q. (che era pure socio della Clamo s.s.). Pertanto, non essendo decorso l’anno dalla cancellazione delle società i provvedimenti sono stati correttamente notificati presso la sede della società e sono stati ricevuti sempre da almeno un socio, la Anthologia s.r.l., che era l’ultimo socio di tutte le società suindicate. Le notifiche sono state sempre ricevute dal Q., che era il legale rappresentante della Anthologia s.r.l.. L’art. 2495 c.c., comma 2, u.p., prevede, infatti, che “la domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società”.

Per questa Corte (Cass., sez. un., 6070/2013), infatti, l’art. 495 c.c., dispone proprio che la domanda proposta dai creditori insoddisfatti nei confronti dei soci possa essere notificata “entro un anno dalla cancellazione della società” dal registro, presso l’ultima sede della medesima società. Pertanto, il legislatore si è palesemente ispirato all’art. 303 c.p.c., comma 2, che consente, entro l’anno dalla morte della parte, di notificare l’atto di riassunzione agli eredi nell’ultimo domicilio del defunto. Trattasi di una evidente visione in chiave successoria del meccanismo con cui i soci possono essere chiamati a rispondere dei debiti insoddisfatti della società estinta. Per ragioni di coerenza dell’ordinamento, la medesima conseguenza sistematica non può non essere tratta per quanto concerne gli effetti successori della cancellazione dal registro di una società di persone che non abbia liquidato interamente i rapporti pendenti, anche se a questo tipo di società non si possa applicare la speciale disposizione del citato art. 2495 c.c., comma 2, (in questo senso Cass. Sez. un., 6070/2013). La Corte, quindi, ha superato le perplessità sollevate in dottrina quanto all’idoneità di tale disposizione ad assicurare adeguatamente il diritto di difesa dei soci nei cui confronti la domanda è proposta.

Del resto, anche ai fini della dichiarazione di fallimento, poichè il fallimento può essere dichiarato entro un anno dalla cancellazione della società dal registro delle imprese, ai sensi della L. Fall., art. 10, la notifica del ricorso per il fallimento può essere effettuata nei confronti del liquidatore, anche in via telematica, allo stesso indirizzo di posta elettronica dalla società in precedenza comunicato al registro delle imprese, per la fictio iuris della persistenza della società ancora prima del decorso dell’anno (Cass., 12 gennaio 2017, n. 602; Cass., 13 settembre 2016, n. 17946).

6.1. Inoltre, per questa Corte, in tema di cartelle esattoriali, è valida la notifica effettuata a mani di uno dei soci della società di persone dopo la sua estinzione a seguito di cancellazione dal registro delle imprese, giacchè – analogamente a quanto previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 4, per il caso di morte del debitore e di notifica effettuata impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso, con effetti valevoli nei confronti degli eredi essa trova fondamento nel fenomeno successorio che si realizza con riferimento alle situazioni debitorie gravanti sul dante causa, con ciò realizzandosi comunque lo scopo della citata disciplina, che è quello di rendere edotto almeno uno dei successori della pretesa validamente azionata nei confronti della società (Cass., 28 dicembre 2017, n. 31037; con riguardo alla impugnazione degli avvisi di accertamento cf. Cass., 12 ottobre 2018, n. 25487).

6.2. Invero, i provvedimenti sono stati notificati presso la sede della società e ricevuti sempre da Q.I., oltre che da altri soggetti per le varie società.

Il Q. era, però, all’epoca il legale rappresentante della Anthologia s.r.l., che era socia di tutte le società del gruppo. Pertanto, la notifica è stata correttamente eseguita proprio ad uno dei soci di tali società, ossia alla Anthologia s.r.l.. Il Q. era, poi, socio, unitamente alla Anthologia e ad altri, della Clamo ss.

7. Con il quinto motivo di impugnazione (sotto il numero 4 della rubrica a pagina 47 del ricorso per cassazione) i ricorrenti deducono “violazione e falsa applicazione dell’art. 2704 c.c., (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, in quanto il giudice di appello si è limitato a ritenere che gli atti prodotti non avevano data certa, opponibile al fisco, ai sensi dell’art. 2704 c.c., trascurando, però, di valutare se la documentazione avesse data certa sulla base di “un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo” la relativa data. Tale ulteriore fatto era rappresentato dalla circostanza che sui libri contabili era stata apposta la vidimazione e che le scritture contabili ed i libri sociali erano stati sottoposti a revisione contabili da Autorità Pubbliche, come l’UIC per le società finanziarie iscritte nel registro di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 106. La certificazione da parte delle società di revisione determinano, infatti, una inversione dell’onere della prova, ponendo in capo all’ente accertatore l’onere di dimostrare l’inefficacia di tale certificazione. Pertanto, dalle scritture contabili e dai libri sociali della Asteria s.p.a., società finanziaria iscritta nell’elenco di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 106, risulta che l’esistenza delle società a decorrere dall’anno 2002. L’Asteria ha, infatti, regolarmente registrato il versamento a fondo perduto operato in data 30-12-2002 a favore della controllata Galatea s.s., a copertura delle perdite prodotte dalle società a valle della Galatea s.s..

7.1. Tale motivo è inammissibile.

7.2. Invero, anzitutto, si rileva che il motivo difetta di autosufficienza, in quanto i ricorrenti non hanno riprodotto il contenuto della certificazione asseritamente rilasciata dall’UIC. Inoltre, i ricorrenti deducono nella rubrica la censura di violazione di legge, ma poi pretendono in questa sede una rivalutazione degli stessi elementi di prova già valutati dal giudice di appello, per un inammissibile rinnovato vaglio in sede di legittimità.

Peraltro, il giudice di appello non ha l’obbligo di tenere conto di tutti gli elementi istruttori in atti, ben potendo menzionare in motivazione solo alcuni di essi, intendendosi implicitamente rigettati i rimanenti.

Tale motivo è, comunque, infondato.

Invero, effettivamente la prova della anteriorità della scrittura privata può essere fornita anche con fatti “equipollenti” a quelli di cui all’art. 2704 c.c., idonei a stabilire in modo ugualmente certo l’anteriorità della formazione dell’atto da cui scaturisce la pretesa azionata (Cass., sez. I, 9 ottobre 2017 n. 23582; Cass., sez. I, 22 novembre 2007, n. 24320).

Tuttavia, tale valore può essere conferito solo all’emissione delle fatture regolarmente annotate nei libri contabili chiusi con attestazione notarile, recanti l’espresso riferimento alla preesistenza del contratto carente di registrazione e pacificamente pagate (Cass., sez. 1, 22 novembre 2007, n. 24320).

Nella specie, invece, non è stata in alcun modo prodotto la certificazione dell’Uic, solo menzionata nel ricorso per cassazione.

Peraltro, per questa Corte la relazione della società di revisione dei bilanci delle società commerciali, una volta messa a disposizione dell’ufficio tributario e/o del giudice tributario, va considerata, in relazione ai profili di controllo pubblicistico ed alla responsabilità penale e civile del revisore, un documento incorporante enunciati – pur senza dar luogo ad una presunzione relativa della veridicità delle scritture – che possono essere privati della forza dimostrativa dei fatti attestati solo con una prova contraria che non può essere fornita attraverso meri indizi di non veridicità, ma con la produzione di documenti che siano idonei a dimostrare che, nel giudizio di revisione, il revisore sia incorso in errore o abbia realizzato un inadempimento (Cass., sez V., 26 febbraio 2010, n. 4737; Cass., 12 marzo 2009, n. 5926).

Nella specie, però, come detto, tale relazione non è stata mai prodotta in giudizio.

8. Con il sesto motivo di impugnazione (rubricato sotto il numero 4.1. del ricorso per cassazione a pagina 51) i ricorrenti deducono “insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione alla affermata inesistenza della società nell’anno 2002 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, in quanto si evidenzia una obiettiva deficienza del criterio logico-giuridico del giudice di appello, essendo presenti in atti plurimi e concordi elementi idonei a dimostrare l’esistenza delle società nell’anno 2002. In particolare, ciò si desume dall’accertamento della Guardia di finanza che ha ritenuto esistenti le società, pure contestando la natura elusiva delle operazioni poste in essere proprio nell’anno 2002. Nè è condivisibile l’affermazione per cui le scritture contabili del terzo non hanno valore probatorio, perchè il terzo è posto proprio al centro del meccanismo fraudolento. Inoltre, la Asteria s.p.a. è sottoposta al controllo contabile da parte dell’UIC (Ufficio Italiano Cambi). Non è condivisibile neppure la parte di motivazione in cui si afferma che l’aver versato le sanzioni, per la tardiva iscrizione nel registro delle imprese, non sana la mancata registrazione e la omessa richiesta del codice fiscale nel 2002, in quanto tale richiesta ha carattere meramente dichiarativo.

8.1. Il sesto motivo è infondato.

Invero, il giudice di appello ha fornito sufficiente e congrua motivazione, rilevando che l’unico dato certo è costituito dalla richiesta delle società di attribuzione del codice fiscale e di iscrizione nel Registro delle imprese della Camera di commercio solo nell’anno 2003, mentre per quanto concerne l’anno 2002 non risulta prodotta alcuna documentazione relativa alla gestione delle società. In particolare si è affermato che “le società non hanno svolto alcuna attività prevista dall’oggetto sociale, non avendo prodotto alcun documento idoneo a dimostrare quale attività avessero svolto nel corso del 2002”.

L’oggetto sociale era costituto dalla “coltivazione di cereali (compreso il riso)”, ma nessuno documento è stato prodotto in ordine all’effettivo svolgimento di tale specifica attività.

Il giudice di appello ha anche chiarito che dalle scritture allegate non deriva la dimostrazione dell’effettiva sussistenza della movimentazioni ivi descritte, non essendovi prova di alcun versamento.

Peraltro, le scritture da cui si dovrebbero desumere l’esistenza delle operazioni e, quindi, l’effettività dell’attività nel 2002, provengono da una società che non può essere considerata “terza”, ma che era anch’essa “al centro del meccanismo fraudolento ricostruito dai verificatori”.

L’atto costitutivo delle società semplici, pur potendo essere stipulato con scrittura privata non autenticata, deve essere munito di data certa per essere opponibile ai terzi, e quindi al Fisco.

9. Con il settimo motivo di impugnazione si deduce “violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, e della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 44, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.)”, in quanto sono stati rispettati tutti i passaggi procedurali per l’accesso al condono di cui alla L. n. 289 del 2002, con la conseguente preclusione di ogni accertamento tributario, ed in particolare: sono stati coperti tutti i periodi di imposta non ancora scaduti dal 1997 al 2001, con estensione della definizione al 2002 ai sensi della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 44; la legge definisce le uniche ipotesi in cui l’amministrazione finanziaria può disconoscere il condono; v’è stato il tempestivo pagamento delle somme dovute sulla base della dichiarazione regolarmente presentata; l’intervenuta adesione al condono preclude la possibilità di contestare nell’an e nel quantum il rapporto tributario ormai cristallizzatosi.

10. Il motivo è infondato.

10.1. Invero, tutti gli adempimenti relativi all’asserito perfezionamento del condono muovono dal presupposto implicito, ma fondamentale, che le società siano esistite ed abbiano svolto attività economica nell’anno 2002, mentre, come detto, vi è la prova documentale che tutte le società hanno chiesto l’attribuzione del codice fiscale e l’iscrizione presso il Registro delle imprese della Camera di commercio solo nel 2003.

Peraltro, mentre nel diritto societario e fallimentare viene tutelato l’affidamento dei terzi e, quindi, può essere dichiarato il fallimento della società “apparente” che, pur non esistendo, però si manifesta ai terzi come esistente, e quindi induce i terzi a contrattare con la stessa (Cass., sez. 2, 20 aprile 2006, n. 9250; Cass., 21 giugno 2004, n. 11491), nel diritto tributario conta l’esistenza della società nella sua effettività (Cass., 5 agosto 1996, n. 7164).

11. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste, per il principio della soccombenza, a carico dei ricorrenti e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti a rimborsare in favore della Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 15.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019