201301.14
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Cass., sez. trib., 23 marzo 2012, n. 4685 (testo)

FATTO

Con sentenza n. 53/19/2009 depositata il 21/9/2009, la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che, sul ricorso della società agricola eredi M.E., C.M.C., C.M.C. e C.P., aveva confermato la legittimità del recupero dell’Iva, per l’anno 1997, relativa alla vendita di un terreno ritenuto di natura edificabile, rilevando come la società contribuente non avesse svolto, nell’anno in questione, alcuna attività agricola, dichiarando non dovute le sanzioni, stante l’incertezza in relazione alla applicazione della normativa di riferimento.

L’Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 34, commi 3 e 4, d.p.r. n. 633 del 1972, all’epoca vigente, dell’art. 8, d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 6, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, censurando il capo della sentenza che aveva dichiarato non dovute le sanzioni in mancanza di una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria. I contribuenti presentavano controricorso proponendo ricorso incidentale affidato a due motivi:

  1. a) omessa pronuncia sul fatto decisivo relativo alla nullità e illegittimità dell’avviso di accertamento in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 con riferimento all’art. 112 c.p.c., essendo stato, in precedenza, annullato, in via di autotutela, dall’Agenzia delle Entrate un precedente atto di accertamento ai fini dell’Ilor e dell’Irpef sulla base dei medesimi fatti, non potendo essere integrato da un secondo atto impositivo;
  2. b) violazione e falsa applicazione dell’art. 34, comma 4, d.p.r. n. 633 del 1972, nel testo vigente ratione temporis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo applicato la Commissione Regionale la previsione normativa di cui all’art. 34, comma 6, d.p.r. n. 633 del 1972, decorrente dal 1°/1/1998.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 14 marzo 2012, in cui il P.G. ha concluso come in epigrafe.

MOTIVI DELLA DECISIONE

(Omissis) Va disatteso anche l’unico motivo del ricorso principale. La norma che prevede l’errore sulla “portata ed ambito applicativo” della norma tributaria quale causa di non punibilità, è riprodotta anche nell’art. 6, comma 2, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 (recante “Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni delle norme tributarie a norma dell’art, 3, comma 133, l. 23 dicembre 1996, n. 662”) e nell’art. 10, comma 3, l. n. 212 del 2000.

Questa Corte (cfr. Cass., 28 novembre 2007, n. 24670; Id., 21 marzo 2008, n. 7765; Id., 11 settembre 2009, n. 19638) è ripetutamente intervenuta a definire l’ambito di applicazione delle norme richiamate enunciando i seguenti principi di diritto:

– per “incertezza normativa oggettiva tributaria” deve intendersi la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sé ed accertata dal giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie;

– l’incertezza normativa oggettiva costituisce una situazione diversa rispetto alla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto come emerge dall’art. 6, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, che distingue in modo netto le due figure dell’incertezza normativa oggettiva e dell’ignoranza (pur ricollegandovi i medesimi effetti) e perciò l’accertamento di essa è esclusivamente demandata al giudice e non può essere operato dalla Amministrazione;

– l’incertezza normativa oggettiva non ha il suo fondamento nell’ignoranza giustificata, ma nell’impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria. L’essenza del fenomeno “incertezza normativa oggettiva” si può rilevare attraverso una serie di fatti-indice, che spetta al giudice accertare e valutare nel loro valore indicativo, e che sono stati individuati a titolo di esempio e, quindi, non esaustivamente: 1) nella difficoltà d’individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni di legge; 2) nella difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) nella difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) nella mancanza di informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà; 5) nella mancanza di una prassi amministrativa o nell’adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) nella mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) nella formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei Giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte costituzionale; 8) nel contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) nel contrasto tra opinioni dottrinali; 10) nell’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente. Tali fatti-indice devono essere accertati ed esaminati ed inseriti in procedimenti interpretativi della formazione che siano metodicamente corretti e che portino inevitabilmente a risultati tra loro contrastanti ed incompatibili. Nella fattispecie in esame sussiste, come affermato dalla Commissione Tributaria, una difficoltà d’individuazione delle disposizioni normative applicabili, ratione temporis, che giustifica la non applicazione delle sanzioni. (Omissis)

P.Q.M.

Respinge i ricorsi principale e incidentale. Dichiara compensate le spese del grado di giudizio. (Omissis)