202207.20
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Cass., sez. trib., 20 luglio 2022 (ord. interloc.), n. 22677 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso iscritto al n. 12694/2017 R.G. proposto da:

Agenzia delle dogane e dei monopoli, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

  • ricorrente –

contro

Girelli Alcool Srl, rappresentata e difesa dall’Avv. Patrizia Castellano, con domicilio eletto presso l’Avv. Maria Laviensi in Roma via Pompeo Magno n. 10/b, giusta procura speciale a margine del controricorso;

  • controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 5971/35/2016, depositata il 16 novembre 2016;

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio della pubblica udienza del 7 dicembre 2021, fissata ai sensi della L. n. 176 del 2020, art. 23, comma 8 bis, dal Cons. Fuochi Tinarelli Giuseppe;

Lette le conclusioni formulate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Vidello Mauro, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

  1. Girelli Alcool Srl è titolare di un deposito autorizzato di alcole etilico con annesso opificio di denaturazione e condizionamento ed opera come stabilimento di produzione per la denaturazione di alcool etilico con denaturanti generali e speciali.
  2. In data 26 marzo 2014, durante le operazioni di carico del serbatoio dell’impianto di denaturazione dell’alcool etilico, presente un funzionario dell’Agenzia delle dogane, si verificava la fuoriuscita di alcool etilico puro che si spargeva sulla pavimentazione del locale a causa di una valvola lasciata aperta da un dipendente della società.
  3. Parte del prodotto veniva raccolto e recuperato (per un peso netto di Kg. 908, pari a l.i. 1.127,25 e a l.a. 1.084,41); altra parte (per un peso di Kg. 1.552 a gradazione 96,2, pari a l.i. 1.926,75 e l.a. 1.853,53), invece, andava irrimediabilmente persa.
  4. La società, con nota del 31 marzo 2014, chiedeva l’abbuono dell’accisa per l’alcool andato accidentalmente disperso.
  5. L’Agenzia delle dogane e dei monopoli, con atto notificato il 5 giugno 2014, denegava la richiesta di concessione dell’abbuono posto che la perdita non era derivata da caso fortuito o da forza maggiore ma dall’imprudenza e negligenza di un dipendente della società che aveva lasciato inavvertitamente aperta la valvola del serbatoio.
  6. Con nota del 25 luglio 2014, la società presentava osservazioni con cui insisteva per il riconoscimento dell’abbuono dell’accisa sull’assunto che essa non fosse esigibile poichè il prodotto era andato disperso, da cui l’impossibilità della sua immissione in consumo.
  7. L’Ufficio, disattese le osservazioni, in data 3 ottobre 2014 emetteva avviso di pagamento per il complessivo importo di Euro 17.476,24, che veniva impugnato dalla Girelli Alcool Srl innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano.
  8. Con il ricorso la società contestava la pretesa deducendo: a) inesistenza del fatto generatore dell’imposta per non esser stato il prodotto immesso in consumo in quanto disperso; b) difetto di contraddittorio; c) riconducibilità dell’accadimento dannoso al caso fortuito; d) in via subordinata, imputabilità del fatto a “colpa non grave” in quanto derivante da una distrazione di un dipendente.
  9. La Commissione tributaria provinciale di Milano accoglieva il ricorso ritenendo fondata quest’ultima dloglianza poichè la condotta andava “ricondotta ad una indubbia leggerezza del dipendente… un indubbio difetto di diligenza che tuttavia non può dirsi “grave””.
  10. La sentenza, sul ricorso dell’Amministrazione finanziaria, era confermata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, secondo la quale “l’ordinamento prevede che per accordare il beneficio dell’abbuono richiesto che la dispersione dell’alcool sia avvenuta in modo irrimediabile e per caso fortuito o di forza maggiore. Il collegio ritiene che entrambe le circostanze risulta si siano verificate e in conseguenza la richiesta dell’abbuono dell’accisa debba trovare accoglimento poichè l’irrimediabilità della dispersione è “in re ipsa” e che “il caso fortuito per la manovra errata di un dipendente debba essere inteso come il contrario della volontarietà e riconducibile alla categoria dell’errore umano scusabile dell’uomo””.
  11. L’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pertanto, ha proposto ricorso per cassazione, con un motivo, cui la società resiste con controricorso.

Il motivo di ricorso per cassazione.

  1. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle dogane ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, (Testo Unico sulle Accise – TUA), art. 4, per aver la Commissione tributaria regionale ritenuto la condotta negligente del dipendente della società riconducibile alla nozione di caso fortuito e, in ogni caso, per aver ritenuto “non grave” la colpa del dipendente, con conseguente esclusione della responsabilità della società. Ha in particolare dedotto, sul punto, che, in relazione all’attività svolta, pericolosa attesa la natura altamente infiammabile del prodotto, occorreva fare riferimento, ai fini della determinazione della colpa, a standard obbiettivi di adeguatezza e sicurezza dell’impianto secondo criteri tecnici.
  2. Con il controricorso la società Girelli Alcool Srl ha eccepito l’inammissibilità del ricorso perchè con esso si verrebbe a censurare la statuizione del giudice d’appello che: a) ha escluso il fatto generatore dell’accisa per la mancata immissione in consumo dell’alcool a causa della sua definitiva dispersione; b) ha ritenuto la condotta del manovratore come commessa a titolo di colpa non grave e la colpa lieve è equiparata dal TUA, art. 4, comma 1, al caso fortuito.
  3. La doglianza dell’Amministrazione finanziaria appare, prima facie, ammissibile posto che, con riguardo al profilo sub a) eccepito con il controricorso, la statuizione del giudice d’appello, al contrario di quanto ritenuto dalla contribuente, non si è occupata del fatto generatore dell’accisa ma si è limitata a valutare la sussistenza dei requisiti per l’abbuono dell’imposta.
  4. Con riguardo al profilo sub b), inoltre, la doglianza censura l’interpretazione della nozione di caso fortuito (e forza maggiore) e, dunque, l’avvenuta inclusione in essa di comportamenti colpevoli della parte (o di terzi).
  5. Quanto alla contestazione sul grado della colpa, apprezzata dal giudice di merito, se, da un lato, è vero che la verifica, come pure rilevato dal pubblico ministero nelle sue conclusioni, compete a quest’ultimo, occorre tuttavia considerare che la possibilità stessa di un simile accertamento discende dalla disciplina nazionale che equipara i fatti imputabili a titolo di colpa non grave, commessi dalla parte o da terzi, al caso fortuito e alla causa di forza maggiore.
  6. Su tale ultimo profilo, che assume rilievo e natura dirimente rispetto al giudizio, questa Corte reputa allora necessario affrontare pregiudizialmente la questione se la nozione di caso fortuito (e di forza maggiore) ai fini del diritto dell’Unione Europea includa anche, e, in ipotesi, in quali termini, la realizzazione di condotte colpose ovvero, in caso negativo, se sia compatibile con il diritto dell’Unione Europea in materia di accise l’equiparazione, operata dal legislatore nazionale, di condotte imputabili a titolo di colpa “non grave” alla parte o a terzi al caso fortuito e alla forza maggiore.
  7. Con ordinanza n. 12134 del 14/04/2022, le parti sono state invitate a formulare le proprie osservazioni sulla questione pregiudiziale, con termine di 30 giorni per il deposito di note illustrative.
  8. La Girelli Alcool Srl, con memoria del 12 maggio 2022, pur riconoscendo che il riferimento alla “colpa non grave” contenuto nella disciplina nazionale non è espressamente previsto dal dettato della direttiva, ha ritenuto l’indicazione compatibile essendo rimessa “alla competenza degli organismi nazionali la disciplina di attuazione in merito alla forma e ai mezzi” per il raggiungimento dei risultati perseguiti dalla disciplina unionale; ha sottolineato, sul punto, anche la diversità linguistica delle diverse versioni nazionali con riguardo alla locuzione “determinazione” delle perdite di cui all’art. 7, par. 4 della direttiva n. 2008/118/CE, che influirebbe sulla nozione di “perdita” e sul rapporto di causalità, sì da consentire margini per l’equiparazione dei fatti imputabili a terzi o al titolare a titolo di colpa non grave al caso fortuito e alla forza maggiore.
  9. L’Agenzia delle dogane, con memoria del 14 maggio 2022, ha ritenuto l’ammissibilità dell’equiparazione della colpa lieve alla assenza di colpa, ferma la necessità di una interpretazione restril:tiva per cui “i casi di colpa lieve” rilevanti “devono essere veramente minimali”.

Il contesto normativo: il diritto dell’Unione.

  1. Trattandosi di evento verificatosi nel marzo 2014, assume rilievo l’art. 7, par. 4 e 5, del Capo II, Sezione I, della direttiva n. 2008/118/CE del Consiglio del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE, secondo il quale:

“4. La distruzione totale o la perdita irrimediabile dei prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa per una causa inerente alla natura stessa di tali prodotti, per un caso fortuito o per causa di forza maggiore, o in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro, non è considerata immissione in consumo.

Ai fini della presente direttiva, si considera che i prodotti abbiano subito una distruzione totale o una perdita irrimediabile quando sono inutilizzabili come prodotti sottoposti ad accisa.

La distruzione totale o la perdita irrimediabile dei prodotti sottoposti ad accisa in questione deve essere comprovata in un modo che sia ritenuto soddisfacente dalle autorità competenti dello Stato membro nel luogo in cui si è verificata la distruzione totale o la perdita irrimediabile o, quando non è possibile determinare il luogo in cui si è verificata la perdita, nel luogo in cui è stata scoperta” “5. Ogni Stato membro fissa le proprie norme e condizioni per la definizione delle perdite menzionate nel paragrafo 4” 22. Tale disciplina, peraltro, non sembra discostarsi da quella contenuta nell’art. 14, par. 1, della direttiva 92/12/CEE del Consiglio del 25 febbraio 1992, secondo il quale “Il depositario autorizzato beneficia di un abbuono d’imposta per le perdite verificatesi durante il regime sospensivo, imputabili a casi fortuiti o di forza maggiore e accertate da/le autorità di ciascuno Stato membro”, abrogato dalla citata direttiva, nè da quella di cui all’art. 6, par. 5, del Capo II, Sezione 1, della direttiva n. 2020/262 del Consiglio del 19 dicembre 2019, che stabilisce il regime generale delle accise (rifusione) ed ha abrogato, dal 13 febbraio 2023, la direttiva n. 2008/118/CE, secondo il quale “La distruzione totale o la perdita irrimediabile, totale o parziale, dei prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa per un caso fortuito o per causa di forza maggiore, o in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro di distruggere i prodotti, non è considerata immissione in consumo”.

  1. Assume rilievo, inoltre, il principio generale contenuto nell’ottavo considerando della direttiva n. 2008/118, secondo cui:

“(8) Poichè ai fini del corretto funzionamento del mercato interno rimane necessario che la nozione di accisa e le condizioni di esigibilità dell’accisa siano uguali in tutti gli Stati membri, occorre precisare a livello comunitario il momento in cui i prodotti sottoposti ad accisa sono immessi in consumo e chi è il debitore dell’uccisa”.

Il contesto normativo: il diritto nazionale italiano.

  1. Rileva il D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 4, comma 1, che, nel testo vigente all’epoca dei fatti, come modificato dal D.Lgs. 29 marzo 2010, n. 48, art. 1, dispone:

“1. In caso di perdita irrimediabile o distruzione totale di prodotti che si trovano in regime sospensivo, è concesso l’abbuono della relativa imposta qualora il soggetto obbligato provi, in un modo ritenuto soddisfacente dall’Amministrazione finanziaria, che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. Fatta eccezione per i tabacchi lavorati, i fatti imputabili a titolo di colpa non grave, a terzi o allo stesso soggetto passivo, sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore” 25. Per la completezza della ricognizione, l’intervento del 2010 non ha modificato la sostanza della precedente disciplina (secondo la quale “In caso di perdita o distruzione di prodotti che si trovano in regime sospensivo, è concesso l’abbuono dell’imposta quando il soggetto obbligato provi che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. I fatti compiuti da terzi non imputabili al soggetto passivo a titolo di dolo o colpa grave e quelli imputabili allo stesso soggetto a titolo di colpa non grave sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore”); nè la stessa è stata sostanzialmente mutata a seguito del più recente intervento di cui al D.Lgs. 5 novembre 2021, n. 180, art. 1 (che ha sostituito la norma stabilendo che “In caso di perdita irrimediabile, totale o parziale, o di distruzione totale di prodotti che si trovano in regime sospensivo, è concesso l’abbuono della relativa imposta qualora il soggetto obbligato provi, in un modo ritenuto soddisfacente dall’Amministrazione finanziaria, che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. Fatta eccezione per i tabacchi lavorati, i fatti che determinano la perdita irrimediabile o la distruzione totale dei prodotti, imputabili esclusivamente al soggetto obbligato a titolo di colpa non grave e quelli, determinanti la suddetta perdita o distruzione, che siano imputabili a terzi e non siano altresì imputabili a titolo di dolo o colpa grave al soggetto obbligato, sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore”).

La giurisprudenza rilevante interna.

  1. In via generale, nella giurisprudenza di questa Corte sembra emergere, sulle nozioni di caso fortuito e forza maggiore, un duplice approccio.
  2. Una prima impostazione pare improntata ad un’accezione soggettiva della causa estranea idonea a esimere da responsabilità: causa non imputabile è l’evento di cui il debitore non deve rispondere; fortuito è lo specifico evento estraneo alla sfera di attività delle parti e la prova liberatoria consiste nella dimostrazione dell’assenza di colpa in capo all’obbligato, ossia che il danno si è verificato in modo non prevedibile nè superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso (Cass. n. 18856 del 28/07/2017; v. anche Cass. n. 9997 del 28/05/2020, che, ai fini della responsabilità da fatto illecito, commisura alla concreta diligenza del responsabile l’imprevedibilità del fatto del terzo).
  3. Una diversa impostazione àncora l’accertamento dei requisiti d’imprevedibilità e inevitabilità necessari per poter configurare il caso fortuito ad un piano puramente oggettivo, attraverso un giudizio probabilistico di regolarità causale, che esclude qualunque rilevanza dell’eventuale comportamento diligente o negligente del soggetto obbligato (Cass. n. 2482 del 01/02/2018; Cass. n. 9315 del 03/04/2019; Cass. n. 4588 del 11/02/2022).
  4. Sullo specifico ambito delle accise, peraltro, l’orientamento di questa Corte pare escludere la rilevanza, nell’ambito della nozione di caso fortuito (o forza maggiore), di una valutazione sulla diligenza prestata dal soggetto obbligato: così in tema di perdite effettive superiori ai tassi forfetari dove si è affermato che affinchè possa applicarsi l’abbuono dall’accisa il contribuente ha l’onere di provare che le perdite accertate sono imputabili a cause inerenti unicamente alla natura della merce in oggetto e che egli non ha commesso alcuna negligenza o manovra fraudolenta (Cass. n. 25126 del 07/12/2016); così in tema di furto o sottrazione ad opera di terzi (Cass. n. 16966 del 11/08/2016; da ultimo v. Cass. n. 6949 del 03/03/2022 che, sul presupposto della natura oggettiva della responsabilità del depositario, ha escluso ogni rilievo alla condizione soggettiva dello stesso).
  5. Quanto, infine, alla specifica questione della equiparazione normativa della colpa non grave al caso fortuito ai sensi del TUA, art. 4, comma 1, qui in rilievo, non si riscontrano pronunce rilevanti.

La giurisprudenza rilevante della Corte di giustizia.

  1. La Corte di giustizia è intervenuta sull’interpretazione della nozione di “forza maggiore” con la sentenza 18 dicembre 2007, Societè Pipeline Mediterranee et Rheine (SPMR), in C-314/06, ECLI:EU:C:2007:817, relativa allo sversamento di un oleodotto, che, dopo aver precisato che la nozione di forza maggiore non ha il medesimo contenuto nei diversi settori d’applicazione del diritto comunitario, sicchè “il suo significato deve essere determinato in funzione del contesto giuridico nel quale è destinata a produrre i suoi effetti” (punto 25), ha chiarito che, nel settore dell’accisa (con riguardo all’art. 14 della dir. n. 92/12/CEE), “la nozione di forza maggiore comporta un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore, e un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi” (punti 23 e 31).
  2. Sulla nozione di caso fortuito con riguardo alla disciplina della accisa non constano specifiche affermazioni della Corte di giustizia; purtuttavia, la sentenza 18 maggio 2017, “Latvijas Dzelzceig” VAS, in C-154/16, ECLI:EU:C:2017:392, espressamente richiamando tra i precedenti la sentenza del 2007 Societè Pipeline Mediterranee et Rhane (SPMR), ha precisato che “Nel contesto della normativa doganale, le nozioni di “forza maggiore” e di “caso fortuito” sono entrambe caratterizzate da un elemento oggettivo, relativo all’esistenza di circostanze anomale ed estranee all’operatore, e un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi”, sicchè anche la nozione di “caso fortuito” rilevante in materia di accisa sembrerebbe rispondere ai medesimi caratteri della causa di forza maggiore.
  3. In linea con queste premesse, allora, sembrerebbe doversi fare riferimento, anche per la nozione di “caso fortuito”, al prodursi di “circostanze estranee al depositarlo autorizzato, anormali e imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso da parte sua. Il presupposto secondo cui le circostanze devono essere estranee al depositario autorizzato non si limita a circostanze a lui estranee in senso materiale o fisico, ma concerne anche circostanze che risultano oggettivamente sfuggire al controllo del depositario autorizzato o situarsi al di fuori del suo ambito di responsabilità” (punto 37, sentenza Societè Pipeline Mediterranee et Rheine (SPMR)).
  4. Sotto altro versante, in ordine alla posizione del depositario, sembra assumere rilievo la sentenza 24 febbraio 2021, Silcompa, in C95/19, ECLI:EU:C:2021:128, che, sia pure con riguardo al regime della circolazione del prodotto in regime di sospensione, sembra accentuarne la posizione di responsabilità in quanto “designato come soggetto tenuto al pagamento dei diritti di accisa nel caso in cui un’irregolarità o un’infrazione, che determini l’esigibilità di tali diritti, sia stata commessa nel corso della circolazione di detti prodotti. Tale responsabilità è, inoltre, di tipo oggettivo e si basa non già sulla colpa dimostrata o presunta del depositarlo, bensì sulla sua partecipazione a un’attività economica” (punto 52) (si veda anche sentenza 24 marzo 2022, Generelni reditelstv1 cel, in C-711/20, ECLI:EU:C:2022:215, punto 43).

Le ragioni del rinvio pregiudiziale.

  1. La domanda di rinvio pregiudiziale attiene all’interpretazione dell’art. 7, par. 4, del Capo II, Sezione I, della direttiva n. 2008/118/CE del Consiglio del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise, e, in particolare, se l’esenzione ivi prevista possa o meno essere riconosciuta anche nell’ipotesi in cui l’evento che ha cagionato la dispersione o la perdita irrimediabile del prodotto sottoposto ad accisa sia riconducibile ad una carenza di diligenza, prudenza o perizia del depositario o della persona che sia dipendente dello stesso, ancorchè apprezzata in grado lieve.
  2. L’evocata disciplina, difatti, sembra saldamente ancorata alle sole condizioni del caso fortuito e della causa di forza maggiore, le quali, alla luce della giurisprudenza su richiamata, richiedono un elemento oggettivo (“circostanze anomale ed imprevedibili”) ed un elemento soggettivo (“obbligo di adottare tutte le misure appropriate senza un sacrificio eccessivo”) che pare incompatibile con una condotta, invece, carente tanto sull’imprevedibilità quanto sulla necessaria adozione delle precauzioni necessarie, come è quella caratterizzata da colpa.
  3. E, indubbiamente, ciò rileva tanto più a fronte di condotte che siano “meramente disattente”, la cui prevedibilità è fisiologica e la cui evitabilità può agevolmente essere scongiurata, ad esempio con l’adozione di presidi di sicurezza che mantengano sotto controllo gli apparati meccanici e ne blocchino l’apertura sì da evitare errati sversamenti.
  4. Se la nozione di causa di forza maggiore risulta chiaramente sviluppata dalla sentenza Societè Pipeline Mediterranee et Rhone (SPMR), ci si può interrogare, invero, se, per il caso fortuito, possa valere una accezione parzialmente diversa, in ispecie con riferimento all’attività che deve essere prestata per adottare le precauzioni necessarie ad evitare il fatto dannoso e come rilevi in questo ambito la diligenza del soggetto attivo.
  5. E’ anche vero, peraltro, che, alla luce della giurisprudenza successiva della Corte di giustizia, non sembrerebbe di cogliere, su questi profili, una differenza idonea a determinare una diversa ricostruzione della nozione stessa: la sentenza “Latvijas DzelzcerS” VAS, infatti, fornisce un concetto unitario, ancorato ad un rilievo strettamente causale, salvo solo il correttivo secondo ill canone della proporzionalità (“senza un sacrificio eccessivo”).
  6. Da una tale prospettiva deriverebbe, allora, che la previsione contenuta nel TUA, art. 4, comma 1, di equiparare la colpa lieve al caso fortuito e alla forza maggiore finirebbe per individuare una condizione – ancorata al criterio, individuale e soggettivo, della diligenza fornita – aggiuntiva rispetto al caso fortuito e alla causa di forza maggiore quale ulteriore autonoma ipotesi di esenzione dall’imposta in caso di dispersione o perdita.
  7. Dalla disamina della complessiva disciplina della direttiva n. 2008/118/CE, invero, non sembrerebbero emergere situazioni nelle quali sia attribuito un rilievo, di portata esimente, al grado della “colpa” dell’autore del fatto o del soggetto attivo, nè, parimenti, sembra condurre ad un diverso risultato l’esame della precedente direttiva n. 92/12/CEE. 42. Va anzi rimarcato che le sentenze Silcompa e Generalni reditelstvi cel, prima citate, valorizzano, sia pure con riferimento alla specifica situazione della circolazione del prodotto in regime di sospensione, la responsabilità oggettiva del depositario, irrilevante la condizione soggettiva e la diligenza apprestata.
  8. Da ultimo, sembra necessario interrogarsi se, una ipotesi come quella prevista dal TUA, art. 4, comma 1, qui in rilievo, possa o meno essere giustificata alla stregua dell’art. 7, par. 4, ultima parte, della direttiva n. 2008/118/CE dove prevede che la distruzione o la perdita non integrante immissione in consumo sia anche quella che deriva “in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro”.
  9. In altri termini, se la suddetta locuzione – eventualmente anche alla luce delle osservazioni espresse dal depositario sulla diversità terminologica di alcuni termini tra le diverse formulazioni linguistiche consenta agli Stati membri (nella specie, l’Italia) di individuare, con atto normativo e clausole come quella in esame, ulteriori categorie generali di abbuono dell’imposta.
  10. Tale aspetto risulta inedito e, per quanto consta, non ancora affrontato nello specifico dalla Corte di giustizia.
  11. E’ vero che l’art. 7, par. 5, della direttiva n. 2008/118 rimette agli Stati membri la fissazione delle “proprie norme e condizioni per la definizione delle perdite menzionate nel paragrafo 4”.
  12. La complessiva lettura della norma, che enuncia, nell’ordine, “la causa inerente alla natura stessa di tali prodotti”, il “caso fortuito” o la “causa di forza maggiore”, che, in sè, costituiscono categorie di ordine generale ma, ugualmente, riferite a caratteristiche dei beni o ad eventi concreti, sembrerebbe tuttavia far ritenere che la locuzione su evidenziata abbia valore di chiusura e residuale e debba dunque essere riferita a ulteriori specifici eventi, non individuabili aprioristicamente, ma relativi a peculiari elementi di fatto che, in quanto sottoposti alla concreta preventiva valutazione all’autorità competente, possono giustificare, di volta in volta, l’adozione (su “autorizzazione”) di un provvedimento di distruzione del prodotto.
  13. Deporrebbe in tal senso il rilievo che le cause di esenzione, in quanto derogatorie dell’ordinario regime di imposizione, debbono essere oggetto di interpretazione rigorosa e restrittiva.
  14. Inoltre, il nono considerando della direttiva n. 2008/118/CE (“Poichè l’accisa è un’imposta gravante sul consumo di determinati prodotti, essa non dovrebbe essere riscossa relativamente a prodotti sottoposti ad accisa che, in talune circostanze, siano stati distrutti o irrimediabilmente perduti”) nell’impiegare il termine “circostanze” parrebbe riferirsi ad elementi di fatto specifici ed individuabili e non a previsioni di natura generale e, sostanzialmente, indeterminate.
  15. Infine, una simile latitudine della previsione finirebbe per incidere anche sulla necessaria unitarietà della nozione di esigibilità, valida per l’intero territorio dell’Unione.
  16. Sembrerebbe, quindi, di dover dubitare, anche per questo aspetto, che la norma interna possa ritenersi in sintonia con la disciplina unionale.

La questione pregiudiziale.

  1. In conclusione questa Corte, quale giudice di ultima istanza ed alla luce degli orientamenti rinvenuti nella giurisprudenza unionale, intende domandare alla Corte di giustizia dell’Unione Europea – previa sospensione del presente giudizio – di pronunciarsi in via pregiudiziale, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sulle seguenti questioni:

“se, in primo luogo, la nozione di caso fortuito all’origine delle perdite intervenute in regime sospensivo, ai sensi dell’art. 7, par. 4, della direttiva n. 2008/118/CE, debba o meno essere intesa, come per la causa di forza maggiore, nel senso di circostanze estranee al depositario autorizzato, anormali e imprevedibili, e non evitabili malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso da parte sua, sfuggendo oggettivamente ad ogni sua possibilità di controllo”;

“se, inoltre, ai fini della esclusione di responsabilità nelle ipotesi di caso fortuito, assuma rilievo, e in quali termini, la diligenza prestata nell’allestire le precauzioni necessarie per evitare il fatto dannoso”;

“se, in subordine alle prime due questioni, una disposizione come il D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 4, comma 1, che equipara al caso fortuito e alla causa di forza maggiore la colpa non grave (dello stesso soggetto o di soggetti terzi) sia compatibile con la disciplina di cui all’art. 7, par. 4, della direttiva n. 2008/118/CE, che non indica ulteriori condizioni, in ispecie afferenti la “colpa” dell’autore del fatto o del soggetto attivo”;

“se, infine, la previsione, pure contenuta nel citato art. 7, par. 4, “o in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro” possa essere intesa come possibilità, per lo Stato membro, di individuare una ulteriore categoria generale (la colpa lieve) idonea ad incidere sulla definizione di immissione in consumo in caso di distruzione o perdita del prodotto ovvero se tale locuzione non possa includere una clausola di questo genere, dovendo essa, invece, essere intesa come riferita a specifiche ipotesi, autorizzate di volta in volta o comunque individuate per casistiche definite nelle loro componenti oggettive”.

P.Q.M.
La Corte:

Visto l’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, chiede alla Corte di giustizia dell’Unione Europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulle questioni di interpretazione del diritto dell’Unione indicate in motivazione.

Visto l’art. 295 c.p.c., ordina la sospensione del processo e dispone che copia della presente ordinanza sia trasmessa alla cancelleria della Corte di giustizia con le modalità previste dal par. 23 della Raccomandazione 2019/C 380/01 pubblicata sulla GUUE del 8/11/2019.

Dispone altresì l’invio di copia del fascicolo della causa (sentenza impugnata, ricorso, controricorso, memorie difensive e note delle parti) ai sensi dell’art. 24 della medesima Raccomandazione.

Così deciso in Roma, in data 7 dicembre 2021, riconvocata, il 6 aprile 2022 e il 15 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2022