Cass., sez. trib., 19 luglio 2023 (ord.), n. 21306 (testo)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino L. – Presidente –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. HMELJAK Tania – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. SALEMME Andrea A. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 37570/2019 proposto da:
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
- ricorrente –
Contro
GFL s.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Sara Armella e Silvana Maliambro, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultima in Roma Circonvallazione Trionfale n. 78/2, giusta procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 2260/07/2019, depositata il 24.05.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 aprile 2023 dal Consigliere Tania Hmeljak.
Svolgimento del processo
- La CTP di Milano accoglieva i ricorsi riuniti proposti dalla GFL s.a. avverso due avvisi di rettifica dei dazi doganali e i relativi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni, emessi a seguito della modifica della voce doganale relativa a due importazioni di pantofole da camera ad uso alberghiero, effettuate dalla predetta società nel 2015;
- con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dall'(Omissis), rilevando che:
- la rettifica della voce doganale era stata determinata dalla suola in materiale plastico applicata alle pantofole, che avrebbe dovuto farle qualificare alla voce doganale (Omissis) (pantofole con suola di materia plastica) e non alla voce doganale (Omissis) (pantofole ed altre calzature da camera con suola in tessuto), utilizzata dalla società importatrice, con conseguente rideterminazione dell’aliquota daziaria al 16,9% ed IVA al 22%;
- la motivazione della sentenza di primo grado era condivisibile, avendo l’appellante, peraltro, riproposto le stesse doglianze già formulate in primo grado;
- l’accoglimento del ricorso introduttivo si fondava sulla valenza delle ITV (Informazioni tariffarie vincolanti) e sulla corretta classificazione doganale delle pantofole;
- il primo giudice aveva correttamente attribuito rilevanza alla documentazione prodotta dalla società importatrice e, in particolare, alla classificazione data dall’Amministrazione belga e al parere espresso dalla Direzione doganale per il Veneto e il Friuli Venezia – Giulia, che avevano individuato la corretta voce doganale in quella utilizzata dalla società ricorrente;
- lo strumento della ITV, anche a seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice doganale (CDU) garantisce la certezza e la uniformità di applicazione in materia di classificazione doganale dei prodotti, anche al fine di tutelare il legittimo affidamento dell’operatore al quale va applicata la medesima tariffa in tutti gli Stati membri, e sono utilizzabili nel processo come mezzo di prova per individuare la corretta classificazione della merce;
- l’identità della merce era comprovata dal codice alfanumerico con il quale era identificata ogni tipologia di pantofole;
- mentre la società importatrice aveva prodotto una perizia giurata per descrivere le caratteristiche tecniche oggettive delle pantofole, l’Ufficio non aveva opposto alcuna argomentazione di natura tecnica; – dalle foto allegate alle ITV si evinceva la sostanziale uguaglianza dei prodotti esaminati dall’Autorità belga;
- anche il laboratorio chimico doganale per il Veneto e il Friuli Venezia – Giulia aveva confermato la correttezza della voce doganale indicata dall’importatrice;
- la dogana belga aveva precisato che lo strato di materia tessile con pallini antiscivolo non era un rinforzo staccabile e scindibile, ma un elemento fondamentale che caratterizzava l’intera struttura della pantofola;
- la revisione dell’accertamento poteva essere in ogni caso effettuata solo sulla base di nuovi elementi e sulla scorta di documentazione idonea a qualificare tecnicamente la merce, che l’Ufficio non aveva prodotto in giudizio;
- la società aveva effettuato numerose importazioni dello stesso prodotto, senza mai ricevere alcuna contestazione;
- l’Ufficio aveva richiamato una sola ITV, rilasciata ad un soggetto diverso, ma priva di immagini che consentissero di verificare se si trattava dello stesso prodotto, mentre la maggior parte delle ITV nazionali e comunitarie, prodotte dalla società, contenevano fotografie che dimostravano l’uguaglianza dei prodotti;
- l’Ufficio, su cui ricadeva l’onere, non aveva dimostrato che la suola di tessuto fosse staccabile;
gli altri motivi di doglianza non erano rilevanti ai fini della decisione e comunque non idonei a condurre ad una diversa conclusione;
- l'(Omissis) impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi;
- la GFL s.a. resisteva con controricorso, illustrato con memoria.
Motivi della decisione
- Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 53 del D.Lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la CTR erroneamente ritenuto che l'(Omissis) non avesse contestato, con motivi specifici, la sentenza di primo grado, mentre aveva disconosciuto la valenza delle ITV, insistendo sul merito della pretesa sulla base delle norme di commento alla (Omissis);
- con la seconda censura, eccepisce la violazione degli artt. 33 e 37 del Regolamento UE n. 952 del 2013 (CDU), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR ritenuto erroneamente che i rapporti di prova rilasciati da un laboratorio di analisi potessero essere qualificati come ITV vincolanti, per non avere considerato che le Autorità doganali dell’UE sono vincolate a riconoscere, senza alcun effetto retroattivo, al solo titolare della ITV il codice tariffario ivi indicato per una determinata merce e solo per quella, per avere attribuito una presunta identità delle merce attraverso il codice alfanumerico, che non ha alcuna valenza ai fini dell’individuazione della tipologia di merce in dogana (dove ha valenza la sola voce doganale individuata attraverso la (Omissis)), ma serve solo per identificare l’acquisto ai fini commerciali e per avere ignorato la documentazione prodotta dall’Ufficio, fra cui gli ordini di acquisto rivolti dalla GFL al fornitore cinese con l’indicazione della corretta voce doganale 64041910 corrispondente alle “ciabattine con tomaia in tessuto e suola in materiale plastico”;
con il terzo motivo, deduce la violazione del Regolamento CE 2654/1987, allegato (Omissis), nota esplicativa al capitolo 64 – art. 1 e all. 1 punto 1 Regolamento n. 292/2001, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la CTR considerato gli elementi di spiegazione forniti dall’Ufficio nell’atto di appello in ordine alla individuazione della corretta voce doganale da attribuire al prodotto importato, atteso che il Regolamento CE n. 292/2001, al codice NC 64041910, descrive la merce come “pantofola con tomaia in materia tessile (tipo spugna) e con suola esterna di materia plastica, la cui parte centrale è ricoperta da uno strato sottile di tessuto, con punti in rilievo in PVC che rappresentano il 58% della suola esterna”;
- con il quarto motivo, lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR attribuito valenza prevalente alla perizia giurata prodotta dalla società importatrice, rispetto alla valutazione espressa dal funzionario verificatore dell'(Omissis), che si è limitato ad applicare la (Omissis), e per avere valorizzato erroneamente il fatto che la predetta società avesse effettuato nel corso degli anni numerose importazioni dello stesso prodotto, senza mai ricevere alcuna contestazione da parte dell’Ufficio;
- con il quinto motivo, infine, deduce la violazione dell’art. 11 del D.Lgs. n. 374 del 1990, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR ritenuto erroneamente che l’Ufficio potesse procedere alla revisione della merce a posteriori solo in presenza di fatti nuovi che sono in ogni caso emersi, a seguito della verifica fisica della merce, che, avendo accertato l’errata classificazione delle pantofole, ha legittimato la revisione a posteriori delle pregresse importazioni;
- il secondo, il terzo e il quarto motivo – che per connessione vanno esaminati congiuntamente, in quanto riguardano tutti, nella sostanza, la valenza della ITV e di altri elementi di prova nella classificazione della merce dichiarata in dogana – sono infondati;
- l’ITV o Informazione tariffaria vincolante è una decisione amministrativa di rilievo unionale sulla applicazione della normativa doganale e, segnatamente, sulla corretta classificazione doganale di un prodotto, emessa a seguito di una richiesta presentata degli operatori economici interessati;
- si tratta, nella sostanza, di un parere che mira a rassicurare l’operatore economico sotto il profilo della certezza del diritto quando sussista un dubbio sulla classificazione di una merce nella nomenclatura doganale esistente (Corte di giustizia, 2 dicembre 2010, C199/09, Schenker, punto 16), tutelandolo così da qualsiasi modifica futura della voce, disposta dalle autorità doganali e concernente la classificazione di tale merce (Corte di giustizia, 29 gennaio 1998, Ci315/96, Lopex Export, punto 28);
- nel caso di specie è pacifico che l’ITV era stata rilasciata dall’Autorità belga in data successiva alle importazioni oggetto della controversia;
- sebbene, ai sensi dell’art. 33, comma 2, lett. a) del Reg. UE 952/2013 (CDU), l’ITV rilasciata dall’Amministrazione sia obbligatoria per l’Autorità doganale soltanto in relazione alle merci per le quali le formalità doganali sono state espletate dopo la data a decorrere dalla quale la decisione ha efficacia, la Corte di Giustizia UE ha riconosciuto alla ITV una portata generale, potendo essere applicata alla generalità dei prodotti identici a quello esaminato; la decisione rilasciata da uno Stato membro ad un soggetto terzo è, pertanto, utilizzabile come mezzo di prova, al fine di individuare la corretta classificazione della merce, se tale mezzo di prova è consentito dalle norme processuali vigenti nello Stato membro, nell’ambito delle controversie relative alla classificazione doganale della merce e al successivo pagamento dei dazi doganali (Corte di Giustizia, 7 aprile 2011, C-153/10, Sony Supply Chain Solutions (Europe), punto 44);
- nella specie, la CTR non ha applicato erroneamente la norma che disciplina le ITV, ma ha ritenuto – con un accertamento in fatto, non sindacabile in questa sede – che la merce importata dalla società ricorrente riguardasse lo stesso prodotto classificato dalla ITV emessa dall’Autorità doganale belga con il codice doganale (Omissis), che era lo stesso indicato nelle dichiarazioni doganali di cui si discute nella presente controversia;
- il parere espresso dall’Autorità doganale belga non è vincolante, in quanto emesso successivamente alle operazioni di importazione contestate, ma può essere utilizzato nel presente giudizio come prova documentale, avendo riguardato un prodotto identico, secondo la valutazione operata dai giudizi di merito;
- la corretta attribuzione della tariffa doganale (Omissis), poi, era stata confermata dalle analisi effettuate, su richiesta della società importatrice, dal laboratorio della Direzione interregionale delle Dogane del Veneto e del Friuli – Venezia Giulia, oltre che da rilievi fotografici e da una perizia giurata, prodotti dalla parte contribuente nel giudizio di primo grado;
- le censure mosse dalla (Omissis) alla valenza probatoria dei suddetti elementi mirano, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito;
- il rigetto delle suddette censure, con la quale la ricorrente ha inteso contestare una delle rationes decidendi sulle quali si fonda la sentenza impugnata, comporta l’inammissibilità dei motivi che investono le ulteriori rationes, per difetto di interesse della ricorrente a sentir pronunciare sulle stesse, atteso che la loro eventuale fondatezza non potrebbe comunque condurre all’accoglimento del ricorso (ex plurimis, Cass.11.05.2018, n. 11493; Cass. 24.05.2006, n. 12372);
- in conclusione, il ricorso va rigettato e la parte ricorrente deve essere condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese relative al presente giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli al pagamento in favore della GFL s.a. delle spese del giudizio, che liquida in Euro 10.000,00 per compenso professionale ed Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% sul compenso per rimborso forfettario delle spese generali e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2023.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2023