202210.18
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Cass., sez. trib., 18 ottobre 2022 (ord.), n. 30664 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. DE ROSA Maria Luisa – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. CORTESI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21721/2016 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in Milano Corso di Porta Romana n. 89-b presso lo studio dell’avvocato Fabio Pace che -lo rappresenta e difende.

  • ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende.

  • controricorrente avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 940/2016, depositata in data 19 febbraio 2016.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 ottobre dal consigliere Dott.ssa Maria Luisa De Rosa.

Svolgimento del processo

  1. A.A., esercente l’attività di trasporto a mezzo taxi, impugnava, con due distinti ricorsi, dinanzi la C.t.p. di Milano, gli avvisi di accertamento nn. (Omissis) e T9D012E04210-2012 relativi, rispettivamente, agli anni d’imposta 2007 e 2008, con i quali l’Agenzia delle Entrate – ufficio provinciale II di Milano recuperava a tassazione, ai sensi del D.P.R. n.600 DEL 29 settembre 1973, art. 39, comma 1, lett. d), ai fini IRPEF ed IRAP, maggiori imposte per Euro 13.456,00, per l’anno 2007, ed Euro 10.220,00, per l’anno 2008, oltre sanzioni e interessi. Il contribuente aveva in precedenza presentato istanza di accertamento con adesione ma aveva ritenuto di non accettare la proposta fatta dall’ufficio che proponeva un abbattimento dei chilometri desunti in fase di accertamento; la medesima proposta, con l’abbattimento delle sanzioni al 40%, veniva rifiutata anche nella fase di mediazione ai sensi dell’art. 17 bis del D.Lgs. n. 31 dicembre 1992, n. 546.
  2. La C.t.p., ove si costituiva anche l’Agenzia delle Entrate, previa riunione dei ricorsi, li accoglieva così annullando gli avvisi di accertamento.
  3. Contro tale decisione proponeva appello l’ufficio finanziario dinanzi la C.t.r della Lombardia, ove si costituiva anche il contribuente; tale Commissione, con sentenza n. 940/2016, depositata in data 19 febbraio 2016, accoglieva parzialmente l’appello, riducendo i ricavi determinati dall’ufficio nella misura del 40%.
  4. Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 12 ottobre 2022 per la quale il contribuente ha presentato memoria ex art. 380-bis, n. 1 c.p.c.

Motivi della decisione

1.Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: “Circa l’illegittimità della sentenza impugnata, per violazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, del fatto controverso e decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti consistente nell’insussistenza in concreto dei presupposti dell’accertamento induttivo” il contribuente lamenta ii vizio di motivazione nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto corretto l’accertamento perchè sussistenti i presupposti di cui al D.P.R. n.600 del 29 settembre 1973, art. 39 per il ricorso all’accertamento induttivo.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: “Circa l’illegittimità della sentenza impugnata, per violazione o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, D.P.R. n.600 del 29 settembre 1973, art. 39 comma 3” il contribuente lamenta la medesima doglianza declinata nel primo motivo sotto il profilo dell’error in iudicando.

1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: “Circa la nullità della sentenza impugnata, per violazione o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e dell’art. 132 c.p.c., per omessa motivazione in relazione alla riduzione dei ricavi induttivamente accertati nella misura del 40%, a fronte dell’accertamento in fatto delle circostanze dedotte dal contribuente, che la sentenza di primo grado, sul punto riformata, ha ritenuto idonee ad abbattere integralmente la pretesa erariale come da conclusioni rassegnate in sede di ricorso ” il contribuente lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r., pur ritenendo idonea le circostanze dedotte dal contribuente ad inficiare la determinazione sintetica dei redditi accertati, non esplicita quali siano i parametri in ragione dei quali sia stata opportuna una riduzione dei 40% dei maggiori ricavi accertati dall’ufficio finanziario.

1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: “Circa la nullità della sentenza impugnata, per violazione o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e dell’art. 132 c.p.c., per omessa motivazione in relazione alla riduzione dei ricavi induttivamente accertati nella misura del 40% per inintellegibilità della pronuncia e contraddittorietà della stessa rispetto alla motivazione” il contribuente lamenta la medesima doglianza declinata nel terzo motivo sotto il profilo anche dell’onere della prova.

1.5. Con il quinto motivo di ricorso, così rubricato: “Circa l’illegittimità della sentenza impugnata, per violazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, del fatto controverso e decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti consistente nell’omessa prova, anche presuntiva, dei maggiori ricavi accertati” il contribuente lamenta il vizio di motivazione nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha valutato le circostanze fattuali a riprova dell’assenza di gravità, precisione e concordanza delle presunzioni utilizzate dall’ufficio e della congruità dei redditi dichiarati dal contribuente.

1.6. Con il sesto motivo di ricorso, così rubricato: “Circa l’illegittimità della sentenza impugnata, per violazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 39, D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600 e 2697 e 2727 c.c., per avere confermato l’accertamento dell’ufficio fondato su di una ricostruzione induttiva dei maggiori ricavi effettuata tramite doppie presunzioni prive di gravità precisione e concordanza con omessa prova della pretesa erariale” il contribuente lamenta la medesima doglianza declinata nel quinto motivo sotto il profilo anche dell’error in iudicando.

  1. I motivi, da trattarsi congiuntamente perchè connessi, sono inammissibili prima che infondati.

2.2. Anzitutto, essi rivestono una natura meritale profilandosi le censure evidentemente preordinate ad un nuovo esame delle risultanze istruttorie in quanto la ricorrente propone elementi già addotti nei gradi di merito; la prospettazione è evidentemente finalizzata ad ottenere una valutazione delle prove e quindi un accertamento fattuale di segno opposto a quello espresso dalla C.t.r.

In altri termini, viene chiesto di effettuare un nuovo esame sul merito della controversa e di approdare ad una valutazione degli elementi di prova difforme da quella fatta propria dal collegio di seconda istanza la cui decisione dà contezza di come è stato ritenuto legittimo l’accertamento induttivo dell’ufficio finanziario – e di conseguenza la maggiore capacità contributiva di A.A., sebbene diminuita per i motivi che in seguito si prospetteranno – sulla base della discordanza tra i chilometri percorsi indicati nello studio di settore presentato, pari ad Euro 35.287,00, nell’anno 2007, ed Euro 27.300,00, nell’anno 2008, e quelli rilevabili con le schede carburante pari ad Euro 47.466,00, nel 2007, ed Euro 39.237,00, nel 2008; il tutto alla luce della obiettiva antieconomicità dell’attività in concreto svolta, atteso che la licenza di taxi aveva un valore oscillante tra gli Euro 160.000,00 ed Euro 180.000,00 ed il contribuente aveva dichiarato un reddito, nel 2007, pari ad Euro 9.227,00 e, nel 2008, pari ad Euro 11.231,00.

2.3. Va premesso, in punto di diritto, che in tema di accertamento induttivo dei redditi d’impresa di cui al D.P.R. n. 600 del 1973 art. 39, comma 1, lett. d), qualora l’ufficio abbia sufficientemente motivato, specificando gli indici di inattendibilità dei dati contabili e dimostrando la loro astratta idoneità a rappresentare una capacità contributiva non dichiarata, l’atto di rettifica è assistito da presunzione di legittimità circa l’operato degli accertatori, nel senso che null’altro l’ufficio è tenuto a provare, se non quanto emerge dal procedimento deduttivo fondato sulle risultanze esposte, mentre grava sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate, anche in relazione alla contestata antieconomicità delle stesse (Cass. 31/10/2018, n. 27804).

Ancora, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973 art. 39, comma 1 lett. d) (e del D.P.R. n.633 del 26 ottobre 1972, art. 54, commi 2 e 3, in tema di IVA), sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente, utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni. Gli elementi assunti a fonte di presunzione, peraltro, non devono essere necessariamente plurimi, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su di un elemento unico, purchè preciso e grave, la cui valutazione non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata (Cass. 30/10/2018, n. 27552).

2.4. Pertanto, una volta contestata dall’Erario l’antieconomicità di un comportamento del contribuente, poichè assolutamente contrario ai canoni dell’economia, incombeva, sul medesimo l’onere di fornire, al riguardo, le necessarie spiegazioni, essendo – in difetto – pienamente legittimo il ricorso all’accertamento induttivo da parte dell’amministrazione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973 art. 39, comma 1, lett. d).

Sotto questo profilo, lo sviluppo motivazionale proposto nella pronuncia impugnata dà contezza delle ragioni in base alle quali è stato ritenuto legittimo l’accertamento analitico induttivo siccome si è argomentato che “appare irrisorio ed inattendibile il reddito dichiarato dal contribuente negli anni in questione con riguardo all’attività svolta e al valore della licenza di taxi attese peraltro le discordanze tra lo studio di settore e i dati forniti dal contribuente sul chilometraggio” sulla base, si ripete, della discrasia tra i chilometri percorsi indicati nello studio di settore presentato e quelli rilevabili con le schede carburante; il tutto alla luce della obiettiva antieconomicità dell’attività in concreto svolta (cfr.supra. par. 2.2.).

2.5. Parimenti, sono esplicitate con logica e chiarezza le ragioni fondanti la diversa percentuale di ricarico ossia la riduzione dei ricavi induttivamente accertati nella misura del 40%.

Sul punto, si legge nella sentenza che tale rideterminazione è eseguita “attesa la distanza tra Cormano e il luogo di lavoro (Milano), effettuata sia la mattina all’andata che la sera al ritorno, sempre a vuoto, ai viaggi di ritorno da un servizio spesso a vuoto e soprattutto allo stato di salute e problemi fisici che hanno inciso sul normale svolgimento dell’attività lavorativa non riuscendo a guidare l’autovettura fino a quattro ore consecutive”.

Vieppiù che il contribuente, sul precipuo punto della riduzione dei ricavi, non ha fornito una prova contraria adeguata a smentire il ragionamento indiziario laddove, invece, il giudice regionale ha ritenuto incidente, nell’abbattimento dei ricavi il percorso di viaggio effettuato ai soli fini del raggiungimento del luogo di lavoro e lo stato di salute del contribuente medesimo.

Infine, alcun contrasto tra motivazione e dispositivo è ipotizzabile nella sentenza impugnata atteso che, in entrambe le parti, si rideterminano i ricavi accertati dall’ufficio con una riduzione del 40% (da 100% a 60%), ove si consideri anche che tale argomentazione costituiva motivo di appello veicolato in via gradata dall’ufficio finanziario e accolto dalla C.t.r.

  1. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali che si liquidano in Euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2022.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2022