201812.17
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Cass., sez. trib., 17 dicembre 2018 (ord.), n. 32609 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4843-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

  • ricorrente –

contro

P.A.;

  • intimata –

avverso la sentenza n. 35/29/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di PALERMO, depositata il 11/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 07/11/2018 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE.

Svolgimento del processo

che:

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Sicilia, n. 35/29/16, dep. il 11/1/16, che in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per Irpef anno 2005, emesso D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 41 bis, ha accolto l’appello della contribuente, in riforma della sentenza di primo grado. In particolare la C.T.R. ha ritenuto che non ricorressero nella fattispecie i presupposti per l’applicazione della norma indicata, limitata ai casi di possesso da parte dell’Ufficio di elementi certi dai quali desumere errori od omissioni di elementi reddituali, e non potendosi ricorrere all’accertamento parziale, per mancanza dei relativi presupposti.

La contribuente è rimasta intimata.

Motivi della decisione

che:

  1. Col primo motivo si deduce violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., n. 4 e dell’art. 112 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 345 c.p.c. (ultrapetizione), avendo la C.T.R. deciso su doglianza non proposta dalla contribuente.
  2. Il motivo è infondato, risultando sia dall’appello parzialmente riprodotto, sia dallo stesso motivo del ricorso, che la contribuente, nel ricorso introduttivo, aveva contestato l’applicabilità del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis, lamentando altresì nell’atto di appello l’assenza di motivazione del primo giudice sulla illegittimità dell’accertamento ai sensi della indicata, in quanto “normativa non attinente alla rettifica del reddito d’impresa oggetto della controversia”.
  3. Col secondo motivo, si deduce violazione di legge, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis e ex art. 360 c.p.c., n. 3.
  4. Questo motivo è fondato.

La giurisprudenza di legittimità ha statuito che l’accertamento parziale dell’IVA e delle imposte dirette può essere legittimamente adottato anche su iniziativa propria dell’ufficio titolare del potere di accertamento totale, in quanto rappresenta uno strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile, ove le attività istruttorie diano contezza della sussistenza di attendibili posizioni debitorie e non richiedano, in ragione della loro oggettiva consistenza, l’esercizio di valutazioni ulteriori rispetto al mero recepimento del contenuto della segnalazione, a prescindere dal fatto che quest’ultima provenga da un soggetto estraneo all’amministrazione o da fonti ad essa interne (Cass. n. 27323 del 23/12/2014).

E’ stato altresì precisato che l’accertamento parziale, non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto alle previsioni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 39 e D.P.R. n.633 del 1972, artt. 54 e 55, bensì una modalità procedurale che ne segue le stesse regole, per cui può basarsi senza limiti anche sul metodo induttivo e il relativo avviso può essere emesso pur in presenza di una contabilità tenuta in modo regolare (Cass. n. 21984 del 28/10/2015 conf. Sez. 6 – 5, n. 8406 del 04/04/2018).

Ha pertanto errato la C.T.R. ad escludere l’utilizzabilità dell’accertamento parziale nella fattispecie, con conseguente nullità dell’accertamento, in quanto “fondata su ragionamenti di tipo induttivo e/o presuntivo”.

La sentenza va conseguentemente cassata con riferimento al motivo accolto, con rinvio alla C.T.R. della Sicilia che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo; cassa al sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla C.T.R. della Sicilia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 7 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2018