Cass., sez. trib., 16 maggio 2022 (ord.), n. 15441 (testo)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –
Dott. DE ROSA Maria Luisa – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 22873/2016 proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata ope legis in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.
- ricorrente –
contro
B.S., rappresentato e difeso dall’avv. Gabriele Escalar, presso cui sono elettivamente domiciliati in Roma al viale Mazzini n. 11. – controricorrente – ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Emilia – Romagna n. 1558/2/16, pronunciata il 6 aprile 2016, depositata il 9 giugno 2016 e non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 marzo 2022 dal consigliere Andreina Giudicepietro.
Svolgimento del processo
- L’Agenzia delle entrate ricorre con un unico motivo contro B.S., che resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale condizionato, avverso la sentenza n. 1558/2/16, pronunciata il 6 aprile 2016, depositata il 10 giugno 2016 e non notificata, con la quale la Commissione tributaria regionale della Emilia – Romagna ha accolto l’appello del contribuente contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Modena, che aveva rigettato il ricorso, ritenendo provato il coinvolgimento dell’originario ricorrente a titolo di concorso, D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 9 nelle violazioni tributarie commesse da diverse società di capitali con operazioni promosse dalla dall’ing. B., quale rappresentante della società società SCF s.r.l..
- Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 10 marzo 2022, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.
Parte controricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
- Con l’unico motivo del ricorso principale, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente Agenzia denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 7 convertito senza modifiche dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, nonchè del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, artt. 5, 9, e 11 per avere il giudice a quo ritenuto che la limitazione della responsabilità alla sola persona giuridica, prevista dalla disposizione, operi anche nell’ipotesi di concorso di persone nella violazione di norme tributarie, disciplinato dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 9.
Nel caso in discussione le sanzioni sono state irrogate in quanto l’Ufficio aveva contestato a B.S., legale rappresentante della società SCF s.r.l., il concorso – D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 9 – nelle violazioni tributarie commesse dalle società il Mulino s.r.l., I Gaggioli s.r.l., Cimes s.r.l., Chimisider Logistica, Certech Finanziaria S.p.A., Ceramiche Artistiche Biviemme s.r.l.l, Sada Cavi Spa e Gicrem s.r.l., e, inoltre veniva sanzionata la responsabilità in solido D.Lgs. n. 472 del 1997, ex artt. 9 e 11 della stessa società SCF s.r.l., per le medesime violazioni.
Quindi, oltre che nei confronti di B.S. per concorso c.d. esterno, la sanzione è stata irrogata sia alle società contribuenti, sia alla società SCF s.r.l., responsabile in solido con il legale rappresentante per le violazioni commesse.
Si tratta di sanzione irrogata per concorso c.d. esterno nelle violazioni tributarie contestate alla società contribuente principale evasore d’imposta.
Secondo la ricorrente, il principio della riferibilità della sanzione alla sola persona giuridica di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 7 non è applicabile nella fattispecie, in quanto esso si riferisce ai rapporti “interni” tra la società persona giuridica ed il proprio legale rappresentante, non alle ipotesi di concorso esterno di un soggetto (persona fisica) con una società terza.
Infatti, secondo l’ufficio ricorrente, il D.L. n. 269 del 2003, art. 7, comma 1, laddove statuisce che “Le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica”, escluderebbe l’applicabilità delle sanzioni, per il concorso negli illeciti tributari puniti con sanzioni amministrative, soltanto relativamente alle persone fisiche titolari di organi della stessa società contribuente, con personalità giuridica, che abbiano materialmente commesso la violazione dalla quale quest’ultima ha tratto vantaggio.
L’esclusione della punibilità, quindi, riguarderebbe soltanto le persone fisiche legate da rapporto organico alla persona giuridica contribuente cui è imputata la violazione sanzionata, come testimonierebbe l’incipit della disposizione, riferendosi alle “sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale”, dato testuale che, secondo l’Amministrazione ricorrente, anche a prescindere dal successivo avverbio “esclusivamente”, circoscriverebbe l’esenzione da responsabilità alle sole persone fisiche che, tramite il rapporto organico, si immedesimano nella persona giuridica contribuente, nel nome e per conto della quale operano.
Non vi sarebbe invece ragione, sempre secondo l’Amministrazione ricorrente, in base al predetto dato testuale, di escludere che rispondano delle violazioni, e delle relative sanzioni amministrative, anche le persone fisiche che, come lo stesso B., non agendo in nome e per conto della persona giuridica che ha commesso l’illecito tributario, abbiano comunque concorso alla realizzazione di quest’ultimo, in virtù di un rapporto, con la prima, diverso da quello di immedesimazione organica.
Sarebbe infatti comunque applicabile, in tal caso, il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 9 per il quale “Quando più persone concorrono in una violazione, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta. Tuttavia, quando la violazione consiste nell’omissione di un comportamento cui sono obbligati in solido più soggetti, è irrogata una sola sanzione e il pagamento eseguito da uno dei responsabili libera tutti gli altri, salvo il diritto di regresso”.
Inoltre, secondo l’Ufficio, qualora tali persone fisiche “esterne” avessero commesso la violazione nell’esercizio delle loro funzioni od incombenze di dipendenti, rappresentanti o amministratori, anche di fatto, di altra società (o associazione od ente), con o senza personalità giuridica, anche quest’ ultima, e nel caso di specie la SCF s.p.a., sarebbe responsabile in solido, D.L. n. 269 del 2003, ex art. 11 delle relative sanzioni amministrative.
In tal senso deporrebbero ragioni di ordine logico e sistematico, che si evincono dalle norme generali in materia di sanzioni tributarie, quali quella del concorso di persone di cui all’art. 9, la disposizione sull’autore mediato ex art. 10, l’art. 11, sulla responsabilità individuale del dipendente, rappresentante legale o negoziale o da un soggetto in rapporto organico con l’ente, ferma restando la responsabilità solidale della organizzazione di riferimento.
L’Agenzia delle entrate ritiene, dunque, che, in tale contesto, la responsabilità del consulente può configurarsi: a) come responsabilità diretta esclusiva ex art. 5; b) come responsabilità esclusiva in luogo dell’autore della violazione, ossia quale autore mediato ex art. 10; c) come responsabilità in concorso con altri, ex art. 9; d) come responsabilità diretta ex art. 11, con obbligazione solidale dell’imprenditore individuale o dell’ente privo di personalità giuridica, qualora il consulente assuma la veste di rappresentante negoziale o dipendente dell’ente.
Se il consulente, per la propria attività, non rispondesse delle violazioni commesse in concorso con la persona giuridica vi sarebbe un’ingiustificata divaricazione tra la sua posizione e quella del consulente di un’impresa individuale, che invece risponderebbe secondo le comuni regole sul concorso.
- Preliminarmente, deve rilevarsi che, con la memoria, il controricorrente ha eccepito il giudicato a lui favorevole a seguito delle ordinanze di questa Corte, del 22 maggio 2020, nn. 9449 e 9451, intervenute tra le stesse parti, che hanno rigettato i ricorsi dell’Agenzia delle entrate con riferimento all’impugnativa dell’atto di irrogazione delle sanzioni a carico dell’ing. B. e della società SCF, con riguardo alle contestazioni di concorso per le violazioni e relative sanzioni, irrogate in via principale a CIMES s.r.l. e GICREM s.r.l. per l’anno di imposta 2005.
A ciò si aggiunga, come rilevato nel controricorso, che con la sentenza n. 789/14, pronunciata il 10 marzo 2014 e depositata il 16 aprile 2014, passata in giudicato il 7 gennaio 2015 la C.t.r. dell’Emilia Romagna ha definitivamente annullato anche l’atto di contestazione n. (OMISSIS) con cui, come si è visto, l’Ufficio aveva irrogato una sanzione ad SCF per il suo preteso concorso nelle pretese violazioni commesse dalla società SADA CAVI per il periodo d’imposta 2004, non solo perchè ha ritenuto abrogata la disciplina del concorso di persone dal D.L. n. 269, art. 7 ma anche perchè ha escluso che vi sia stato un concorso “di un organo della società ricorrente nella commissione dell’illecito”, avendo accertato che la “supposta prova” di tale “corresponsabilità” è “…assolutamente insufficiente, per non dire labile ed evanescente” in quanto “si tratterebbe della mera affermazione difensiva di un singolo non supportata da alcuna documentazione versata nel presente procedimento” costituita “dalla dichiarazione generica espressa dal consulente della terza società la Sada Cavi Spa non supportata da alcuna prova concreta in merito alla veridicità del fatto”.
Il ricorso, dunque, va rigettato con riferimento a tali annualità, in relazione alle ipotesi di concorso nelle violazioni tributarie imputate a Cimes s.r.l. ed a GICREM s.r.l. (per l’anno di imposta 2005) e Sada Cavi (per l’anno di imposta 2004), per l’esistenza del giudicato favorevole al controricorrente.
Il controricorrente, invoca, quindi, l’efficacia espansiva del giudicato esterno, trattandosi, per le altre annualità in contestazione, anche con riferimento alle ipotesi di concorso in analoghe violazioni imputabili in via principale ad altre società contribuenti, della soluzione di medesime questioni, sulla base di identici presupposti di fatto.
E’ noto che “quando due giudizi abbiano ad oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento compiuto in merito ad una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su un punto decisivo comune ad entrambe le cause o costituente indispensabile premessa logica della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato precludono l’esame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio ha delle finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il petitum del primo” (Cass., Sez. 1, sent. 20 luglio 1995, n. 7891; Cass., Sez. U., 16 giugno 2006, n. 13916; Cass., Sez. 5, sent. 29 luglio 2011, n. 16675).
Tuttavia, nel caso di specie, gli accertamenti oggetto del giudicato sembrano riguardare fattispecie analoghe, ma si riferiscono a diverse società in relazione a differenti anni di imposta, per cui non può invocarsi l’automatica efficacia espansiva del giudicato esterno, dovendosi verificare gli elementi fattuali per ciascuna fattispecie in contestazione.
Deve, però, rilevarsi che il ricorso è comunque infondato.
Come chiarito da questa Corte con le ordinanze nn. 9448, 9449, 9450 e 9451 del 22/5/2020, “in tema di violazioni tributarie, ai sensi del D.L. n. 260 del 2003, art. 7 conv. in L. n. 326 del 2003, le sanzioni amministrative gravano esclusivamente sulla persona giuridica contribuente titolare del rapporto tributario, con esclusione della responsabilità a titolo concorsuale delle persone fisiche, indipendentemente dalla sussistenza di un rapporto organico delle medesime con l’ente, mentre sono sanzionabili, D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 9 i concorrenti esterni rispetto alla violazione tributaria commessa da soggetti privi di personalità giuridica. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto irrilevante, nella specie, la questione di legittimità costituzionale del D.L. cit., art. 7 sollevata per ritenuta discriminazione tra i suddetti soggetti, risolvendosi nell’estensione del preteso trattamento deteriore e nell’introduzione di una nuova ipotesi di responsabilità in violazione del principio di legalità)”.
Nell’ampia motivazione di tali ordinanze, alla quale si rimanda, la Corte ha chiarito che l’esclusione del concorso sanzionabile di terzi concorrenti nella violazione della contribuente persona giuridica è fondata, sull’inequivoco dato testuale del D.L. n. 269 del 2003, ridetto art. 7 il quale tanto nel titolo (“Riferibilità esclusiva alla persona giuridica…”), quanto nel disposto (“…sono esclusivamente a carico della persona giuridica…”), esprime in maniera chiara la volontà legislativa di riferire le sanzioni amministrative tributarie esclusivamente alla persona giuridica contribuente (in conformità alla dichiarata intenzione, espressa nella relazione governativa al D.L. in questione, di superare, quanto meno per le strutture imprenditoriali complesse, lo schema personalistico di imputazione delle sanzioni previgente).
Tale assunto trova conferma nella clausola di compatibilità di cui al comma 3 della stessa norma, sull’applicabilità del D.Lgs. n. 472 del 1997, precedente art. 9 al fine di configurare il concorso di ulteriori soggetti nella stessa violazione, indipendentemente dalla sussistenza, o meno, di una loro relazione organica (formale o fattuale) con la stessa persona giuridica.
La Corte ha anche evidenziato come non sia rilevante, ai fini della decisione, l’ipotetica illegittimità costituzionale del trattamento deteriore che si assume riservato, per effetto del cosiddetto “doppio binario”, ai terzi concorrenti “esterni” nelle violazioni commesse da una contribuente che non sia una persona giuridica, atteso che essa non potrebbe comunque giustificare un’ interpretazione adeguatrice del D.L. n. 269 del 2003, art. 7 che si risolvesse nell’estensione del ritenuto peggior trattamento anche a chi (come nel caso di specie) abbia concorso nelle violazioni tributarie di una persona giuridica, conducendo, in violazione del principio di legalità, alla creazione di una fattispecie di responsabilità che il legislatore ha invece espressamente escluso, limitandola esplicitamente alla sola contribuente dotata di personalità giuridica.
Infine, nelle citate ordinanze, si precisa anche che, nella specie, l’amministrazione non ha imputato al controricorrente di aver agito, con la condotta che integrerebbe il preteso concorso sanzionabile nella violazione tributaria della società di capitali contribuente, al fine di perseguire un proprio interesse personale (circostanza, peraltro, esclusa in fatto dalla stessa sentenza impugnata, e non contestata dalla ricorrente, se non sotto il profilo della sua irrilevanza rispetto alle fattispecie legali astratte applicabili). Tanto meno l’Ufficio ha sostenuto che la struttura societaria della contribuente costituisse un mero strumento fittizio del quale il controricorrente si sia servito per conseguire un proprio vantaggio fiscale indebito.
Pertanto, non vengono in rilievo i presupposti fattuali sulla base dei quali la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto in alcuni casi che, nonostante il dettato del D.L. n. 269 del 2003, art. 7 trovi applicazione la regola generale sulla responsabilità personale dell’autore della violazione commessa nell’interesse esclusivamente proprio, e sia quindi sanzionabile la persona fisica autrice della violazione che non abbia agito nell’interesse della società, ma abbia perseguito un interesse proprio o comunque diverso da quello sociale (Cass. 09/05/2019, n. 12334, e giurisprudenza ivi citata in motivazione, ex plurimis), o che abbia artificiosamente costruito una società per fini illeciti e personali, poichè in tal caso la persona giuridica è una mera fictio creata nell’interesse della persona fisica, esclusiva beneficiaria delle violazioni, sicchè non vi è alcuna differenza fra trasgressore e contribuente (Cass. 18/04/2019, n. 10975; cfr. altresì, in motivazione, Cass. 08/03/2017, n. 5924 e Cass. 28/08/2013, n. 19716).
Pertanto il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente.
Rilevato che risulta soccombente l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 13.500,00 per compensi, oltre il 15% per spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Roma, il 10 marzo 2022.
Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2022