Cass., sez. trib., 15 settembre 2017 (ord.), n. 21409 (testo)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIELLI Stefano – Presidente –
Dott. CAIAZZO Stefano – Consigliere –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10912/2010 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
ISOLA OTTO s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, A.F.L., rappresentato e difeso, giusta procura speciale rilasciata in data 29/04/2010 con scrittura privata autenticata nelle sottoscrizioni dal notaio C.M. di (OMISSIS), rep. n. (OMISSIS), dall’avv. Giancarlo Penzavalli, ed elettivamente domiciliata presso lo studio legale del predetto difensore, in Roma, via Giovanni Bettolo, n. 22;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 16/30/09, depositata in data 25 febbraio 2009.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 1 giugno 2017 dal Cons. Lucio Luciotti.
Svolgimento del processo
– che con sentenza n. 16 del 24 febbraio 2009 la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla Isola Otto s.r.l. avverso la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo formale della dichiarazione relativa all’anno di imposta 2003, effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis e recante l’iscrizione a ruolo della somma di Euro 19.315,54 per IVA, IRPEG ed IRAP relativamente all’anno di imposta 2002, conseguente al disconoscimento del credito di imposta indicato nella dichiarazione relativa al precedente anno di imposta (2001) che l’amministrazione finanziaria sosteneva non essere stata presentata;
– che i giudici di appello ritenevano che la società contribuente avesse provato la regolare trasmissione telematica della dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 2001 ad opera di un intermediario autorizzato e che, invece, l’amministrazione finanziaria non aveva dimostrato “in quale data ha comunicato lo “scarto” del file della dichiarazione trasmessa” e regolarmente protocollata dall’Ufficio, non risultando dalla documentazione della “Ricerca invii effettuati”, prodotta dall’ufficio, che la trasmissione telematica protocollata fosse contrassegnata con l’asterisco indicante lo scarto della dichiarazione;
– che avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, cui replica l’intimata con controricorso e memorie ex art. 380 bis cod. proc. civ., comma 1.
Motivi della decisione
– che con il primo motivo l’Agenzia ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 3, comma 10 e art. 2697 cod. civ., per avere i giudici di appello ritenuto assolto l’onere probatorio da parte del contribuente circa la regolarità della trasmissione telematica della dichiarazione dei redditi attraverso la produzione della comunicazione di conferma dell’avvenuto invio telematico della stessa, omettendo di rilevare che non spettava all’amministrazione finanziaria provare lo scarto della predetta dichiarazione, ma era onere della contribuente assicurarsi dell’acquisizione o dello scarto della dichiarazione trasmessa, mediante l’accesso alla sezione “ricerca ricevute” del sistema, che avrebbe consentito alla predetta contribuente di verificare che la dichiarazione era stata rifiutata “con il codice errore 0027: data non conforme”;
– che il motivo è inammissibile perchè il quesito che lo conclude è incongruente rispetto alla fattispecie concreta, posto che nello stesso si fa riferimento ad una affermazione della CTR circa l’onere dell’amministrazione finanziaria di “invitare a fornire chiarimenti il contribuente prima di iscrivere a ruolo il tributo derivante dal disconoscimento di un credito di imposta”, non rinvenibile in alcuna parte della sentenza impugnata;
– che con il secondo motivo la ricorrente censura per vizio di motivazione la sentenza impugnata, sostenendo che la CTR avrebbe omesso di motivare “rispetto alla documentazione prodotta dall’ufficio con l’atto di appello (…), dalla quale si evinceva che l’Amministrazione aveva inserito nel sistema, mettendolo così a disposizione del contribuente, il messaggio di errore per la dichiarazione inviata telematicamente”;
– che il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza non avendo la ricorrente riprodotto nel ricorso il contenuto della documentazione (“stampe delle interrogazioni effettuate sui files trasmessi dall’avvocato con le relative ricevute inviate dal sistema centrale” – così a pag. 13 del ricorso) prodotta nei giudizi di merito a dimostrazione dell’avvenuto inserimento nel predetto sistema del messaggio di errore per la dichiarazione trasmessa telematicamente dalla società contribuente e che la CTR avrebbe omesso di valutare;
– che con il terzo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per vizio di ultrapetizione, in violazione degli artt. 112 e 324 cod. proc. civ., sostenendo che, nonostante i giudici di primo grado avessero attribuito alla società contribuente l’errore commesso dall’intermediario incaricato della trasmissione telematica della dichiarazione, salvo poi ritenerlo scusabile, e nonostante tale statuizione non fosse stata impugnata con appello incidentale dalla predetta contribuente, la CTR, andando ultrapetita, aveva rigettato l’appello proposto dall’amministrazione finanziaria statuendo che l’errore commesso dall’intermediario non era imputabile alla contribuente, ma all’amministrazione finanziaria in ragione delle convenzioni tra questa e gli intermediari autorizzati;
– che con il quarto motivo deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 3 per avere la CTR affermato che l’errore commesso dall’intermediario della società contribuente nella trasmissione della dichiarazione non sia imputabile a quest’ultima, bensì ricadrebbe sull’amministrazione finanziaria in ragione delle convenzioni tra questa e gli intermediari;
– che i motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono palesemente inammissibili in quanto quella dell’attribuibilità alla società contribuente, piuttosto che all’amministrazione finanziaria, dell’errore commesso dall’intermediario della prima, non costituisce ratio decidendi dell’impugnata sentenza, fondata unicamente sul mancato adempimento dell’amministrazione finanziaria all’onere di provare “in quale data ha comunicato lo “scarto” del file della dichiarazione trasmessa” telematicamente dalla società contribuente;
– che, in sintesi, il ricorso va rigettato per inammissibilità dei motivi proposti;
– che la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese processuali, nella misura liquidata in dispositivo).
P.Q.M.
dichiara inammissibili i motivi di ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese processuali, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre al rimborso forfetario nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 1 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2017