Cass., sez. trib., 1° marzo 2019, n. 6116 (testo)
Corte di Cassazione, sez. V Civile, sentenza 28 gennaio – 1 marzo 2019, n. 6119
Presidente Cirillo – Relatore Di Marzio
Fatti di causa
il contribuente, Avvocato Sa. Am., in data 05.11.2009 ricorreva innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, contestando il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione Finanziaria, formatosi in ordine all’istanza di rimborso della somma complessiva di Euro 14.341,00, versata a titolo di Irap per l’anno d’imposta 2006.
Il ricorrente affermava di non essere tenuto al pagamento del tributo in considerazione dell'”alta specializzazione in settori particolari del diritto amministrativo” propria della sua attività professionale di Avvocato e consulente legale, esercitata ‘esclusivamente’ da sé medesimo, senza avvalersi di alcuna autonoma struttura, recandosi in tutta Italia presso i committenti e presenziando personalmente dinanzi agli Uffici giudiziari, ed allegava pure la documentazione contabile giustificativa e la relativa dichiarazione dei redditi.
La Commissione Tributaria Provinciale riconosceva la fondatezza delle ragioni dell’istante ed escludeva il ricorrere del presupposto impositivo, ovvero la sussistenza di “un’organizzazione/azienda autonomamente atta a produrre reddito”, rilevando che “nel caso in specie, il ricorrente dimostra di svolgere la sua attività professionale, in assenza di organizzazione, considerato che le spese esposte nel quadro RE risultano congrue a configurare un’attività professionale produttrice di reddito senza il determinante apporto di un’organizzazione” (ric. p. 4, sent. CTR, p. 2).
L’Ente impositore, pertanto, proponeva appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Roma, alla quale domandava la riforma dell’impugnata sentenza, ritenendo che l’ammontare delle spese dichiarate, ed in particolare quelle per dipendenti e collaboratori, nonché per beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio della professione, dovessero ritenersi indice della capacità contributiva, ai fini Irap, di parte appellata.
La CTR, osservato che il contribuente aveva sostenuto spese rilevanti nell’anno d’imposta, e si era avvalso di prestazione di lavoro dipendente, riteneva accertato che avesse predisposto una struttura organizzativa autonoma a supporto della propria attività professionale. In conseguenza reputava che l’Am. dovesse essere assoggettato all’Irap e non gli competesse il rimborso della stessa; accoglieva pertanto il ricorso dell’Ufficio. Avverso la decisione adottata dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma ha proposto ricorso per cassazione Sa. Am., affidandosi a tre motivi. L’Agenzia delle Entrate si è costituita tardivamente, invocando il disposto di cui all’art. 370, comma 1, cod. proc. civ., al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
Ragioni della decisione
1.1. – Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del D.Lgs. del 15.11.1997, n. 446, da parte dell’impugnata Commissione Tributaria Regionale, in materia di “attività autonomamente organizzata”, alla stregua delle più recenti pronunce, “costituzionalmente orientate”, della Suprema Corte di Cassazione. Il contribuente censura la Commissione Tributaria Regionale per aver “istituito un automatismo univoco e determinante, del tipo causa efficiente/effetto, tra la presenza di una sola segretaria esecutiva e l’esistenza di una autonoma organizzazione e la conseguente soggezione all’IRAP” (ric., p. 9).
1.2. – Con il secondo motivo di lagnanza, proposto a norma dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., il ricorrente censura la decisione impugnata per aver omesso di compiere ed esplicitare la doverosa valutazione nel merito della fattispecie specifica, essendosi limitata ad “affermare apoditticamente la doppia equivalenza automatica: presenza di una segretaria = autonoma organizzazione produttiva = assoggettabilità all’IRAP” (ri., p. 12).
1.3. – L’impugnante, mediante il terzo motivo di ricorso, introdotto ex art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., si duole ancora della carenza di motivazione della sentenza oggetto del gravame, laddove viene affermato, senza alcun ulteriore argomento, che il contribuente nell’esercizio della propria professione di avvocato si è avvalso di “risorse strumentali e della collaborazione di terzi, in modo eccedente il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività”.
2.1. – 2.2. – 2.3 – I motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente, perché domandano di valutare la sussistenza dei presupposti per l’assoggettamento all’Irap dei redditi conseguiti per effetto dell’attività professionale di Avvocato svolta dal ricorrente, in considerazione dei medesimi elementi, da esaminarsi in relazione ai profili della violazione di legge e del vizio di motivazione.
Con il primo motivo di ricorso l’istante lamenta alla Commissione Tributaria Regionale di essere incorsa nella violazione di legge, perché la sentenza impugnata si pone in contrasto con la ricostruzione, ‘costituzionalmente orientata’, della ratio legis del disposto di cui all’art. 2 del D.Lgs. 15.09.1997, n. 446, in ordine alla sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione, avuto riguardo alle recenti pronunce del giudice di legittimità in materia. Tanto perché la CTR afferma che l’intervenuto utilizzo della prestazione di lavoro di una sola segretaria integra la predisposizione di un’autonoma organizzazione dell’attività lavorativa del contribuente. In particolare, contesta il ricorrente, il giudice dell’appello si è limitato ad affermare apoditticamente che “già la esistenza di un ufficio di segreteria, con personale dipendente, appare di per sé dimostrativo dell’impiego di lavoro altrui in modo non occasionale” (sent. CTR, p. 4), senza null’altro aggiungere a sostegno della propria asserzione. Il contribuente, sul punto, lamenta, pure, ‘l’ambiguità lessicale’ del linguaggio adottato, che farebbe propendere per la presenza di una struttura organizzata servante, composta da più persone, e che sarebbe, invece, smentita dalla somma riportata nella dichiarazione dei redditi, alla voce “Spese per lavoro dipendente (n. 1 segretaria), pari ad Euro 25.000.00 circa” (ric. p. 11).
Con il secondo motivo d’impugnazione il ricorrente contesta poi il vizio di motivazione, in quanto la CTR di Roma avrebbe istituito “la doppia equivalenza automatica: presenza di una segretaria = autonoma organizzazione produttiva = assoggettabilità all’IRAP” (ric. p. 12).
Mediante l’ultimo motivo di lagnanza, infine, il contribuente si duole del difetto di motivazione in merito alla pretesa natura ‘eccedente il minimo indispensabile’ delle risorse strumentali e della collaborazione di terzi, impiegate nell’esercizio della propria professione forense, tanto più che la CTR non opera alcun riferimento alle difese dell’appellato ed alla documentazione versata in giudizio.
In materia di assoggettamento all’Irap dei redditi conseguiti dal lavoratore autonomo, questa Corte ha avuto occasione di precisare, pronunciando a Sezioni Unite, che “il presupposto dell’autonoma organizzazione, richiesto dall’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive”, Cass. S.U., sent. 10.5.2016, n. 9451. Nel caso di specie il ricorrente lamenta, innanzitutto, che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe ritenuto dimostrata l’autonoma organizzazione dell’attività professionale dell’impugnante, in conseguenza del sol fatto che si avvaleva di una segretaria, non applicando, pertanto, il ricordato principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite.
Invero, non coglie nel segno la critica dell’Am. laddove afferma l’erroneità della affermazione della CTR secondo cui “già la esistenza di un ufficio di segreteria, con personale dipendente, appare di per sé dimostrativo dell’impiego di lavoro altrui in modo non occasionale”. Infatti, l’avere il professionista alle proprie dipendenze una segretaria a tempo pieno prova, effettivamente, l’utilizzazione non occasionale del lavoro altrui.
Tuttavia, occorre evidenziare, in applicazione del condivisibile orientamento autorevolmente proposto dalle Sezioni Unite ed innanzi sintetizzato, il solo accertamento della disponibilità di una segretaria, assunta quale lavoratore dipendente, non è sufficiente a far ritenere integrata la realizzazione, da parte del lavoratore autonomo, di una autonoma organizzazione professionale.
Il ricorrente lamenta, inoltre, il vizio di motivazione in ordine agli ulteriori elementi che la CTR avrebbe ritenuto di poter porre a fondamento della propria decisione. La Commissione Tributaria Regionale capitolina, analizzando la dichiarazione dei redditi dell’odierno ricorrente, ha osservato che “l’esame nel dettaglio delle specifiche spese sostenute dal contribuente nell’anno d’imposta 2005 consente di rilevare un ammontare di spese, in particolare per compensi corrisposti a terzi (Euro 11.730,00) e per prestazione di lavoro dipendente (Euro 24.649,00), che consentono di ritenere che il contribuente, nell’esercizio della propria professione di avvocato, abbia utilizzato una struttura organizzativa autonoma, avvalendosi di risorse strumentali e della collaborazione di terzi, in modo eccedente il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività” (sent. CTR, p. 4). La motivazione adottata si rivela inadeguata. La CTR afferma che una pluralità di elementi fondano la valutazione della predisposizione di una autonoma organizzazione della propria attività professionale da parte del ricorrente, ma si limita ad elencarli e non li analizza, affinché possa stimarsene la rilevanza. Questa Suprema Corte, invero, ha già avuto modo di chiarire che la valutazione degli elementi su cui il giudice del merito fonda la ritenuta sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione del professionista, ai fini del suo assoggettamento al tributo dell’Irap, deve essere rigorosa, non consentendosi altrimenti al professionista un’adeguata possibilità di difesa. Si è, ad esempio, precisato che “in tema d’IRAP non sono indicativi del presupposto dell’autonoma organizzazione i compensi corrisposti da un avvocato per le domiciliazioni presso i colleghi, trattandosi di prestazioni strettamente connesse all’esercizio della professione forense, che esulano dall’assetto organizzativo della relativa attività”, Cass. sez. VI-V, n. 22695 del 2016, e merita di essere rilevato che dalla decisione impugnata non emergono le causali del versamento di somme dall’odierno contribuente in favore di colleghi professionisti, e neppure il numero delle dazioni. La CTR impugnata mostra di fondare la propria decisione, essenzialmente, sulla considerazione delle spese sostenute dall’odierno ricorrente, che reputa elevate, ma questo giudice di legittimità ha già avuto occasione di chiarire che “in tema d’IRAP, il valore assoluto dei compensi e dei costi, ed il loro reciproco rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione di un professionista, atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore ponderale specifico dell’attività esercitata, e, dall’altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale (spese alberghiere o di rappresentanza, assicurazione per i rischi professionali o il carburante utilizzato per il veicolo strumentale), rappresentando, così, un mero elemento passivo dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’implementazione dell’aspetto “organizzativo”, Cass. sez. VI-V, n. 23557 del 2016. In definitiva la motivazione adottata dalla Commissione Tributaria Regionale si mostra esclusivamente enunciativa degli elementi posti a fondamento della decisione, anziché valutativa degli stessi, e si rivela perciò meramente apparente.
Il vizio di motivazione, in conseguenza, effettivamente sussiste, ed il ricorso deve pertanto essere accolto.
L’impugnata decisione deve essere, in definitiva, cassata con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale capitolina perché, in diversa composizione, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a liquidare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso proposto da Am. Sa., cassa la decisione impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale di Roma che, in diversa composizione, provvederà alla rinnovazione del giudizio, nel rispetto dei principi innanzi esposti, e regolerà anche le spese di lite del presente giudizio di cassazione.