Cass., sez. II civ., 4 settembre 2019 (ord.), n. 22094 (testo)
Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 21 maggio – 4 settembre 2019, n. 22094
Presidente Correnti – Relatore Oliva
Fatti di causa
Con ricorso del 5.5.2009 R.M. proponeva opposizione innanzi il Giudice di Pace di Roma alla cartella di pagamento notificatagli il 9.4.2009 sulla base di un precedente verbale di contestazione di contravvenzione al Codice della Strada, assumendo di non aver mai ricevuto la notificazione di detto verbale. Il ricorrente eccepiva inoltre l’inesistenza della notificazione della cartella per mancanza del relativo potere in capo al notificatore e l’intervenuta prescrizione del diritto a pretendere il pagamento della sanzione.
Si costituiva Roma Capitale resistendo all’opposizione e depositando copia della relazione di notificazione del verbale presupposto e del relativo avviso di ricezione con timbro “per compiuta giacenza”. Detti documenti venivano contestati dal R. perché carenti dell’attestazione della loro conformità all’originale.
Con sentenza n. 28129/2010 il Giudice di Pace rigettava l’opposizione ritenendo che il verbale presupposto alla cartella impugnata fosse stato ritualmente notificato al R. .
Costui interponeva appello avverso detta decisione, riproponendo le stesse doglianze formulate in prime cure. Si costituiva in secondo grado Roma Capitale depositando la copia conforme della relazione di notificazione del verbale e insistendo per il rigetto del gravame.
Con la sentenza oggi impugnata, n. 9649/2015, il Tribunale di Roma rigettava l’appello condannando l’appellante alle spese del grado.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione R.M. affidandosi a sette motivi.
Roma Capitale, intimata, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 281-sexies c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, perché il Tribunale, dopo aver rinviato la causa per la decisione nelle forme di cui al richiamato art. 281-sexies c.p.c., avrebbe poi pronunciato il dispositivo omettendo la stesura della contestuale motivazione. Secondo il ricorrente, una volta scelto il procedimento decisorio previsto dalla norma sopra richiamata, il giudice di appello avrebbe dovuto seguirlo per intero e quindi avrebbe dovuto pronunciare la sentenza, immediatamente alla fine dell’udienza di discussione, completa di ambedue i suoi elementi essenziali – motivazione e dispositivo. La mancanza della motivazione, peraltro, non sarebbe sanata dal suo successivo deposito, posto che la potestà decisoria si sarebbe consumata con il deposito di una sentenza incompleta, appunto perché mancante dell’elemento della motivazione.
La censura è infondata. Risulta infatti dai verbali del giudizio di appello, consultabili dal Collegio poiché si discute di un vizio processuale, che il Tribunale, alla prima udienza del 14.5.2013, rinviò la causa al 14.3.2014 “per art. 281-sexies c.p.c., con termine per note conclusive fino a 10 gg. prima”; la successiva udienza si tenne tuttavia (evidentemente a seguito di un rinvio di ufficio) il 2.2.2015 e in quell’occasione il giudizio fu rinviato ancora all’udienza del 5.5.2015 “per discussione e lettura del dispositivo”. Se ne ricava che il procedimento decisorio previsto dall’art. 281-sexies c.p.c., inizialmente individuato dal giudice di appello come il più opportuno per la decisione della causa, è stato in seguito abbandonato con l’opzione per il procedimento ordinario. Trattasi di scelta discrezionale del giudice di merito, non censurabile in questa sede, dalla quale non deriva alcun profilo di nullità posto che, nel momento in cui il Tribunale ha optato per il procedimento decisorio ordinario, quello speciale di cui all’art. 281-sexies c.p.c., non aveva ancora avuto inizio: la relativa udienza non si è infatti tenuta e la discussione della causa, nelle particolari forme previste dalla norma da ultimo richiamata, non ha mai avuto inizio.
Deve quindi enunciarsi, in relazione a quanto precede, il seguente principio di diritto: “Rientra nell’ambito della discrezionalità del giudice di merito la scelta, nell’ambito dei diversi procedimenti decisori previsti dal regime processuale applicabile al caso concreto, di quello più opportuno per la decisione della causa. Tale opzione è revocabile senza limiti, e senza obbligo di specifica motivazione, sino al momento iniziale del particolare procedimento decisorio individuato, che nel caso previsto dall’art. 281-sexies c.p.c., deve farsi coincidere con l’inizio della discussione orale della causa all’udienza appositamente fissata per tale incombente o, quando le parti vi consentano, a seguito dell’invito del giudice a procedere alla discussione immediata”.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23, artt. 615 e 156 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché il Tribunale avrebbe erroneamente affermato che le censure relative alla cartella di pagamento, posta la natura recuperatoria dell’opposizione proposta dal R. , avrebbero dovuto essere proposte nelle forme di cui all’art. 615 c.p.c., senza considerare che, proprio in funzione della dedotta natura recuperatoria ed alla stregua del principio di economia degli strumenti processuali, quelle doglianze avrebbero dovuto comunque essere esaminate, a prescindere dalla qualificazione formale della natura dell’opposizione.
Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 140 c.p.c. e art. 48 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché il giudice di appello avrebbe dovuto ravvisare l’irregolarità del procedimento di notificazione della cartella di pagamento.
Con il quinto motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto il Tribunale non avrebbe esaminato le censure proposte dal R. in relazione all’asserita carenza, in capo al soggetto che in concreto ha curato la notifica della cartella di pagamento, del potere di eseguire la notificazione della stessa.
Le censure, che per la loro connessione meritano un esame congiunto, sono infondate.
Occorre premettere che il Tribunale ha effettivamente valorizzato il fatto che il R. avesse proposto opposizione alla cartella di pagamento asserendo di non aver ricevuto la notifica del verbale presupposto e ha quindi attribuito alla stessa la natura recuperatoria del rimedio processuale che era stato in concreto precluso al ricorrente per effetto dell’omessa della notificazione dell’atto presupposto; ha poi respinto tale opposizione, una volta ritenuta provata la notificazione del verbale di contestazione dell’infrazione al Codice della Strada.
Il ricorrente si duole del fatto che il giudice di appello non abbia anche esaminato le eccezioni specificamente afferenti alla cartella di pagamento in quanto tale, affermando che esse avrebbero dovuto essere proposte nelle diversa forma dell’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, e richiama la nota giurisprudenza di questa Corte che ha affermato il principio secondo cui “L’opposizione alla cartella di pagamento, emessa ai fini della riscossione di una sanzione amministrativa pecuniaria comminata per violazione del Codice della Strada, va proposta ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 7 e non nelle forme dell’opposizione alla esecuzione ex art. 615 c.p.c., qualora la parte deduca che essa costituisce il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogata in ragione della nullità o dell’omissione della notificazione del processo verbale di accertamento della violazione del Codice della Strada. Il termine per la proponibilità del ricorso, a pena di inammissibilità, è quello di trenta giorni decorrente dalla data di notificazione della cartella di pagamento” (Cass. Sez. U., Sentenza n. 22080 del 22/09/2017, Rv. 645323).
Va tuttavia osservato che quella decisione, a chiarimento delle articolate questioni poste dall’ordinanza di rimessione della sezione semplice, ha fornito anche ulteriori precisazioni. In particolare, le S.U. hanno affermato (cfr. il punto 8 della decisione sopra richiamata, pagg. 24 e ss.) che la tutela dei diritti del destinatario della cartella di pagamento è assicurata da un lato mediante il cd. rimedio “recuperatorio” dell’opposizione al verbale mai notificatogli, da esperire nelle forme e nei termini di cui alla L. n. 689 del 1981 (oggi, del D.Lgs. n. 150 del 2011) e dall’altro lato mediante i rimedi oppositivi ordinari degli artt. 615 e 617 c.p.c.. “Così, col primo, come detto, potranno essere dedotti tutti i fatti estintivi sopravvenuti alla definitività del verbale di accertamento, tra cui evidentemente la prescrizione ai sensi dell’art. 209 C.d.S. e della L. n. 689 del 1981, art. 28 (quando la cartella di pagamento sia stata notificata oltre i cinque anni dalla violazione). In tale eventualità, la deduzione dell’omessa od invalida notificazione del verbale di accertamento non è fatta come motivo di opposizione a sé stante (riferito cioè al fatto estintivo contemplato dall’art. 201, comma 5, che va fatto valere nel termine di trenta giorni secondo quanto sopra), ma riguarda l’idoneità dell’atto notificato ad interrompere la prescrizione. Evidente è allora la deducibilità della mancanza di questo (e di altri) atti interruttivi, senza limiti di tempo, in applicazione appunto dell’art. 615 c.p.c.. Parimenti, saranno contestabili con quest’ultimo rimedio tutte le pretese di pagamento dell’amministrazione e dell’agente della riscossione che trovino ragione in fatti precedenti l’iscrizione a ruolo ma successivi all’emissione del verbale di accertamento successivo. Tuttavia, nel sistema delle opposizioni esecutive secondo il regime ordinario, l’irregolarità della sequenza procedimentale dà luogo ad un vizio deducibile ai sensi dell’art. 617 c.p.c., quindi nel termine di venti giorni decorrente dal primo atto del quale l’interessato abbia avuto conoscenza legale” (punto 8.2 della sentenza delle S.U. n. 22080/2017).
Applicando tali criteri al caso di specie emerge che i vizi attinenti alla notificazione della cartella di pagamento, in quanto certamente riferiti alla sequenza procedimentale finalizzata all’esecuzione coattiva della pretesa sanzionatoria, avrebbero dovuto essere proposti nel termine di cui all’art. 617 c.p.c.. Considerato che il ricorrente dichiara a pag. 2 del proprio ricorso di aver ricevuto la notificazione della cartella in data 9.4.2009 e di aver proposto opposizione in data 5.5.2009 detto termine non è stato rispettato con conseguente inammissibilità delle doglianze in esame.
Quanto invece al profilo della prescrizione della pretesa sanzionatoria, pure sollevato dal R. con l’opposizione e proponibile senza limiti di tempo ai sensi dell’art. 615 c.p.c., va osservato che il Tribunale ha esaminato la censura e la ha respinta in quanto “il verbale risulta notificato nel luglio 2004 mentre la cartella impugnata risulta notificata nell’aprile 2009 ovvero entro il quinquennio” (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata).
Da quanto precede deriva che, pur dovendosi operare una correzione della motivazione resa dal giudice di appello, va confermato il verdetto reiettivo di tutte le doglianze proposte dal R. in relazione alla cartella di pagamento: in particolare, per inammissibilità quanto a quelle concernenti il procedimento notificatorio, e per infondatezza quanto all’eccepita prescrizione del diritto ad esercitare la pretesa sanzionatoria, essendo stato accertato dal giudice di merito il rispetto del termine quinquennale.
Può quindi, a corredo del superiore principio posto dalle S.U. con la richiamata decisione n. 22080/2017, affermarsi il seguente ulteriore principio di diritto: “Qualora il ricorrente, con l’opposizione cd. recuperatoria al verbale di contestazione dell’infrazione al Codice della Strada proponga anche censure relative alla cartella esattoria o comunque concernenti fatti verificatisi successivamente al predetto verbale, le stesse – pur potendo essere in concreto formulate con un unico atto di opposizione – soggiacciono tuttavia ai termini previsti dagli artt. 615 e 617 c.p.c.. Di conseguenza, i vizi afferenti il procedimento di notificazione della cartella di pagamento possono essere esaminati soltanto a condizione che il ricorso sia stato proposto nel termine di 20 giorni dalla notificazione della cartella medesima, mentre l’eccezione di prescrizione della pretesa sanzionatoria può essere fatta valere senza termine, in quanto trattasi di censura inquadrabile nell’ambito dell’art. 615 c.p.c.”.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché il Tribunale avrebbe dovuto rilevare la mancata produzione in giudizio della copia autentica del verbale di contestazione dell’infrazione al Codice della Strada.
Con il sesto motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., art. 209 C.d.S., L. n. 689 del 1981, art. 28, artt. 2943 e 1219 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché il Tribunale avrebbe errato nel rigettare l’eccezione di prescrizione, considerando interrotto il relativo termine quinquennale per effetto della notificazione del verbale di contestazione dell’infrazione, che tuttavia non sarebbe mai stato in concreto depositato da Roma Capitale nel corso del giudizio di merito.
Le due censure, tra loro connesse e quindi meritevoli di trattazione congiunta, sono infondate.
Ed invero non soltanto dalla sentenza impugnata, ma anche dalla stessa narrativa della vicenda processuale contenuta nel ricorso (cfr. pagg. 2 e ss.) risulta che in prime cure Roma Capitale aveva depositato la copia semplice della relata di notificazione del verbale, mentre in appello aveva provveduto al deposito della copia autentica di detto atto. Il Tribunale ha valorizzato tali circostanze affermando (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata) che “… Roma Capitale (già Comune di Roma) ha fornito ampia prova della regolare notificazione del verbale di accertamento dell’infrazione amministrativa. Peraltro, la documentazione all’uopo prodotta in copia reca anche l’attestazione di conformità dell’ufficio che custodisce gli originali. L’atto risulta notificato ai sensi dell’art. 140 c.p.c., con il compimento di tutti i prescritti adempimenti”.
Sulla base di tali presupposti il giudice di appello ha correttamente ritenuto interrotto il termine quinquennale di prescrizione della pretesa sanzionatoria per effetto della regolare notificazione del verbale ed ha rilevato che da tale data (14.7.2004) sino a quella della notifica della cartella di pagamento (9.4.2009) non fosse decorso il quinquennio. Tanto basta a confermare la correttezza del rigetto dell’eccezione di prescrizione di cui si discute.
Per quel che invece attiene al mancato deposito dell’originale del verbale di contestazione dell’infrazione o di copia autentica, l’omissione avrebbe potuto in concreto rilevare a condizione che il rimedio recuperatorio proposto dal R. avesse avuto ingresso, cosa che nella specie non è accaduto. Il relativo vizio, pertanto, è del tutto ininfluente ai fini della decisione della causa e quindi anche in relazione ad esso può confermarsi il verdetto reiettivo del Tribunale, sia pure con motivazione differente da quella in concreto fornita da detto giudice (che aveva ritenuto irrilevante il mancato deposito della copia del verbale in vista della natura dell’azione proposta dal R. : cfr. pag. 3 della sentenza impugnata).
Infine, con il settimo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 206, 203 e 194 C.d.S. e L. n. 689 del 1981, art. 27, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché il giudice di appello avrebbe dovuto rilevare che la maggiorazione prevista dal richiamato art. 27 a titolo di penale è prevista soltanto in relazione alle sanzioni amministrative inflitte mediante ordinanza-ingiunzione e non invece in riferimento alle diverse sanzioni in materia di violazione di prescrizioni del Codice della Strada.
La censura è inammissibile. Una volta verificata la corretta notificazione del verbale di contestazione dell’infrazione al Codice della Strada va esclusa la possibilità di recuperare con il presente giudizio vizi che avrebbero dovuto essere dedotti con l’opposizione avverso il verbale stesso.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte di Roma Capitale nel presente giudizio di Cassazione.
Poiché il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.