202209.07
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Anche i laureati in economia potranno diventare magistrati tributari

Con la riforma della giustizia tributaria anche i laureati in materie economiche potranno partecipare al concorso per magistrati tributari. Il Parlamento ha accolto la richiesta formulata da alcune istituzioni e associazioni di categoria, sul rilievo che soltanto se così formate le Corti di Giustizia Tributaria garantirebbero le specifiche conoscenze in ambito economico, contabile e aziendale che sono ritenute necessarie per la risoluzione delle liti fiscali.
Tale scelta legislativa presta il fianco a più di una critica.
La mera partecipazione di laureati in materie economiche non è di per sé sola idonea a garantire l’apporto conoscitivo altamente specialistico in ambito economico, aziendale e contabile che alcune controversie tributarie possono richiedere; inoltre, a bocce ferme legislative, l’ordinamento già contempla uno strumento processuale idoneo a consentire al giudice tributario l’acquisizione di elementi che esulano dalla sua sfera di normale conoscenza o conoscibilità: la consulenza tecnica ex art. 7, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 è infatti tanto flessibile da adattarsi nell’an e nel quomodo alle specifiche caratteristiche del caso sub iudice.
Viene poi da chiedersi se e a quali condizioni l’accesso alla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione possa essere consentito ai magistrati tributari in possesso della sola laurea in materie economiche.

Con la riforma della giustizia tributaria anche i laureati in materie economiche potranno partecipare al concorso per magistrati tributari: infatti il nuovo articolo 4 bis del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 prevede, tra i requisiti di accesso al concorso per magistrati tributari, non soltanto il diploma di laurea in giurisprudenza, ma anche il diploma di laurea magistrale in Scienze dell’economia (Classe LM-56) o in Scienze economico-aziendali (Classe LM-77) oppure i titoli degli ordinamenti previgenti a questi equiparati.

Inoltre, in base all’art. 1, comma 3, lett. a), della legge di riforma della giustizia tributaria, i primi 3 bandi di concorso prevedono una riserva di posti nella misura del 30% a favore dei giudici tributari presenti alla data del 1° gennaio 2022 nel ruolo unico, diversi dai giudici ordinari, amministrativi, contabili o militari, in servizio o a riposo, che siano in possesso della laurea in giurisprudenza oppure della laurea in economia e commercio conseguita al termine di un corso universitario di durata non inferiore a 4 anni.

Il disegno di legge governativo escludeva la laurea in materie economiche.

Come riferito in un precedente intervento (L. R. Corrado, Riforma della giustizia tributaria: i laureati in economia non potranno diventare magistrati, retro, edizione del 27 maggio 2022), nel disegno di legge approvato nel corso della riunione del 17 maggio 2022 il Governo Draghi aveva previsto come requisito di ammissione al concorso per magistrato tributario soltanto la laurea in giurisprudenza, mentre il requisito alternativo della laurea in economia era prescritto soltanto per i primi due bandi di concorso e limitatamente ai fini dell’accesso alla riserva di posti nella misura del 15% a favore dei giudici diversi dai giudici ordinari, amministrativi, contabili o militari, che fossero presenti alla data del 1° gennaio 2022 nel ruolo unico da almeno 6 anni e non fossero titolari di trattamento pensionistico. Il Governo Draghi aveva così accolto la proposta formulata dalla componente professionale-accademica della c.d. “Commissione Della Cananea”, secondo cui l’accesso alla funzione giurisdizionale dovrebbe essere fondato su un pubblico concorso riservato ai laureati in giurisprudenza e – entro certi limiti quantitativi e a determinate condizioni – ai giudici tributari in servizio.

L’originaria esclusione dei laureati in materie economiche dalla platea dei candidati è stata aspramente criticata da alcune istituzioni (Consiglio Nazionale dei Commercialisti) e associazioni di categoria (come l’Associazione Magistrati Tributari, che ha indetto uno stato di agitazione, l’Associazione Nazionale Commercialisti e l’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili), sul rilievo che l’organo giurisdizionale così formato non garantirebbe quelle specifiche conoscenze in ambito economico, contabile e aziendale che sono ritenute necessarie per la gestione della materia fiscale.

La laurea in materie economiche può non garantire le competenze necessarie nelle liti fiscali.

La scelta operata dal Parlamento presta il fianco a più di una critica.

In primo luogo, la mera partecipazione di laureati in economia come componenti delle Corti di giustizia tributaria non è di per sé sola idonea a garantire l’apporto conoscitivo altamente specialistico che alcune controversie tributarie possono richiedere: è infatti evidente che la decisione delle controversie tributarie richiede conoscenze che non si esauriscono né nella cultura giuridica di base generalista maturata con la laurea in giurisprudenza, né nella padronanza delle discipline aziendalistiche ed economiche derivanti dalla laurea in materie economiche.

È altrettanto pacifico che i nuovi magistrati tributari dovranno maturare una cultura specialistica attraverso un percorso comune che si avvia con una selezione mediante concorso pubblico per titoli ed esami e che dovrebbe proseguire con un adeguato periodo di tirocinio di formazione specialistica iniziale e con un continuo aggiornamento durante l’intera carriera (L. R. Corrado, Magistrati tributari: tirocinio, formazione e aggiornamento da adeguare alle altre magistrature, retro, edizione del 31 agosto 2022).

La consulenza tecnica è la soluzione per parti e giudice.

La specializzazione che questo percorso dovrebbe garantire ai nuovi magistrati tributari potrebbe tuttavia non essere sufficiente ad assicurare la piena padronanza delle caleidoscopiche sfaccettature delle controversie tributarie, specie qualora il concreto esercizio dell’attività giurisdizionale richieda particolari cognizioni tecniche (ad esempio quando sia necessario analizzare questioni in materia di prezzi di trasferimento infragruppo).

In ipotesi di tal fatta, nel processo civile interviene la figura del consulente tecnico, vale a dire l’ausiliario del quale il giudice si serve quando la sua attività si svolge in una campo nel quale si richiedono specifiche competenze estranee alla sfera giuridica: infatti, in base all’art. 61 c.p.c., “quando è necessario” il giudice può farsi assistere da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica.

Allo stesso modo, nel processo tributario l’art. 7, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 annovera tra i poteri delle Corti di Giustizia Tributaria quello di disporre d’ufficio la consulenza tecnica “quando occorre acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità”: tale attività deve quindi avere ad oggetto elementi che esulano dalla sfera di normale conoscenza o conoscibilità del giudice, tenuto conto della sua specifica competenza. A parere di chi scrive, un più ampio utilizzo della consulenza tecnica potrebbe rappresentare una “exit strategy rispetto alle critiche oggi mosse alla riforma della giustizia tributaria: infatti tale strumento processuale non soltanto consente di superare le ineludibili carenze conoscitive che caratterizzano ogni organo giurisdizionale, incluso quello impegnato alla risoluzione delle controversie fiscali, ma è tanto flessibile da adattarsi nell’an e nel quomodo alle specifiche caratteristiche del caso sub iudice.

I laureati in materie economiche potranno accedere alla Corte di Cassazione?

In secondo luogo, la presenza di magistrati tributari che abbiano conseguito soltanto il diploma di laurea in materie economiche ne potrebbe impedire l’accesso alla Corte di Cassazione.

Con l’articolo 3 della legge di riforma della giustizia tributaria, è istituita presso la Corte di Cassazione una sezione civile incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie in materia tributaria; inoltre, al fine di stabilizzare gli orientamenti di legittimità e di agevolare la rapida definizione dei procedimenti pendenti, il Primo Presidente della Corte di Cassazione adotta provvedimenti organizzativi adeguati, favorendo l’acquisizione di una specifica competenza da parte dei magistrati assegnati alla sezione tributaria.

È stata quindi accolto il suggerimento formulato dalla componente professionale-accademica della c.d. “Commissione Della Cananea”, che, nella relazione del 30 giugno 2021, ne ha altresì indicato i vantaggi, vale a dire “il consolidamento della vocazione specialistica della giurisdizione tributaria, estesa all’intero corpo di magistrati, non al solo secondo grado; il venir meno della disparità tra i giudici tributari provenienti – rispettivamente – dalle varie magistrature e dalle professioni; l’apporto che un personale di magistratura più specializzato può fornire alla sezione tributaria della Corte di Cassazione”: infatti permettere ai futuri magistrati tributari l’accesso alla Corte di Cassazione non soltanto incentiverà i singoli a intraprendere tale carriera, ma consentirà loro di contribuire all’esercizio della funzione nomofilattica in sede di giudizio di legittimità nella parte finale del proprio cursus honorum, vale a dire proprio nella fase in cui meglio potranno esprimere le competenze specialistiche che alcuni lustri di esperienza faranno loro maturare (L. R. Corrado, I magistrati tributari non avranno accesso alla Cassazione, retro, edizione del 13 luglio 2022).

L’art. 65, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 attribuisce alla Corte di Cassazione, quale “organo supremo della giustizia”, la funzione di assicurare “l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni”, nonché il regolamento dei conflitti di competenza e di attribuzioni: in buona sostanza gli Ermellini devono conferire certezza nell’interpretazione del diritto attraverso una azione esegetica unificatrice. Se vi è una materia in relazione alla quale è indispensabile l’esercizio della funzione nomofilattica in apicibus, essa è proprio quella fiscale, per la quale continuamente viene alimentato un disordinato profluvio di norme e pandette amministrative prive di coordinamento interno e sistematico. Si tratta di ovvietà, ma, ciononostante, il Legislatore governativo sembra ignorare questa esigenza, preferendo compiacere chi oggi ricopre i ruoli di potere nei Ministeri oppure nella Suprema Corte.

Come coniugare la funzione nomofilattica e le esigenze che essa soddisfa con la scelta di aprire la magistratura tributaria ai laureati in materie economiche? Una possibile soluzione può essere disegnata alla luce delle considerazioni enunciate dal Prof. Franco Gallo, presidente emerito della Consulta, nella relazione presentata alla “Commissione Della Cananea”: se l’art. 102 capoverso II periodo Cost., “in termini astratti e generali, dispone espressamente che possono istituirsi «presso gli organi giudiziari ordinari – nel nostro caso, appunto, la Suprema Corte di cassazione – sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura»”, a fortiori ratione alla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione possono accedere ex art. 108 Cost. anche i magistrati tributari laureati in materie economiche, “in quanto giudici speciali non onorari, a tempo pieno, che hanno superato un concorso pubblico e che sono, quindi, assimilati ai giudici ordinari”, a condizione che siano sottoposti, “al pari degli altri consiglieri di Cassazione, alla disciplina dettata dal Consiglio Superiore della Magistratura, mentre i giudici delle Commissioni tributarie dovrebbero continuare a fare riferimento al Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria”.

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