Alla Corte di Giustizia UE le rivendicazioni sindacali dei giudici tributari
Con l’ordinanza n. 660 dell’11 aprile 2023 la Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Lazio ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea alcune questioni pregiudiziali attinenti l’ordinamento giudiziario tributario così come riformato dalla legge 31 agosto 2022, n. 130.
Pienamente condivisibili sono le critiche mosse all’attuale assetto dell’ordinamento giudiziario tributario, nell’ambito del quale indipendenza e terzietà del giudice sono escluse in ragione del legame organico con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ulteriormente rafforzato dalla riforma realizzata in attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Si tratta tuttavia di un mero contorno per quella che appare come una sequela di rivendicazioni promosse dai giudici tributari al fine di ottenere la stabilizzazione ex lege del proprio rapporto di lavoro subordinato, nonché un migliore trattamento economico e previdenziale. Sembra eccentrica la doglianza relativa all’abbassamento dell’età pensionabile, tenuto conto che per tutti i magistrati il collocamento a riposo per limiti di età è fissato al compimento del settantesimo anno di età dall’art. 5, r.d.lgs. 31 maggio 1946, n. 511.
Un’istanza di astensione serve il colpo per il rinvio pregiudiziale
Nel corso del giudizio principale il contribuente deposita una istanza di astensione ex art. 51, comma 1, n. 4) c.p.c. con riguardo a due dei componenti del collegio giudicante, giacché chiamati ad esprimersi in un altro procedimento che concerne le medesime parti e le risultanze dello stesso processo verbale di constatazione. Nell’ordinanza in commento il Collegio nega che sussista motivo di astensione nel caso in cui il giudice debba decidere su una causa diversa che verte su un oggetto analogo e che comporta la risoluzione di una medesima problematica, ritenendo che sia ostativo soltanto l’aver conosciuto la medesima causa come magistrato in altro grado del processo.
Ciononostante la Corte ritiene di dover “affrontare la problematica dell’indipendenza del giudice tributario come giudice naturale precostituito per legge, principio la cui deroga costituisce i motivi dei casi di astensione obbligatoria”, interrogando la Corte di Giustizia dell’Unione Europea alla luce della riforma della giustizia tributaria attuata con la legge 31 agosto 2002, n. 130: infatti, “la risposta del Collegio sull’istanza di astensione […] dipende dalle risposte che la Corte di giustizia dell’Unione fornirà nel […] giudizio incidentale e che riguardano l’indipendenza del giudice tributario come giudice europeo a cui sono garantite dall’ordinamento Ue le stesse condizioni di lavoro del magistrato tributario oppure la coesistenza, ritenuta dalla Corte Ue compatibile con il diritto dell’Unione, di differenti tipologie di giudici che si occupano della giurisdizione tributaria con le stesse modalità organizzative e con gli stessi carichi di lavoro: il giudice tributario e il magistrato tributario”.
Le criticità della riforma della giustizia tributaria del 2022
Dopo un’ampia disamina dei tratti fondamentali dell’ordinamento giudiziario tributario, condotta anche alla luce delle pronunce della Corte Costituzionale e delle più recenti ordinanze di rimessione in materia (Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Venezia, ordinanza 31 ottobre 2022, n. 144; Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Lombardia, ordinanza 22 dicembre 2022, n. 1481), il Collegio osserva che non soltanto “la giustizia tributaria è inquadrata nello stesso plesso ministeriale dell’amministrazione che emana gli atti da controllare e l’articolazione amministrativa che vi è preposta è “parallela” a quella preposta alle Agenzie che emanano gli atti da controllare”, ma “la selezione, formazione, assegnazione, vigilanza, determinazione dello stato giuridico economico, determinazione degli obiettivi, valutazione della produttività, progressione in carriera e giudizio disciplinare del personale amministrativo preposto alla giustizia tributaria e la supervisione sulla organizzazione dei relativi uffici dipendono dalla stessa Amministrazione pubblica che emana gli atti amministrativi soggetti al controllo giurisdizionale”.
Preso atto della “novità solo formale” relativa alla nuova denominazione delle Commissioni tributarie – ora Corti di Giustizia Tributaria di I oppure di II grado – il Collegio sottolinea l’altrettanto “formale” costituzione di una Sezione tributaria nella Corte di Cassazione, tuttavia priva di giudici specializzati.
Pur rilevando che la riforma ha garantito l’indipendenza dei giudici tributari sotto il profilo della preparazione tecnica e dei meccanismi di aggiornamento professionale, idonei a colmare eventuali lacune, iniziali o acquisite, la Corte di Giustizia Tributaria ritiene che “l’istituzione della figura del magistrato tributario” costituisca “una chiarissima lesione dell’indipendenza del giudice tributario, in quanto da un lato al Ministero dell’Economia e finanze MEF sono attribuiti poteri di gestione dello status giuridico ed economico del c.d. personale giudicante e dei concorsi di reclutamento, rendendo i nuovi magistrati tributari dipendenti dello stesso Ministero, cioè dal dicastero che è il titolare degli interessi sostanziali del processo, nonché di assicurarsi automaticamente la nomina in quattro dei quindici posti del CPGT; dall’altro, i giudici tributari […], considerati dal legislatore come giudici non professionali, sono discriminati rispetto alle condizioni di lavoro dei nuovi magistrati tributari, considerati dal legislatore come gli unici giudici professionali della giurisdizione tributaria, pur svolgendo lo stesso lavoro e alle stesse condizioni organizzative dei giudici tributari, ed essendo di fatto pretermessi dagli incarichi nell’Ufficio ispettivo e dall’Ufficio del Massimario in favore dei consiglieri uscenti dell’attuale CPGT, nonché con il limite di soli sette nominativi da eleggere nel prossimo CPGT”.
Il CPGT e i magistrati tributari sono indipendenti?
Il Collegio chiede se gli articoli 2 e 19, par. 1, comma 2, TUE, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, il valore dello Stato di diritto, il principio generale di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione e il principio dell’indipendenza del giudice che tali diritti è chiamato a garantire ostino a una normativa interna – quale l’art. 8, comma 5, legge n. 130/2022 – che prevede che la nomina del nuovo Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, che eserciterà il potere disciplinare sugli attuali giudici tributari e sui magistrati tributari e sarà composto da 15 membri, di cui la maggioranza di 8 membri, compreso il Presidente, è rappresentata da membri di nomina parlamentare e magistrati tributari dipendenti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Il Collegio chiede inoltre se possa essere considerato giudice indipendente in grado di applicare il principio di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti che i singoli traggono dal diritto dell’Unione, cui fanno riferimento l’art. 19, par. 1, comma 2, TUE e l’art. 47 della Carta, il magistrato ordinario, amministrativo, contabile e militare che ha risposto all’interpello del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa previsto dall’art. 1, comma 4, legge n. 130 del 2022 per svolgere in via esclusiva l’attività giurisdizionale tributaria, passando dal proprio status giuridico di giudice tributario in regime di non esclusività di lavoro al ruolo di magistrato tributario alle dipendenze con vincolo di subordinazione di tipo tecnico e diretto con l’unico datore di lavoro Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Nell’illustrare le prime due questioni, la Corte di Giustizia Tributaria osserva che la composizione dell’organo di autogoverno della magistratura tributaria, che diventerà operativa entro il 31 maggio 2023, non è idonea a garantire le condizioni di autonomia e indipendenza dei giudici tributari dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, “parte formale e sostanziale dei processi nel settore della giustizia tributaria”: ne consegue che “l’esercizio del potere disciplinare, la progressione professionale e l’assegnazione degli incarichi direttivi, il potere ispettivo […] e il potere di selezionare la giurisprudenza interna da utilizzare come banca dati per orientare le decisioni della giustizia tributaria di primo e di secondo grado […] saranno totalmente sotto il controllo di magistrati tributari dipendenti dal MEF”.
A ciò si aggiunga che con le delibere n. 158/2023 del 31 gennaio 2023 e n. 441/2023 del 28 marzo 2023 il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria ha disciplinato le modalità di accesso all’Ufficio ispettivo e all’Ufficio del Massimario Nazionale “in modo tale da riservare agli attuali consiglieri del CPGT uscente punteggi privilegiati, legati all’esercizio dell’incarico di componente del CPGT, per accedere ai nuovi Uffici creati dalla legge n. 130/2022 con incarichi retribuiti, con esonero dal prestare attività giurisdizionale come giudice tributario”.
I giudici tributari sono lavoratori dipendenti dal MEF?
Il Collegio chiede se “i giudici tributari in regime di non esclusività lavorativa nella giurisdizione tributaria, quali sono i componenti del Collegio che dovrà decidere il procedimento principale tributario di appello, rientrino nella nozione di “lavoratore” in rapporto di subordinazione di tipo tecnico e sostanziale con il datore di lavoro Ministero dell’Economia e delle Finanze”, nel momento in cui svolgono le stesse prestazioni di lavoro sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo dei magistrati tributari, lavoratori subordinati a tempo pieno e indeterminato comparabili.
Nell’ordinanza si opera un paragone con l’analoga situazione in cui si trovano i magistrati onorari che operano nell’ambito della giustizia ordinaria (giudici di pace, vice procuratori onorari e giudici onorari di tribunale), la cui stabilizzazione con un rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze del Ministero della Giustizia (fino al raggiungimento del 70° anno di età e con retribuzione di funzionario amministrativo e non da giudice) è stata prevista dalla legge n. 234/2021: infatti, in caso di scelta per il lavoro non esclusivo non è imposto uno specifico orario di lavoro, ma è prevista soltanto una riduzione della retribuzione nella misura di circa il 20% rispetto a quella prevista per i magistrati onorari confermati che hanno optato per svolgere l’incarico in via esclusiva.
Le condizioni di lavoro dei giudici tributari sono discriminatorie rispetto a quelle dei magistrati tributari?
Il Collegio chiede se possa essere considerato giudice indipendente in grado di applicare il principio di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti che i singoli traggono dal diritto dell’Unione, cui fanno riferimento gli artt. 19, par. 1, comma 2, TUE e l’art. 47 della Carta il giudice tributario al quale, per svolgere in via non esclusiva l’attività giurisdizionale tributaria, sono applicate condizioni di lavoro discriminatorie rispetto a quelle assicurate al magistrato tributario quale lavoratore comparabile a parità di prestazioni lavorative e operante nella stessa organizzazione giurisdizionale: infatti al primo sono riservati un trattamento economico di gran lunga inferiore con compensi in parte in misura fissa e in parte a cottimo per ogni decisione adottata, senza alcun trattamento previdenziale e senza il diritto a ferie retribuite.
La Corte osserva che, da un lato, “il trattamento economico del giudice tributario, a parte l’esiguo compenso fisso mensile, è determinato con provvedimento della stessa amministrazione i cui provvedimenti sono soggetti al controllo giurisdizionale” e, dall’altro, “esso non appare determinato in misura adeguata rispetto a quello di gran lunga superiore del magistrato tributario come lavoratore a tempo pieno e indeterminato equiparabile”: infatti, “lo stipendio garantito al magistrato tributario ex giudice tributario di nomina non concorsuale è mediamente pari a quattro volte il compenso medio annuo percepito dal giudice tributario, a parità di lavoro e di responsabilità”.
Il trattamento discriminatorio a detrimento dei giudici tributari è giustificato?
La Corte di Giustizia Tributaria chiede se sussistano ragioni oggettive per applicare un trattamento differenziato o discriminatorio tra giudici tributari e magistrati tributari sia per la comune assenza di orario di lavoro nello svolgimento dell’attività giurisdizionale, sia per lo svolgimento delle stesse identiche funzioni giurisdizionali nello stesso settore della giustizia tributaria. In particolare, l’attenzione del Collegio si concentra sulle disposizioni interne – come l’art. 11, comma 2, D.Lgs. n. 545/1992, come modificato dall’art.1, comma 1, lettera l), numero 2.2), legge n. 130 del 2022 – che riducono progressivamente a 70 anni la durata dell’incarico dei giudici tributari, rispetto ai giudici tributari che hanno cessato o cesseranno dall’incarico al compimento del 75° anno di età entro il 31 dicembre 2023.
Il Collegio osserva che, nonostante i correttivi della disciplina transitoria, “la riduzione del limite di durata massima dell’incarico di giudice tributario da 75 anni a 70 anni […] comporterà dal 1° gennaio 2024 seri problemi organizzativi (e quindi tale disposizione è priva di ragioni oggettive)”.
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