Alla Consulta l’esenzione per l’abitazione principale dei coniugi (Comm. Trib. Reg. Liguria 106/2020)
Ordinanza del 23 settembre 2020 della Commissione tributaria regionale per la Liguria sul ricorso proposto da Di Pede Adriano.
Imposte e tasse – Imposta comunale sugli immobili (ICI) e imposta municipale propria (IMU) – Agevolazioni per l’abitazione principale – Requisiti – Dimora abituale e residenza anagrafica del contribuente e del nucleo familiare – Preclusione, in base all’interpretazione giurisprudenziale assunta come diritto vivente, della riduzione/esenzione dall’imposta per entrambi i coniugi, non legalmente separati, aventi residenza anagrafica e dimora abituale in immobili situati in Comuni differenti. – Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), art. 8, comma 2, come modificato dall’art. 1, comma 173, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)”); decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equita’ e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 13, comma 2. (21C00154)
GU 1a Serie Speciale – Corte Costituzionale n.28 del 14-7-2021)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI LIGURIA
SECONDA SEZIONE
riunita con l’intervento dei signori:
Canepa Daniela – presidente;
Conati Renzo – relatori;
Chiti Alfredo – giudice;
ha emesso la seguente sentenza sull’appello n. 168/2018 depositato il 16 febbraio 2018 avverso la pronuncia sentenza n. 44/2018 Sezione 3 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Genova
contro: Comune di Lavagna, piazza della Liberta’ 47, 16033 Lavagna;
proposto dall’appellante: D.P.A., corso B. A. 52 B, int. 11, 16033 L. (G.);
atti impugnati: avviso di accertamento n. (…) del 12 aprile 2016 I.C.I. 2011
Ordinanza di rimessione atti alla Corte costituzionale per questione di legittimita’.
Svolgimento del processo
1) Con l’impugnata sentenza (n. 44/03/18) la C.T.P. di Genova respingeva il ricorso proposto da D.P.A. avverso l’avviso di accertamento (n. (…)) col quale il Comune di Lavagna gli contestava il mancato pagamento dell’ICI per l’anno 2011 (di Euro 524,00) per l’appartamento di sua esclusiva proprieta’ sito in Lavagna, corso Buenos Ayres 52/B/11, dove lo stesso aveva “residenza anagrafica” ma, secondo l’Ufficio – non anche “dimora del nucleo familiare”, in quanto la moglie sig.ra C.L. era residente, nello stesso anno, col figlio D.P.M., in C., via S. di R. 15, in appartamento di sua esclusiva proprieta’.
La presente controversia e’ parte di un contenzioso “seriale” del Contribuente contro gli accertamenti del Comune di Lavagna per ICI (dal 2007 al 2011) e IMU (dal 2012 in poi), tutti fondati sugli stessi presupposti di fatto, conclusi con giurisprudenza altalenante nei due gradi di giudizio di merito.
2) L’avviso di accertamento motivava: che la moglie usufruisce per la propria abitazione in Chiavari l’esenzione ICI; che la moglie e il figlio sono fiscalmente a carico del Ricorrente; che i consumi di energia elettrica nell’appartamento del Contribuente in Lavagna risultano bassi, incompatibili con l’uso costante dell’abitazione da parte del nucleo familiare; che pertanto “si ritiene che la dimora abituale del nucleo familiare sia in Chiavari”, presso la residenza della moglie e che, di conseguenza, il Ricorrente abbia “usufruito dell’agevolazione ICI prima casa relativamente ad unita’ immobiliare non rispondente al domicilio abituale del Contribuente assieme al nucleo familiare”.
3) Il ricorrente formulava alcune eccezioni preliminari, riproposte in appello, relativamente alla regolarita’ di svolgimento del preventivo contraddittorio endoprocedimentale, anche sotto il profilo dell’incompletezza della motivazione in violazione dell’art. 7, comma 2, L. n. 212 del 2000 (cd. Statuto del Contribuente).
4) Nel merito, riconosceva come pacifici alcuni fatti (i coniugi erano residenti in appartamenti di loro esclusiva proprieta’, siti in due comuni liguri diversi, Lavagna e Chiavari, per i quali hanno sempre usufruito delle aliquote agevolate e, dal 2008, dell’esenzione nel versamento dell’ICI e poi dell’IMU, cosi come per l’anno 2011 (oggetto del presente giudizio).
5) Contestava viceversa gli altri fatti allegati dal Comune, assumendo: di essere “… separato di fatto dal 1993, in regime di separazione dei beni, con domicili e residenze in comuni diversi fin dal 1993 (io sempre a Lavagna e mia moglie prima a Milano e poi dal 2006 a Chiavari…” (pag. 20 ricorso primo grado); che tutte le raccomandate indirizzate al Contribuente presso l’indirizzo di Chiavari della moglie non erano mai state ritirate costituendo serio indizio, cola’, di sua non dimora abituale; che esistevano tutte le usuali utenze domestiche allo stesso intestate in Lavagna con consistenza dei consumi rilevati compatibile con l’uso prevalente del piccolo appartamento da parte del nucleo familiare, senza prova contraria da parte del Comune; che in Lavagna aveva anche scelto il medico di famiglia e ha domicilio fiscale.
6) Il Comune controdeduceva, in sintesi, che nel caso di specie la prova, anche indiziaria, della residenza “effettiva” o “fittizia” del Ricorrente in Lavagna era inconferente e superflua il quanto la (pacifica) residenza della moglie, non legalmente separata, nel diverso Comune di Chiavari era, di per se’ sola, in applicazione dell’art. 8 del D.Lgs. n. 504 del 1992, preclusiva dell’agevolazione ICI praticata dal marito in quanto prova inconfutabile della non convivenza nella “abitazione principale mila quale il contribuente e i suoi familiari dimorano abitualmente”.
7) La Commissione tributaria provinciale – ritenute infondate tutte le eccezioni preliminari in quanto, allo stato della prevalente giurisprudenza, anche comunitaria, l’obbligatorieta’ del contraddittorio preventivo (dal quale poter far discendere la nullita’ dell’accertamento) vale solo per i tributi cd. armonizzati, esclusi quelli locali, a maggior ragione se effettuati “a tavolino”, come nel caso di specie – con la sentenza appellata, respingeva il ricorso, compensando integralmente le spese del grado.
8) La prima sentenza (depositata il 12 febbraio 2018) superava – assorbendola nel merito – l’eccezione del Comune, che riteneva generalmente preclusivo del beneficio il (solo) fatto diversa residenza dei coniugi (con presunzione juris et de jure di “non convivenza nella abitazione principale”) ma, al contempo, ne accoglieva la linea difensiva nel caso concreto, sulla base del seguente ragionamento logico-giuridico: la norma in esame ha natura “agevolatrice”, quindi di “stretta interpretazione” e “nell’ipotesi di non coincidenza tra abitazione principale e residenza anagrafica soggetto passivo dell’imposta ha l’onere di fornire la prova rigorosa in merito… di avere effettivamente la residenza nell’appartamento a Lavagna in modo continuativo”. Quindi, spetterebbe al Contribuente la prova, anche indiziaria, di coincidenza della propria residenza “effettiva” (e dimora abituale) con quella “anagrafica o, al contrario ma simmetricamente, che la propria residenza anagrafica non sia “fittizia”.
9) Avverso tale sentenza proponeva tempestivo appello il Contribuente riproponendo e ulteriormente specificando le stesse eccezioni e difese, preIiminari e di merito gia’ formulate, sostenendo l’erroneita’ della decisione adottata, alle quali controdeduceva tempestivamente il Comune.
10) Questo collegio, a seguito di rinvio dell’udienza, dell’11 marzo 2020 per emergenza sanitaria COVID-19, all’udienza del 23 settembre 2020, svoltasi con le formalita’ di cui all’art. 34, D.Lgs. n. 546 del 1992, ritenute infondate tutte le eccezioni preliminari, riproposte in appello dal Contribuente, relativamente alla regolarita’ di svolgimento del preventivo contraddittorio endoprocedimentale, nondimeno ritiene che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita’ costituzionale che, per i motivi di seguiti illustrati, viene sollevata d’ufficio.
Motivi della decisione
11) S’impone a questa CTR, per decidere la presente controversia, di esprimersi sull’interpretazione adottata dal Comune di Lavagna, ai fini dell’esenzione dall’imposta, sotto il duplice profilo del valore probatorio (legale o semplice) della certificazione di residenza anagrafica e dell’onere probatorio (del Contribuente o del Comune) al fine della prova della residenza “effettiva” nella “abitazione principale/familiare”.
Tale interpretazione, risulta ormai trasformata in “diritto vigente” dalla recente giurisprudenza di legittimita’ del 2020 che lo ha parzialmente confermato (ordinanze della Cassazione, sez. VI, nn. 4166/2020 e 4170/2020) e, non consentendo ormai diverse interpretazioni, pare presentare profili di legittimita’ costituzionale.
12) Cio’ in quanto il Comune, nonostante la (pacifica) residenza anagrafica del Ricorrente in Lavagna, ha revocato (anche) per l’anno 2011 il beneficio dell’esenzione ICI (per “abitazione principale”), applicando la tassazione dell’immobile (per “casa a disposizione”), per il solo fatto della diversa residenza anagrafica della moglie nel Comune di Chiavari, ritenuta abitazione principale, da cio’ presumendo che il Ricorrente fosse cola’ di fatto domiciliato/dimorante; con l’aggiunta, in via subordinata, che lo stesso non avrebbe comunque indicato “la dimora abituale del nucleo familiare ed individuato l’abitazione a cui applicare l’esenzione per abitazione principale” (cfr: nota all’avviso di accertamento).
13) L’art. 8, comma 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992 in materia ICI, applicabile ratione temporis, per le agevolazioni/esenzioni fiscali, definisce “unita’ immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, … salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica… (aggiungendo infine che)…Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprieta’, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente”.
14) L’interpretazione fornita dal Comune di Lavagna – sia per quanto concerne il valore probatorio della residenza anagrafica (legale o semplice) e sia circa l’onere probatorio (del Contribuente o del Comune) – non e’ l’unica possibile tanto che la Cassazione con alcune sentenze/ordinanze in materia (n. 18937/19, n. 15439/19, n. 8367/19, n. 5413/19, n. 20368/18, n. 13062/14, n. 14389/10) nell’intento di interpretare la norma (di non felice formulazione) scoraggiando comportamenti fraudolenti ed elusivi dell’obbligo di pagamento di ICI e IMU, aveva delineato i seguenti principi di diritto:
a) la residenza anagrafica di un coniuge vale come indizio di “abitazione principale” del Contribuente e del suo nucleo familiare, anche unipersonale, in quella abitazione, dove si presume abbia anche dimora abituale;
b) tale indizio deve pero’ cedere di fronte alla prova sostanziale, anche indiziaria, fornita dalla parte onerata, che i due coniugi non sono conviventi in un’unica abitazione e che quella dell’altro coniuge costituisce “abitazione principale” del nucleo familiare, solo alla quale (ricorrendo le condizioni di legge), e’ applicabile il beneficio fiscale dell’esenzione, ancorche’ i due coniugi abbiano residenze anagrafiche diverse;
c) la diversa residenza (anagrafica) dei coniugi – magari per motivi di salute o lavoro – non esclude la convivenza che dovrebbe caratterizzare il rapporto affettivo di coniugio che viene meno solo con il verificarsi della insanabile frattura dei reciproci sentimenti e con la conseguente separazione.
La Cassazione ancora recentemente (ordinanza n. 15439/2019) dopo aver ribadito che la ratio della norma, e’ quella di impedire che la fittizia assunzione della dimora o della residenza in altro luogo da parte di uno dei coniugi crei la possibilita’ per il medesimo nucleo familiare di godere due volte dei benefici per la abitazione principale, ha chiarito che l’interpretazione dell’art. 8 citato “… deve tener conto che il concetto di “abitazione principale” richiama quello tradizionale di “residenza della famiglia”, desumibile dall’art. 144, comma 1 del codice civile, come inteso nell’elaborazione giurisprudenziale e, dunque, quale luogo di ubicazione della casa coniugale, perche’ tale luogo individua presuntivamente la residenza di tutti i componenti della famiglia, salvo che tale presunzione sia superata dalla prova che lo spostamento della propria dimora abituale sia stato causato dal verificarsi di una frattura del rapporto di convivenza…” (V. Cassazione sez. 5, 15 giugno 2010, n. 14389, cit. in motivazione). Ne deriva – prosegue la motivazione – che “… occorre distinguere l’ipotesi in cui il presupposto di fatto, in relazione al quale deve valutarsi l’applicabilita’ del beneficio per la casa principale, sia costituito dalla mera circostanza che due coniugi non separati legalmente abbiano la propria abitazione in due differenti immobili, da quella, ben diversa, in cui risulti accertato che il trasferimento della dimora abituale di uno dei coniugi sia avvenuto “per la frattura del rapporto di convivenza, cioe’ di una situazione di fatto consistente nella inconciliabilita’ della prosecuzione della coesistenza, sotto lo stesso tetto, delle persone legate dal rapporto coniugale, con conseguente superamento della presunzione di coincidenza tra casa coniugale e abitazione principale” (v. Cassazione, sez. 6-5, 17 maggio 2018, n. 12050, non massimata). Nel primo caso, infatti, il nucleo familiare (inteso come unita’ distinta ed automa rispetto ai suoi singoli componenti) resta unico, ed unica, pertanto, potra’ essere anche l’abitazione principale” ad esso riferibile… nel secondo caso, invece, la frattura del rapporto di convivenza tra i coniugi, intesa quale separazione di fatto, comporta una disgregazione del nucleo familiare e, conseguentemente, l’abitazione principiale” non potra’ essere piu’ identificata con la casa coniugale”.
15) Fino a questo punto al giudicante sarebbe stata ancora consentita un’interpretazione – eventualmente difforme da quella adottata dal primo giudice – tendente a superare il dubbio di costituzionalita’ con un’interpretazione (ritenuta piu’) “costituzionalmente orientata”, nel senso di limitare il beneficio ICI a un solo immobile sito nel comune di residenza di entrambi i soggetti costituenti il nucleo familiare, senza escluderlo a priori, per il soggetto residente in altro comune per esigenze personali, salva la prova, anche indiziaria, della parte onerata che la doppia residenza dei-coniugi avesse (o non avesse) finalita’ elusiva del pagamento dell’imposta in quanto la residenza anagrafica del Contribuente fosse “fittizia”. Cio’ in quanto, in presenza di una diversa residenza anagrafica certificata da due comuni diversi, che presuppone anche una diversa dimora abituale dei coniugi, puo’ legittimamente presumersi che la cessazione della convivenza dipenda dalla frattura di fatto del rapporto coniugale (specialmente se tale circostanza e’ dichiarata anche da uno o entrambi i coniugi, che si aggiunge agli altri fatti indiziari), salva la prova contraria a carico della controparte interessata che puo’ essere resa anche con altri fatti indiziari contrari e piu’ convincenti al prudente apprezzamento del giudice.
In conclusione, questo collegio – sulla base dell’indirizzo’ che pareva essere stato tracciato dalla precedente giurisprudenza di legittimita’ – avrebbe potuto dare continuita’ alle precedenti sentenze di questa Commissione regionale, favorevoli ai Contribuenti (CTR Liguria n. 119/2020, nn. 818, 914, 1242, 1439/2019, e altre: CTR Bologna n. 914/2019, CTR Toscana n. 551/2017, CTR Roma n. 1524/09/2016), che non escludevano il doppio beneficio per coniugi residenti anagraficamente in comuni diversi, onerando (a seconda dell’impostazione accolta) il Contribuente o il Comune dell’onere della prova.
16) Tale conclusione interpretativa si fonda sulle seguenti considerazioni:
a) Alla normativa ICI si e’ sovrapposta dal 2012 quella IMU del 2012 per le parti espressamente modificate, rimanendo per il resto in vigore le precedenti disposizioni e le applicazioni di prassi.
b) L’interpretazione logico-sistematica dell’art. 8 del D.Lgs. n. 504 del 1992 in materia ICI non puo’ non tener anche conto anche dell’art. 13, ultima parte, della L. n. 214 del 2012 in materia IMU (Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze ln relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile) e dell’interpretazione data dal MEF che, seppure non avente rango di “legge di interpretazione autentica” e, come tale, non gerarchicamente vincolante per il Comune, nondimeno costituisce autorevole indirizzo applicativo concreto avente efficacia generalizzata e vincolante a livello nazionale per tutti gli Uffici finanziari (“Il legislatore non ha, pero’, stabilito la medesima limitazione nel caso in cui gli immobili destinati ad abitazione principale siano ubicati in comuni diversi, poiche’ in tale ipotesi il rischio di elusione della norma e’ bilanciato da effettive necessita’ di dover trasferire la residenza anagrafica e la dimora abituale in un altro comune, ad esempio, per esigenze lavorative”);
c) La disposizione normativa applicabile ai coniugi residenti nello stesso comune, come precisato dalla sopra ricordata circolare MEF del 2012, ha natura certamente “antielusiva” ma non “agevolatrice” (per entrambi, altrimenti entrambi sarebbero esclusi dal beneficio) non suscettibile di interpretazione estensiva, bensi’ “limitatrice” (a uno solo, altrimenti entrambi sarebbero ammessi al beneficio), ammessa a interpretazione estensiva. Limite che viene meno per i coniugi residenti in comuni diversi per i quali l’agevolazione spetta a entrambi, salva la prova del comportamento elusivo/abusivo del Contribuente.
La Cassazione ha chiarito che, ricorrendone le condizioni di legge, il beneficio ICI/IMU spetta (solo) al coniuge che possegga la “abitazione principale” (il beneficio dell’esenzione per l’abitazione principale, che spettano al possessore e al suo nucleo familiare che hanno residenza e dimora abituale in un determinato immobile, costituisce un vantaggio fiscale di natura eccezionale che per i coniugi non legalmente separati non puo’ essere duplice. Cassazione n. 7436/2019).
d) L’interpretazione accolta dal giudice di primo grado porta (conseguentemente) a escludere senz’altro il beneficio per entrambi i coniugi con residenza anagrafica in comuni diversi, salva la prova, a carico del contribuente, della separazione legale o divorzio.
e) Cosi interpretando, il fondamento dell’esenzione dell’Imposta sarebbe la “rottura di fatto del rapporto coniugale”, cioe’ un “motivo” soggettivo e personale (non formalizzato con la separazione legale o il divorzio in data certa), in contrasto con tutti i principi del diritto tributario che, viceversa, richiedono ai presupposti di qualsiasi imposta il carattere della precostituita oggettivita’.
Si aggiunge che la prova della separazione di fatto, per giustificare la non convivenza col coniuge, posta a carico del Ricorrente potrebbe scontrarsi con i principi posti a tutela della privacy non solo del Contribuente ma anche di soggetti terzi quali i componenti della famiglia nella piu’ ampia accezione e che il requisito formalistico della “rottura di fatto del rapporto coniugale” sarebbe facilmente ottenibile dai coniugi con semplice dichiarazione di separazione consensuale, magari, “fittizia”.
f) Inoltre l’interpretazione adottata – pur nella formale differenza delle situazioni raffrontate – porterebbe sostanzialmente a discriminare i “matrimoni” rispetto alle “coppie di fatto” e alle “unioni civili”, perche’ nel primo caso (specialmente in assenza di figli minori conviventi col padre o con la madre, quindi nell’impossibilita’ di stabilire il domicilio, del nucleo familiare prevalente), sia il marito che la moglie perderebbero (astrattamente) il beneficio, con disparita’ di trattamento rispetto ai conviventi di fatto (in coppie eterosessuali o omosessuali) i quali potrebbero (astrattamente) beneficiare, entrambi, del beneficio fiscale, determinando un trattamento meno favorevole della coppia “matrimoniale” rispetto a quella “di fatto”.
g) Le nozioni di “famiglia anagrafica” e di “nucleo familiare” sono distinte e non sempre coincidenti stante che l’art. 4 del D.P.R. n. 223 del 1989, stabilisce che “la famiglia anagrafica puo’ essere costituita da una sola persona” e che la residenza anagrafica costituisce certificazione pubblica di dimora abituale per ciascun coniuge e che non puo’ escludere sic et simpliciter la connotazione di “abitazione principale” all’immobile di residenza per il quale si chiede l’esenzione per il solo fatto della residenza in altro comune dell’altro coniuge. Cio’ in quanto, ai fini ICI e IMU, la “famiglia” richiede la “coabitazione” e la “dimora abituale” se i coniugi risiedono nello stesso comune, ma non anche in comuni diversi, stante che il vincolo coniugale non cessa col venir meno – magari temporaneo per motivi personali o di lavoro – della convivenza pena, in caso contrario.
h) La prova, anche indiziarla, a dimostrazione che la residenza anagrafica del Contribuente sia “fittizia” in quanto lo stesso dimora abitualmente altrove e l’abitazione agevolata non e’ la sua “abitazione principale” e’ sempre possibile, con qualsiasi mezzo, ma deve essere fornita dal Comune che assume il comportamento elusivo del coniuge e che, con le facolta’ investigative suo possesso (certificati anagrafici, di stato di famiglia, di collegamento con banche dati nazionali del Fisco e di altri comuni/amministrazioni/enti, ecc.), magari attivando un mirato contraddittorio endoprocedimentale, e’ in grado di raggiungere e motivare, sulla base delle informazioni acquisite, il proprio convincimento circa la discordanza tra la residenza anagrafica e quella effettiva del contribuente, in quanto, se non esiste la “prevalente dimora abituale”, deve cessare (per cancellazione) anche “la residenza anagrafica certificata” nello stesso comune; fino ad allora la prima e la seconda devono presuntivamente ritenersi coincidenti, salvo prova contraria della parte che afferma la divergenza.
i) La L. n. 126 del 2008 di conversione del D.L. n. 93 del 2008, per l’esclusione dell’ICI alla “abitazione principale” ripropone quella “considerata tale ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504” e successive modifiche ed integrazioni.
j) La legge di bilancio 2020 (L. n. 160 del 2019), all’art. 1, commi 738 e ss., ha modificato la materia introducendo la nuova IMU/TASI. Il comma 740, stabilisce che non costituisce presupposto dell’imposta il possesso dell’abitazione principale come definita alle lettere b) e c) del comma 741 e, per quanto qui interessa, la lettera b) stabilisce che per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unita’ immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente, e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile.
k) La nuova IMU 2020 ha identica definizione e presupposto impositivo rispetto all’IMU 2012; come ulteriormente precisato nella circolare MEF 3/DF del 2112, con limitazione del beneficio a un solo immobile per i coniugi residenti nello stesso comune ma non conviventi. Anche nella novella del 2020 nulla si dispone per i coniugi residenti in comuni diversi. Ora, l’interpretazione logico-sistematica della norma, che tenga anche conto dell’intenzione del legislatore, porta a ritenere che lo stesso, qualora fosse di contrario avviso rispetto all’indirizzo espresso dal MEF a livello nazionale, lo avrebbe espressamente stabilito, limitando il beneficio a uno dei due e a quale.
17) L’opzione interpretativa sopra esposta – che avrebbe astrattamente consentito la concessione della doppia esenzione per due immobili siti in comuni diversi, ovviamente previa prova delle condizioni di legge – difforme da quella proposta dal Comune e accolta dal primo giudice, che certamente rientrava nella prerogativa decisionale di questa CTR, pare oggi preclusa da due recenti ordinanze della Cassazione, sezione VI, nn. 4166/2020 e 4170/2020, entrambe depositate il 19 febbraio 2020, che – pur avendo a oggetto un accertamento IMU – necessariamente estendono il loro effetto anche alla precedente imposta in quanto espressamente richiamano precedenti arresti giurisprudenziali in materia ICI (Cassazione n. 14389/2010, n. 20368/2018, n. 5314 e altri sopra elencati).
18) Infatti queste due recenti sentenze, partendo dal fatto “incontestato che il coniuge della ricorrente risieda in un altro comune”: fattispecie identica a quella in esame), ritengono “la necessita’ che in riferimento alla stessa unita’ immobiliare tanto il possessore quanto il suo nucleo familiare non solo vi dimorino stabilmente, ma vi risiedano anche anagraficamente”, cosi’ estendendo anche all’IMU il principio originariamente enunciato per l’ICI per cui “ai fini della spettanza della detrazione e dell’applicazione dell’aliquota ridotta prevista per le abitazioni principali dall’art. 8 del D.Lgs. n. 504 del 1992, un’unita’ immobiliare puo’ essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente ed invece difetti nei familiari” (Cassazione n. 14389/2010).
19) La giurisprudenza di legittimita’, da ultimo richiamata come consolidata nel decennio precedente, costituisce ormai orientamento nomofilattico di legittimita’ tale da con figurare “diritto vivente”, tanto da annullare ogni difforme spazio interpretativo, oltre quello enunciato da ultimo dalla Cassazione per cui l’agevolazione dell’imposta e’ preclusa per entrambi i coniugi, non legalmente separati, per il solo fatto di avere residenza e dimora abituale in diversi comuni (in logica conseguenza della carenza per ciascuno di una propria “abitazione principale”).
20) La norme cosi’ intese (art. 8 del D.Lgs. n. 504 del 1992 e art. 13, comma 2, del D.L. n. 201 del 2011, convertito in L. n. 214 del 2011) paiono assumere profili di illegittimita’ costituzionale in violazione degli art. 3, 16, 29 e 53 della Costituzione (nella parte in cui precludono per entrambi i coniugi dimoranti in comuni diversi, sulla base della sola certificazione anagrafica, l’agevolazione fiscale ICI/IMU) in quanto:
a) determinano una disparita’ di trattamento tra coppie “coniugate” che, pur conviventi di fatto, hanno residenza anagrafica nello stesso comune o in comuni diversi (consentendo alle prime una detrazione ICI/IMU e nessuna alle seconde);
b) determinano una disparita’ di trattamento tra coppie “coniugate” e “di fatto” o “unioni civili” (consentendo alle prime una o nessuna detrazione, a differenza dalle altre, alle quali possono spettarne anche due);
c) determinano un irrazionale onere alla liberta’ di circolazione. e soggiorno delle coppie “coniugate”, rispetto alle altre, ponendo limitazioni economiche (esclusione dal beneficio fiscale) in base esclusivamente alla scelta della diversa residenza anagrafica dei coniugi;
d) correlano (parte de) la capacita’ contributiva dei coniugi al solo fatto formate della loro residenza anagrafica, in base esclusivamente alla scelta della diversa residenza anagrafica dei coniugi.
21) Pertanto si ravvisa nel presente giudizio la rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni poste, relative al:
D.Lgs. n. 504 del 1992 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modifiche ed integrazioni, art. 8, comma 2 (Dalla imposta dovizia per l’unita’ immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica, … Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprieta’, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente), come integrato dalla L. n. 296 del 2006 (finanziaria 2007) all’art. 1, comma 173, lettera b, che ha aggiunto, dopo le parole “adibita ad abitazione principale dei soggetto passivo”: “intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica”;
D.L. n. 201 del 2011, convertito in L. n. 214 del 2011 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modifiche ed integrazioni, art. 13, comma 2, (Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unita’ immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile).
22) Conseguentemente si ravvisa l’illegittimita’ costituzionale di entrambe le norme nella parte in cui, secondo il “diritto vivente”, escludono la riduzione/esenzione dall’imposta per i coniugi con residenza anagrafica e dimora abituale in immobili situati in diversi territori comunali, di fatto escludendo la prova contraria della parte interessata, Comune o Contribuente, in quanto e’ la stessa certificazione anagrafica a costituire prova documentale della residenza/dimora abituale attuali.
23) Pertanto questa CTR, ai sensi dell’art. 23, comma 2 della L. 11 marzo 1953, n. 87, solleva d’ufficio questione di legittimita’ costituzionale, sospende il presente giudizio fino alla definizione dell’incidente, di costituzionalita’ e manda la Segreteria, ai sensi dell’art. 23, comma 4 della L. 11 marzo 1953, n. 87, a notificare la presente ordinanza alle parti costituite ed al Presidente del ConsigIio dei ministri, nonche’ a darne comunicazione ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
P.Q.M.
Letti gli articoli 134 e 137 Costituzione; l’art. 1 della L.Cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e l’art. 23 della L. 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 58, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, sia in se’ che in relazione al comma 1 di essa norma, per divisato contrasto con gli articoli 3, 24 e 117, comma 1 Costituzione, nonche’ con criteri di razionalita’ e con i principi generali dell’ordinamento nei sensi di cui in motivazione;
A. dispone la sospensione del presente giudizio;
B. dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti costituite ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche’ comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;
C. dispone infine l’immediata trasmissione della presente ordinanza alla Corte costituzionale assieme al fascicolo processuale, nella sua interezza e con la prova delle avvenute e rituali notificazioni e comunicazioni predette.
Genova, 23 settembre 2020
Il Presidente: Canepa
Il relatore: Cunati