IMU terreni montani alla Corte Costituzionale
N. 56 RICORSO PER LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE 28 maggio 2015
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 28 maggio 2015 (della Regione Sardegna) . Imposte e tasse - Imposta municipale propria (IMU) - Disciplina delle esenzioni e detrazioni per i terreni agricoli introdotta dal decreto-legge n. 4 del 2015 - Applicabilita' dell'esenzione prevista dall'art. 7, comma 1, lett. h), del decreto legislativo n. 504 del 1992 ai fondi ubicati nei Comuni classificati totalmente o parzialmente montani di cui all'elenco dei Comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) - Retroattiva operativita' del medesimo criterio anche per l'anno d'imposta 2014 - Ricorso della Regione Sardegna - Denunciato rinvio, per la determinazione dei territori in tutto o in parte esenti, alla classificazione dei Comuni per grado di montanita' effettuata in base all'abrogato art. 1 della legge n. 991 del 1952 e riportata nell'elenco ISTAT - Contrasto con le norme di attuazione statutaria che hanno trasferito alla Regione ricorrente le funzioni relative alla classificazione dei territori montani in Sardegna - Violazione della competenza regionale in materia di "agricoltura", comprensiva di quelle specifiche in materia di "determinazione dei comuni montani" e di "sviluppo rurale" - Lesione della competenza regionale in materia di "coordinamento del sistema tributario" nonche' dell'autonomia finanziaria regionale - Utilizzazione di dati non aggiornati, anacronistici e inesatti, con conseguente inidoneita' del mezzo rispetto allo scopo prefissato - Violazione dei principi di ragionevolezza e di buon andamento della pubblica amministrazione - Ingiustificate disparita' di trattamento tra territori contigui e morfologicamente ed economicamente affini - Violazione dei principi di eguaglianza e di capacita' contributiva - Omessa considerazione di specifiche situazioni del territorio sardo. - Decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, art. 1, commi 1 e 3. - Costituzione, artt. 3, 53, 97 e 117, comma terzo; Statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), artt. 3, in particolare, comma 1, lett. b) e d), 7, 8 e 56; decreto legislativo 6 febbraio 2004, n. 70, art. 1; d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, art. 51. Imposte e tasse - Imposta municipale propria (IMU) - Disciplina delle esenzioni e detrazioni per i terreni agricoli introdotta dal decreto-legge n. 4 del 2015 - Applicabilita' di una detrazione fiscale di 200 euro dall'imposta dovuta per i terreni ubicati nei Comuni di cui all'allegato 0A dello stesso decreto-legge, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali - Limitazione della detrazione, per quelli fra i suddetti Comuni che riportino l'annotazione "parzialmente delimitato" (PD), unicamente alle zone del territorio comunale individuate ai sensi della circolare del Ministero delle finanze 14 giugno 1993, n. 9 - Ricorso della Regione Sardegna - Denunciata impossibilita' di desumere le basi su cui l'Allegato 0A e' stato compilato - Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione - Lesione delle competenze regionali in materia di "agricoltura", comprensiva della funzione di determinazione dei territori montani, e di "coordinamento del sistema tributario", nonche' dell'autonomia economico-finanziaria della Regione. - Decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, art. 1, comma 1-bis. - Costituzione, artt. 3, 53, 97 e 117, comma terzo; Statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), artt. 3, in particolare, comma 1, lett. b) e d), 7, 8 e 56; decreto legislativo 6 febbraio 2004, n. 70, art. 1; d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, art. 51. Imposte e tasse - Imposta municipale propria (IMU) - Applicabilita' dell'IMU sui terreni agricoli per l'anno d'imposta 2014 e relative esenzioni e detrazioni - Disciplina retroattiva introdotta dal decreto-legge n. 4 del 2015 - Ricorso della Regione Sardegna - Denunciato impedimento di fatto e di diritto della possibilita' per la Regione e per i Comuni sardi di modificare le aliquote d'imposta - Violazione della competenza statutariamente attribuita alla Regione di stabilire esenzioni, detrazioni e agevolazioni fiscali nel caso in cui lo Stato abbia previsto forme di modulazione dell'imposta - Violazione della generale autonomia economico-finanziaria e delle competenze della Regione in materia di "ordinamento degli enti locali" e di "finanza locale" - Lesione dell'autonomia finanziaria degli enti locali - Inutilizzabilita', a causa della illegittima e irragionevole disciplina introdotta dal decreto-legge n. 4 del 2015, della potesta' regionale di articolare il tributo in modo da favorire "lo sviluppo economico dell'Isola" . - Decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, art. 1, commi 3, 4 e 5; nonche' commi 1, 1-bis e 3. - Costituzione, artt. 117, 118 e 119; Statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), artt. 3, 7, 8 e 10; decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 13, comma 6. Imposte e tasse - Imposta municipale propria (IMU) - Disciplina delle esenzioni e detrazioni per i terreni agricoli introdotta dal decreto-legge n. 4 del 2015 - Previsione di conseguenti variazioni compensative di risorse nei confronti dei singoli Comuni a decorrere dall'anno 2015 e per l'anno 2014, da operare nell'ambito del fondo di solidarieta' comunale - Previsione di rimborsi ai Comuni e autorizzazione degli stessi a rettificare gli accertamenti del bilancio 2014 - Attribuzione ai Comuni (delle Regioni ordinarie nonche' della Sicilia e della Sardegna), a fini di ristoro del minor gettito IMU, di un contributo di 15,35 milioni di euro dal 2015 e regolamentazione della relativa procedura di riparto - Previsione di una procedura di verifica del gettito IMU per l'anno 2014, da effettuarsi entro il 30 settembre 2015, per assicurare la piu' precisa ripartizione delle variazioni compensative di risorse - Ricorso della Regione Sardegna - Denunciata compromissione del principio di neutralita' finanziaria che il legislatore statale intendeva salvaguardare - Carattere astratto e aleatorio degli importi stimati dal Governo - Violazione del principio di veridicita' dei bilanci e di copertura delle spese, dell'autonomia finanziaria degli enti locali, delle competenze regionali in materia di "ordinamento degli enti locali" e di "finanza locale", nonche' dell'autonomia economico-finanziaria della Regione. - Decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, art. 1, commi 7, 8, 9, 9-bis e 9-quinquies. - Costituzione, artt. 81, 117 e 119; Statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), artt. 3, in particolare, comma 1, lett. b) e d), 7 e 8. Imposte e tasse - Imposta municipale propria (IMU) - Disciplina delle esenzioni e detrazioni per i terreni agricoli introdotta dal decreto-legge n. 4 del 2015 - Determinazione dei Comuni montani (in special modo di quelli del territorio sardo) ai fini dell'applicazione dell'esenzione prevista dall'art. 7, comma 1, lett. h), del decreto legislativo n. 504 del 1992 e della detrazione fiscale di cui all'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge succitato - Omessa previsione che la determinazione debba avvenire previa intesa con le Regioni e in particolare con la Regione Sardegna, per quanto concerne i Comuni del territorio sardo - Ricorso della Regione Sardegna - Questione proposta in via subordinata (per l'ipotesi di mancato accoglimento della richiesta di caducazione della disciplina impugnata, nella parte in cui si applica alla ricorrente) - Denunciata violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, della competenza regionale in materia di "ordinamento degli enti locali" e di "finanza locale", nonche' del principio di sussidiarieta'. - Decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, art. 1, comma 1. - Costituzione, artt. 3, 117 e 119; Statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), art. 3. Imposte e tasse - Imposta municipale propria (IMU) - Disciplina delle esenzioni e detrazioni per i terreni agricoli introdotta dal decreto-legge n. 4 del 2015 - Previsione di procedure collaborative finalizzate al riparto del contributo di 15,35 milioni di euro attribuito ai Comuni dal 2015 e alla verifica del gettito IMU per l'anno 2014 - Ricorso della Regione Sardegna - Denunciato coinvolgimento soltanto delle autonomie locali, nella forma della c.d. "intesa debole" - Omessa previsione di un'intesa tra lo Stato e la Regione - Violazione del principio di leale collaborazione e della competenza regionale in materia di "ordinamento degli enti locali" e di "finanza locale". - Decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, art. 1, commi 9-bis e 9-quinquies. - Costituzione, artt. 3, 117 e 119; Statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), art. 3.
(GU n.26 del 1-7-2015 )
Ricorso per la Regione autonoma della Sardegna (cod. fisc. 80002870923) con sede legale in 09123 Cagliari (CA), Viale Trento, n. 69, in persona del Presidente pro tempore Prof. Francesco Pigliaru, giusta procura a margine del presente atto rappresentata e difesa dagli Avv.ti Sandra Trincas (cod. fisc.: TRNSDR51L55B354V; fax: 0706062418; posta elettronica certificata: strincas@pec.regione.sardegna.it) e Prof. Massimo Luciani (cod. fisc.: LCNMSM52L23H501G; fax: 0690236029; posta elettronica certificata massimoluciani@ordineavvocatiroma.org), elettivamente domiciliata presso lo Studio del secondo in 00153 Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, n. 9; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in 00186 Roma e' domiciliato ex lege; Per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 del d.1. 24 gennaio 2015, n. 4, pubbl. in G.U. 24 gennaio 2015, n. 19, convertito in legge 24 marzo 2015, n. 34, pubbl. in G.U. 25 marzo 2015, n. 70, S.O. n. 15/L. Fatto 1. - Il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, recante «Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421», ha istituito «l'imposta comunale sugli immobili (I.C.I.)" (art. 1, comma 1), che aveva come «presupposto [...] il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio e' diretta l'attivita' dell'impresa» (art. 1, comma 2). Ai sensi dell'art. 7, comma 1, lett. h), del citato decreto «sono esenti dall'imposta: [.. .] i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina delimitate ai sensi dell'articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984». 2. - Successivamente, il d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, recante «Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale», ha istituito l'«Imposta municipale propria» (in seguito: «IMU»), la quale «ha per presupposto il possesso di immobili diversi dall'abitazione principale» (art. 8, comma 2), e «sostituisce per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, e l'imposta comunale sugli immobili [...]» (art. 8, comma 1). L'art. 9, comma 8, del decreto ha mantenuto «le esenzioni previste dall'articolo 7, comma 1, letter[a] h) [...] del citato decreto legislativo n. 504 del 1992». L'art. 13, comma 1, primo periodo, del d.lgs. n. 23 del 2011, inoltre, ha previsto che «per il finanziamento delle spese dei comuni e delle province, successivo alla determinazione dei fabbisogni standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali, e' istituito nel bilancio dello Stato un fondo perequativo, con indicazione separata degli stanziamenti per i comuni e degli stanziamenti per le province, a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni da loro svolte». 3. - L'art. 13 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici», ha disposto «l'istituzione dell'imposta municipale propria [...] anticipata, in via sperimentale, a decorrere dall'anno 2012» (comma 1). Il comma 13, in particolare, ha stabilito che «restano ferme le disposizioni dell'articolo 9 [...] del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23», ivi compresa, dunque, quella di cui al comma 8, in base al quale si applicano «le esenzioni previste dall'articolo 7, comma 1, letter[a] h) [...] del [...] decreto legislativo n. 504 del 1992». 4. - Successivamente, il d.l. 2 marzo 2012, n. 16, recante «Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento», ha previsto che «con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, e dell'interno, sono individuati i comuni nei quali, a decorrere dall'anno di imposta 2014, si applica l'esenzione di cui alla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sulla base dell'altitudine riportata nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), diversificando tra terreni posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, e gli altri. [...] Dalle disposizioni di cui al presente comma deve derivare un maggior gettito complessivo annuo non inferiore a 350 milioni di euro a decorrere dal medesimo anno 2014. Il recupero del maggior gettito, come risultante per ciascun comune a seguito dell'adozione del decreto di cui al periodo precedente, e' operato per i comuni delle Regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna, con la procedura prevista dai commi 128 e 129 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 [...] in sede di attuazione del comma 17 dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 [...]» (art. 5-bis, inserito dalla legge di conversione 26 aprile 2012, n. 44 e, in un secondo momento, cosi' sostituito dall'art. 22, comma 2, d.l. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89). Si e' introdotta, dunque, una decurtazione certa ed immediata delle risorse stanziate nel suddetto fondo perequativo, a fronte di un «maggior gettito complessivo annuo» futuro nonche' meramente presuntivo ed ipotetico, stimato di importo «non inferiore a € 350 milioni di euro». 5. - In attuazione del citato art. 22, comma 2, del d.l. n. 66 del 2014, il Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dell'interno, ha adottato il decreto interministeriale 28 novembre 2014, pubbl. in GU 6 dicembre 2014. Il decreto, all'articolo 2, ha suddiviso i comuni in tre fasce, sulla base dell'altitudine del centro cittadino. In particolare, si prevede l'esenzione totale per i soli terreni agricoli dei comuni il cui centro e' localizzato ad un'altitudine superiore a 600 metri (comma 1). I terreni situati in comuni con altitudine compresa tra 281 e 600 metri, invece, sono esenti solamente nel caso in cui siano posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti nella previdenza agricola di cui all'art. 1 del d.lgs. n. 99 del 2004 (comma 2). L'esenzione si applica anche nel caso di concessione dei terreni in comodato o in affitto ai predetti soggetti (comma 3). Il decreto, inoltre, ha previsto l'esenzione totale, a prescindere dall'ubicazione, dei terreni ad immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprieta' collettiva indivisibile e non usucapibile. Nessuna esenzione, invece, e' infine prevista per i terreni ubicati in Comuni ad altezza minore o uguale a 280 metri. Quanto alla corrispondente decurtazione di fondi, l'art. 4 del decreto interministeriale riproduce la disposizione del d.l. n. 66 del 2014 relativa al recupero dell'extra-gettito, stimato in 350 milioni di euro, decurtazione peraltro retroattiva, atteso che l'art. 3 del medesimo decreto, per l'anno 2014, prevede «il versamento dell'imposta in un'unica rata entro il 16 dicembre 2014». 6. - Il d.l. 16 dicembre 2014, n. 185, recante «Disposizioni urgenti in materia di proroga dei termini di pagamento IMU per i terreni agricoli montani e di interventi di regolazione contabile di fine esercizio finanziario», ha prorogato al 26 gennaio 2015 «il termine per il versamento dell'imposta municipale propria (IMU), relativa al 2014, dovuta a seguito dell'approvazione del decreto interministeriale di cui al comma 2 dell'articolo 22 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89» (art. 1, comma 1). Il decreto ha contestualmente previsto che «i Comuni, in deroga all'articolo 175 del Testo unico degli enti locali [...], accertano convenzionalmente gli importi, a titolo di maggior gettito IMU, risultanti dal decreto interministeriale di cui al citato articolo 22 del decreto-legge n. 66 del 2014, sul bilancio 2014, a fronte della riduzione corrispondente dell'assegnazione dal Fondo di solidarieta' comunale» (art. 1, comma 2, I periodo). Il d.l. n. 185 del 2014 non e' stato convertito in legge. Tuttavia, il testo dei due commi dell'art. 1 sopra citato e' stato trasfuso, rispettivamente, nell'art. 1, commi 692 e 693, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilita' 2015). 7. - Avverso il ricordato decreto interministeriale hanno proposto ricorsi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio numerosi comuni e associazioni di comuni, ricorsi tuttora pendenti innanzi la seconda Sezione del TAR Lazio (R.G: n. 16229/2014; 1698/2015; 1974/2015, l'ultimo dei quali vede ricorrenti numerosi comuni del territorio sardo). I ricorrenti hanno denunciato l'illegittimita' sia del decreto interministeriale che della normativa primaria sopra illustrata, lamentando la violazione dei principi di ragionevolezza, autonomia finanziaria dei comuni, capacita' contributiva dei soggetti all'imposta, veridicita' e copertura delle spese nei bilanci (artt. 3, 53, 81, 118 e 119 Cost.). All'esito delle discussioni sulla richieste di misure cautelari unite ai suddetti ricorsi, il TAR Lazio ha fissato l'udienza di trattazione dei ricorsi nel merito al 17 giugno 2015 (cfr. ordd. TAR Lazio, Sez. II, 22 gennaio 2015, n. 1115, e 5 marzo 2015, n. 3770). 8. - Nelle more, il d.l. 24 gennaio 2015, n. 4, recante «Misure urgenti in materia di esenzione IMU», convertito, con modificazioni, in legge 24 marzo 2015, n. 34, ha nuovamente modificato la disciplina del tributo IMU sulle aree agricole, sia quanto all'ambito di estensione dell'esenzione, sia quanto agli effetti finanziari sui comuni. L'art. 1 del d.l. n. 4 del 2015 prevede, infatti, che: «1. A decorrere dall'anno 2015, l'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si applica: a) ai terreni agricoli, nonche' a quelli non coltivati, ubicati nei comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT); a-bis) ai terreni agricoli, nonche' a quelli non coltivati, ubicati nei comuni delle isole minori di cui all'allegato A della legge 28 dicembre 2001, n. 448; b) ai terreni agricoli, nonche' a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei comuni classificati parzialmente montani di cui allo stesso elenco ISTAT. 1-bis. A decorrere dall'anno 2015, dall'imposta dovuta per i terreni ubicati nei comuni di cui all'allegato 0A, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola, determinata ai sensi dell'articolo 13, comma 8-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, euro 200. Nell'ipotesi in cui nell'allegato 0A, in corrispondenza dell'indicazione del comune, sia riportata l'annotazione parzialmente delimitato (PD), la detrazione spetta unicamente per le zone del territorio comunale individuate ai sensi della circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993, pubblicata nel supplemento ordinario n. 53 alla Gazzetta Ufficiale n. 141 del 18 giugno 1993. 2. L'esenzione di cui al comma 1, lettera b), e la detrazione di cui al comma 1-bis si applicano ai terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola, anche nel caso di concessione degli stessi in comodato o in affitto a coltivatori diretti e a imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola. 3. I criteri di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche all'anno di imposta 2014. 4. Per l'anno 2014, non e', comunque, dovuta l'IMU per i terreni esenti in virtu' del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'interno, del 28 novembre 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2014 e che, invece, risultano imponibili per effetto dell'applicazione dei criteri di cui ai commi precedenti. Per il medesimo anno 2014 nonche' per gli anni successivi, resta ferma l'esenzione per i terreni a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprieta' collettiva indivisibile e inusucapibile che, in base al predetto decreto, non ricadano in zone montane o di collina. Per il medesimo anno 2014, i terreni agricoli, nonche' quelli non coltivati, ubicati nei comuni delle isole minori di cui all'allegato A della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sono esenti dal pagamento dell'IMU. Con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sono stabilite le modalita' per la compensazione del minor gettito in favore dei comuni nei quali ricadono i terreni di cui al precedente periodo del presente comma. A tal fine, per l'anno 2014, e' autorizzato l'utilizzo dello stanziamento previsto per la compensazione di cui all'ultimo periodo del comma 5-bis, dell'articolo 4 del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44. 5. I contribuenti versano l'imposta complessivamente dovuta per l'anno 2014, determinata secondo i criteri di cui ai commi precedenti, entro il 10 febbraio 2015. Non sono applicati sanzioni ed interessi nel caso di ritardato versamento dell'imposta complessivamente dovuta per l'anno 2014, qualora lo stesso sia effettuato entro il termine del 31 marzo 2015. 5-bis. I contribuenti che hanno effettuato versamenti dell'IMU relativamente ai terreni che risultavano imponibili sulla base di quanto disposto dall'articolo 22, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, e dal citato decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 28 novembre 2014, e che per effetto delle disposizioni di cui al presente articolo sono esenti, hanno diritto al rimborso da parte del comune di quanto versato o alla compensazione qualora il medesimo comune abbia previsto tale facolta' con proprio regolamento. 6. E' abrogato il comma 5-bis, dell'articolo 4 del decreto-legge n. 16 del 2012. 7. A decorrere dall'anno 2015, le variazioni compensative di risorse conseguenti dall'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, sono operate, nelle misure riportate nell'allegato A al presente provvedimento, per i comuni delle Regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna, nell'ambito del fondo di solidarieta' comunale e con la procedura prevista dai commi 128 e 129 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e, per i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d 'Aosta, in sede di attuazione del comma 17 dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. 8. Per l'anno 2014, le variazioni compensative di risorse nei confronti dei comuni conseguenti dall'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 3 e 4, sono confermate nella misura di cui all'allegato B al presente provvedimento. 9. I rimborsi ai comuni sono indicati nell'allegato C al presente provvedimento e tali comuni sono autorizzati, sulla base del medesimo allegato, a rettificare gli accertamenti, a titolo di fondo di solidarieta' comunale e di gettito IMU, del bilancio 2014. 9-bis. Al fine di assicurare ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della regione Sardegna il ristoro del minor gettito dell'IMU, derivante dall'applicazione del comma 1-bis, e' attribuito ai medesimi comuni un contributo pari a 15,35 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. Tale contributo e' ripartito tra i comuni interessati, con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato-citta' e autonomie locali. Per i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, a cui la legge attribuisce competenza in materia di finanza locale, la compensazione del minor gettito dell'IMU, derivante dall'applicazione del predetto comma 1-bis, avviene attraverso un minor accantonamento per l'importo di 0,15 milioni di euro a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, ai sensi del comma 17 del citato articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, sulla base della stessa metodologia di cui al secondo periodo. 9-ter. All'articolo 14, comma 1, terzo periodo, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, come da ultimo modificato dall'articolo 1, comma 508, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e all'imposta immobiliare semplice (IMIS) della provincia autonoma di Trento, istituita con legge provinciale 30 dicembre 2014, n. 14». 9-quater. Ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, come modificato dall'articolo 1, comma 508, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, relativamente alla deducibilita' dell'imposta municipale immobiliare (IMI) della provincia autonoma di Bolzano, istituita con legge provinciale 23 aprile 2014, n. 3, deve intendersi nel senso che la deducibilita' nella misura del 20 per cento ai fini della determinazione del reddito di impresa e del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni si applica, anche per l'imposta municipale immobiliare (IMI) della provincia autonoma di Bolzano, a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014. 9-quinquies. Al fine di assicurare la piu' precisa ripartizione delle variazioni compensative di risorse di cui agli allegati A, B e C al presente decreto, fermo restando l'ammontare complessivo delle suddette variazioni, pari, complessivamente, a 230.691.885,33 euro per l'anno 2014 e a 268.652.847,44 euro dall'anno 2015, il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base di una metodologia condivisa con l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e adottata sentita la Conferenza Stato-citta' e autonomie locali, provvede, entro il 30 settembre 2015, alla verifica del gettito per l'anno 2014, derivante dalle disposizioni di cui al presente articolo, sulla base anche dell'andamento del gettito effettivo. Con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, si provvede alle modifiche delle variazioni compensative spettanti a ciascun comune delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della regione Sardegna, sulla base dell'esito delle verifiche di cui al periodo precedente. Per i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta si provvede in sede di attuazione del comma 17 dell'articolo 13 del citato decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, sempre sulla base delle verifiche di cui al primo periodo». 9. - La nuova disciplina (oltretutto retroattiva) dell'IMU sui terreni agricoli non solo non ha posto rimedio alle criticita' caratterizzanti l'art. 22 del d.l. n. 66 del 2014, ma si espone essa pure a gravi censure di legittimita' costituzionale, che la Regione Sardegna ha gia' dedotto innanzi il TAR Lazio, nei giudizi nei quali e' intervenuta, e che pone qui a fondamento del ricorso ex art. 2 della l. cost. n. 1 del 1948. L'art. 1 del decreto-legge n. 4 del 2015 e' illegittimo e violativo delle attribuzioni costituzionali della Regione Autonoma della Sardegna, che, con specifico riferimento ai commi 1, 1-bis, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 9-bis e 9-quinquies, ne chiede l'annullamento per i seguenti motivi di Diritto Premessa. - Il presente ricorso ha ad oggetto la disciplina delle esenzioni dall'imposta IMU sui terreni agricoli e montani, come da ultimo disciplinata nell'art. 1 del decreto legge impugnato. In particolare, sono impugnati: il comma 1, che definisce i nuovi criteri di esenzione dall'imposta; il comma 1-bis, che stabilisce una speciale detrazione fiscale, limitandone l'applicazione ai fondi ricadenti nei comuni inseriti nell'elenco di cui all'allegato 0A del decreto-legge; i commi 3 e 4, che applicano, con alcune specificazioni, i criteri di esenzione di cui al comma 1 anche all'anno d'imposta 2014; il comma 5, che individua nella data del 10 febbraio 2015 la scadenza del versamento del tributo per l'anno 2014; i commi 7, 8, 9, 9-bis e 9-quinquies, che definiscono il regime delle variazioni sui bilanci degli enti locali in riferimento alla riforma delle esenzioni IMU sui terreni agricoli. La nuova disciplina sulle esenzioni, come indicato nell'ordine del giorno del Consiglio regionale della Sardegna del 19 marzo 2015, approvato in data 20 marzo 2015, risulta «estremamente penalizzante per l'Isola, dal momento che un'ampia parte della sua superficie agricola meno produttiva, ed in modo particolare di quella montana e collinare, ricade in comuni esclusi dal regime di esenzione». Piu' in particolare, la definizione dei criteri di esenzione fissati dal d.l. n. 4 del 2015 risulta iniqua e illegittima perche' all'un tempo e' violativa delle attribuzioni costituzionali della Regione in materia di agricoltura e di coordinamento del sistema tributario, dei principi di ragionevolezza e di capacita' contributiva e dell'autonomia finanziaria dei comuni (in special modo di quelli del territorio sardo), penalizzati dal regime di compensazione finanziaria previsto dallo Stato in ragione della riforma delle esenzioni. Come si confida di dimostrare nell'illustrazione dei motivi di ricorso, i profili di illegittimita' della disciplina in esame sono tutti collegati e tutti comportano, direttamente o indirettamente, la lesione delle attribuzioni costituzionali della Regione Sardegna. 1. - Quanto, specificamente, all'art. 1, commi 1, 1-bis e 3, del d.l. n. 4 del 2015. Violazione degli artt. 97 e 117, comma 3, Cost.; degli artt. 3, 7, 8 e 56 dello Statuto; dell'art. 1 del d.lgs. 6 febbraio 2004, n. 70, recante «Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Sardegna concernenti il conferimento di funzioni amministrative alla Regione in materia di agricoltura»; dell'art. 51 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale per la Sardegna [...]», anche in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost. Come si e' visto in narrativa, il decreto-legge n. 4 del 2015 ha riformato il regime dell'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli, indicando i comuni nei quali i fondi sono totalmente o parzialmente esenti attraverso il rinvio all'elenco dei comuni italiani redatto dall'Istituto Nazionale di Statistica - ISTAT e, in particolare, alla tabella recante l'indicazione di «comune montano» nel suddetto elenco (commi 1, 1-bis e 3 dell'art. 1 del d.l. n. 4 del 2015). Tale indicazione deriva dall'applicazione - si vedra' di seguito con quali limiti - dei criteri fissati con la legge 25 luglio 1952, n. 991, recante «provvedimenti in favore dei territori montani». Lo ha affermato lo stesso ISTAT, con la Nota stampa del 5 febbraio 2015, intitolata «precisazione sulla classificazione dei comuni montani». In tale Nota, infatti, «In merito alle notizie pubblicate in questi giorni dai mezzi di informazione, che imputano all'Istat la classificazione dei comuni montani utilizzata per la quantificazione dell'IMU» si ricorda che «la classificazione per grado di montanita', che prevede la suddivisione dei comuni in "totalmente montani", "parzialmente montani" e "non montani", non e' una "classificazione Istat" ma l'esito dell'applicazione dell'art. 1 della legge n. 991/1952 - Determinazione dei territori montani». Orbene: l'art. 1 della legge n. 991 del 1952, al primo comma, prevedeva che, «ai fini dell'applicazione della presente legge sono considerati territori montani i Comuni censuari situati per almeno l'80 per cento della loro superficie al di sopra di 600 metri di altitudine sul livello del mare e quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore del territorio comunale non e' minore di 600 metri, sempre che il reddito imponibile medio per ettaro, censito, risultante dalla somma del reddito dominicale e del reddito agrario, determinati a norma del regio decreto-legge 4 aprile 1939, n. 589, convertito nella legge 29 giugno 1939, n. 976, maggiorati del coefficiente 12 ai sensi del decreto legislativo 12 maggio 1947, n. 356, non superi le lire 2400». Il successivo comma 2 specificava che «la Commissione censuaria centrale compila e tiene aggiornato un elenco nel quale d'ufficio o su richiesta dei Comuni interessati, sono inclusi i terreni montani». Il Governo e il Parlamento, dunque, nel definire i soggetti esenti dall'IMU sui terreni agricoli, hanno ritenuto di dover utilizzare l'elenco dei comuni italiani redatto dall'ISTAT, facendo propria la relativa indicazione di «montanita'», come disciplinata dalla legge n. 991 del 1952. I dati contenuti in quell'elenco sono stati assunti dal legislatore statale a base di valutazione della capacita' contributiva derivante dalla proprieta' dei suddetti terreni. 1.1. - A fronte di quanto cosi' stabilito nella norma impugnata, si deve ricordare che l'art. 51 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale per la Sardegna [...]», ha disposto il trasferimento alla regione delle «funzioni degli organi centrali e periferici dello Stato relativi alla classifica dei territori montani previste dalle leggi 25 luglio 1952, n. 991 e 30 luglio 1957, n. 657». La competenza oggi esercitata dallo Stato, dunque, non gli appartiene. Questo trasferimento di funzioni, invero, si lega, oltre che, ovviamente, alla piu' generale competenza legislativa primaria in materia di «ordinamento degli enti locali» e di «finanza pubblica», ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. b), dello Statuto e alla competenza in materia di «agricoltura», ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. d), dello Statuto. Una competenza che, come ha previsto l'art. 1 del d.lgs. 6 febbraio 2004, n. 70, recante «Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Sardegna concernenti il conferimento di funzioni amministrative alla Regione in materia di agricoltura», comporta la devoluzione alla Regione ricorrente di «tutte le funzioni e i compiti in materia di agricoltura» e «sviluppo rurale» gia' «svolti dal soppresso Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, anche tramite enti o altri soggetti pubblici». 1.2. - Cio' considerato, appare evidente che il legislatore statale, nel ricorrere (all'art. 1, comma 1, del d.l. n. 4 del 2015) all'elenco ISTAT, redatto secondo i criteri della legge n. 991 del 1952, onde definire i territori montani soggetti o esenti dall'imposizione IMU, ha usurpato la competenza della Regione Sardegna in materia di «agricoltura», di cui all'art. 3, comma 1, lett. d), dello Statuto, la quale comprende anche le competenze in materia di determinazione dei comuni e dei territori montani, ai sensi dell'art. 51 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, nonche' quella in materia di «sviluppo rurale», ai sensi dell'art. 1 del d.lgs. 6 febbraio 2005, n. 70. Che la competenza legislativa regionale si estenda anche alla determinazione dei comuni montani (con evidenti effetti sulla disciplina tributaria che su tale determinazione si poggia) e' confermato dalla costante giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale, che ha piu' volte e ancora di recente ricordato che «le norme di attuazione degli statuti speciali possiedono un sicuro ruolo interpretativo ed integrativo delle stesse espressioni statutarie che delimitano le sfere di competenza delle Regioni ad autonomia speciale e non possono essere modificate che mediante atti adottati con il procedimento appositamente previsto negli statuti, prevalendo in tal modo sugli atti legislativi ordinari» (cosi' la sent. n. 51 del 2006, ma si vedano almeno anche le sentt. nn. 213 del 1998, 341 del 2001, 224 del 2012 e 288 del 2013). A tal proposito, e' evidente che l'impiego della qualifica di «montanita'» dei comuni per l'applicazione/esenzione dell'imposta e' fatalmente lesiva della competenza regionale sopra illustrata. L'esercizio di ogni funzione pubblica in materia di agricoltura e di sviluppo rurale, ivi compresa la specifica competenza nella determinazione dei comuni montani, sarebbe del tutto inutile e priva di valore e di concretezza, se essa non avesse effetti anche in materia di tassazione fondiaria. Di conseguenza, il d.l. n. 4 del 2015, avendo provveduto in via diretta alla determinazione di «montanita'» dei comuni del territorio sardo, ha anche violato l'art. 56 dello Statuto, che rimette all'approvazione della Commissione paritetica le norme di attuazione dello Statuto, che il legislatore statale ha inteso derogare senza rispettare le garanzie di autonomia della Regione ricorrente. 1.3. - Alla violazione della competenza generale in materia di «agricoltura» e di quella specifica in materia di «determinazione dei comuni montani» e «sviluppo rurale» si collega la vulnerazione della competenza regionale in materia di «coordinamento del sistema tributario», di cui all'art. 117, comma 3, Cost., nonche' la lesione dell'autonomia finanziaria della Regione Sardegna, tutelata dagli artt. 7 e 8 dello Statuto e 119 Cost. A tal proposito, la Regione non ignora che la giurisprudenza costituzionale in materia di c.d. «tributi propri» ha affermato che lo Stato puo' legiferare sui tributi istituiti con legge dello Stato anche «per il tramite di norme di dettaglio, senza che cio' implichi violazione dell'autonomia tributaria delle Regioni» (sent. n. 298 del 2009 e, in senso analogo le sentt. nn. 75 del 2006 e 168 del 2008). Nondimeno, il caso che ne occupa e' ben diverso da quelli esaminati con le sentenze ora indicate. Con il d.l. n. 4 del 2015, infatti, lo Stato ha inteso disciplinare non solamente le fattispecie di esenzione totale e parziale dall'imposta in riferimento ai terreni montani e parzialmente montani (anche attraverso norme di dettaglio), ma (per giunta in assoluta carenza di potere, come si e' visto) ha addirittura elencato (attraverso la «legificazione»» dell'elenco ISTAT) ogni singolo comune il cui territorio e' da considerare montano, parzialmente montano o pianeggiante. Tanto dimostra che il legislatore non solo ha regolato la materia con norme di dettaglio, ma non ha riservato alla Regione alcun ambito di autonoma regolamentazione di un tipico tributo locale, qual e' quello sulla proprieta' fondiaria. 1.4. - Si e' visto che il legislatore statale, con il d.l. n. 4 del 2015, ha usurpato la competenza della Regione Sardegna nella determinazione dei comuni montani del territorio sardo, di cui all'art. 51 del d.P.R. n. 348 del 1979. Nel procedere in questo modo, peraltro, il legislatore statale ha anche effettuato una scelta manifestamente irragionevole. Si e' gia' anche osservato che l'attribuzione della qualifica di comune montano o parzialmente montano e' stata effettuata secondo i criteri, concernenti le caratteristiche geografiche e le stime di reddito agrario e dominicale dei territori censiti, previsti ai sensi dell'art. 1, comma 1, della legge n. 991 del 1952. Detto articolo, pero', e' stato abrogato dall'art. 29 della legge n. 142 del 1990. Tale legge, dunque, ha soppresso la competenza, delle commissioni censuarie sulla tenuta dell'elenco dei comuni montani. Cio' sta a significare che il legislatore ha utilizzato come parametro per la definizione delle esenzioni dal tributo un provvedimento amministrativo (l'elenco dei comuni italiani, quanto alla colonna relativa alla «montanita'» degli stessi) adottato in duplice carenza di potere, sia perche' la relativa funzione e' stata trasferita alla Regione Sardegna, sia perche' la legge che istituiva tale funzione e' stata abrogata. L'irragionevolezza dell'opzione del legislatore statale, comunque, e' testimoniata proprio dall'ISTAT. Come e' scritto nella citata Nota stampa del 5 febbraio 2015: i) «La classificazione per grado di montanita' [...] non e' una "classificazione Istat" ma l'esito dell'applicazione dell'art. 1 della legge n. 991/1952»; «Tale classificazione e' stata trasmessa all'Istat dall'UNCEM (Unione Nazionale Comuni Comunita' Enti Montani)»; iii) «La legge 991/1952, oltre a stabilire i criteri di classificazione geomorfologici (l'80% della superficie al di sopra dei 600 metri o un dislivello maggiore di 600 metri) e di tipo reddituale dei terreni (reddito imponibile medio per ettaro inferiore a 2.400 lire), disponeva che la commissione censuaria centrale istituita presso il Ministero delle finanze fosse incaricata di stilare e mantenere il conseguente elenco dei comuni montani e poteva includere tra i territori montani anche comuni che, in deroga alle condizioni sopra citate, fossero gia' classificati come montani dal catasto agrario o danneggiati da eventi bellici (art. 1) o appartenenti a comprensori di bonifica montana (art. 14)»; iv) «l'abrogazione degli articoli 1 e 14, avvenuta con una successiva norma (legge 142/1990), ha di fatto [recte: di diritto] impedito la possibilita' di rivedere e/o aggiornare tale classificazione». Non basta. Nel corso dei lavori parlamentari per la conversione in legge del d.l. n. 4 del 2015, la VI Commissione del Senato della Repubblica, a seguito dell'audizione dell'11 febbraio 2015, ha acquisito una Nota del Direttore centrale per lo sviluppo dei sistemi informativi dell'ISTAT concernente proprio i profili che qui interessano. Nella suddetta Nota si ricorda che: i) "la classificazione dei comuni per grado di montanita' e' ancora quella elaborata dalla «Commissione censuaria» istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze sulla base dell'art. 1 della legge n. 991/1952" e che "la legge n. 142 del 1990, con l'abrogazione degli articoli 1 e 14 della legge n. 991/1952, ha di fatto soppresso lo strumento giuridico (Commissione censuaria) che consentiva il periodico aggiornamento della classificazione dei comuni per grado di montanita'"; ii) "l'aggiornamento di tale classificazione, che e' stato trasmesso periodicamente all'ISTAT fino al 2009 [...] dall'UNCEM, nell'ambito delle attivita' connesse al monitoraggio delle Comunita' montane". iii) "dal 1990 in avanti, sebbene la classificazione sia rimasta invariata, nei casi in cui si sono verificate variazioni amministrative, i dati sono stati aggiornati sulla base del criterio di prevalenza territoriale. Si tratta in complesso di 109 casi di fusioni, soppressioni o altre variazioni" nella definizione delle circoscrizioni comunali. L'ISTAT, dunque, ha certificato al Parlamento che i dati utilizzati dal Governo per la definizione dei territori esenti in tutto o in parte dall'imposta sono anacronistici e inesatti: la qualifica di comune montano, infatti, e' attribuita: i) sulla base di criteri dettati da una legge ormai abrogata; ii) utilizzando informazioni non aggiornate (informazioni che, si badi, non sono solo geografiche, ma anche economiche, perche' la legge n. 991 del 1952 faceva espresso riferimento anche al reddito agrario e dominicale, suscettibile di variazione); iii) utilizzando, in caso di variazione della circoscrizione comunale, un criterio nuovo, quello della prevalenza territoriale, adottato autonomamente dall'ISTAT e mai previsto dal legislatore. Quanto sin qui dedotto comprova che il d.l. n. 4 del 2015 ha determinato una lesione delle attribuzioni conferite alla Regione dallo Statuto (artt. 3, comma 1, lett. d); 7 e 8) in una con la violazione dei principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di buon andamento della pubblica Amministrazione (art. 97 Cost.), dato che lo strumento utilizzato dal legislatore statale (l'elenco dei comuni con il loro indice di "montanita'") si presenta del tutto inidoneo a perseguire lo scopo prefissato dalla medesima fonte (la considerazione delle condizioni del territorio, al fine di applicare un tributo in maniera non discriminatoria e in ossequio al principio di capacita' contributiva). I vizi ora illustrati, ovviamente, ridondano tutti nella violazione delle attribuzioni costituzionali della ricorrente. 1.5. L'incostituzionalita' delle norme censurate e la lesione delle attribuzioni costituzionali della Regione Sardegna si apprezzano anche per un altro profilo. Attraverso l'indicazione dei comuni montani pel tramite dell'elenco ISTAT e del relativo indice di «montanita'», lo Stato ha disciplinato l'imposizione fiscale sui terreni agricoli e montani anche in violazione dei principi di eguaglianza, ragionevolezza e capacita' contributiva (artt. 3 e 53 Cost.) e anche per questo profilo si rileva come lo Stato abbia usurpato le competenze attribuite alla Regione ai sensi dell'art. 3 dello Statuto e dell'art. 51 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, contestualmente violandone le competenze in materia di coordinamento del sistema tributario (art. 117 Cost.) e l'autonomia finanziaria (artt. 7 e 8 dello Statuto). Anche i nuovi criteri di esenzione fissati dalla legge, infatti, producono gravi disparita' di trattamento difficilmente giustificabili tra territori contigui e affini per caratteristiche morfologiche ed economiche, con evidente violazione degli artt. 3 e 53 Cost., per rapporto agli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto e 117 Cost. Come si e' detto, ai sensi dell'art. 1 della legge n. 991 del 1952, i fondi esenti erano quelli situati nei comuni il cui territorio risulta per «almeno l'80 per cento della loro superficie al di sopra di 600 metri di altitudine sul livello del mare e quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore del territorio comunale non e' minore di 600 metri». Tanto, sempre che «il reddito imponibile medio per ettaro, censito, risultante dalla somma del reddito dominicale e del reddito agrario» non superi le lire 2400. Era prevista, poi, la possibilita' di esenzione per i territori colpiti da eventi bellici nonche' quelli in stato di «degradamento fisico» o di «grave dissesto economico», ma, come riportato dall'ISTAT, queste clausole di speciale esenzione, cosi' come quelle riferite ai criteri economico-reddituali del terreno, non sono piu' applicabili, a seguito della soppressione della funzione di tenuta e aggiornamento degli elenchi avvenuta disposta dall'art. 29 della legge n. 142 del 1990. Da quanto sin qui osservato si traggono le seguenti conclusioni: i) la determinazione di esenzione risulta, allo stato, svincolata da ogni considerazione della capacita' reddituale del terreno agricolo, addirittura da quella - invero insufficiente, perche' meramente presuntiva - relativa al reddito domenicale e agrario; ii) i criteri geomorfologici sono del tutto inidonei a dare una rappresentazione del territorio - specie di quello sardo - su cui il legislatore possa poggiare la valutazione della capacita' contributiva derivante dalla proprieta' fondiaria, dato che essi accomunano, per espressa dizione di legge, terreni ricadenti in una circoscrizione comunale in ragione di una altimetria che considera solo una parte del territorio comunale, ma che non e' idonea ad evitare disparita' di trattamento tra fondi anche contigui. Quanto sin qui affermato e' confermato dalla pluralita' di ordini del giorno (numerosi dei quali provenienti da rappresentanti del territorio sardo) approvati dalla Camera dei deputati e dal Senato in occasione della conversione in legge del d.l. n. 5 del 2014, nei quali si e' osservato che: i nuovi criteri «non tengono conto di fattori rilevanti quali il rischio idrogeologico e la redditivita' dei fondi agricoli» e la circostanza per cui nel territorio sia stato «dichiarato lo stato di calamita' con delibera con Consiglio dei ministri, per eventi che si [sono] verificati nel corso del medesimo anno» (Ordine del Giorno. Camera dei deputati n. 9/2915/51); «i parametri attualmente in vigore non sono aggiornati alla reale situazione dei terreni agricoli, alle condizioni socio-economiche ed agrarie, alle caratteristiche orografiche del suolo, al rischio idrogeologico dei territori ed alla loro redditivita'» e non tengono in dovuto conto «la situazione di quei Comuni con un territorio non uniforme, per i quali occorre differenziare anche nel medesimo comune tra zone svantaggiate e non, delimitando le diverse aree» (Ordine del Giorno Camera dei deputati n. 9/2915/18); «il criterio dell'altitudine e della montanita'» risulta irragionevole, dato che, «soprattutto nella accezione attuale», tratta «allo stesso modo le diverse porzioni di territorio montano e non nei comuni parzialmente montani, non distingue in modo adeguato tra terreni e territori necessitanti di tutela fiscale e altri non necessitanti di tale attenzione», atteso che «in alcuni casi [...] terreni e territori di particolare pregio, anche patrimoniale, [sono situati] proprio in aree ad alta altimetria ma non per questo svantaggiate» (Ordine del Giorno Camera dei deputati n. 9/2915/29). I rilievi cosi' emersi in sede parlamentare poggiano non solo su ragioni di opportunita', ma su fatti incontestabili e su considerazioni di stretto diritto, rilevanti nel presente giudizio. A queste considerazioni di carattere generale, peraltro, si legano specifiche indicazioni relative al territorio sardo, che avrebbero meritato di essere tenute di debita considerazione. Si consideri, in proposito, che: e' fatto notorio che la Regione Sardegna e' stata colpita da una violenta alluvione in data 18 novembre 2013, che ha provocato vittime e gravi danni. In ragione di tale avvenimento, con d.m. 30 novembre 2013, pubbl. in G.U. 3 dicembre 2013, n. 283, e' stata disposta la sospensione dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari in circa cinquanta comuni del territorio sardo, in sei delle otto circoscrizioni provinciali; ancora in ragione di detto fenomeno alluvionale, con d.m. 31 marzo 2014 e' stato dichiarato il carattere di eccezionalita' degli eventi calamitosi a danno delle produzioni e delle strutture aziendali in circa cento comuni del territorio sardo, in sei delle otto circoscrizioni provinciali del territorio; sul territorio sardo insistono poligoni militari a cielo aperto che interessano (oltre ad ampi spazi di mare) un territorio emerso che si estende, tra aree operative e aree di sicurezza per circa 250 kmq (si veda il Programma di utilizzazione dei poligoni permanenti e occasionali sardi di competenza delle Forse annate del 2005). Tutto cio' dimostra che adottando la disciplina censurata il legislatore statale ha usurpato le competenze regionali in materia di determinazione dei territori montani (cui consegue la violazione degli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto), al contempo violando gli artt. 3 e 53 Cost. In proposito codesta ecc.ma Corte ha recentemente affermato, «in ordine ai principi di cui agli artt. 3 e 53 Cost.», di essere "chiamata a verificare che le distinzioni operate dal legislatore tributario, anche per settori economici, non siano irragionevoli o arbitrarie o ingiustificate (sentenza n. 201 del 2014): cosicche' in questo ambito il giudizio di legittimita' costituzionale deve vertere «sull'uso ragionevole, o meno, che il legislatore stesso abbia fatto dei suoi poteri discrezionali in materia tributaria, al fine di verificare la coerenza interna della struttura dell'imposta con il suo presupposto economico, come pure la non arbitrarieta' dell'entita' dell'imposizione» (sentenza n. 111 del 1997; ex plurimis, sentenze n. 116 del 2013 e n. 223 del 2012)" (sent. n. 10 del 2015). I vizi che la Corte deve scrutinare sono esattamente quelli riscontrabili nel caso di specie, dato che la struttura delle esenzioni dall'IMU sui terreni agricoli e montani ha disatteso le competenze regionali configurando una disciplina manifestamente irragionevole, arbitraria e ingiustificata. 1.6. - Un'ulteriore censura concerne specificamente il comma 1-bis dell'art. 1 del d.l. n. 4 del 2015. Ivi, come si e' detto, il legislatore ha introdotto una nuova fattispecie di detrazione fiscale, applicabile, pero', solamente ai comuni dell'Allegato 0A al decreto-legge impugnato e, in alcuni di essi (quelli indicati con il codice PD ai sensi della circolare del MEF del 1° giugno 1993, n. 9, pubbl. in GU n. 141 del 18 giugno 1993, S.O. n. 53), solo per parte del territorio. Su quali basi sia stato compilato detto Allegato 0A, dalla lettura della legge non si evince, sicche' e' direttamente violato il principio del buon andamento della p.A., di cui all'art. 97 Cost., violazione che si riverbera nella lesione delle indicate competenze regionali. In ogni caso, piu' radicalmente, anche qui non spettava allo Stato adottare anche per la Sardegna un simile elenco, perche' la relativa competenza e' regionale. Anche per questa disposizione, dunque, valgono tutte le censure sopra formulate al presente motivo (cui si rimanda per doverosa sintesi). Il comma 1-bis e' anch'esso violativo delle competenze regionali in materia di agricoltura (comprendente la funzione di determinazione dei territori montani), coordinamento del sistema tributario e autonomia economico finanziaria della Regione (artt. 3, 7 e 8 dello Statuto, art. 51 del d.P.R. n. 348 del 1979). 1.7. - I medesimi vizi che affliggono il comma 1 rendono illegittimo anche il comma 3, che lo richiama. Anche in questo caso, per dovuta sintesi, si fa rinvio alle deduzioni che precedono, poiche' il comma 3 e' ancillare al comma 1. 2. - Quanto, specificamente, all'art. 1, commi 3, 4 e 5, del d.l. n. 4 del 2015: violazione degli artt. 3, 7, 8 e 10 dello Statuto della Regione Autonoma della Sardegna e degli artt. 117, 118 e 119 Cost. Quanto all'art. 1, commi 1, 1-bis e 3, del d.l. n. 4 del 2015: violazione degli artt. 7, 8 e 10 dello Statuto. Come si e' osservato in narrativa, l'art. 1 del d.l. n. 4 del 2015 si applica retroattivamente anche per l'anno d'imposta 2014 (commi 3, 4 e 5). Per quanto concerne i versamenti per l'anno 2014, la disposizione impugnata, al comma 5, ha previsto che il pagamento debba essere effettuato entro il 10 febbraio 2015, con possibilita' per il contribuente di pagare entro il 31 marzo 2015 senza vedersi imposti interessi o sanzioni. Si deve, poi, ricordare che la disciplina dell'IMU attualmente vigente consente ai Comuni di modificare l'aliquota base dell'imposta sia in aumento, sia in diminuzione (art. 13, comma 6, del d.l. n. 201 del 2011). Tale possibilita' di esenzione comporta l'applicabilita' dell'art. 10 dello Statuto sardo. Ivi si prevede che «la Regione, al fine di favorire lo sviluppo economico dell'Isola e nel rispetto della normativa comunitaria, con riferimento ai tributi erariali per i quali lo Stato ne prevede la possibilita', puo' [...] a) prevedere agevolazioni fiscali, esenzioni, detrazioni d'imposta, deduzioni dalla base imponibile e concedere, con oneri a carico del bilancio regionale, contributi da utilizzare in compensazione ai sensi della legislazione statale; b) modificare le aliquote in aumento entro i valori di imposizione stabiliti dalla normativa statale o in diminuzione fino ad azzerarle». L'art. 13, comma 6, del d.l. n. 201 del 2011, come si e' visto, riconosce lo ius variandi ai comuni, sicche' quella disposizione deve essere annoverata fra quelle con le quali «lo Stato prevede la possibilita'» di una variazione dell'imposizione, come previsto dall'art. 10 dello Statuto (la clausola statutaria, infatti, non avrebbe alcun senso se la si riferisse ai casi in cui la legge statale prevede che tutte le Regioni possono intervenire sulla struttura d'imposta). 2.1. - Tutto cio' premesso e considerato, si deve osservare che, data la scadenza ravvicinata dell'imposta (scadenza, peraltro, gia' verificatasi da un piu' di un mese al momento della conversione in legge del d.l. n. 4 del 2015), ne' la Regione ne' i comuni hanno potuto modificare le aliquote d'imposta secondo quanto previsto dall'art. 13 del d.l. n. 201 del 2011 e dall'art. 10 dello Statuto. L'impedimento, si badi, e' stato di fatto e di diritto. Di fatto, perche' il tempo brevissimo ha impedito il corretto svolgimento del processo di formazione della legge o di compimento di un procedimento amministrativo. Di diritto, perche' sia la Regione sia gli enti locali sono vincolati al principio che impone di assicurare al contribuente un adeguato lasso di tempo per corrispondere il tributo, lasso di tempo che l'art. 3 della legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente), con disposizione di principio che limita la discrezionalita' del legislatore regionale, fissa in 60 giorni. Ne consegue che: l'art. 1, commi 3, 4 e 5, del d.l. n. 4 del 2015, nel regolare l'applicazione retroattiva del tributo all'anno d'imposta 2014 risulta violativo dell'art. 10 dello Statuto, dato che risulta esautorata la competenza regionale in tema di agevolazioni, esenzioni, detrazioni d'imposta et similia; di conseguenza, risulta violata la generale autonomia economico-finanziaria della Regione, specie in materia di finanza locale, protetta dagli artt. 7 e 8 dello Statuto e 117 e 119 Cost.; dato che la Regione non ha potuto ne' regolare in via diretta quelle forme di modificazione dell'imposta, ne' adottare disposizioni legislative d'indirizzo ai comuni per le loro autonome determinazioni in materia, risultano violati sia (per un differente profilo) l'art. 10, sia l'art. 3, comma 1, lett. b), dello Statuto, che attribuisce alla Regione la competenza legislativa in materia di «ordinamento degli enti locali» e di «finanza locale» (cfr. sent. n. 275 del 2007: la «materia della finanza locale, [...] per la Regione sarda, e' devoluta alla competenza legislativa esclusiva della Regione in forza dell'art. 3, lettera b), del relativo statuto speciale»); nemmeno i comuni sardi hanno potuto esercitare le potesta' previste dall'art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, circostanza che ridonda di bel nuovo nella lesione della competenza regionale in materia di «ordinamento degli enti locali» e di «finanza locale» (art. 3 dello Statuto), nonche' nella lesione dell'autonomia finanziaria di detti enti (artt. 118 e 119 Cost.). 2.2. - Non basta. L'art. 10 dello Statuto e' violato anche per altri profili, relativi ai commi 1, 1-bis e 3, dell'art. 1 del d.l. n. 4 del 2015. Si e' sopra ricordato che detta previsione statutaria consente alla Regione di stabilire esenzioni, detrazioni e agevolazioni fiscali nel caso, in cui lo Stato abbia previsto forme di modulazione dell'imposta. Tale potesta' regionale di modulazione della tassazione che incide sul territorio sardo e' finalizzata a «favorire lo sviluppo economico dell'isola» (cosi' l'incipit dell'art. 10 dello Statuto). Ebbene: e' del tutto evidente che tale strumento di rideterminazione dell'imposizione fiscale a vantaggio dello sviluppo socio-economico dell'isola non puo' essere utilmente impiegato laddove la forma di tassazione cui accede risulta di per se stessa manifestamente iniqua, arbitraria, discriminatoria, violativa del precetto della capacita' contributiva e, di conseguenza, incostituzionale. In altri termini: lo strumento che l'art. 10 dello Statuto mette a disposizione del legislatore regionale puo' essere efficace solo se si aggancia ad una forma di imposizione fiscale legittima e ragionevole (cosa che, come si e' visto al primo motivo, non accade nel caso di specie). Solo in questo caso la Regione puo' esercitare le competenze attribuitele. Per converso, ogni forma di imposizione fiscale che sia di per se stessa irragionevole e incostituzionale e' per cio' solo violativa dell'art. 10 dello Statuto, dato che le forme di modulazione del tributo ivi previste non sono certo finalizzate a porre rimedio alle illegittimita' della disciplina dei tributi erariali (peraltro attingendo al bilancio regionale, con evidente lesione anche dell'autonomia finanziaria e violazione degli artt. 7 e 8 dello Statuto), bensi', si ripete, ad articolare il tributo in modo da favorire lo «sviluppo dell'Isola». 3. - Quanto all'art. 1, commi 7, 8, 9, 9-bis e 9-quinquies, del d.l. n. 4 del 2015. Violazione, per un differente profilo, degli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto della Regione Autonoma della Sardegna e degli artt. 81, 117 e 119 Cost. Si confida di aver dimostrato nei precedenti motivi di ricorso che la disciplina dell'esenzione dell'IMU di cui al comma 1 dell'art. 1 del d.l. n. 4 del 2015 e' illegittima, per violazione di una pluralita' di parametri costituzionali e statutari. Di conseguenza, sono del pari illegittime le disposizioni di cui ai commi 7, 8, 9, 9-bis e 9-quinquies del d.l. n. 4 del 2015, che regolano gli effetti della rimodulazione delle esenzioni sul Fondo di solidarieta' per i comuni e sui comuni stessi. In particolare, il legislatore statale, tramite rinvio agli elenchi annessi al decreto legge impugnato, ha definito ex ante sia per l'anno 2014 sia per gli anni 2015 e seguenti, per ogni comune le variazioni di bilancio corrispondenti alle poste in entrata derivanti dalle risorse attinte dal Fondo di solidarieta' e dal maggior gettito dell'IMU sui terreni agricoli e montani. La manovra imposta dal legislatore sarebbe pretesamente ispirata al principio di neutralita' finanziaria: tante risorse lo Stato trattiene dal Fondo di solidarieta', altrettante i comuni ne traggono dal maggior gettito IMU. La neutralita' finanziaria, pero', risulta solamente virtuale e impossibile da tradurre in risultati concreti, circostanza che attesta l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni ora menzionate. 3.1. - La dimostrazione di quanto sopra affermato la da' lo stesso legislatore statale ai commi qui censurati dell'art. 1 del d.l. n. 4 del 2015. Va logicamente esaminato prima il comma 9-quinquies, che regola una complessa procedura, con cui lo Stato intende «assicurare la piu' precisa ripartizione delle variazioni compensative di risorse di cui agli allegati A, B e C al [...] decreto». Questa procedura prevede una verifica, entro il 30 settembre del 2015, del gettito IMU per l'anno 2014, cui dovra' fare seguito un decreto ministeriale chiamato a modificare i dati delle operazioni compensative di cui ai menzionati allegati al decreto. La stessa previsione di questa procedura sta ad indicare che le stime effettuate dal Governo sugli effetti finanziari della manovra sull'IMU sono del tutto aleatorie e che esse dovranno essere necessariamente corrette ex post con un procedimento che non potra' non chiamare in causa i comuni italiani, la loro Associazione nazionale e la Conferenza Stato-citta' e autonomie locali. Si deve sottolineare che dal tenore testuale del comma in esame emerge che sono aleatorie ed imprecise le stime: i) sul riparto del maggior gettito tra le migliaia di comuni interessato; ii) sull'«andamento del gettito effettivo»; iii) sul «gettito per l'anno 2014». Ebbene: se si puo' al limite accettare un difetto di stima del gettito «effettivo» di un'imposta, dato legato a variabili indipendenti quali l'elusione/evasione fiscale e comunque suscettibile di essere corretto ex post, non puo' certo essere tollerata una stima aleatoria dello stesso gettito accertato. Tanto, soprattutto se il legislatore statale, come nel caso di specie, ha escluso in radice ogni possibilita' di conguaglio inteso ad assicurare ex post il rispetto del principio di neutralita' finanziaria, che dovrebbe ispirare la manovra di variazione compensativa sui bilanci dei comuni. In proposito, infatti, si deve considerare che il legislatore ha ritenuto che «l'ammontare complessivo delle suddette variazioni, pari, complessivamente, a 230.691.885,33 euro per l'anno 2014 e a 268.652.847,44 euro dall'anno 2015», deve rimanere «fermo», insuscettibile di correzioni. Ebbene: e' evidente che quella somma, all'esito del procedimento di verifica del gettito (e non solo del suo effettivo andamento) e del suo riparto, potrebbe risultare insufficiente, sicche' verrebbe violato il principio di neutralita' finanziaria che l' art. 1 del d.l. n. 4 del 2015 vorrebbe realizzare. Le medesime conclusioni possono formularsi per quanto stabilito dal comma 9-bis, nel quale si prevede un contributo fisso (di 15,35 milioni di Euro) a fronte del minor gettito IMU. Anche qui con astrattezza ed irragionevolezza violatine dei parametri indicati. Per quanto riguarda il comma 7, si prevedono variazioni compensative del gettito IMU da scontare sul Fondo di solidarieta' comunale. Anche in questo caso le variazioni sono determinate in astratto e presuntivamente, come disposto dall'all. A. Conseguentemente, anche in questo caso valgono le considerazioni gia' formulate: nessuna garanzia di effettivita' e di veridicita' (del bilancio) e' assicurata dalla disciplina qui in contestazione. Lo stesso vale per il comma 8, che prevede esso pure variazioni compensative (ma nelle misure indicate dall'all. B), e per il comma 9, che prevede dei rimborsi (ma nelle misure indicate dall'all. C). Si tratta sempre di cifre determinate in astratto e preventivamente, con violazione dei parametri indicati. 3.2. - Tutto cio' premesso, e' agevole concludere che il legislatore, attraverso i contributi, i rimborsi e le variazioni pretesamente compensative sui bilanci degli enti comunali, ha disposto per tali enti la sostituzione di una fonte di finanziamento corretta e certa (il fondo di solidarieta') con una fonte tanto illegittima quanto aleatoria (l'IMU agricola), destinata a produrre nei bilanci degli enti comunali ammanchi che non e' dato capire come si potranno ripianare. Se cosi' e', come e', tutti i commi menzionati risultano violativi del principio di veridicita' dei bilanci e copertura delle spese, di cui all'art. 81 Cost. e, di conseguenza, dell'autonomia finanziaria degli enti locali, protetta dall'art. 119 Cost., nonche' delle competenze regionali in materia di enti locali e di finanza locale, di cui all'art. 3 dello Statuto. A tal proposito, l'ecc.ma Corte costituzionale ha avuto modo a piu' riprese di dichiarare illegittimo l'impiego, a copertura di nuove o maggiori spese, di entrate c.d. «aleatorie», rispetto alle quali vi e' una particolare incertezza di esazione e di accertamento (cfr. sentt. nn. 54 del 1983 e 213 del 2008), specie laddove l'alea va a pregiudicare la particolare prudenza nella determinazione delle entrate che deve essere osservata con puntualita' rigorosa nei confronti delle spese che incidono su un esercizio in corso (sent. n. 384 del 1991). Piu' in particolare, si e' piu' volte affermato che "la copertura di nuove spese deve essere ancorata a criteri di prudenza, affidabilita' e appropriatezza «in adeguato rapporto con la spesa che si intende effettuare» (ex multis, sentenze n. 106 e n. 68 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010)" (sent. n. 192 del 2012). Come si confida di aver dimostrato, nel caso di specie e' lo stesso legislatore ad aver previsto che ai Comuni, a fronte di un sicuro taglio dei finanziamenti dovuto alla sottrazione di risorse dal Fondo di solidarieta', sia attribuita un'entrata aleatoria, di difficile quantificazione e di ancor piu' difficile riscossione, anche in ragione del ristrettissimo periodo a disposizione per organizzare l'accertamento e l'esazione del tributo, con evidente violazione dei principi fissati dall'art. 81 Cost. 3.3. - La violazione del principio di veridicita' dei bilanci e di copertura delle spese (art. 81 Cost.) comporta necessariamente una vulnerazione dell'autonomia finanziaria dei comuni, che sopporteranno gli effetti della mancanza di risorse causata dal legislatore statale, con evidente violazione dell'artt. 119 Cost. Per le stesse ragioni risultano violati gli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto e 117 Cost., che riconoscono alla Regione la competenza nella materia «ordinamento degli enti locali» e «finanza locale» e che assicurano alla Regione la sua autonomia economico e finanziaria. Come ha piu' volte affermato codesta ecc.ma Corte costituzionale, infatti, «le Regioni sono legittimate a denunciare la legge statale anche per la lesione delle attribuzioni degli enti locali», addirittura «indipendentemente dalla prospettazione della violazione della competenza legislativa regionale», in quanto, «la stretta connessione, in particolare in tema di finanza regionale e locale, tra le attribuzioni regionali e quelle delle autonomie locali consente di ritenere che la lesione delle competenze locali sia potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle competenze regionali» (sentenze n. 169 e n. 95 del 2007, n. 417 del 2005 e n. 196 del 2004) (sent. n. 298 del 2009). 4. - In subordine, quanto all'art. 1, comma 1, e in via principale, quanto ai commi 9-bis e 9-quinquies. Violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, di cui all'art. 117 Cost. Violazione del principio di sussidiarieta' di cui all'art. 119 Cost. Violazione dell'art. 3 dello Statuto. Si e' detto nel primo motivo di ricorso che l'art. 1, commi 1 e 1-bis, del d.l. n. 4 del 2015 ha usurpato la competenza regionale in materia di determinazione dei comuni montani, sicche' si confida che la Corte vorra' annullare detta disposizione, specificamente nella parte in cui si applica al territorio della Regione Sardegna. Nella denegata ipotesi che quella censura fosse rigettata, l'art. 1 del d.l. n. 4 del 2015 sarebbe comunque illegittimo, nella parte in cui non prevede che la determinazione dei comuni montani (in special modo di quelli del territorio sardo) ai fini dell'applicazione dell'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nonche' della speciale detrazione fiscale di cui al comma 1-bis dell'art. 1 del d.l. n. 4 del 2015, debba avvenire previa intesa con le Regioni e in particolare con la Regione Sardegna, per quanto concerne il territorio sardo. 4.1. - In proposito si deve considerare che lo Stato, facendo riferimento all'elenco redatto dall'ISTAT e al relativo indice di montanita', secondo dati non piu' aggiornati da anni, ha di fatto ammesso di non avere a disposizione un valido strumento per valutare le condizioni del territorio al fine di determinare l'imposizione tributaria. Se cosi' e', come e', il legislatore avrebbe dovuto prevede un procedimento di individuazione dei comuni e dei territori montani che comportasse il coinvolgimento delle Regioni (ordinarie e, a piu' forte ragione, speciali), quali enti maggiormente vicini al territorio che deve essere regolato. Che tale forma di concertazione e di leale collaborazione sia necessaria e' confermato dall'ultimo comma dell'art. 1 del d.l. n. 4 del 2015, in cui lo Stato ammette che, per poter venire a capo del problema dei conguagli nelle variazioni delle risorse trasferite ai comuni dal fondo di solidarieta', e' necessaria «una metodologia condivisa con l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e adottata sentita la Conferenza Stato-citta' e autonomie locali». Se questa collaborazione interistituzionale e' necessaria a valle dell'imposizione tributaria (per regolare gli effetti di finanza pubblica), a piu' forte ragione e' necessaria a monte (per applicare il tributo in maniera ragionevole e non discriminatoria). 4.2. - Tutto cio' considerato, l'art. 1, comma 1, del d.l. n. 4 del 2015, nella parte in cui non prevede che la determinazione dei comuni montani (in special modo di quelli del territorio sardo) debba avvenire previa intesa con le Regioni (in particolare con la Regione Sardegna, per quanto concerne il territorio sardo), risulta violativo: del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni (art. 117 Cost.), in quanto sottrae ad un procedimento cooperativo l'adozione di provvedimenti che coinvolgono l'esercizio di competenze sia statali che regionali (cfr. sentt. nn. 303 del 2003 e, con specifico riferimento alla Regione Sardegna, 230 del 2013); conseguentemente, dell'art. 3 dello Statuto sardo, che riserva alla Regione Sardegna la competenza in materia di «ordinamento degli enti locali» e «finanza locale», con l'effetto che in tale materia lo Stato dovrebbe munirsi di intesa con la Regione; del principio di sussidiarieta' (art. 119 Cost.), che impone di allocare le funzioni pubbliche al livello di governo piu' vicino al cittadino e al territorio, che, nel caso di specie, risulta anche l'unico coerente con i principi di adeguatezza e differenziazione. 4.3. - Si e' visto qui sopra che il comma 9-quinquies prevede un procedimento cooperativo e che questo dimostra a contrario l'illegittimita' dei commi 1, 1-bis e 3, dell'art. 1 del d.l. n. 4 del 2015. Questo stesso procedimento cooperativo, nonche' quello previsto al comma 9-bis, peraltro, sono assolutamente inadeguati ad assicurare la corretta partecipazione istituzionale della Regione Sardegna. Ad essere coinvolte, infatti, sono solo le autonomie locali, oltretutto nella forma della c.d. «intesa debole». La Regione Sardegna, pur testualmente menzionata, non e' coinvolta. E' invece evidente che il principio di leale collaborazione imponeva la previsione di un'intesa fra lo Stato e la Regione, perche' essa e' titolare della competenza in materia di «ordinamento degli enti locali» e «finanza locale», ai sensi dell'art. 3 dello Statuto. Per tale ragione, dunque, anche i commi 9-bis e 9-quinquies risultano violativi dell'art. 3 dello Statuto e degli artt. 117 e 119 Cost.
P.Q.M. La Regione Autonoma della Sardegna, come in epigrafe rappresentata e difesa, chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, voglia: dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 1-bis, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 9-bis e 9-quinquies, del d.l. 24 gennaio 2015, n. 4, convertito con modificazioni in legge 24 marzo 2015, n. 34; in subordine, dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, del d.l. 24 gennaio 2015, n. 4, convertito con modificazioni in legge 24 marzo 2015, n. 34, nella parte in cui non prevede che la determinazione dei comuni montani ai fini dell'applicazione dell'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ed in special modo di quelli del territorio sardo, debba avvenire previa intesa con le Regioni e in particolare con la Regione Sardegna, per quanto concerne i comuni del territorio sardo. Si depositeranno documenti come da separato indice, tra i quali copia conforme all'originale della delibera della Giunta regionale della Regione Autonoma della Sardegna n. 24/6 del 19 maggio 2015, di conferimento dell'incarico per la proposizione del presente ricorso Cagliari - Roma, 22 maggio 2015 Avv. Sandra Trincas - Avv. Prof. Massimo Luciani
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