Cass., sez. VI civ. – T, 10 gennaio 2014 (ord.), n. 351 (testo)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario – Presidente –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 22789/2011 proposto da:
LA STELLA DI VINCIGUERRA MARIA & C. SAS IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS), in persona del liquidatore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CLAUDIO MONTEVERDI 16, presso lo studio dell’avvocato NATOLA GIUSEPPE, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 288/01/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA del 8/3/2011, depositata il 20/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/12/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;
udito l’Avvocato Giuseppe Natola difensore della ricorrente che si riporta agli scritti e chiede la trattazione in P.U..
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
La Corte:
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati.
Osserva:
La CTR di Roma ha respinto l’appello della “La Stella di Vinciguerra Maria & C. sas” – appello proposto contro la sentenza n.56/32/2009 della CTP di Roma che aveva pure respinto il ricorso della contribuente – ed ha così confermato la cartella di pagamento afferente ad ILOR ed IVA per l’anno 1997 emessa sul presupposto della intervenuta definitività degli avvisi di accertamento a ciò relativi, notificati con raccomandata spedita il 31.12.2002 e ricevuta il 3.1.2003, sicchè la successiva istanza di definizione ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, era stata ritenuta inammissibile appunto perchè correlata ad obbligazioni che erano state oggetto di accertamento notificato prima dell’entrata in vigore della predetta legge.
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo la notifica dell’avviso di accertamento dovesse intendersi perfezionata in data 31.12.2002, dovendosi avere riguardo alla data di spedizione e non a quella di ricezione, per effetto della pronuncia della Corte Costituzionale n. 477/2002.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
L’Agenzia si è costituita con atto finalizzato alla sola partecipazione all’udienza di discussione.
Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..
Infatti, con il motivo di impugnazione (privo di rubrica ma centrato sulla violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 14, per come si intende dal contesto della declaratoria di impugnazione) la ricorrente si duole del fatto che il giudice del merito abbia interpretato la predetta norma nel senso di considerare notificati gli avvisi di accertamento spediti in data antecedente a quella di entrata in vigore della norma stessa, sebbene la notifica non si fosse perfezionata nei confronti del destinatario ma solo nei confronti del mittente. In tal modo doveva considerarsi violato lo stesso spirito della disposizione legislativa, siccome rivolta ai contribuenti che fruiscono della definizione agevolata delle obbligazioni tributarie e che perciò non dovrebbero subire gli effetti delle notifiche tardivamente pervenute.
Il motivo di ricorso appare manifestamente infondato, alla luce della consolidata giurisprudenza della Suprema Corte.
Dovendosi muovere dalla premessa della pacifica perfezione della notifica dell’avviso di accertamento di cui qui si discute (perchè è la stessa parte contribuente a affermare di avere ricevuto il provvedimento anzidetto in data 3.1.2003) ciò che resta da acclarare è se – nel caso di specie – gli effetti di detta notifica debbano intendersi prodotti alla data di spedizione ovvero a quella di ricezione del plico, anche alla luce della nota pronuncia della Corte Costituzionale n. 477/2002 nella quale è stato messo in chiara evidenza che è “palesemente irragionevole, oltre che lesivo del diritto di difesa del notificante, che un effetto di decadenza possa discendere dal ritardo nel compimento di un’attività riferibile non al notificante, ma a soggetti diversi (l’ufficiale giudiziario e l’agente postale come ausiliario di questo), e perciò del tutto estranea alla sfera di disponibilità del primo”.
Nella predetta pronuncia il Giudice delle leggi ebbe anche a precisare che il predetto principio “per la sua portata generale, non può non riferirsi ad ogni tipo di notificazione e dunque anche alle notificazioni a mezzo posta”.
In applicazione di detta pronuncia, dotata di effetto di integrazione del sistema normativo, la Suprema Corte ha precisato in plurime occasioni che: “Il principio secondo cui gli effetti della notificazione eseguita a mezzo del servizio postale si producono per il notificante al momento della consegna del piego all’ufficiale giudiziario (ovvero al personale del servizio postale) e per il destinatario al momento della ricezione, ha carattere generale e trova applicazione non solo con riferimento agli atti processuali, ma anche con riferimento agli atti d’imposizione tributaria. Ne consegue che è tempestiva la spedizione dell’avviso di rettifica effettuata prima dello spirare del termine di decadenza gravante sull’ufficio, a nulla rilevando che la consegna al destinatario sia avvenuta successivamente a tale scadenza” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15298 del 10/06/2008; conforme Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 26053 del 05/12/2011).
Si tratta di interpretazione coerente con altro principio già in precedenza enunciato dalla S.C. (Cass. Sez. U, Sentenza n. 19854 del 05/10/2004), ditalchè è rimasto A ^ precisato che: “La natura sostanziale e non processuale (nè assimilabile a quella processuale) dell’avviso di accertamento tributario -che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria- non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria” e ciò alla luce del chiaro riferimento contenuto nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, alle norme sulle notificazioni nel processo civile. La stessa applicazione della pronuncia della Corte Costituzionale è stata peraltro fatta anche in altri settori di materie (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4453 del 20/03/2012; Cass. Sez. U, Sentenza n. 8830 del 14/04/2010, in quest’ultimo caso facendosi applicazione del principio perfino alla dichiarazione spedita dal dipendente al datore di lavoro con missiva raccomandata a mezzo del servizio postale) sicchè non resta che ritenere che il principio di cui qui si fa applicazione si sia generalizzato e consolidato in relazione a qualsivoglia forma di notificazione e comunicazione che abbia rilievo anche indiretto ai fini processuali.
Consegue da quanto si è detto la inaccoglibilità degli assunti sui cui l’impugnazione si fonda.
Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza.
Roma, 5 luglio 2013.
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che la sola parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa, il cui contenuto non induce questa Corte a rimeditare gli argomenti su cui il relatore ha fondato la proposta di soluzione della controversia, non essendovi ragione per supporre che il principio generale messo in chiara luce nella relazione non debba applicarsi anche all’ipotesi della notifica dell’avviso di accertamento, che è atto a decorrere dal quale si origina un termine decadenziale utile ai fini dell’impugnazione del provvedimento anzidetto, senza che rilevi se poi detto termine sia anche – per effetto di disciplina normativa tutt’affatto diversa quella che ne disciplina il decorso del termine per l’impugnazione – elemento dirimente ai fini della proponibilità di istanze finalizzate alla definizione in via breve del procedimento amministrativo e dell’obbligazione tributaria che lo sostanzia;
che, per conseguenza delle conclusioni contenute nella relazione, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa non si è costituita.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2014