Cass., sez. trib., 26 febbraio 2014, n. 4604 (testo)
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 9 maggio 2013 – 26 febbraio 2014, n. 4604
Presidente Cappabianca – Relatore Greco
Svolgimento del processo
La spa F. prepone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, illustrati con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale delle Marche che, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento, ai fini dell’ IRPEG e dell’IRAP per il periodo d’imposta 2001-2002 con il quale veniva contestata la natura elusiva, ai sensi dell’art. 37 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’operazione costituita dall’acquisto per euro 139.203,94 del 51% delle azioni della società greca M. dalla P.I. s.a. con sede in Lussemburgo, e dalla successiva svalutazione di tale partecipazione, all’esito di una perizia diretta a determinarne il valore, quale minusvalenza addebitata nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2001: ciò, secondo la contestazione dell’ufficio, in mancanza di valide ragioni economiche, essendo gli atti e i fatti svoltisi in prossimità di quella data effettuati solo per realizzare un risparmio di imposta.
Secondo il giudice d’appello l’iter seguito nell’operazione fatta dalla F. in Italia, preceduta da un trasferimento oneroso, e con la partecipazione – in una società “che appare, da quanto si desume in atti, ben lungi dal poter realizzare un miglioramento economico” – subito dopo svalutata, era diretto al vantaggio fiscale, delineandosi nell’operazione stessa “l’assenza di valide ragioni economiche, in violazione delle disposizioni antielusive di cui all’art. 37 bis” sopra citato.
“Le deduzioni dell’ufficio con le quali analizza il sistema fiscale lussemburghese attraverso il supporto documentale prodotto. La cessione della partecipazione, la svalutazione ed il successivo utilizzo della minusvalenza verificatasi portata in diminuzione del reddito conseguito dalla F. conduce … a ritenere abusiva la pratica contrattuale in contestazione nella convinzione che la realizzata minusvalenza ha cane scapo principale quello di realizzare un risparmio di imposta attraverso una riduzione dell’utile di esercizio da assoggettare a tassazione. L’invocata finalità economica giustificata attraverso la ristrutturazione del gruppo appare meramente marginale se non del tutto assente”.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Motivi della decisione
Il primo motivo, con il quale la società contribuente denuncia la violazione dell’art. 37 bis del d.P.R. n. 600, si chiude con il seguente quesito di diritto: “considerato che nella fattispecie la società ricorrente ha acquistato dalla consociata lussemburghese una partecipazione in relazione alla quale ha successivamente proceduto ad una svalutazione fiscalmente rilevante, dica” se la disposizione in rubrica “sia applicabile nei soli casi di aggiramento di obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario italiano, come ritiene la ricorrente, o anche nei casi di aggiramento di obblighi e divieti previsti da ordinamenti tributari esteri, come ritenuto dai giudici di secondo grado (nel caso di specie il divieto di deduzione della minusvalenza da svalutazione sarebbe previsto dall’ordinamento tributario lussemburghese)”.
L’illustrazione del secondo motivo, con il quale la ricorrente denuncia vizio di motivazione, si conclude con il seguente “momento di sintesi”: “nell’ambito del presente
giudizio, vertente sulla presunta elusività di un’ operazione d’acquisto e di successiva svalutazione di una partecipazione, costituisce un fatto decisivo e controverso il conseguimento o meno di un risparmio di imposta da parte del contribuente ed integra pertanto il vizio di emessa motivazione la mancata spiegazione delle ragioni per le quali la normativa italiana (applicabile all’acquirente) sarebbe stata più favorevole di quella lussemburghese (applicabile al venditore)”.
Le due censure, da esaminare congiuntamente in quanto strettamente legate, devono essere disattese, perché non investano la ratio decidendi della sentenza impugnata.
In quest’ultima non si rinviene infatti l’affermazione, ritenuta erronea dalla società contribuente, secondo cui la norma dell’art. 37 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 troverebbe applicazione “anche nei casi di aggiramento di obblighi o divieti previsti da ordinamenti tributari esteri… (nel caso di specie il divieto di deduzione della minusvalenza da svalutazione sarebbe previsto dall’ordinamento tributario lussemburghese)”, e non, invece, “nei soli casi di aggiramento di obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario italiano come ritiene la ricorrente”. Né una siffatta lettura della motivazione della sentenza impugnata (trascritta sopra in forma pressoché integrale), posta in relazione con lo svolgimento del processo, sembra essere autorizzata dal cenno, tra le deduzioni dell’ufficio, a quelle con la quale esso “analizza il sistema fiscale lussemburghese attraverso il supporto documentale prodotto”.
Correlativamente, con riguardo alla seconda censura, la ora riscontrata mancanza nella sentenza dell’affermazione secondo cui “la normativa italiana (applicabile all’acquirente) sarebbe stata più favorevole di quella lussemburghese (applicabile al venditore)”, non consente di ravvisare il vizio di motivazione individuato dalla ricorrente nella “mancata spiegazione delle ragioni” di un siffatto maggiore favore.
Con il terzo motivo la società contribuente, con riguardo alla presunta elusività dell’operazione di acquisto della partecipazione, sostiene che costituirebbe un fatto decisivo e controverso la sussistenza o meno di valide ragioni economiche ed integrerebbe pertanto il vizio di insufficiente motivazione la vacua ed apodittica locuzione (in cui si esaurirebbe l’esame dei giudici di d’appello), secondo cui “l’invocata finalità economica giustificata attraverso la ristrutturazione del gruppo appare meramente marginale se non del tutto assente”.
Il motivo è fondato.
Questa Corte ha chiarito come “il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio di imposta, in difetto di ragioni economiche apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse alla mera aspettativa di quei benefici. Ne consegue che il carattere abusivo di un’operazione va escluso quando sia individuabile una compresenza, non marginale, di ragioni extrafiscali, che non si identificano necessariamente in una redditività immediata dell’operazione medesima ma possano rispondere ad esigenze di natura organizzativa e consistere in un miglioramento strutturale e funzionale dell’azienda: in applicazione del riportato principio, la S.C. ha negato potesse essere riconosciuto il carattere abusivo di una complessa operazione di trasferimento di un pacchetto azionario di una società facente capo ad un gruppo multinazionale ad altra società del gruppo, con l’assunzione di notevoli impegni economici per il finanziamento dell’operazione e con conseguente riduzione del carico fiscale, solo perché lo stesso risultato economico avrebbe potuto raggiungersi attraverso un’operazione di fusione, essendo peraltro non contestate dall’amministrazione finanziaria le necessità organizzative volte ad una gestione unitaria di uno dei settori di attività del gruppo” (Cass. n. 1372 del 2011).
Nel caso in esame, a fronte di dettagliate e circostanziate controdeduzioni all’appello della contribuente, rilievi del resto già svolti con l’atto introduttivo – le une e gli altri ampiamente trascritte nel motivo di ricorso -, dirette a dimostrare come l’acquisizione della partecipazione nella società greca M. non fosse operazione isolata, ma rientrasse in un ben più ampio progetto di riorganizzazione strutturale e funzionale del gruppo P. – del quale la ricorrente era “capogruppo” – , progetto “riconosciuto” dallo stesso ufficio accertatore, che nell’avviso menzionava tra l’altro l’acquisizione di una ulteriore partecipazione in altra società greca, l’affermazione del giudice d’appello secondo cui “l’invocata finalità economica giustificata attraverso la ristrutturazione del gruppo appare meramente marginale se non del tutto assente” si appalesa come insufficiente, in quanto inadeguata a dar conto della esclusione della ricorrenza di valide ragioni economiche alla base dell’operazione.
La censura va pertanto accolta, mentre vanno rigettati il primo ed il secondo motivo, la sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale delle Marche.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo del ricorso e rigetta i primi due, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, Ad altra sezione della Commissione tributaria regionale delle Marche.