Associazioni sportive tra ricchezza non registrata ed evasione interpretativa
L’Agenzia delle Entrate ha giustamente emanato indicazioni per identificare le associazioni «di comodo» che nascondono ristoranti, discoteche, palestre, ecc. Sono ipotesi in cui la mancata registrazione della ricchezza e l’evasione interpretativa si intrecciano sotto molti aspetti, perché l’associazione, in quanto ente non commerciale dedito ad un consumo collettivo, non ha obblighi contabili né civili né fiscali. Il Fisco deve prima di tutto confutare la natura associativa e poi considerare gli incassi come rilevanti ai fini Iva. A questo scopo occorre capire se l’associazione rivolge la propria attività agli associati oppure al mercato. Nel primo caso si configura un consumo collettivo, finanziato dalla ripartizione dei costi, mentre nel secondo abbiamo un operatore economico interessato a «piazzare» dietro corrispettivo specifiche prestazioni. Sono distinzioni abbastanza facili in linea concettuale, anche perché la natura associativa è pienamente compatibile, come vedremo, con la titolarità degli impianti da parte di uno degli associati, spesso promotore e, di fatto, amministratore dell’associazione: non per questo però l’associazione è ancora impresa.
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