Cass., sez. trib., 18 settembre 2023, n. 26728 (testo)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4947/2020 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
- ricorrente – controricorrente incidentale –
contro
Extè Srl in amministrazione straordinaria, in persona dei Commissari pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Prefetti n. 17, presso lo studio dell’avv. Duccio Casciani, rappresentata e difesa dall’avv. Alessandro Fusillo e dall’avv. Antonio Strizzi giusta procura speciale in calce al controricorso;
- controricorrente –
e nei confronti di:
Agenzia delle entrate – Riscossione, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
- controricorrente – ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Molise n. 447/01/19, depositata il 10/07/2019.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 dicembre 2022, tenuta nelle forme previste dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, conv. con modif. nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.
Vista la relazione del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ceniccola Aldo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Uditi l’avv. Alessia Urbani Neri per la ricorrente e la ricorrente incidentale, nonchè l’avv. Casciani per delega dell’avv. Antonio Strizzi per la controricorrente.
Svolgimento del processo
- Con sentenza n. 447/01/19 del 10/07/2019, la Commissione tributaria regionale del Molise (di seguito CTR) rigettava l’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) e accoglieva parzialmente l’appello incidentale proposto da Extè Srl in amministrazione straordinaria (di seguito Extè) avverso la sentenza n. 132/01/14 della Commissione tributaria provinciale di Isernia (di seguito CTP), che aveva, a sua volta, accolto parzialmente l’impugnazione della società contribuente nei confronti di una cartella di pagamento concernente IVA relativa al periodo 1 gennaio – 12 febbraio 2009, sanzioni e compensi di riscossione.
1.1. Come si evince dalla sentenza della CTR, la cartella di pagamento era stata emessa, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 bis a seguito della dichiarazione IVA redatta dai Commissari straordinari, i quali avevano dichiarato un debito d’imposta di Euro 89.110,00 concernente il periodo antecedente all’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi del D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, art. 2, comma 2, conv. con modif. nella L. 18 febbraio 2004, n. 39, intervenuta con decreto ministeriale del 12/02/2009.
1.2. La CTR accoglieva, per quanto di ragione, l’appello proposto da Extè e rigettava l’appello proposto da AE evidenziando, per quanto ancora interessa in questa sede, che: a) poichè la società contribuente era in amministrazione straordinaria non vi era bisogno della notifica di una cartella di pagamento per l’insinuazione al passivo dei crediti tributari, essendo sufficiente il solo ruolo; b) nulla era, pertanto, dovuto per compensi di riscossione; c) poichè la società in amministrazione straordinaria non poteva pagare i propri debiti, nulla era dovuto a titolo di sanzioni, non essendo l’omesso versamento punibile.
- Avverso la sentenza della CTR AE proponeva ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.
- Si costituiva in giudizio con controricorso l’Agenzia delle entrate – Riscossione (di seguito ADER), la quale proponeva, altresì, ricorso incidentale affidato ad un unico motivo. Entrambe depositavano altresì memoria ex art. 378 c.p.c..
3.1. Extè resisteva a sua volta in giudizio con controricorso e depositava, quindi, memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c. e, successivamente, memoria ex art. 378 c.p.c..
- Con ordinanza resa in esito dell’adunanza del 22/06/2021 la causa veniva rinviata a nuovo ruolo al fine di essere trattata in pubblica udienza.
Motivi della decisione
- Va pregiudizialmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione per l’essere stato lo stesso notificato tardivamente (mercoledì 12 febbraio 2020 anzichè lunedì 10 febbraio 2020) rispetto al termine semestrale decorrente dal deposito della sentenza impugnata (avvenuto mercoledì 10 luglio 2019), non notificata.
1.1. L’eccezione è infondata.
1.2. AE ha notificato il ricorso a mezzo posta elettronica certificata (PEC) sia ad ADER che a Extè in data 24/01/2020 e, quindi, tempestivamente rispetto ai sei mesi previsti dalla legge, che scadevano, come detto, il 10/02/2020, già computato il periodo di sospensione feriale dei termini processuali. La ricorrente ha, altresì, notificato il ricorso nelle forme ordinarie e presso il domicilio del difensore indicato nella sentenza impugnata in data 23/01/2022.
1.2.1. Nei confronti di ADER, quale successore di Equitalia Sud Spa il ricorso è stato regolarmente notificato in data 24/01/2020 presso l’indirizzo di posta elettronica certificata (Omissis), tratto dal Reginde, tanto che l’Agente della riscossione si è costituito tempestivamente in giudizio, notificando, altresì, ricorso incidentale.
1.2.2. Nei confronti di Extè, invece, la notificazione è stata erroneamente effettuata in data 24/01/2020 presso l’indirizzo PEC della società, ma correttamente eseguita in data 23/01/2020 presso lo studio del procuratore costituito in appello ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, (Cass. n. 34252 del 21/12/2019; Cass. n. 14549 del 06/06/2018), sicchè, poichè quest’ultima notificazione non è andata a buon fine essendosi lo studio trasferito, la difesa erariale ha legittimamente ripreso il procedimento notificatorio, notificando nuovamente il ricorso a mezzo PEC ai difensori costituiti in appello in data 12 febbraio 2020 e, quindi, nel pieno rispetto dei limiti temporali indicati da Cass. S.U. n. 14594 del 15/07/2016.
1.3. Il ricorso è, pertanto, tempestivo, indipendentemente dalla considerazione della sospensione dei termini di impugnazione di nove mesi in ragione della definizione agevolata prevista dal D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 6 conv. con modif. nella L. 17 dicembre 2018, n. 136.
- Con il motivo di ricorso principale, AE deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 17, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 54 bis e 60, del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, art. 48 e del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR erroneamente escluso l’applicabilità delle sanzioni sebbene il presupposto impositivo si sia verificato in data antecedente alla ammissione di Extè alla procedura di amministrazione straordinaria.
2.1. Con il motivo di ricorso incidentale ADER deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 48, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25 e del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 19 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR erroneamente ritenuto l’insussistenza dell’obbligo di pagamento dei compensi di riscossione in ragione della sufficienza del ruolo per l’insinuazione al passivo, così omettendo di considerare l’esistenza di un obbligo per l’Agente della riscossione di notificazione della cartella di pagamento.
- I due motivi possono essere unitariamente considerati per ragioni di connessione. Il primo motivo è infondato, mentre il secondo è fondato nei termini di cui subito si dirà.
3.1. In via generale, va precisato che i crediti tributari non si sottraggono al principio generale previsto dall’art. 52, commi 1 e 2, l.fall. (applicabile ratione temporis, ma sostanzialmente riprodotto al D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, art. 151 cd. codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – CCII), secondo il quale il fallimento apre il concorso sui crediti del fallito ed ogni credito deve essere accertato nelle forme previste dagli artt. 93 ss. l.fall..
3.1.1. Sono crediti tributari concorsuali quelli i cui presupposti impositivi si siano verificati prima della dichiarazione di fallimento, così come evidenziato dalla prevalente dottrina e dalla giurisprudenza (cfr. Cass. n. 18002 del 14/09/2016; Cass. n. 5392 del 18/03/2016; Cass. n. 25689 del 21/12/2015; Cass. S.U. n. 9201 del 06/09/1990), avendo l’atto di accertamento (eventualmente successivo) natura meramente dichiarativa.
3.1.2. L’atto impositivo riguardante un credito tributario di natura concorsuale va, peraltro, notificato sia al fallito che al curatore fallimentare.
3.1.3. Invero, il fallito conserva la qualità di soggetto passivo del rapporto tributario, pur essendo condizionata la sua impugnazione all’inerzia della curatela, sicchè, in caso contrario, la pretesa tributaria è inefficace nei suoi confronti e l’atto impositivo non diventa definitivo, tenuto conto, peraltro, che costui non è parte necessaria del giudizio d’impugnazione instaurato dal curatore (cfr. Cass. S.U. n. 11287 del 28/04/2023; Cass. n. 12854 del 23/05/2018; Cass. n. 21078 del 13/10/2011).
3.1.4. La notifica al curatore fallimentare è, invece, necessaria ove si voglia procedere alla successiva insinuazione al passivo del credito, onde consentire l’eventuale impugnazione nelle sedi competenti (Cass. n. 25689 del 21/12/2015). E ciò anche quando il termine per l’impugnazione non sia ancora completamente decorso nei confronti del contribuente ancora in bonis in ragione dell’intervenuta dichiarazione di fallimento (Cass. n. 18002 del 14/09/2016). La conseguenza della mancata notificazione è l’inopponibilità del credito alla procedura concorsuale.
3.1.5. Regole del tutto analoghe valgono anche per l’amministrazione straordinaria, la cui disciplina dell’accertamento del passivo è interamente modellata su quella del fallimento (cfr. il D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, art. 53 che richiama gli artt. 93 ss. l.fall.). Del resto all’amministrazione straordinaria si applicano le regole della liquidazione coatta amministrativa che, al pari del fallimento, determina la cristallizzazione del passivo alla data della messa in liquidazione (Cass. n. 17327 del 11/10/2012).
3.2. Ciò posto, si è già detto che ai sensi dell’art. 52, comma 2, l.fall. (ma anche dell’analogo art. 151, comma 2, CCII), a seguito della dichiarazione di fallimento ogni credito deve essere accertato nelle forme di cui agli artt. 93 ss. l.fall. (come detto, richiamati, per l’amministrazione straordinaria, dal D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 53, comma 2).
3.2.1. Tale regola generale, peraltro, subisce un’importante eccezione allorquando entrano in discussione i principi relativi al riparto della giurisdizione; nel senso che, qualora un credito sia sottoposto, nella determinazione dell’an e del quantum, alla giurisdizione di un giudice speciale (nella specie, delle commissioni tributarie, oggi corti di giustizia tributarie), la cognizione del giudice fallimentare in sede di accertamento del passivo è limitata: a) alla verifica della concorsualità del credito; b) alla verifica della idoneità della documentazione prodotta a comprovarne l’esistenza; c) alla verifica della sua collocazione, privilegiata o chirografaria.
3.2.2. Il giudice delegato resta, di contro, vincolato all’accertamento compiuto dal giudice dotato di giurisdizione: a) sull’an e sul quantum del credito; b) sulla eventuale maturazione dei termini di prescrizione (Cass. n. 21483 del 21/10/2015) o, a maggior ragione, di decadenza della pretesa impositiva. E ciò anche quando i termini di prescrizione siano maturati in epoca successiva alla notificazione della cartella di pagamento (Cass. S.U. n. 14648 del 13/06/2017).
3.3. Nel caso di specie, per come si evince anche dalla sentenza impugnata, l’iscrizione a ruolo effettuata da AE è avvenuta ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis in conseguenza della dichiarazione IVA dei Commissari straordinari ai sensi dell’art. 74 bis, comma 1, del menzionato decreto presidenziale (sulla cui applicabilità all’amministrazione straordinaria non può dubitarsi, anche alla luce di Cass. n. 25897 del 16/11/2020). La cartella di pagamento notificata agli organi della procedura costituisce, pertanto, il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria (cfr. Cass. n. 19498 del 18/09/2020; Cass. n. 21804 del 20/09/2017) e riguarda crediti incontestatamente maturati anteriormente all’ammissione di Extè alla procedura concorsuale (si tratta, pertanto, di crediti concorsuali).
3.3.1. La circostanza che il commissario straordinario non possa procedere al pagamento di detti crediti se non previa insinuazione e ammissione al passivo del creditore non esclude, da un lato, che la debenza del tributo vada accertata dall’Amministrazione finanziaria prima di procedere alla detta insinuazione (e ciò anche in epoca successiva alla dichiarazione di insolvenza); e, dall’altro, che la giurisdizione in ordine all’an ed il quantum del credito appartenga al giudice tributario (ferma la giurisdizione del giudice delegato in ordine alla effettiva concorsualità e collocazione del credito così accertato).
3.3.2. Ne consegue la legittimità della notifica della cartella di pagamento a Extè, svolgendo la menzionata cartella la funzione anche di accertamento del tributo (oltre che, al di fuori della procedura concorsuale, di atto prodromico all’esecuzione). Nè può dirsi, in via generale, preclusa la notificazione della cartella di pagamento (anche al di fuori dei presupposti di emissione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis) al fallimento e, quindi, anche all’amministrazione straordinaria, indipendentemente dalla circostanza che l’insinuazione al passivo possa farsi sulla base del semplice ruolo (Cass. n. 12759 del 21/04/2022).
3.4. Orbene, per quanto ancora interessa in questa sede, la cartella di pagamento è stata impugnata da Extè davanti al giudice tributario in quanto: a) non si ritengono dovute le sanzioni; b) non si ritengono dovuti gli oneri accessori costituiti da spese di esecuzione e aggio.
3.5. Sotto il primo profilo, questa Corte ha già affermato che “qualora il contribuente sia stato dichiarato fallito, l’avvenuta irrogazione della sanzione per il mancato pagamento di un debito d’imposta sorto in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento esclude la rilevanza di qualsiasi considerazione attinente all’elemento soggettivo della violazione ed all’impossibilità per il curatore di effettuare il pagamento a favore di singoli creditori in lesione della “par condicio creditorum”, trovando la sanzione il suo presupposto in una violazione commessa quando l’imprenditore era ancora “in bonis”, e fermo restando che la soddisfazione del relativo credito deve aver luogo secondo le regole del concorso” (così Cass. n. 21078 del 13/10/2011; in senso sostanzialmente conf. Cass. n. 8215 del 06/11/1987; Cass. n. 1375 del 09/02/1987; da ultimo, si veda anche Cass. n. 4300 del 10/02/2022).
3.6. Tale principio, sicuramente condivisibile, va, peraltro, opportunamente adeguato alla fattispecie.
3.6.1. Non è dubbio che, laddove il termine di pagamento del tributo sia decorso alla data della dichiarazione di fallimento (o, nel caso dell’amministrazione straordinaria, alla data del decreto di ammissione alla procedura, dal quale decorrono gli effetti della dichiarazione di insolvenza), la curatela fallimentare (o il commissario straordinario) non possa eccepire la propria impossibilità di effettuare il pagamento in ragione della necessità di rispettare le regole del concorso: sicchè le sanzioni sono dovute e vanno senz’altro ammesse al passivo, con il limite che dovranno essere pagate in moneta concorsuale.
3.6.2. Peraltro, non può dirsi altrettanto allorquando il termine di pagamento del tributo non sia decorso alla data della dichiarazione di insolvenza in quanto l’imprenditore poi dichiarato insolvente è ancora in termini per effettuare un pagamento tempestivo; con la conseguenza che non può imputarsi, a lui o agli organi della procedura, alcuna colpevole inadempienza ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 5 sia pure sotto il semplice profilo della coscienza e volontà del fatto (cfr. Cass. n. 4300 del 2022, cit.): prima della dichiarazione dello stato di insolvenza i termini per effettuare il pagamento da parte del contribuente in bonis non sono ancora scaduti; dopo detta dichiarazione, in ragione dell’applicazione delle regole del concorso, il pagamento non può più essere validamente eseguito dagli organi della procedura.
3.6.3. Quest’ultima ipotesi integra proprio la fattispecie di cui al presente giudizio.
3.6.4. L’IVA non versata da Extè riguarda il periodo 1 gennaio – 12 febbraio 2009. Orbene, il termine per il pagamento dell’IVA relativa a detto periodo – nell’ipotesi, più sfavorevole al contribuente di versamento mensile – scadeva il 16 febbraio 2009 per quanto riguarda l’IVA maturata nel mese di gennaio 2009 e il 16 marzo 2009 per quanto concerne l’IVA maturata nel mese di febbraio. Il decreto con il quale Extè è stata posta in amministrazione straordinaria è del 12 febbraio 2009, sicchè è di tutta evidenza che – sebbene l’imposta rivesta indubbiamente natura concorsuale in quanto maturata antecedentemente al decreto di apertura della procedura concorsuale – la società avrebbe dovuto versarla comunque in epoca successiva a quella di apertura del concorso.
3.6.5. Ne consegue che, alla data del decreto di ammissione di Extè alla procedura concorsuale – l’imprenditore in bonis non poteva ritenersi inadempiente dall’obbligo di versamento dell’IVA e, dall’altro, a seguito della pronuncia del menzionato decreto, il commissario straordinario non avrebbe potuto effettuare un tempestivo versamento dell’imposta, ostandovi le regole del concorso.
3.6.6. Non è, pertanto, imputabile ad Extè alcuna coscienza e volontà di violare il termine previsto per il pagamento, con conseguente non debenza delle sanzioni comminate per assenza del presupposto soggettivo e rigetto del motivo di impugnazione proposto da AE. 3.7. La legittima notificazione della cartella di pagamento agli organi della procedura concorsuale implica, invece, la corretta indicazione, nella stessa, sia delle spese esecutive, sia dell’aggio di riscossione, la cui concorsualità (e, quindi, l’opponibilità alla procedura di amministrazione straordinaria) dovrà, peraltro, essere oggetto di valutazione da parte del giudice delegato alla procedura di amministrazione straordinaria.
3.7.1. Come noto, le spese di esecuzione di cui al D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 17, comma 3, lett. a), sono le spese, determinate forfetariamente con decreto ministeriale, riconosciute all’agente della riscossione per l’attività esecutiva, da intendersi in senso ampio (Cass. n. 6092 del 04/03/2020) e, quindi, comprensiva dell’insinuazione al passivo di una procedura concorsuale. In buona sostanza, si tratta delle spese per la materiale attività esecutiva e variano a seconda dell’importo del credito.
3.7.2. L’aggio di riscossione di cui al D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 17, comma 3, lett. b), invece, è la percentuale del tributo riscosso che va posta a carico del debitore esecutato per consentire lo svolgimento dell’attività di esecuzione (Cass. n. 24588 del 02/10/2019); e l’importo varia a seconda se il pagamento sia tempestivo o meno.
3.7.3. I superiori oneri, sono determinati dalla legge e sono stati legittimamente indicati dall’agente della riscossione in cartella, salva la circostanza che la effettiva debenza degli stessi in sede concorsuale deve essere lasciata alla valutazione del giudice delegato (in senso conforme, sia pure limitatamente all’aggio, si veda la citata Cass. n. 12759 del 2022).
3.7.4. In altri termini, posto che gli oneri di cui si discute sono dovuti in ragione della stessa legittima emissione della cartella di pagamento, la valutazione della concorsualità o meno di detti oneri non spetta al giudice tributario, ma al giudice ordinario e, specificamente, al giudice della procedura concorsuale, che dovrà stabilire se la società in amministrazione straordinaria sia o meno tenuta al pagamento degli stessi secondo le regole proprie del concorso.
3.7.5. Ha, dunque, errato il giudice di appello nel dichiarare non dovute tout court tali voci di credito, con conseguente fondatezza, nei limiti di cui si è detto, del motivo di ricorso incidentale proposto da ADER. 4. In conclusione, va accolto, nei limiti di cui si è detto, il ricorso incidentale e rigettato il ricorso principale. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e, non essendovi ulteriori questioni di fatto da esaminare, la causa va decisa nel merito, con l’accoglimento parziale dell’originario ricorso proposto da Extè limitatamente alle sanzioni, da ritenersi non dovute.
4.1. La relativa novità delle questioni esaminate nella presente controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il motivo di ricorso incidentale nei termini di cui in motivazione e rigetta il motivo di ricorso principale; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie parzialmente l’originario ricorso di Extè Srl in amministrazione straordinaria, dichiarando non dovute le sanzioni; dichiara interamente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2022.
Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2023