202303.09
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Cass., sez. I civ., 9 marzo 2023 (ord.), n. 7060 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco rel. – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11962-2016 proposto da:

Curatela del fallimento della (Omissis) Spa , in persona del curatore pro tempore (autorizzato alla proposizione del ricorso con decreto emesso il 14 aprile 2016 dal giudice delegato alla procedura del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere) elettivamente domiciliata in Roma, Via Nizza n. 59, presso lo studio dell’avvocato Astolfo Di Amato che la rappresenta e difende per procura speciale estesa a margine del ricorso;

ricorrente contro

Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, in persona del suo presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Circonvallazione Clodia n. 120, presso lo studio dell’avvocato Fabio Vetrella, rappresentata e difesa dall’avvocato Antonio Gravina per procura speciale estesa in calce al controricorso;

controricorrente avverso la sentenza n. 807-2016 della Corte di appello di Napoli, pubblicata il 26 febbraio 2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 ottobre 2020 dal consigliere Marco Vannucci.

Svolgimento del processo

  1. Con sentenza emessa il 6 giugno 2013 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere rigettò l’opposizione proposta dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense (di seguito denominata “Cassa”) per la riforma del decreto con cui il giudice delegato al fallimento della (Omissis) Spa ebbe a escludere la Cassa dal passivo della procedura, per quanto qui ancora interessa, per crediti complessivamente par a Euro 115.444,38, derivanti dalla mancata percezione del danaro dovuto a detto ente per rate di ruoli relativi agli esercizi 1993 e 1994, per la relativa riscossione affidati alla (Omissis) Spa prima del suo fallimento, in applicazione della disciplina del “non riscosso come riscosso”, di cui al D.P.R. n. 43 del 1988, art. 32, comma 2.
  2. Adita dalla parte soccombente, la Corte di appello di Napoli, con sentenza pubblicata il 26 febbraio 2016, in riforma della citata sentenza di primo grado, ammise la Cassa al passivo del fallimento della (Omissis) Spa per crediti complessivamente par a Euro 115.444,38, aumentati di interessi in misura legale decorrenti dal 23 settembre 1994 fino al giorno della pronuncia di fallimento di tale società.

2.1 Per quanto qui ancora interessa, la motivazione di tale sentenza può essere così sintetizzata:

dal contenuto dei documenti acquisiti al processo risulta che: con D.M. n. del 21 dicembre 1989 venne affidato in concessione a (Omissis) il servizio di riscossione dei tributi per l’ambito B della provincia di Caserta; con decreto del 24 giugno 1994, seguito da determinazione del 23 settembre 1994, (Omissis) venne dichiarata decaduta dalla concessione ai sensi del D.P.R. n. 43 del 1988, art. 20, comma 1; il Banco di Napoli Spa venne nominato commissario governativo in applicazione dello stesso D.P.R. n., art. 24;

per effetto della consegna dei ruoli il concessionario è debitore dell’intero ammontare delle somme iscritte nei ruoli stessi, ancorchè non riscosse, da versare entro scadenze predeterminate, previa detrazione delle somme che il concessionario stesso è autorizzato a trattenere; fatto salvo il diritto al rimborso (D.P.R. n. 43 del 1988, artt. 32, 72 e 74);

per effetto della revoca ovvero della decadenza dalla concessione l’ex concessionario rimane debitore delle anticipazioni che avrebbe dovuto già effettuare, ove i termini di pagamento siano scaduti prima di revoca o decadenza;

l’interpretazione secondo cui l’estinzione del rapporto concessorio fa venir meno, cancellandoli, anche i debiti già scaduti, non può trarsi dalle disposizioni rispettivamente contenute negli artt. 26 e 44 citato D.P.R.; da cui si desume che il commissario governativo, provvisoriamente delegato alla riscossione, in luogo del concessionario revocato “risponde del non riscosso come riscosso” quanto ai ruoli ricevuti in consegna, “ma ciò non esclude, anzi conferma, che residua in capo al concessionario revocato, da un lato, l’obbligo di effettuare i versamenti (ove i termini siano scaduti prima della revoca) e, dall’altro, il diritto ad ottenere il rimborso di quanto versato prima della revoca (ove sussistano le condizioni, ossia per i debiti riconosciuti come inesigibili per causa non imputabile al concessionario)”; in coerenza, dunque, “con il fatto che la revoca (rectius la decadenza) della concessione ha efficacia ex nunc;

alla luce del contenuto dei documenti acquisiti agli atti del processo, i crediti della Cassa verso (Omissis) erano, al 23 settembre 1994 (data di efficacia della revoca della concessione), complessivamente pari a Euro 115.444,38 come indicato nei prospetti allegati alla domanda di ammissione al passivo, cui sono da aggiungere interessi al tasso legale fino alla pubblicazione della sentenza di fallimento.

  1. La curatela del fallimento della (Omissis) Spa chiede la cassazione di tale sentenza con ricorso contenente un motivo d’impugnazione.
  2. La Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso la curatela del fallimento di (Omissis) deduce che la sentenza impugnata è caratterizzata da violazione ovvero falsa applicazione “del del D.P.R. n. 43/88, artt. 22, 32, comma 3, 42 e 44” nella parte in cui afferma che la revoca della concessione del servizio di riscossione non aveva determinato per il concessionario revocato (Omissis) “il venir meno dell’obbligo di versare agli enti le somme dovute in virtù del cd. non riscosso come riscosso”, in quanto:

in virtù del principio del “non riscosso come riscosso”, il concessionario, una volta ricevuti in consegna i ruoli dagli enti impositori, era tenuto a versare, entro scadenze prestabilite (dal D.P.R. n. 43 del 1988, art. 72, comma 1), “gli importi relativi agli stessi, a prescindere dall’effettiva riscossione, salvo ottenere il diritto al rimborso degli importi se non fosse stato in grado di riscuotere, secondo le modalità indicate dal D.P.R. n. 43/88, artt. 74 e ss., previa dimostrazione di aver posto in essere tutte le attività necessarie alla riscossione coattiva dei tributi”;

la disciplina delle conseguenze della revoca o della decadenza della concessione era contenuta, quanto ai rapporti pendenti relativi a tributi riscuotibili mediante ruoli per i quali era previsto l’obbligo del “non riscosso per riscosso”, negli artt. 22, 42 (relativo ai “residui di gestione”) e 44 del citato decreto del 1988;

nell’ipotesi in cui il concessionario non avesse già anticipato all’ente impositore gli importi relativi al c.d. “non riscosso per riscosso”, gli importi riscossi dal commissario governativo (previamente versati alla Cassa Depositi e Prestiti) venivano ripartiti tra i vari enti impositori, secondo le relative spettanze (D.P.R. n. 43 del 1988, art. 44, comma 4);

nel caso, invece, in cui il concessionario cessato avesse già anticipato all’ente impositore dette somme di danaro, i residui di gestione, riscossi dal commissario governativo o dal nuovo concessionario venivano dalla Cassa Depositi e Prestiti rimborsati al concessionario revocato o decaduto (art. 44, comma 5, dello stesso decreto);

una volta revocata la concessione, l’ente impositore non aveva dunque alcun titolo per esigere alcunchè dal concessionario revocato, “o perchè aveva già ottenuto le anticipazioni o perchè, sopracitato”;

la sentenza impugnata erra dunque nell’affermare che il concessionario cessato era tenuto “a rispondere degli importi iscritti in ruoli consegnati e già scaduti al momento della revoca o decadenza della concessione”, contrastando l’affermazione con i precetti rispettivamente contenuti nei commi 4 e 5 del citato art. 44;

essendo pacifico che quanto richiesto dal Consorzio era riferibile “a ruoli già scaduti al momento della revoca della concessione, è fuori dubbio che gli stessi sono andati a confluire nei cd. residui di gestione, da affidare al commissario governativo per la riscossione ed il successivo riversamento o al concessionario revocato, nel caso in cui questi avesse effettivamente già anticipato le somme relative all’obbligo del non riscosso come riscosso, ovvero all’Ente Impositore nel caso in cui quest’ultimo non avesse già ricevuto le relative anticipazioni”;

in buona sostanza, proprio il fatto che “gli importi iscritti nei ruoli azionati dal (Omissis) fossero già scaduti al momento della revoca della concessione, esclude qualsiasi obbligo della (Omissis) di rispondere dei relativi importi”;

la regola imposta dall’art. 32, comma 3, del citato decreto era applicabile solo in costanza di rapporto di concessione, non anche quando tale rapporto fosse venuto meno per effetto di revoca o decadenza;

ricorrendo tale ultima ipotesi, nella definizione dei rapporti di dare-avere trovava applicazione il citato art. 44; sì che “deve ritenersi che tutti i tributi contenuti in ruoli già scaduti ma non riscossi dalla (Omissis) nel periodo di concessione, compresi quelli consegnati dalla Cassa Forense, fossero andati a confluire nei cd. residui di gestione che avrebbero dovuto essere individuati ed elencati ai sensi del D.P.R. n. 43/88, art. 44 dall’Intendenza di Finanza ed affidati per la gestione e la riscossione al Commissario Governativo ai sensi del D.P.R. n. 43/88, art. 44”.

  1. Il motivo, per come dedotto, è inammissibile.

L’affermazione, contenuta nel ricorso, secondo cui i ruoli già scaduti ma, nonostante tale scadenza, non riscossi da (Omissis), erano confluiti nei residui di gestione (costituiti, ex decreto del 1988, art. 42 dalle entrate riscuotibili mediante ruoli scaduti ma non riscossi durante la gestione del concessionario decaduto o revocato) e, come tali, soggetti alla disciplina recata dall’art. 44, commi 4 e 5, del decreto, è questione di fatto che non ha mai formato oggetto del thema decidendum per come risultante dalla sentenza impugnata; dovendosi anzi ritenere il contrario in forza della presunzione di avvenuta riscossione prevista dalla legge, salva la possibilità di rimborso prevista dall’art. 74, comma 1, del medesimo decreto.

Il motivo, per come dedotto, investe questione o tema di contestazione nuovi, non trattati nel giudizio di merito, nè rilevabili officiosamente dal giudice ed è, per tale motivo, inammissibile (in questo senso, cfr., fra le altre: Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018; Cass. n. 16632 del 2010; Cass. n. 7981 del 2007).

E’ tuttavia opportuna l’enunciazione di principio di diritto nell’interesse della legge (art. 363, comma 3, c.p.c.) quanto ai rapporti fra i precetti rispettivamente recati dal citato D.P.R. n. 43 del 1988, art. 32 e dall’art. 44 (abrogato dal D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 68, comma 1, ma applicabile al caso di specie in ragione del tempo in cui si svolsero i fatti fondanti l’invocato diritto di credito del Consorzio nei confronti di (Omissis)).

Cass. S.U., n. 10667 del 2009, così descrive, in motivazione, il sistema di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici delineato dal D.P.R. n. 43 del 1988: “a) la consegna dei ruoli costituisce il concessionario debitore dell’intero ammontare delle somme iscritte nei ruoli stessi, che debbono essere da lui versate alle scadenze stabilite ancorchè non riscosse (art. 32, comma 3);

b) il concessionario ha diritto al rimborso delle somme versate per le quali è tenuto all’obbligo del non riscosso come riscosso, ovvero al discarico delle somme per le quali non è tenuto a tale obbligo, quando dimostri di non averle potute riscuotere (art. 74, comma 1);

c) l’ufficio finanziario o l’ente cui la richiesta di rimborso o di sgravio sia stata presentata dal concessionario e che non vi abbia aderito, trasmette le proprie osservazioni all’Intendente di finanza che, in caso di rigetto della domanda di rimborso, trasmette il proprio provvedimento motivato all’ufficio finanziario o all’ente impositore, che lo notifica al concessionario (art. 83, commi 2 e 3);

d) contro il provvedimento di rigetto dell’Intendente è ammesso ricorso al Ministro delle Finanze nel termine di trenta giorni dalla notificazione (art. 85, comma 1);

e) contro la decisione di rigetto del Ministro è ammesso il ricorso alla Corte dei conti entro novanta giorni dalla notificazione della decisione (art. 85, comma 3).

Da tale disciplina risulta che se rimborso o sgravio non siano stati domandati e/o ottenuti, il concessionario è senz’altro tenuto al pagamento delle somme iscritte nei ruoli, quali che siano state le ragioni della mancata riscossione, in tal caso del tutto irrilevanti per gli enti creditori, che sono comunque destinati a percepire dal concessionario le somme portate dai ruoli”.

E’ inoltre da precisare che, secondo il precetto del citato art. 32, comma 3, il versamento da parte del concessionario all’ente impositore, in esecuzione dell’obbligo del non riscosso come riscosso, ha per oggetto le somme di danaro risultanti dalla detrazione, da quelle iscritte nei ruoli allo stesso concessionario consegnati, del danaro che questi è autorizzato a trattenere ai sensi degli artt. 62 (sospensione della riscossione e dilazione del pagamento dei tributi) e 86 (sgravio provvisorio dell’importo oggetto della domanda di rimborso) dello stesso decreto n. 43.

La disciplina dei residui della gestione del concessionario decaduto dal rapporto di convenzione ovvero destinatario di provvedimento di revoca della concessione (costituiti dalle entrate riscuotibili mediante ruoli scaduti ma non riscossi durante la gestione del concessionario decaduto o revocato: art. 42 del D.P.R.) contenuta nell’art. 44 del decreto in esame era la seguente:

per la riscossione dei residui di gestione, nel caso di decadenza o revoca del concessionario, l’intendente di finanza e gli enti interessati procedono alla compilazione degli elenchi dei residui da affidare per la riscossione al commissario governativo o al nuovo concessionario (comma 1);

le spese per la formazione degli elenchi sono a carico del concessionario decaduto o revocato (comma 2);

il commissario governativo o il nuovo concessionario provvede alla riscossione dei residui risultanti dagli elenchi e versa l’importo riscosso in ciascun mese, entro il decimo giorno del mese successivo, alla Cassa depositi e prestiti (comma 3);

le somme versate alla Cassa depositi e prestiti eccettuate quelle relative a tributi per i quali il concessionario decaduto o revocato abbia provveduto al versamento in forza dell’obbligo del non riscosso come riscosso, sono ripartite a norma dell’art. 58 tra gli enti interessati secondo le rispettive spettanze (comma 4);

le somme di cui al comma 4, relative ai versamenti eseguiti in forza dell’obbligo del non riscosso come riscosso dal concessionario decaduto o revocato ovvero dal commissario governativo sono rimborsate a quest’ultimo senza interessi dalla Cassa depositi e prestiti sulla base di apposita autorizzazione dell’intendente di finanza e previa corrispondente riduzione della relativa quota inesigibile di cui sia stata presentata domanda di rimborso (comma 5).

Il contenuto precettivo dei testè citati commi 4 e 5 dell’art. 44 del decreto: a) presuppone necessariamente che il concessionario decaduto o revocato abbia versato all’ente impositore, prima dell’efficacia del provvedimento di decadenza o revoca, quanto da lui dovuto in esecuzione dell’obbligo del non riscosso come riscosso; b) attribuisce allo stesso concessionario revocato il diritto al rimborso di quanto pagato in esecuzione dell’obbligo in questione quando dimostri che la mancata riscossione sia dovuta a causa a lui non imputabile.

In buona sostanza, per effetto di tale meccanismo, quanto alle somme di danaro che il concessionario aveva l’obbligo di versare all’ente impositore, in esecuzione dell’obbligo del non riscosso come riscosso, prima dell’efficacia del provvedimento di decadenza ovvero di revoca, non si ha traslazione dell’obbligazione di pagamento in discorso dal concessionario decaduto o revocato al commissario governativo.

Il commissario governativo, delegato provvisoriamente alla riscossione, risponde del non riscosso come riscosso limitatamente ai ruoli, relativi ai residui della gestione del concessionario revocato o decaduto, da lui ricevuti in consegna, mentre il concessionario revocato o decaduto dalla concessione ha sempre: l’obbligo di effettuare all’ente impositore i versamenti quando i termini (indicati dall’art. 74 del decreto) siano scaduti prima della revoca o decadenza; il diritto di ottenere il rimborso di quanto da lui versato, in esecuzione dell’obbligo del non riscosso come riscosso, quanto ai debiti tributari riconosciuti come inesigibili per causa a lui non imputabile.

Può quindi affermarsi, nell’interesse della legge, il seguente il seguente principio di diritto: “quando debba applicarsi al rapporto controverso, in ragione del tempo in cui si svolsero i fatti, la disciplina recata dal D.P.R. n. 28 gennaio 1988, n. 43 (poi abrogato dal D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 68, comma 1), istitutivo del servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici, dai contenuti precettivi rispettivamente recati dall’art. 32, comma 3, e dall’art. 44 di tale decreto si desume che quando siano stati consegnati al concessionario per la riscossione dei tributi i ruoli formati dai rispettivi titolari e successivamente la concessione sia stata revocata ovvero il concessionario sia stato dichiarato decaduto dal rapporto derivato dalla concessione, dopo l’efficacia del provvedimento dissolutivo di tale rapporto permane per il concessionario l’obbligo di pagare all’ente impositore, in esecuzione dell’obbligo del non riscosso come riscosso, l’intero ammontare delle somme di danaro iscritte nei ruoli quando i termini dei pagamenti siano scaduti prima dell’efficacia del provvedimento di revoca o di decadenza; con la conseguenza che nel caso di successivo fallimento del concessionario revocato o decaduto l’ente impositore ha diritto di essere ammesso al passivo della procedura concorsuale per quei crediti divenuti esigibili prima dell’evento dissolutivo del rapporto di concessione”.

  1. In applicazione del principio di soccombenza, la curatela ricorrente è condannata a rimborsare alla Cassa controricorrente le spese da costei anticipate nel presente giudizio nella misura in dispositivo liquidata.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso ed enuncia, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., il principio di diritto di cui in motivazione; condanna la curatela ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione da questa anticipate, liquidate in Euro. 200 per esborsi e in Euro. 7.000 per compenso di avvocato, oltre spese forfetarie pari al 15% di tale compenso, I.V.A. e c.p.A. come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 26 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2023