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Spese di giudizio: cambiano le norme per l’agente della riscossione soccombente

Il decreto Fisco-Lavoro, come modificato in sede di conversione, ha cambiato le modalità di pagamento delle somme dovute a titolo di spese di giudizio liquidate con la pronuncia di condanna a carico dell’agente della riscossione, prevedendo che siano richieste mediante raccomandata A.R. ovvero PEC e che siano accreditate sul conto corrente del contribuente ovvero del suo difensore distrattario. In base alla novella, non si può procedere alla notificazione del titolo esecutivo e alla promozione di azioni esecutive per il recupero di tali somme, se non decorsi 120 giorni dalla data di ricezione della stessa richiesta.

In sede di conversione del D.L. 21 ottobre 2021, n. 146 (decreto Fisco-Lavoro) è stato inserito l’art. 5-octies, contenente nuove norme concernenti le modalità di pagamento delle spese di giudizio da parte dell’agente della riscossione.

Le somme dovute a titolo di spese e onorari di giudizio liquidati con la pronuncia di condanna, nonché di ogni accessorio di legge sono pagate dall’agente della riscossione esclusivamente mediante accredito sul conto corrente della controparte ovvero del suo difensore distrattario.

La richiesta di pagamento deve essere rivolta alla competente struttura territoriale dell’agente della riscossione, indicata nel relativo sito internet istituzionale, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento o di posta elettronica certificata. All’atto della richiesta è necessario indicare gli estremi del conto corrente su cui effettuare l’accredito.

Non può procedere alla notificazione del titolo esecutivo e alla promozione di azioni esecutive per il recupero di tali somme, se non decorsi 120 giorni dalla data di ricezione della stessa richiesta.

La novella si applica alle pronunce di condanna emesse a decorrere dal 21 dicembre 2021, data di entrata in vigore della legge n. 215/2021, di conversione del D.L. n. 146/2021.

Esecuzione forzata e ottemperanza per le sentenze del giudice tributario

Limitando la propria applicabilità ai soli procedimenti che vedano soccombente l’agente della riscossione, l’art. 5-octies introduce una disciplina che sembra porsi in rapporto di specialità rispetto a quella prevista per le sentenze pronunciate dal giudice tributario.

Ottenuta una sentenza di condanna al pagamento delle spese di giudizio, il contribuente e il suo difensore distrattario possono avviare un’ordinaria procedura esecutiva di fronte al giudice civile ovvero esperire l’azione di ottemperanza nei confronti dell’amministrazione soccombente: infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., sez. trib., 14 gennaio 2004, n. 358), nel caso di sentenze di condanna costituenti titolo esecutivo l’esecuzione forzata ordinaria, secondo le norme del codice di procedura civile, e l’esecuzione in sede tributaria, mediante il giudizio di ottemperanza disciplinato dalla norma sopra citata, costituiscano mezzi di tutela concorrenti e cumulabili, esperibili, quindi, anche contestualmente, affinché la pretesa creditoria espressa nel giudicato sia puntualmente attuata in via coattiva.

In base all’art. 14, D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici non economici e l’ente Agenzia delle Entrate-Riscossione completano le procedure per l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l’obbligo di pagamento di somme di danaro entro il termine di 120 giorni dalla notificazione del titolo esecutivo; prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto. Secondo la Corte di Cassazione detto termine non può essere applicato al giudizio di ottemperanza, in quanto previsto per le sole procedure esecutive (cfr., da ultimo, Cass., sez. trib., 5 novembre 2021 (ord.), n. 31856).

Il giudizio di ottemperanza, ammissibile ogni qualvolta debba farsi valere l’inerzia dell’Amministrazione rispetto al giudicato o la difformità specifica dell’atto posto in essere dalla stessa rispetto all’obbligo processuale di attenersi all’accertamento contenuto nella sentenza da eseguire, si differenzia dal concorrente giudizio esecutivo civile, perché il suo scopo non è quello di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nel giudicato, ma di rendere effettivo quel comando, anche e specialmente se privo dei caratteri di puntualità e precisione tipici del titolo esecutivo: ne deriva che, non essendo previsto alcun termine per l’Amministrazione per adempiere al giudicato, unica condizione per la proponibilità del giudizio di ottemperanza è il decorso del termine di trenta giorni dalla messa in mora dell’ente inadempiente, effettuata a mezzo di ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 70, D.Lgs. n. 546/1992 (così Cass., sez. trib., 24 settembre 2010, n. 20202).

Giova ricordare che, ai sensi dell’art. 69, D.Lgs. n. 546/1992, le sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente sono immediatamente esecutive.

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