201902.26
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Cass., sez. trib., 26 febbraio 2019 (ord.), n. 5566 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso -2012 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliata in ROMA VIA GERMANICO 197, presso lo studio dell’avvocato MAURO MEZZETTI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO MEZZETTI;

  • ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

  • controricorrente –

avverso la sentenza n. 266/2012 della COMM. TRIB. REG. di ROMA, depositata il 18/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/01/2019 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Svolgimento del processo

che:

Con sentenza n. 266/14/2012, depositata il 18 aprile 2012, non notificata, la CTR del Lazio accolse l’appello principale proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della signora P.A. avverso la sentenza della CTP di Roma, che aveva invece accolto parzialmente il ricorso della contribuente avverso avviso di accertamento per l’anno 2004, con il quale l’Ufficio aveva determinato con metodo sintetico ai fini IRPEF e relative addizionali il reddito imponibile in Euro 192.172,00, importo ridotto dal giudice di prime cure ad Euro 27.127,33.

Avverso la sentenza della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui resiste con controricorso l’Amministrazione finanziaria.

Motivi della decisione

che:

Con il primo motivo la ricorrente denuncia omessa motivazione sulla nullità dell’accertamento per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando, di là dalla lettera della rubrica, in sostanza l’omessa pronuncia da parte della decisione impugnata sulla questione oggetto di appello incidentale da parte della contribuente avverso la sentenza di primo grado, relativa all’eccepita nullità dell’atto impositivo perchè sottoscritto non dal dirigente dell’Ufficio ma da funzionario in capo al quale, a fronte della specifica contestazione del contribuente, non era stata comprovata l’esistenza di delega da parte del titolare dell’Ufficio.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, erronea ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sull’inapplicabilità del redditometro all’esercizio 2004, nonchè violazione della L. n. 212 del 2000, art. 3, con riferimento alla ritenuta applicabilità, per l’anno d’imposta 2004, dei criteri desunti dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 17 maggio 2005 e dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, in violazione del divieto di applicazione retroattiva della norma tributaria sancito dal succitato dalla L. n. 212 del 2000, art. 3.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 131 del 1986 (TUR), art. 26, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo ignorato la decisione impugnata, nella valutazione della prova contraria offerta dalla contribuente avverso la presunzione relativa, qualificata semplice dalla ricorrente, di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, nella sua formulazione applicabile ratione temporis, la presunzione di liberalità posta dal menzionato art. 26 del testo unico in tema d’imposta di registro riguardo ai trasferimenti di immobili o di partecipazioni sociali tra parenti in linea retta, estensibile anche per gli altri tributi, nelle controversie nelle quali la soluzione dipende dalla qualificazione dell’atto come a titolo oneroso o gratuito.

Con il quarto motivo, infine, la ricorrente denuncia erronea ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo sostanzialmente la decisione impugnata, nella qualificazione degli atti intercorsi tra la contribuente ed il padre Pa.Al., omesso di valutare la documentazione bancaria prodotta e la copia di atto notorio del (OMISSIS) per notaio C.B. che confermava che la cessione delle quote della Giglio 72 S.r.l. avvenuta in data 16 giugno 2006 dal padre Pa.Al. alla figlia A. era avvenuta senza il versamento del corrispettivo indicato nell’atto, così come l’acquisto del corrispettivo per la vendita di piccolo immobile tra padre e figlia, sito nel Comune di Visso.

Il primo motivo va rigettato.

Di là, infatti, dall’erroneo riferimento in rubrica al parametro normativo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, anzichè all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, riguardando l’omessa pronuncia sul motivo di appello incidentale, oggetto dell’effettiva censura sviluppata nel motivo di ricorso, tipico vizio afferente all’attività del giudice e dunque error in procedendo, non vi è dubbio che esso non ricorra nella fattispecie in esame, presupponendo la conferma in toto della legittimità dell’avviso di accertamento impugnato la pronuncia implicita di rigetto da parte della CTR del relativo motivo di appello incidentale proposto dalla contribuente (cfr., tra le molte, Cass. sez. 2, ord. 13 agosto 2018, n. 20718; Cass. sez. 5, ord. 6 dicembre 2017, n.29191).

Ugualmente è infondato il secondo motivo, nel quale in effetti la ricorrente cumula due diversi ordini di censure.

Non sussiste la dedotta violazione di norme di diritto, avendo questa Corte più volte affermato il principio secondo cui in tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche la determinazione effettuata con metodo sintetico sulla base degli indici previsti dai D.M. del 10 settembre e 19 novembre 1992 riguardanti il cosiddetto redditometro, non pone problemi di retroattività, per i redditi maturati in epoca anteriore, stante la natura procedimentale degli strumenti normativi secondari emanati ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, nella sua formulazione applicabile ratione temporis (cfr., tra le molte, Cass. sez. 5, 19 aprile 2013, n. 9539).

La stessa Cass. sez. 5, 29 aprile 2009, n. 10028, indicata da parte ricorrente a sostegno del motivo di ricorso, conferma, di là dalla peculiarità della fattispecie ivi esaminata, la fedeltà agli anzidetti principi.

Peraltro, va aggiunto che alcuna applicazione retroattiva è configurabile in ragione del richiamato Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 17 maggio 2005, che si limita all’aggiornamento biennale delle tabelle, allegate al D.M. 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992 ed alla sostituzione dei valori espressi in lire con quelli in Euro, nessuna concreta incidenza avendo quindi espletato il D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni, nella L. 2 dicembre 2005, n. 248.

Il quarto motivo va esaminato in ordine logico prioritariamente. 7.1. La sentenza impugnata ha sostanzialmente attribuito il carattere di onerosità ai succitati trasferimenti (di quote societarie ed immobiliare) dal padre alla figlia sulla base della previsione del prezzo di cessione contenuto negli atti notarili in oggetto e del rilascio di quietanza liberatoria.

Il motivo è fondato.

Parte ricorrente ha prodotto in copia gli atti relativi alla cessione di quote societarie ed a quella di un piccolo immobile in Visso, già depositati nel giudizio di merito.

Atteso che in ciascuno degli atti predetti il preteso pagamento del corrispettivo è dichiarato come già avvenuto prima della stipula degli atti da parte del notaio incaricato, non essendo il pagamento avvenuto dinanzi al pubblico ufficiale stipulante, la relativa circostanza non è assistita da fede privilegiata, sicchè il giudice di merito avrebbe dovuto effettivamente vagliare l’ulteriore documentazione prodotta, bancaria e non, secondo la ricorrente idonea a dimostrare che gli assegni per mezzo dei quali sarebbe avvenuto il pagamento non furono mai posti all’incasso.

Viceversa la CTR ha ritenuto decisivo ai fini della qualificazione della causa degli atti in oggetto come onerosa l’indicazione in ciascuna delle compravendite succitate della previsione di un prezzo come corrispettivo dei diritti sulle quote sociali e sull’immobile oggetto rispettivamente delle due cessioni.

La sentenza impugnata va dunque cassata in accoglimento del quarto motivo.

Resta infine assorbito il terzo motivo.

Sembra utile precisare che nell’ambito del nuovo accertamento di fatto sull’onerosità o meno dei succitati atti di trasferimento, potrà trovare applicazione la presunzione di gratuità dei trasferimenti di immobili o di partecipazioni sociali tra parenti in linea retta, invocata dalla ricorrente come applicabile anche per altri tributi, oltre che per l’imposta di registro per la quale risulta espressamente fissata dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 26, nelle controversie per le quali, come quella in esame, la relativa soluzione dipenda dalla qualificazione dell’atto come a titolo oneroso o gratuito (cfr. Cass. sez. 5, 3 settembre 2008, n. 22218; Cass. sez. 5, 19 ottobre 2016, n. 21142).

Il ricorso deve essere pertanto accolto nei termini precisati.

La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso in relazione al quarto motivo, rigettati il primo ed il secondo ed assorbito il terzo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2019